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Autore: Payton_    06/08/2010    11 recensioni
Storia partecipante al concorso One day: raccontami di... indetto da Fabi_Fabi.
Se Albus Silente non avesse lasciato, prima di morire, un compito da svolgere solo a Harry, Ron ed Hermione, ma anche a Neville Paciock? Un compito veramente difficile da affrontare, che solo una persona di gran coraggio avrebbe potuto svolgere? Se fosse stato quello stesso compito a rendere questo personaggio coraggioso come lo si è ritrovato nel settimo libro della Rowling?
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Storia partecipante al concorso One day: raccontami di... indetto da Fabi_Fabi classificatasi all'ottavo posto a pari merito.

Voglio ringraziare Fabi_Fabi per aver indetto questo bellissimo contest. Ho potuto rivalutare non solo il personaggio che mi è capitato, ma anche altri personaggi che non avevo mai del tutto apprezzato che sono capitati alle altre partecipanti. Grazie!

Inoltre ringrazio infinitamente Fabi_Fabi per aver scelto la mia storia come vincitrice del premio Originalità! GRAZIE MILLE!

Avevo pensato di spezzare la one-shot e dividerla in due capitoli perchè molto lunga, ma alla fine ho deciso di non modificare nulla. Spero solo che non sia noiosa al punto da impedirvi di arrivare fino alla fine.

Buona lettura, Payton

Nda: questa storia parla dell’ultimo anno a Hogwarts di Neville Paciock, fino ad arrivare alla battaglia finale. Quello che è accaduto nel settimo libro della Rowling che non viene nominato all’interno della storia rimarrà invariato. Ci sarà l’aggiunta di un compito, assegnato da Albus Silente a Neville Paciock quando il preside era ancora in vita, e quindi verranno modificate tutte quelle parti della battaglia e del settimo anno che muteranno a causa di questo compito. La differenza non citata è che Narcissa Malfoy non darà la sua bacchetta al figlio, ma la terrà per sé. (La parte riportata in grigio corsivo è un ricordo vissuto in prima persona da Neville in un sogno)

 

 

Un vero Grifondoro

 

La vita è un susseguirsi di scelte. Ogni minuto, ogni secondo, è scandito dalle scelte che prendiamo, per quanto piccole possano sembrare.

Tutto è un susseguirsi di scelte che ci guidano verso il passo successivo, verso la scelta successiva, tracciando un percorso sempre imprevedibile.

In base alla decisione che prenderemo il futuro muterà, creando un nuovo percorso.

Siamo noi gli artefici del nostro destino, nulla è scritto fino a quando non compiamo la scelta che definirà il futuro, ed Albus Silente questo lo sapeva bene.

Ogni scelta che aveva preso in vita sua, giusta o sbagliata che si fosse rivelata, era stata valutata attentamente, ponderata a lungo e mai avventata. Sapeva bene, per esperienza, quanto una semplice scelta, anche banale all’apparenza, potesse mutare il corso degli avvenimenti in modo radicale.

Ogni sua scelta era stata presa con largo anticipo, ma da una mente geniale come quella del vecchio mago non ci si poteva aspettare niente di meno.

Anche adesso, cosciente d’avere poco tempo, stava compiendo una scelta che si sarebbe rivelata utile solamente quando non avrebbe più potuto contrastare lui stesso Voldemort.

Osservava la sua mano sinistra, quasi morta, di colore verdastro, e pensava amaramente a quanto anche la decisione di indossare l’anello di Salazar Serpeverde fosse stata ponderata e valutata essendosi poi rivelata una cosa molto stupida da fare.

Anche Albus Silente era umano, aveva dei punti deboli, ma tanto era grande la sua potenza tanto erano pericolose le sue debolezze. Pericolose al punto da condurre alla morte.

Di lì a pochi attimi, nel suo ufficio, sarebbe entrato un ragazzo e un’altra delle sue scelte si sarebbe sommata al quadro generale di quello che avrebbe fatto nel tentativo di sconfiggere Voldemort.

Il suo tempo era troppo poco per non agire in fretta, ma ovviamente sempre con prudenza. 

Ricordava perfettamente quanto si fosse arrabbiato Severus quando gli aveva parlato del suo piano. Non capiva le sue ragioni, diceva che era molto avventato se non stupido scegliere quel ragazzo per un compito così grande, così difficile, offrendosi persino in prima persona.

Silente sapeva di aver chiesto già troppo a Severus, e sapeva che non poteva affidare proprio a lui quel compito così diverso da ciò che, da molti anni, il mago s’era imposto di fare.

Non poteva affidarlo a nessun altro se non al ragazzo che aveva scelto; serviva un cuore puro e pieno di coraggio per portare un fardello così grande.

A quel ragazzo che avrebbe varcato di lì a pochi attimi la porta del suo studio, non immaginando nemmeno a cosa stesse andando incontro.

Dopo una breve attesa infatti, una mano titubante bussò alla porta di legno massiccio del suo ufficio attendendo la benedizione per entrare.

< P-permesso? > chiese con voce tremante il ragazzo. Non era mai stato nell’ufficio del preside ed era rimasto a bocca aperta, letteralmente, quando aveva visto tutti gli strani oggetti presenti nello studio, un po’ come Harry quando varcò, per la prima di una lunga serie di volte, quella stessa porta al suo secondo anno.

Il vecchio mago sorrise alla vista di tanta ingenuità, convincendosi sempre più d’aver compiuto la scelta migliore. Guardò, da sopra le lenti degli occhiali a mezzaluna, il giovane spaurito impalato sull’uscio, costatando quando fosse intimorito per quelle convocazione inaspettata.

< Entra, Neville, accomodati. Devo parlarti di una cosa molto importante > disse, sempre sorridendo soddisfatto. Ora n’era certo, era la scelta giusta.

 

*

 

Oscurità, l’impressione che la luce non sia mai esistita.

Freddo, pesante, che ti penetra nelle ossa, nella mente, fino a paralizzarti.

Tristezza, palpabile, in apparenza parte dell’aria che respiri. 

Lunghi corridoi, grigi, tetri.

Lamenti, terribili lamenti.

Urla agghiaccianti che percuotono l’anima.

Percepisce il dolore di chi è tra quelle mura, lo sente come se fosse suo, nonostante sia solo un ragazzino.

L’avanzare lento che viene imposto è una tortura, e la paura aumenta di secondo in secondo.

Vuole andare via, lontano da quel posto.

Le lacrime minacciano di scivolare sul suo viso.

Perché gli sta facendo questo? Che cosa vuole ottenere?

Correre, correre lontano è l’unica cosa a cui riesce a pensare.

I lamenti non accennano mai a diminuire, ogni passo diventa uno sforzo enorme e, come se non bastasse, loro.

Loro, che alimentano la sua paura.

Loro, che creano tutta quella paura.

Loro, che incutono terrore con la sola presenza.

Il vuoto si allarga, lo percepisce dentro di sé, sa che vorrebbero la sua felicità.

