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Autore: Seiko    06/08/2010    4 recensioni
"Una vita ordinaria era ciò che cercava.
Il passare del tempo scandito da azioni abitudinarie, ripetute così spesso da diventare meccaniche.
Era finito il tempo dei grandi ideali e dei grandi sogni, essere una persona come tante altre, non chiedeva nulla più di quello.
Il mondo si era semplicemente ritrovato a dissentire."
Storia partecipante al The One Hundred Prompt Project.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Cloud Strife, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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01. Let’s Begin From Here ~ Origin

#Prompt 61 - Origine

 

 

In un ordinario giorno di pioggia nessuno si aspetterebbe un evento capace di sconvolgere la propria vita. Forse è semplicemente ora di ricredersi.

 

Cloud Strife era un volto piuttosto insolito fra la folla, una di quelle persone che, solo se avessero la forza di volontà di sollevare lo sguardo mentre camminano, sarebbe praticamente impossibile non notare.
In una moltitudine di visi anonimi dai tratti vagamente simili e i vestiti praticamente identici, i suoi capelli biondi risaltavano come un faro in mezzo al mare. Non che fosse sua intenzione attirare gli sguardi altrui, anzi per quanto possibile preferiva evitarli, ma quello era il suo colore naturale e aveva sinceramente poca voglia di tingersi.

Detestava camminare per strada, soprattutto per le vie affollate come quelle di Midgar, e sembrava quasi ironico che proprio lui si ritrovasse a fare un lavoro che aveva nella strada la sua componente principale.

Era un fattorino, ma per fortuna la maggior parte dei suoi incarichi lo presumevano a bordo di una fantastica moto nera, e non a piedi fra la folla come in quel momento.  Sfortunatamente quella volta la consegna era poco lontano dal suo appartamento, e non valeva sinceramente la pena di prendere la moto e raddoppiare la strada.
Nonostante tutto quella giornata aveva i suoi risvolti positivi, in primis il fatto che ormai la consegna era stata effettuata e se ne tornava a casa con una bella mancia, Holy benedica le nonnine generose, in secondo luogo...

 

- Ti ho detto che non puoi andartene in giro da sola! –

Ad alzare la voce era stato un ragazzo,  capelli rosso fuoco e occhi azzurri, insomma il classico tipo che passa “inosservato”, e sembrava avercela con una ragazzina piuttosto anonima a suo confronto.

L’attenzione di Cloud venne brutalmente distolta dai suoi pensieri nello stesso modo in cui si deraglia “delicatamente” un treno. Sembrava una normale disputa fra fidanzatini, al punto che dopo un’occhiata inizialmente incuriosita tutti tornarono sui loro passi ignorando i due completamente.

Gli occhi del biondo rimasero ad osservarli ancora qualche minuto, quasi volesse, inconsciamente, ascoltare quella conversazione.

- Smettila di trattarmi così non sono una mocciosa... – una risposta inviperita nonostante i toni della conversazione si fossero precipitosamente abbassati – ...non ho bisogno di una stupida balia. –

La lesse nel viso del rosso la rabbia, prima che la sfogasse afferrando quasi con violenza l’esile polso della ragazza, costringendola a seguirlo.

- Sta zitta dannata stupida... – un ringhio sommesso - ...nemmeno dovevi uscire di casa, nemmeno quello. E tu cosa combini? Scappi sotto la pioggia in pieno centro, ma ti pare normale?! –

La ramanzina sembrò continuare per le lunghe, ma Cloud si limitò a seguire i due con lo sguardo in attesa che le loro voci venissero inglobate nel brusio di fondo creato dalla folla e dalla pioggia per poi riprendere a camminare.

 

Una cosa doveva ammetterla Strife, gli piaceva camminare sotto la pioggia. Forse perché le persone hanno fretta di andarsene al chiuso e c’era meno rischio di ritrovarsi in mezzo a sguardi stralunati che ti fissano come se non avessero mai visto un biondo in vita loro se non in televisione, o forse semplicemente perché gli piaceva la sensazione di essere bagnato fino alle ossa.

In ogni caso quel giorno aveva avuto veramente poca scelta, gradita o meno la pioggia non faceva che aumentare.
Fosse stato un giorno diverso probabilmente il passo avrebbe mantenuto un ritmo lento e costante, in modo da soddisfare il suo masochistico piacere nel sentire l’acqua scorrere attraverso i vestiti scivolando in una fredda carezza sulla sua pelle, eppure sotto quella pioggia i suoi piedi avevano un’inspiegabile fretta.

Del resto non aveva potuto rifiutare, come avrebbe potuto dire di no a...

 

- Signore si allontani, lasci passare! -

Era ancora una volta nel bel mezzo di un pensiero quando si sentì all’improvviso spintonare fin dietro una transenna in mezzo ad una folla di gente stretta come sardine dentro una scatola, insomma una di quelle belle esperienze da ricordare.