I passi, frettolosi per non allontanarsi mai dalla luce argentea, riecheggiano nel vuoto di quei luoghi.

Tutto sembra rispecchiare la mente di chi è tra quelle mura.

Non c’è nulla se non la tristezza.

Le forze se ne vanno, le lacrime accarezzano il suo viso e il cuore sembra spezzarsi.

È quasi svuotato da tutti i pensieri felici, non riesce a pensare a nulla che non sia la disperazione, a nulla se non alle cose più terribili accadute nella sua vita.

Crede di non poter mai più essere felice, che la felicità non sia mai realmente esistita, ma sia stata soltanto una sua fantasia.

I dissennatori è questo che fanno, ti svuotano da tutto quello che di positivo c’è in te.

Il patronus di suo zio Albert lo protegge, ma non abbastanza, loro sanno che lui è debole.

La camminata si arresta di colpo, lo fanno voltare e li, dietro delle misere sbarre, lei.

Lei, il motivo per cui l’ ha portato lì.

Lei, le sue mani a renderlo peggio di un orfano.

Lei, causa della pazzia dei suoi genitori.

Lei, Bellatrix Lestrange.

< Signor Paciock, siamo arrivati > dice l’uomo accanto a suo zio. Improvvisamente si rende conto che c’è altro oltre che i suoi pensieri.

< Preferite restare soli?> domanda sempre lo stesso uomo. Anche lui ha fretta di andare via, è un ingrato compito quello che gli ha affidato il Primo Ministro.

< Sì, grazie > risponde Albert Paciock.

Lui vorrebbe seguire lo sconosciuto, vorrebbe andare via da quel posto il prima possibile. Non capisce perché lo zio l’ ha portato da lei a lui non importa vederla.

< Neville > lo chiama lo zio, costringendolo ad alzare lo sguardo. < Guardala, guarda quella donna. È lei che ha torturato i tuoi genitori, è a causa sua che soffri ogni giorno > dice zio Albert voltandolo con le mani.

Lui non vuole vederla, non vuole che lei lo veda, ma sa che questo non è possibile.

I suoi occhi carichi di lacrime incontrano quelli della donna, freddi, vuoti, terribili. Lei ride, una risata priva d’allegria, che fa tremare di paura il ragazzino.

Non vuole che lei si avvicini, ma non può fermarla. Ora solo le sbarre li dividono e lui spaventato si nasconde dietro lo zio.

< Neville > lo chiama l’uomo. Lui alza lo sguardo, le lacrime ad annebbiare le sua vista e le mani tremanti strette al mantello dello zio.

< Guardala, guarda come sta pagando per le sue colpe, per quello che ha fatto ai tuoi genitori > dice Albert pieno di rabbia. < Lestrange, gioisco nel vederti rinchiusa ad Azkaban > aggiunge rivolto alla donna malvagia.

Lei ride ancora, è pazza, Neville n’è certo e non sbaglia.

< Sei l’altro Paciock… quando il mio Signore tornerà sarò bene lieta di donarti la sorte di tuo fratello > sibila prima di ridere ancora la donna. È cattiva, cattiva come il suo padrone.

< Sei una povera pazza Lestrange > sputa lo zio mostrando un ghigno vittorioso. < Questo è il figlio di Frank ed Alicia > dice spingendo avanti il nipote < volevo vedesse che misera fine ha fatto la donna che ha torturato i suoi genitori >.

Lei ride ancora, quella risata spenta fa tremare il ragazzino. Ora lei lo sta guardando come un cane guarderebbe una bistecca, facendolo tremare ed indietreggiare contro il corpo dello zio. Voleva andare via subito.

< Quando il mio Signore tornerà, terminerò quello che avevo iniziato con i tuoi genitori e poi toccherà a te… Pa-cioc-k > dice lei scandendo bene il nome del ragazzo per poi ridere ancora senza allegria. È pazza.

 

 

Con un sospiro d’agitazione, Neville si svegliò di colpo. Ancora.

Non sapeva più quante volte, dopo che al quinto anno l’aveva incontrata nuovamente, aveva sognato il giorno in cui a soli undici anni suo zio Albert l’aveva portato ad Azkaban per mostrargli Bellatrix Lestrange. Quel ricordo era il suo incubo ricorrente.

Quella risata fredda lo accompagnava nelle notti in cui era più inquieto, pronta a risvegliare in lui tutte le sue paure anche se non era più tempo d’essere spaventati. Silente gli aveva affidato un compito importante non poteva avere paura, non poteva tirarsi indietro. Doveva affrontare i suoi incubi ed essere forte anche per gli altri.

Era la guida dell’ES, gli altri ragazzi dipendevano da lui, ed anche se dentro si sentiva fragile ed insicuro fuori doveva mostrarsi forte e deciso. Senza Harry, i membri dell’ES erano quasi allo sbaraglio. Aveva dovuto farsi forza e prendere in mano la situazione. Non poteva permettere ai fratelli Carrow, due Mangiamorte divenuti professori a Hogwarts, di rovinare la scuola con la loro violenta tirannia. L’Esercito di Silente doveva restare unito e questo dipendeva da quanto lui era disposto a rischiare.

Con una rapida occhiata all’orologio apprese che erano le cinque del mattino: mancava ancora molto alle otto, ora in cui avrebbe messo in atto il suo piano di fuga.

Seamus, unico superstite oltre a lui nel dormitorio dei ragazzi del settimo anno, dormiva profondamente, abituato a rumori notturni molto più forti per svegliarsi avendo condiviso la stanza con Harry per anni.

Neville era costretto ad agire in fretta, i Carrow volevano liberarsi di lui perché creava troppi problemi al loro regime autoritario e l’unico modo per rimanere a Hogwarts ed aiutare gli altri era raggiungere la stanza delle necessità ed usarla come nascondiglio.

Aveva l’appoggio di Piton, alle otto il preside avrebbe indetto una riunione speciale per organizzare la sua eliminazione, radunando tutti i professori dalla parte dei Mangiamorte e Gazza, dando così a Neville il tempo di raggiungere quella stanza.

Aveva dovuto ricredersi sul professor Piton nell’ultimo anno, avendo scoperto molte cose sul suo conto che avevano mutato la sua opinione. Sapeva che era una spia, era l’unica persona in vita a saperlo ed anche per questo Piton voleva tenerlo lontano dai mangiamorte: aveva paura che potessero leggere la sua mente.

Proprio lui che di Piton aveva fatto la sua più grande paura passata s’era ritrovato a dover stare con il nuovo preside per molti mesi per apprendere un difficile incantesimo. Non era stato facile, per niente, e Piton non mancava di ricordargli quanto avrebbe preferito farlo lui stesso piuttosto che affidargli quel compito, ma alla fine c’era riuscito.

Ora padroneggiava L’occhio della verità con una maestria che non aveva avuto per nessun incantesimo. Non aveva deluso Silente, non ancora almeno, perché il difficile doveva ancora venire.

Cercando di fare meno rumore possibile si chinò per aprire il suo baule.

Doveva cercare un paio d’oggetti che avrebbe portato con se, che gli avrebbero dato forza.

Dopo i suoi incubi ricorrenti si aggrappava con tutte le sue forze a quegli oggetti, cercando di riordinare le sue priorità e di ricomporsi.

Dopo una veloce ricerca nel baule trovò uno di essi: l’ultima copia de Il Cavillo che Luna gli aveva dato. In prima pagina, a caratteri cubitali, era riportato un titolo che diceva “Potter ci salverà”; proprio quel titolo era costato la libertà a Luna nel periodo di Natale. I Mangiamorte l’avevano rapita per far tacere suo padre e Neville, dopo tre mesi, non sapeva ancora se stesse bene. Era un peso con cui doveva convivere ogni giorno, che quasi lo opprimeva, ma non poteva andare a cercarla, non da solo e non ora.

Doveva proteggere la scuola mentre aspettava Harry, Silente gli aveva assicurato che prima o poi sarebbe penetrato nell’edificio alla ricerca degli Horcrux.

In quella copia cercava speranza, speranza che Luna fosse ancora viva e che presto l’avrebbe rivista. Non poteva arrendersi, non con quello che c’era in gioco.

Luna era l’amica più cara che aveva, non si sarebbe mai perdonato se le fosse accaduto qualcosa, doveva continuare a sperare che stesse bene anche per se stesso.

Depositò il giornale sopra il letto frugando ancora per cercare l’altro oggetto che avrebbe portato con se e poco dopo lo trovò: la bacchetta di suo padre.

Quella bacchetta gli ricordava che anche lui poteva essere qualcuno, che anche lui poteva combattere per i suoi ideali, per i suoi amici, come avevano fatto i suoi genitori, essendo però se stesso. Aveva usato quella bacchetta fino al quinto anno, con molta difficoltà, ma dopo aver incontrato Bellatrix Lastrange alla battaglia del Ministero aveva deciso che era il momento di svoltare pagina. Non era suo padre, ma poteva essere come lui se solo voleva.

La bacchetta di Frank era il ricordo più grande che avesse di lui, quello più intenso.

Per combattere però serviva una bacchetta che non era legata al suo vero proprietario. Neville non aveva vinto quella bacchetta e suo padre non era morto, quindi non era veramente sua. Nelle poche occasioni in cui aveva usato bene quella bacchetta, aveva sentito la magia di suo padre scorrere nelle sue vene ed era stato bellissimo. Una sensazione che ancora oggi lo faceva sentire legato ai suoi genitori, che gli infondeva il coraggio necessario per combattere.

Voleva renderli fieri di lui, anche se non l’avrebbero mai saputo.

In un baleno, mentre Neville sfogliava i suoi ricordi, giunsero le otto del mattino e, tra il trambusto generale degli studenti che andavano a colazione, prese la bacchetta di suo padre e la copia de Il Cavillo sotto braccio per avviarsi verso la stanza delle necessità.

Salutò Seamus, che presto l’avrebbe raggiunto.

Non potevano sparire tutti in massa, o i Carrow avrebbero scoperto il trucco e qualcuno sarebbe stato catturato prima di arrivare alla stanza.

Fortunatamente non incontrò nessuno nel suo furtivo tragitto, una nota positiva in un anno nero. Neville odiava l’idea di stare nascosto, in disparte, ma così avrebbe potuto creare fastidi ai Carrow indisturbato. Non era più tempo di giocare.

 

*

 

Dopo quasi tre mesi nella stanza della necessità Neville era più abbattuto che mai. Non avevano fatto molti progressi a Hogwarts se non quello di avere una gran numero di studenti latitanti come lui. L’ES si stava espandendo, era pronto a combattere, ma Harry non era ancora giunto a Hogwarts e Neville stava avendo un crollo di nervi.

Sapeva che Luna stava bene, era stato proprio Harry a salvarla dai mangiamorte e quello gli dava la forza di andare avanti, di aspettare, anche se credeva che Silente si fosse sbagliato sul suo conto, che lui non fosse adatto a quella missione. Aveva ragione Piton, lui non era la scelta giusta, Silente avrebbe dovuto scegliere una persona più coraggiosa, probabilmente il cappello parlante aveva sbagliato a smistarlo a Grifondoro.

< Neville > una vocina timida, che Neville aveva imparato ad apprezzare, lo chiamò distogliendolo dai suoi pensieri.

< Ciao Hannah > disse lui mostrando un sorriso smagliante.

< Posso sedermi accanto a te?>

< Certo, accomodati >. Neville face posto alla ragazza sulla sua amaca.

La stanza delle necessità aveva fatto apparire un’amaca per ogni studente che si era trasferito al suo interno adattandosi all’arrivo di quel gran numero di persone.

< Come stai Neville?> chiese Hannah molto seria.

< Non male, perché?> domandò il ragazzo cercando di apparire rilassato anche se in realtà non lo era per niente.

< Neville, ti conosco, non mentirmi… vedo che qualcosa ti turba…> disse la ragazza con aria materna. < I tuoi occhi sono tristi. Ha a che fare con il compito che ti ha affidato Silente?> chiese abbassando la voce per non farsi sentire da nessun’altro.

Neville aveva detto a Hannah, ed a lei soltanto, che Silente gli aveva affidato un compito, un compito importante, ma senza dirle di cosa si trattava.

< Si Hannah, è per quello che sono teso > ammise rassegnato Neville.

< Posso fare qualcosa per aiutarti?> chiese gentile la bionda.

< Fai già tanto aiutandomi con l’ES, è più che sufficiente > rispose riconoscente il ragazzo. Ci fu un attimo di silenzio dopo quelle parole, interrotto poi da Neville stesso.

< Non ti è mai capitato di pensare che il cappello parlante si fosse sbagliato quanto ti ha smistata a Tassorosso?>

< Questo ti spaventa, la paura che il cappello abbia sbagliato? > chiese Hannah.

< Si > ammise Neville < non so se sono abbastanza coraggioso per essere un Grifondoro. Io sono quello che aveva paura di Piton, quello che dimenticava continuamente la parola d’ordine per entrare nella torre di grifondoro, quello imbranato in tutte le materie… non sono un leader, e sicuramente non sono adatto per svolgere il compito che mi ha affidato Silente > continuò, parlando in tutta sincerità.

Sentiva che a Hannah poteva raccontare tutto, che poteva parlarle sinceramente. Aveva una cotta per lei da tempo, ma non era sicuramente il momento adatto per le storie d’amore, aveva altro a cui pensare. E poi era convinto che lei non provasse la stessa cosa per lui.

Hannah era diventata molto carina, non era più la bambina grassottella con le trecce bionde di un tempo, ma una ragazza semplice con un sorriso luminoso. Quando Neville incrociava i suoi occhi marrone chiaro, si sentiva sereno come non mai, come se Voldemort non fosse fuori dalle mura del castello pronto ad uccidere tutti quelli che tentavano di fermarlo. Pensava d’essere troppo poco per lei, non aveva mai avuto una grande fiducia in se stesso.