Guardandosi intorno riuscì vagamente a capire cosa stava effettivamente succedendo. La strada sgombra era piena di soldati che sorvegliavano le persone oltre le transenne, e un simile movimento di truppe significava solo una cosa; un pezzo grosso stava arrivando in città in quel momento.

- Ho sentito dire che il re di Wutai ha deciso di mandare qua proprio la figlia. -

- Hanno mandato la principessa? Ora capisco questa mobilitazione straordinaria dell’esercito. -

- A quanto pare, il presidente Rufus vuole ricontrattare le condizioni di pace stabilite alla fine della guerra. -

- Perché riparlarne adesso? -

- Forse ha paura del dissenso che si sta creando intorno alla Shinra, vorrà soltanto salvare la faccia. -

La folla si zittì improvvisamente quando al centro della strada comparve un piccolo manipolo di soldati; circondavano una ragazza cinta in un kimono dalle tinte chiare, solo le sue labbra si intravedevano il resto era coperto da un ombrello bianco retto da quello che aveva tutta l’aria di essere un Soldier, non solo per la divisa ma per quegli occhi così, malsanamente, azzurri coperti sporadicamente da qualche ciuffo nero.

Non era strano trovare un Soldier a scortare una principessa, erano un corpo speciale al servizio del presidente in fondo,  era normale fossero impiegati anche come scorte in questioni politiche, ma era senza dubbio strano che una simile scena passasse sotto gli occhi di tutti, sembrava quasi una ricercata manovra, indubbiamente la cosa puzzava sotto tutti i punti di vista.

Quella silenziosa “cerimonia” continuò fra gli sguardi della folla, tra chi si chiedeva il perché di quell’arrivo e chi semplicemente lo ammirava, o invidiava questione di punti di vista.

Lui provava semplicemente indifferenza, la politica non lo riguardava, non lo interessava, semplicemente non voleva saperne. Aveva un lavoro e una vita che sfiorava l’abitudinario, non chiedeva nient’altro.

Solo quando la schiena dell’ultimo soldato scomparve alla sua vista vennero tolte le transenne e fu nuovamente libero di tornare a camminare fra la folla che pian piano si riformava, compatta come sempre.

 

Era quasi arrivato a casa ormai, ancora pochi metri sulla strada principale e sarebbe comparsa la traversa che l’avrebbe condotto a casa, avrebbe potuto contare i passi ormai.
Confortevole, l’idea di tornare a casa era sempre in qualche modo confortevole per lui, quasi ci fosse una qualche strana atmosfera familiare ad attenderlo, forse era anche per questo che il bar al piano terra aveva così tanto successo, con il piccolo extra concesso dal fascino della barista.

Tifa, una vecchia amica, anche se forse era meglio definirla una conoscenza, probabilmente l’unico motivo che l’aveva spinta ad aiutarlo, oltre il suo innegabile buon cuore, era quel silenzioso patto che si viene a creare tra due persone rimaste sole al mondo, che rivedono l’uno nell’altro l’unico viso amico in un mondo troppo vasto per chi ha perso la propria casa, la propria città e il luogo in cui ritornare.

Poco importava in fondo, vivevano insieme portando avanti un’amicizia più a parole che a fatti, eppure in qualche strano modo si erano abituati alle rispettive presenze, avevano imparato a conoscersi in silenzio, e forse inconsciamente sapevano più di quanto si sarebbero mai aspettati dell’altro.

Immerso nei pensieri era arrivato di fronte all’entrata del 7th Heaven, si ritrovò ad osservare ancora una volta l’oggetto che con insolita cura proteggeva dalla pioggia battente, finalmente gli avrebbe trovato un posto in cui stare.
Salì i pochi gradini di legno, ed entrò pronto a parlare...

 

- È un’occasione che non possiamo perdere Tifa! Se vogliamo avvicinarci dobbiamo farlo ora. -

- Questo lo capisco, l’unica cosa che ti sto chiedendo è, perché proprio io? -

- Oh andiamo ragazza, pensi forse che io riesca ad attirare la sua attenzione con un vestito elegante? -

Quella voce dura e rumorosa, poteva appartenere solo ad una persona, Barret Wallace. Un omone nero, corpulento, amico di Tifa per ragioni che lui preferiva ignorare, diciamo piuttosto che preferiva chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie mentre l’evidenza gli passava sotto il naso.
Avalanche, un gruppo pseudo-terroristico che si alimentava del personale risentimento di ogni singolo membro verso la Shinra Company,  nascondendolo puntualmente dietro nobili ideali, un modo meno sporco agli occhi degli altri di cercare vendetta, Tifa ne faceva parte.

Si riunivano spesso lì in quel bar, in “borghese”, più che altro erano visite amichevoli all’orario di chiusura, come in quel caso.