< Neville > parlò Hannah con tono deciso < possibile che tu sia così cieco? > gli chiese, per poi alzarsi e portarsi davanti a lui.

< Guarda, guarda cosa hai fatto per tutti loro > disse indicando i membri dell’ES sparsi per tutta la stanza. < Senza di te sarebbero ancora in balia dei Carrow. Senza di te l’ES non esisterebbe più. Sei la loro guida, Neville, e se pensi di non avere coraggio, guarda quanto ne infondi a loro. Ogni ragazzo, in questa stanza, vorrebbe essere come te, vorrebbe avere la tua tenacia. Non importa se temevi Piton, se dimenticavi le parole d’ordine o se non eri il migliore in tutte le materie, ad ognuno il suo, e tu sei un leader. Il loro leader. Il cappello parlante non sbaglia mai, e tu ne sei la prova >.

Le parole di Hannah erano proprio ciò che serviva a Neville per smetterla di abbattersi. Ogni notte continuava a sognare Bellatrix, il giorno in cui l’aveva incontrata ad Azkaban, ed era sempre più abbattuto, più certo che Silente avesse fatto la scelta sbagliata.

Una persona esterna ai suoi pensieri, esterna ai suoi incubi, che evidenziava cosa avesse fatto di grande in quel settimo anno era ciò che gli serviva.

Forse, inconsciamente, aveva sperato che qualcuno potesse sciogliere i suoi dubbi, o almeno alleviarli, e lei, con il suo luminoso sorriso e con le sue dolci parole, ci stava riuscendo.

Il cappello non aveva mai sbagliato, anche Silente glielo aveva detto quando l’aveva convocato nel suo studio l’anno prima, per cancellare le sue paure, poco prima di essere ucciso da Piton.

Neville sapeva che la morte del preside sarebbe stata tutto una farsa, che Silente sarebbe morto comunque e, così facendo, quel gesto avrebbe suggellato la fedeltà di Piton nei confronti di Voldemort, oltre che salvato l’anima di Draco Malfoy, ed ancora soffriva per non aver potuto dire a nessuno quella verità, specialmente a Harry.

Silente gli aveva detto tutto, s’era fidato, e lui non poteva deluderlo, non poteva deludere Hannah e gli altri membri dell’ES. Era un Grifondoro, il cappello l’aveva scelto e sarebbe andato fino in fondo.

< Neville > lo chiamò ancora Hannah, portandolo via dalle riflessioni che le sue parole avevano acceso in lui. < Ricordi cosa ha detto Silente per commemorare Cedric Diggory? > chiese, accucciandosi di fronte al ragazzo ancora seduto sull’amaca.

< Disse: “Momenti bui e difficili ci attendono. Presto dovremo affrontare la scelta fra ciò che è giusto e ciò che è facile*”. Tu, Neville, hai scelto ciò che è giusto, non ciò che è facile, ed ora ne stai subendo le conseguenze > disse, decisa a far capire al ragazzo il suo valore. < Sei più coraggioso di quello che pensi > aggiunse poi quasi in un sussurro, incatenando il suo sguardo a quello di Neville e stringendogli forte una mano.

Neville rimase un po’ in silenzio a contemplare il volto di Hannah, per poi stringerle forte la mano con la quale stringeva la sua e sorridere.

< Sai, una volta Harry ha detto che noi abbiamo una cosa che Voldemort non ha > disse continuando a fissare Hannah, < qualcosa per cui vale la pena lottare**. Credo avesse ragione >.

In quel momento, come se non ci fosse nessun altro nella stanza delle necessità, Hannah si avvicinò a Neville e lo baciò. Sapeva che lui, timido ed impacciato, non l’avrebbe mai fatto.

Il bacio fu dolce e delicato, così come Hannah stessa, ma breve. Per un attimo le loro labbra s’incontrarono, per trovarsi ancora separate a causa della fuga imbarazzata della ragazza.

Anche se aveva trovato il coraggio di baciare Neville, subito dopo s’era sentita una perfetta idiota ed era fuggita, ma quello era bastato al ragazzo per capire di non essere indifferente alla tassorosso.

Ora Neville, sbigottito ed ancora seduto sull’amaca, una mano a sfiorare le labbra baciate dalla ragazza, aveva capito d’avere un motivo in più per combattere e quel motivo si chiamava Hannah Abbott.

 

*

 

< NEVILLE! > urlarono in coro tre voci familiari.

< Harry? > disse sorpreso Neville. < Ron? Hermione? >. Prima che potesse rendersi conto della situazione, Hermione gli saltò al collo abbracciandolo e piangendo lacrime di felicità.

L’immagine del quadro di Ariana, la sorella di Albus ed Aberforth Silente, l’aveva condotto lungo il corridoio che collegava la stanza delle necessità alla Testa di Porco, pub di Aberforth, facendogli trovare i suoi vecchi compagni all’interno. Quel passaggio s’era formato per permettere ai membri dell’ES nascosti nella stanza delle necessità di procurarsi da mangiare.

< Neville, ma cosa hai fatto?> chiese subito Hermione, preoccupata, guardando i tagli sparsi su tutto il suo corpo.

< Oh, nulla > rispose noncurante Neville, < solo il segno che stiamo combattendo la tirannia dei Carrow >.

Neville spiegò a Harry, Ron ed Hermione tutto quello che era successo a Hogwarts in loro assenza mentre li conduceva verso la stanza delle necessità, attraverso il corridoio dietro il quadro di Ariana. Raccontò dei due fratelli mangiamorte, i Carrow, che insegnavano a Hogwarts e torturavano gli studenti. Raccontò che tutto l’ES era stipato nella stanza delle necessità per nascondersi da quelle terribili torture, dilungandosi molto più del dovuto nei particolari, timoroso di parlare degli Horcrux con il trio. Dopo aver tentennato abbastanza, ed oramai in prossimità dell’uscita del tunnel, Neville toccò l’argomento per il quale attendeva Harry.

< Harry, sapete già come possono essere fatti? > disse fermando la corsa nel tunnel. Harry sgranò gli occhi, fissando Neville come se fosse un mangiamorte pronto ad ucciderlo.

< Cosa? > esclamò stupefatto e parecchio nervoso. Neville sapeva che non c’era molto tempo, quindi decise di stringere i tempi e parlare schiettamente.

< So tutto degli Horcrux. Dimmi cosa posso fare per aiutarvi > bisbigliò, temendo che qualcuno potesse sentirlo, visto che erano in prossimità dell’uscita del tunnel. A Harry ci vollero alcuni secondi prima di capire veramente le parole di Neville, non era possibile che avesse detto veramente Horcrux, ma quest’ultimo facilitò la sua comprensione.

< Harry, Silente mi aveva detto tutto, non c’è tempo per spiegarti, ma posso darvi una mano, quindi dimmi cosa state cercando > tagliò corto Neville. Harry sembrava molto combattuto, non capiva perché Silente avesse raccontato tutto a Neville e perché non gli avesse detto che il loro amico era a conoscenza degli Horcrux, ma aveva ragione, non c’era tempo per le spiegazioni, dovevano agire il più in fretta possibile.

< Ok, Neville > iniziò Harry facendo un cenno a Hermione e Ron, che annuirono concordi a fidarsi del ragazzo.< Stiamo cercando il diadema di Cosetta Corvonero, sai se qualcuno ha idea di dove possa essere? > domandò speranzoso.

< Harry, quel diadema è perduto, non è a Hogwarts > rispose Neville con delusione.

< Tu-sai-chi > disse Harry compiendo lo sforzo di non pronunciare il nome di Voldemort, ancora coperto dall’incantesimo di richiamo < l’ ha trovato e l’ ha reso un Horcux. L’ ha nascosto a scuola quando è tornato per chiedere a Silente di farlo diventare il nuovo insegnante di difesa contro le arti oscure, e noi dobbiamo trovarlo > .

< Chiediamo ai Corvonero se ne sanno qualcosa > propose Neville, avviandosi verso gli altri.

Uscirono dal tunnel, ed ovviamente ci fu un’ovazione da parte di tutto l’ES quando li videro. Una volta calmati tutti gli studenti, Neville chiamò all’attenzione tutti quanti.

< Membri dell’ES dobbiamo dare una mano a Harry. Sta cercando un diadema che assomigli a quello perduto di Cosetta Corvonero, qualcuno sa dirmi com’è fatto? >

< C’è una statua rappresentante Corvonero nella nostra sala comune, indossa il suo diadema, se vuoi posso mostrartelo Harry > disse Cho Chang che, come molti altri vecchi membri dell’ES, aveva risposto alla chiamata delle spille che Neville aveva fatto poco prima. 

Ginny insistette che fosse un altro Corvonero ad accompagnare Harry, e non Cho, e tutti rimasero in attesa del ritorno dei due, visibilmente tesi e molto speranzosi che tutto andasse per il verso giusto.

Dopo un tempo in apparenza lunghissimo, Harry ed il Corvonero arrivarono trafelati, annunciando che la scuola sarebbe stata attaccata a breve da Voldemort ed i mangiamorte. I Carrow avevano visto Harry ed avevano chiamato, tramite il marchio nero, il loro Signore.

La battaglia finale stava per avere inizio.

Harry aveva già avvisato la professoressa McGranitt, che aveva attaccato Piton, costretto a fuggire, ed aveva iniziato ad evacuare la scuola dagli studenti più giovani.

Il primo pensiero di Neville fu Hannah. La individuò, bacchetta alla mano, con Ernie e Justin, che parlottava con loro, probabilmente per decidere il da farsi.

< Hannah > la chiamò dopo esserle andato incontro < Hannah, non puoi combattere, è pericoloso. Devi restare nella stanza della necessità, al sicuro > disse tutto di un fiato. Lei lo guardò con aria di rimprovero, facendolo sentire quasi incolpa.

< Hannah, non fare così, lo dico perché non voglio ti accada nulla > aggiunse stringendole le braccia con le mani ed abbassandosi per guardarla negli occhi, essendo molto più alto.

< Neville, non puoi chiedermi di stare in disparte, non è giusto. Ci siamo preparati per questo, dobbiamo proteggere Hogwarts e lottare, tutti noi, io compresa >.

Entrambe avevano finto che il bacio tra loro non fosse mai esistito. Anche se i sentimenti che li legavano erano forti avevano nascosto l’attrazione che c’era tra loro.

< Hannah, se mi dovesse accadere qualcosa… io… io… ehm > improvvisamente la bocca di Neville sembrava arida come il deserto, non riusciva a parlare.

< Vai, fai ciò che devi fare, al resto penseremo dopo > disse lei decisa.

< Ma se mi capitasse qualcosa, se ci capitasse qualcosa… >

< Non accadrà nulla. Festeggeremo insieme la vittoria contro tu-sai-chi, lo sento > rispose secca Hannah. Aveva paura, molta paura, ma voleva che Neville fosse lucido, che non si preoccupasse per lei e che compisse la missione per cui era stato scelto senza altri pensieri per la testa, anche se non sapeva quale fosse.

Con un cenno del capo, Neville lasciò Hannah ed iniziò ad osservare la stanza delle necessità. Molti ragazzi  erano già usciti, richiamati dagli scoppi che provenivano dai giardini di Hogwarts, e molti stavano per farlo. Vide Harry discutere con Ginny, probabilmente stava cercando di convincerla a non combattere come lui aveva fatto con Hannah pochi istanti prima.

Non doveva perdere di vista Harry, ma fuori c’era bisogno di lui e quindi uscì per combattere non appena anche Harry varcò la soglia della stanza delle necessità.

Fuori era l’inferno.

Ad ogni angolo c’erano mangiamorte che combattevano contro studenti, auror e professori.

Vinto dalla paura, Neville corse nel disperato tentativo di trovare Hannah ed assicurarsi che fosse viva.

Salvò Luna da un paio di maledizioni terribili e le chiese di nascondersi, ma anche la ragazza non volle dargli retta.

Hogwarts era in netto svantaggio per il momento, e le cose non sembravano migliorare. I mangiamorte stavano prendendo la scuola e le perdite di vite innocenti erano già molte.

A Neville sembrava che il tempo si fosse fermato, che la battaglia non finisse mai, fino a quando una voce fredda e maligna invase il castello.

Voldemort stava annunciando una tregua, di un’ora, per consentire alla scuola di consegnargli Harry Potter. In cambio del bambino sopravvissuto avrebbe risparmiato la vita di tutti i suoi nemici, non voleva spargere troppo sangue magico.

Il panico invase Neville: conoscendo Harry sapeva che si sarebbe consegnato, ma non era ancora il momento.

Corse, corse il più velocemente possibile nei corridoi della scuola, in cerca di Harry, senza trovarlo. Nella sua folle corsa, arrivò al settimo piano, nella speranza che alcuni membri dell’ES si fossero messi al sicuro nella stanza delle necessità.

Dove solitamente appariva l’ingresso della stanza magica, c’era un piccolo cumulo di macerie bruciacchiate, segno evidente di uno scontro.

Il corridoio era deserto, se non per Draco Malfoy, seduto contro la parte, atterrito, accanto a Goyle, schiantato. Neville notò che Malfoy era senza bacchetta e che sembrava in uno stato catatonico.

Impietosito, si avvicinò al ragazzo, che alzò lo sguardo inespressivo su di lui senza dire nulla.

< Malfoy, cos’è successo qui? > domandò sperando che il biondo collaborasse.

< Vattene Paciock! > disse Draco con un tono di voce privo del solito disprezzo, stanco, quasi come se fosse una supplica.

< Malfoy, dimmi cos’è successo > ripeté Neville cercando di risultare amichevole.

< Tiger, Tiger è morto… > biascicò Malfoy dopo un attimo d’incertezza, osservando il pavimento

< Potter ci ha salvati dalle fiamme dell’Ardemonio, ma Tiger è morto >.