- Senza dubbio attireresti l’attenzione con un vestito Barret. - una risata leggera, mentre il tono dolce della ragazza zittiva in modo insospettabile il vocione dell’amico. - Non potete chiederlo a Jessy? –

- Sai meglio di me quanto è imbranata quella ragazza, - ed eccolo che ripartiva, Barret non era mai stato il tipo da contenere il suo linguaggio “colorito” - sia chiaro è un piccolo genio, ma cazzo, è una frana nel sociale, non posso chiederle di presentarsi ad un festa simile! -

Il sottile dito della ragazza andò a zittire l’uomo, mentre con un occhiolino complice chiedeva di rimandare per qualche minuto il discorso.

- Bentornato a casa. - un lieve sorriso, mentre prontamente con la mano nascondeva una risata divertita. - Piove? -

Domanda piuttosto ironica considerando le condizioni in cui verteva il biondo, aveva acqua fin nelle ossa.

- Diluvia. Salgo a farmi una doccia. -

Si incamminò verso i gradini, notando però lo sguardo della ragazza che lo seguiva, non lui, qualcosa che ancora stringeva fra le mani. Solo quando abbassò lo sguardo verso la sua mano si ricordò cosa doveva effettivamente chiedere.

- Tifa, hai un vaso? -

 

L’asciugamano frizionava i capelli ancora bagnati, mentre a piedi scalzi raggiungeva la sua camera alla ricerca di qualche vestito da indossare giusto per non oltraggiare la comune decenza.

Aveva un profumo diverso la sua stanza, gli sembrava quasi assurdo che derivasse tutto da quello, eppure non gli dispiaceva. Si era senza dubbio un profumo molto delicato, difficilmente attribuibile ad un uomo, ma a Cloud non importava, stava bene in quella stanza quell’odore, sembrava quasi riempire un vuoto, non un vuoto profondo, uno di quelli che non noti finché non lo riempi. Andava bene così.

Indossò dei pantaloni di felpa e una maglietta pescata a caso nell’armadio, quel tanto che bastava a coprirsi e restare comodi, l’asciugamano malamente posato sulle spalle mentre con pochi passi raggiungeva la scrivania.

Vedeva l’acqua scorrere lungo il vetro della finestra con il suo picchiettare interrotto dai tuoni occasionali, ma la sua attenzione era rivolta ad altro.

Con la mano sfiorava, in modo assurdamente delicato, i petali bianchi, che sembravano risplendere, ancora lievemente bagnati di pioggia. Un giglio, si sarebbe detto fuori luogo in quella stanza così anonima, invece Cloud aveva come la chiara impressione che quel semplice fiore non poteva vivere in altro posto se non lì. Era stato affidato a lui no?

Un semplice incontro, non avrebbe mai pensato il biondo di ritrovarsi a ripercorrerlo nella sua mente una volta a casa. Eppure c’era stato qualcosa di diverso, quella ragazza era diversa da chiunque avesse mai conosciuto, la sua stessa presenza era diversa, anche se ancora non aveva ancora in chiaro cosa era diversa.

Una semplice ragazza, esteriormente non aveva niente più di molte altre, ma quel sorriso... per quanto ci provasse non riusciva a toglierselo dalla testa, era così... “fuori luogo”.

Midgar era una città che tende a soffocare i suoi cittadini, quello che vedevi in giro erano semplicemente facce spente, ingrigite da ore e ore di lavoro, o semplicemente affamate da una povertà dilagante, la felicità, sempre se c’era la gente preferiva tenersela stretta fra le quattro mura della loro casa. Lei invece gli aveva sorriso in mezzo a quella folla, e l’aveva fatto sinceramente.

Forse era semplicemente quello ad averlo colpito. Forse...

 

- Un fiore? -

- È un regalo. - 

 

 

 


Oh diavolo, potete imprecare, sono tornata ai vecchi lidi con un progetto che so per certo inizia qui e non ho la più pallida idea di dove finisca.

Questa cosa è più grande di me gente, davvero spero di riuscire a gestire il tutto come vorrei, ma so già che ci friggerò tutti i miei bellissimi neuroni di dubbie tendenze.

Considero questa storia un vero e proprio esperimento, non ho mai scritto o pensato anche solo lontanamente a qualcosa di simile perciò ogni genere di commento o critica sarà ben accetto, anzi sarei veramente felice di sapere cosa ne pensate.

Intanto vi lascio a questo piccolo prologo, a tutti gli effetti abbastanza corto, nei prossimi capitoli dovrei soffermarmi un po’ di più, questo è stato una specie di rodaggio, una sorta di prima presentazione.

Si mi sto dilungando troppo ma sono dannatamente insicura.

Non posso dire altro se non che spero davvero vi sia piaciuta! Grazie a tutti coloro che leggeranno o passeranno anche solo a dare una sbirciata!

Kya~

 

Storia partecipante all’iniziativa di BlackIceCrystal, The One Hundred Prompt Project.

The One Hundred Prompt Project
   
 
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