< Dov’è Harry adesso? > chiese Neville.

< Non lo so Paciock, non è a me che devi chiederlo > rispose, con tono piatto, Malfoy.

Neville capì che Draco non era in grado di parlare – e nemmeno di insultarlo - perché troppo turbato, e decise di aiutarlo.

Aveva sempre odiato quel ragazzo, che l’aveva preso in giro per anni, ma da quando Silente gli aveva parlato del compito che gli avevano affidato, della sua famiglia, da quando aveva saputo che aveva accettato di morire piuttosto che uccidere Silente, non poteva non provare pena per lui.

< Stupeficium! > urlò puntando la bacchetta contro Draco, cosciente che non avrebbe mai accettato un aiuto da parte sua nemmeno in quel momento critico.

Fece levitare i corpi dei due Serpeverde fino allo stanzino più vicino e li chiuse dentro, rendendo invisibile la porta. Senza bacchette sarebbero sicuramente morti una volta ripresa la battaglia e Neville non voleva nessuna vita sulla coscienza, Malfoy e Goyle compresi.

Aveva perso parecchio tempo prezioso per mettere in salvo i Serpeverde e doveva trovare Harry.

Corse verso la sala grande, dove i superstiti stavano portando tutti i cadaveri dei maghi e delle streghe morti durante la battaglia: era uno spettacolo agghiacciante.

Cercò subito Hannah e la individuò seduta a terra, sporca e piangente, ma viva: era sufficiente. Andò da lei, passando accanto a tutti i corpi senza vita degli studenti di Hogwarts.

Era qualcosa che bruciava l’anima osservarli, come se stessero dormendo, cosciente del fatto che non avrebbero più aperto gli occhi. Anche il professor Lupin e sua moglie erano morti, i loro corpi erano stesi l’uno accanto all’altro come in un sonno eterno.

Vide Ron e la sua famiglia, con Hermione, tutti stretti attorno al corpo senza vita di Fred Weasley. Era terribile vedere tutto quel dolore senza potervi porre fine.

Colto da un’improvvisa folgorazione, Neville costatò che Harry non era con gli altri: dov’era?

Capì che era andato a consegnarsi, Voldemort aveva avuto un ottimo piano. Sapeva quanto fosse giusto il suo antagonista, quanto avrebbero pesato sulla sua coscienza tutte le persone morte perché lui non era andato a morire.

Voleva andasse da lui, voleva vederlo arrivare e guastare il momento che avrebbe preceduto la sua vittoria: un vero mostro.

Senza nemmeno andare da Hannah, Neville cominciò a correre fuori dalla scuola, verso la foresta, dove c’erano i mangiamorte e Voldemort, sperando che Harry non indossasse il mantello dell’invisibilità altrimenti non avrebbe potuto fermarlo.

Corse più veloce che poté, per la prima volta in vita sua fu contento d’essere dimagrito tanto quell’anno. Aveva la gola arida e la milza dolente, le gambe sembravano voler cedere da un momento all’altro, ma la forza di volontà, la voglia di raggiungere l’amico, erano più forti che qualsiasi dolore.

Bene oltre il limitare della foresta vide Harry. Accanto a lui c’erano quattro figure che Neville riconobbe subito: Sirius Black, il padrino di Harry, Remus Lupin, il loro vecchio insegnante di difesa contro le arti oscure, ed i genitori di Harry, Lily e James Potter. Neville aveva visto i genitori di Harry in alcune vecchie foto dei suoi genitori, per questo li riconobbe.

Ma quelle persone sono morte! – pensò, non capendo la loro presenza accanto all’amico.

Osservando meglio quelle figure, vide che erano incorporee, come se fossero dei fantasmi.

 

Freddo, pesante, che ti penetra nelle ossa, nella mente, fino a paralizzarti.

Tristezza, palpabile, in apparenza parte dell’aria che respiri. 

 

Vecchi ricordi, mai dimenticati, attraversarono la mente di Neville.

 

È quasi svuotato da tutti i pensieri felici, non riesce a pensare a nulla che non sia la disperazione, a nulla se non alle cose più terribili accadute nella sua vita.

Crede di non poter mai più essere felice, che la felicità non sia mai realmente esistita, ma sia stata soltanto una sua fantasia.

 

Era scosso dai brividi, brividi che sembravano arrivare dall’interno del suo corpo, direttamente dal suo cuore. Non avrebbe mai portato a termine il compito affidatogli da Silente, non era in grado.

Perché aveva scelto lui? Perché non Seamus o qualunque altro Grifondoro?

Era un fallimento, un completo fallimento. Lui era un imbranato, era codardo, non sapeva perché il cappello l’avesse smistato a Grifondoro, aveva sbagliato.

“Il cappello parlante non sbaglia mai, e tu ne sei la prova”

Le parole di Hannah rimbombarono, deboli, ma efficaci, nella mente di Neville.

“Sei più coraggioso di quello che pensi”

Strappato a forza dalla tristezza da quelle parole, Neville si rese contro della presenza dei dissennatori. Probabilmente le figure attorno a Harry avevano la stessa funzione di un patronus, perché lui non era stato attaccato. Cercò di aggrapparsi a tutti i ricordi felici della sua vita per evocare il suo patronus. Non aveva mai fatto quella magia davanti ad un vero dissennatore, e temeva di non farcela, ma forse erano i dissennatori che volevano che lo credesse, come poco prima l’avevano convinto che avrebbe fallito.

Ripensò a Hannah, viva tra le mura della sala grande, ai suoi amici, anch’essi vivi. Alla fiducia che Silente aveva riposto in lui andando contro tutti e scegliendo chi nessuno avrebbe mai scelto.

Con questi pensieri a scaldargli il cuore, strinse forte la bacchetta e la sollevò verso le ex guardie di Azkaban.

< Expecto Patronum! > esclamò a gran voce. Dalla bacchetta uscì una luce argentea, che subito prese la forma del patronus di Neville: una mangusta.

Pochi sanno che la mangusta, in apparenza docile ed innocua, è uno dei pochi mammiferi in grado di uccidere i serpenti. È coraggiosa ed è in grado di sconfiggere nemici due volte più grandi di lei.

Camminando accanto al suo patronus, Neville andò verso Harry, che aveva già superato la barriera dei dissennatori, ed era a circa trecento metri dallo spiazzo dove c’erano i mangiamorte. Harry si voltò verso di lui, facendo scivolare qualcosa dalle mani. Le figure dei cari di Harry sparirono.

Una volta raggiunto l’amico, lo trascinò in un angolo maggiormente riparato dalla scura vegetazione.

< Neville, cosa cerchi di fare?> domandò quasi con rassegnazione Harry.

< Quello per cui Silente mi ha scelto > rispose deciso Neville.

< Lasciami andare, l’unico modo per sconfiggere Voldemort è che io muoia > disse Harry. < Silente lo sapeva, e la profezia della Coomen lo conferma > aggiunse rassegnato al suo destino.

< Harry, lo so! > disse Neville, faticando a trovare le parole ed allontanandosi di qualche passo dall’amico, puntando poi la sua bacchetta verso di lui. < Sarò io ad ucciderti >.

 

 

*

 

< Entra, Neville, accomodati. Devo parlarti di una cosa molto importante > disse Silente, mostrando un sorriso soddisfatto.

< B-buona sera professore > balbetto Neville mentre si sedeva su una delle poltrone dell’ufficio del preside. Era parecchio agitato, non era mai stato in quell’ufficio e non sapeva perché era stato convocato. Non credeva d’aver fatto nulla di male. Forse i suoi voti erano troppo scarsi e volevano cacciarlo perché infangava l’onore della scuola…

< Neville > lo chiamò il preside distogliendolo dai suoi pensieri < ti ho fatto venire qui perché devo spiegarti molte cose importanti quest’oggi, e devo affidarti un arduo compito >

< Come vedi la mia mano sinistra sembra morta, e presto tutto il corpo la raggiungerà > disse Silente facendo sobbalzare Neville.

Come può essere così tranquillo se sta per morire? pensò Neville.

< Ho poco tempo e devo organizzare molte cose prima di passare a miglior vita. Il tuo compagno di scuola, Draco Malfoy, è stato da poco marchiato con il marchio nero. Ha un compito, il compito di uccidermi, se non vuole morire lui stesso per mano di Voldemort >. Nell’udire il nome di colui-che-non-deve-essere-nominato, Neville ebbe un altro sobbalzo.

Perché il preside gli stava raccontando quelle cose?

< Non voglio che l’anima di un ragazzo, plagiato dalla malvagità della sua famiglia, di suo padre, venga spezzata. Draco non voleva il marchio nero, non è malvagio, anche se forse un po’ cattivo lo è stato > aggiunse sorridendo a Neville, che annuì trovandosi perfettamente d’accordo con il preside. Malfoy, con lui, era stato davvero cattivo nei sei anni trascorsi a Hogwarts.

< Ora, il professor Piton ha acconsentito ad uccidermi al posto di Draco > disse Silente, facendo quasi cadere Neville dalla sedia. Notando la sua reazione il preside precisò subito alcuni punti.

< Non so se sai che il vostro professore di difesa contro le arti oscure prima era un Mangiamorte > precisò Silente, < ora sta facendo, per me, il doppio gioco con Voldemort. Morire per mano sua salverà Draco e concederà a Severus di entrare maggiormente nelle grazie di Voldemort. È un compito molto difficile, e non posso chiedere altro a Severus, ed è qui che entri in gioco tu > disse il preside.

< IO?> chiese, con il panico nella voce, Neville. Cosa voleva che facesse il preside?

< Non ti chiederò di fare lo stesso di Severus, Neville > disse Silente, che probabilmente aveva capito i timori di Neville che fu subito sollevato.

< Pochi sanno che Voldemort, quando era ancora potente, ha diviso la sua anima in sette parti, sei delle quali sono racchiuse in oggetti a lui cari > spiegò Silente. < Questi oggetti si chiamano Horcrux, e fino a quando non verranno distrutti tutti quanti, Voldemort non potrà morire > aggiunse. Neville era totalmente ammutolito e stentava a credere alle sue orecchie.

< Io ho distrutto uno di questi oggetti, ed è stato la mia condanna a morte > spiegò < Harry, Ron ed Hermione, ancora non lo sanno, cercheranno i rimanenti Horcrux per distruggerli. Tu, Neville, dovrai distruggere l’ultimo di tutti, un Horcrux che nemmeno Voldemort sa d’aver creato > disse, diventando molto serio, Silente.

< Dovrai distruggere la parte di anima di Voldemort che è racchiusa in Harry >. Quelle parole risuonarono nella testa di Neville come ovattate, lontane, irraggiungibili.

Silente non voleva davvero affidare un compito così difficile e lui?

< Quando Voldemort ha tentato di uccidere Harry, una parte della sua anima, già molto frastagliata, si è staccata dal resto ed è entrata nell’unico essere vivente presente nella casa > spiegò il preside, cercando di essere conciso ed esauriente allo stesso tempo.

< Ma… come posso?> biascicò il ragazzo.

< Severus ti insegnerà un incantesimo che servirà ad individuare la parte di anima di Voldemort in Harry > spiegò il preside.

< Ma perché io? Perché non qualcun altro? Io non sono bravo con gli incantesimi, io potrei uccidere Harry! > disse con la disperazione nella voce Neville.

< Questo è il punto, Neville. Non sappiamo se l’incantesimo ucciderà Harry o solo la parte di anima di Voldemort. Per questo ho bisogno di te, per questo ho bisogno di una persona con sufficiente coraggio > disse il preside, ma venne interrotto dalle proteste di Neville.

< NO, NO, io non POSSO! Io non sono in grado, ucciderò Harry professore, non POSSO! > si disperò il ragazzo. Silente non capiva quanto fosse imbranato?

< Neville, tu hai dimostrato tante volte il tuo coraggio, c’è un motivo se il cappello ti ha smistato a Grifondoro > rispose sereno Silente.

< Ha sbagliato > bisbigliò Neville.

< Il cappello parlante non sbaglia mia, Neville, dovresti saperlo > ribatté Silente.

< Professore, lei si sbaglia, io non sono coraggioso… non sono come Harry, non posso fare quello che lei mi ha chiesto >.

Silente parve riflettere sul da farsi, per poi alzarsi ed andare verso il suo pensatoio per versare il contenuto di una fiala al suo interno. < Vieni Neville, voglio mostrarti una cosa >.

Afferrò il ragazzo per un braccio ed insieme entrarono nel pensatoio. Neville non aveva mai provato ad immergersi nei ricordi di un altro, all’interno di un pensatoio, e constatò che era una sensazione proprio insolita.

Quando i suoi piedi toccarono nuovamente il terreno, davanti a se vide un altro Silente, più giovane, in compagnia della professoressa Cooman, anch’essa più giovane.

< Non ci possono vedere > sussurrò il Silente più vecchio a Neville, per poi tornare ad osservare il se stesso passato.

La professoressa Cooman sembrava più strana del solito, aveva e gli occhi sbarrati ed osservava qualcosa di inesistente. Ad un certo punto parlò, con una voce un po’ diversa dalla sua.

 

< Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore...
nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull'estinguersi del settimo mese...
l'Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto...
e l'uno dovrà morire per mano dell'altro, perché nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive... il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore nascerà all'estinguersi del settimo mese...>***

 

Neville, dopo che la professoressa Cooman finì di parlare, sentì nuovamente i piedi staccarsi dal terreno. Così come erano arrivati nel pensatoio, scivolarono fuori, trovandosi con i piedi ben saldi al pavimento dell’ufficio del preside. Neville era un po’ frastornato e non capiva perché Silente avesse voluto mostragli quel vecchio ricordo.

< Sediamoci > suggerì Silente, trovando il ragazzo molto d’accordo. Tutto quello che il preside aveva detto fin ora l’aveva sconvolto e non sapeva per quanto le gambe avrebbero retto il suo peso.

< Il ricordo che abbiamo appena visto è mio > precisò il preside. < La profezia che hai appena udito è quella che è andata distrutta durante la battaglia al Ministero della Magia lo scorso anno >.

< Quella che ha segnato il destino di Harry > disse Neville, tornando con la mente a quella notte, quando Bellatrix Lestrange l’aveva torturato.

< Ti sbagli > disse il preside, < quella profezia non parlava di Harry, non ancora. Parlava anche

di te >.

< Di ME?> chiese sgranando gli occhi il ragazzo.

< Come dissi a Harry l’anno scorso, la profezia poteva riferirsi sia a te che a lui. I genitori di Harry avevano sfidato Voldemort tre volte, ma anche i tuoi. Harry è nato alla fine di luglio, ma anche tu. Come dice la profezia stessa, Voldemort ha scelto, senza saperlo, chi tra te ed Harry sarebbe diventato il suo eguale. La scelta è la chiave di tutto, Neville. Tu potresti essere il bambino sopravvissuto >.

Neville doveva avere proprio un’aria stupida in quel momento. Aveva gli occhi sgranati e la bocca spalancata dallo stupore. Lui avrebbe potuto essere il bambino sopravvissuto, non poteva credere a quelle parole…

< Il professor Piton, che all’epoca era un Mangiamorte, sentì una parte della profezia, riferendola al suo Signore > spiegò Silente. < Essendo venuto a sapere solo una parte della profezia, Voldemort scelse, scelse Harry tra voi due, sai perché Neville? Perché era un mezzosangue e lo sentiva più simile a sé. Questa è la differenza tra voi due, è questo che vi rende diversi: la scelta di Voldemort >.

< Professore, io non sarei mai stato capace di fare quello che Harry ha fatto in questi anni > mugugnò Neville a testa bassa. Non si sentiva nemmeno vagamente simile all’amico.

< Neville, il capello ti ha smistato a Grifondoro, ha visto il coraggio che nascondi, ed anch’io l’ ho visto. È ora che lo veda anche tu >.

Neville era rimasto a lungo in silenzio, ripensando a tutto quello che il Preside aveva detto.

 Sarebbe stato capace di fare quello che gli veniva chiesto? Aveva davvero il coraggio grifondoro dentro di se?

< Allora, Neville > esclamò Silente con un sorriso compiaciuto sulle labbra, interrompendo il silenzio che s’era creato < cercherai di distruggere l’ultimo Horcrux?>

 

*

 

< Harry, Silente mi ha dato un compito, il compito di distruggere l’ultimo Horcrux… ovvero tu > disse Neville, deciso.

< Quindi Silente ha deciso che devi farlo tu e non Voldemort? > bisbigliò Harry. Anche a distanza di anni, Harry non seppe spiegare cosa lo spinse a credere ciecamente a Neville. Forse furono gli occhi dell’amico, carichi una determinazione mai vista prima, o forse fu la speranza di Harry che potesse esserci un finale diverso che la sua morte per mano di Voldemort. Coraggioso che fosse era pur sempre un ragazzo.

< Mi dispiace Harry. Cercherò di uccidere l’anima di Voldemort che è in te, ma non c’è garanzia che tu sopravviva > spiegò Neville, la bacchetta ancora puntata verso l’amico.

< Devi farlo Neville > disse inaspettatamente Harry. < Costi quel che costi, devi farlo >.

< Promettimi una cosa > aggiunse poi.

< Cosa? >

< Se non potessi farlo, uccidi Nagini > disse serio e deciso Harry.

< Conta su di me > rispose con la stessa serietà e la stessa decisione Neville.

< Forza, fai quello che devi fare > lo incitò Harry dopo un attimo di silenzio.

C’era solo rispetto ed ammirazione in Neville per l’amico, ancora una volta coraggioso come pochi.

Chiuse gli occhi serrando di più la mano attorno alla bacchetta. Era sudata e quindi lo strumento magico minacciava di scivolare via.

Era una situazione davvero tesa. Ognuno dei due ragazzi fronteggiava l’altro con una sicurezza che non aveva e che faticava a mostrare, ma entrambi volevano portare a termine il proprio compito.

L’uno di uccidere, l’altro di morire.

Ad una persona non a conoscenza dei fatti, sarebbero sembrati due nemici rispettosi l’uno dell’altro e non due amici che stavano per rischiare ogni cosa.

Neville sentì la bacchetta tremare sotto le dita, ma capì che era la sua stessa mano a tremare.

Se avesse fallito, Harry sarebbe morto per colpa sua. Non posso tirarmi indietro, non ora!

Raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo e sussurrò “Mostra”, concentrandosi al massimo per non sbagliare.

Harry era teso come una corda di violino, ma rimase immobile, in attesa del suo destino, gli occhi serrati.

Neville era concentrato, anche lui con gli occhi chiusi, e cercava di scovare l’anima di Voldemort dentro Harry. Era magia molto avanzata, molto difficile.

Non capiva più quanto tempo fosse passato da quando aveva iniziato a cercare il frammento di anima quando ad un tratto lo percepì. Era qualcosa di molto diverso dall’essenza del suo amico, qualcosa di spaventoso, maligno, terribile, che macchiava l’anima di Harry.

Il frammento era lì, parte del ragazzo, ma anche parte a se stante. Poteva percepirlo, vederlo nella sua mente. Era una macchiolina nera poggiata su qualcosa di bianco, una macchiolina con l’essenza più maligna che si potesse immaginare.

L’anima di Voldemort cercava di ribellarsi, di non mostrarsi, ma Neville continuava a seguirla con la mente.

Non farlo Neville, ucciderai Harry Potter… sussurrò l’anima di Voldemort nella testa di Neville.

Il ragazzo, per un istante, quasi interruppe il contatto, ma poi rafforzò ancora la presa sulla bacchetta che vibrava a causa della magia e della resistenza del frammento di anima.

Diventerai un assassino Neville… sussurrò ancora l’anima di Voldemort.

I tuoi genitori ti odieranno, i tuoi amici ti vorranno vedere rinchiuso ad Azkaban… io posso darti una possibilità, unisciti a me, tra le file dei miei Mangiamorte e non te ne pentirai…

< No! > disse Neville cercando di ribellarsi ai pensieri che l’anima di Voldemort gli creava nella mente.

Pensaci, Neville Paciock, se fallisci credi che ti perdoneranno?

< Smettila! > ringhiò, gli occhi ancora chiusi e tutta la concentrazione sul frammento di anima.

Credi che Luna sarà ancora tua amica?

< Devi smetterla! > ringhiò ancora digrignando i denti.

Credi che Hannah potrà mai amare un assassino?

< Basta, basta, basta! Non mi ingannerai! > urlò Neville.

Neville doveva agire in fretta, finché aveva stabilito un contatto con il frammento di anima. Voldemort stava usando le sue debolezze contro di lui, doveva reagire.

Supplicando che Harry non morisse, strinse ancor più la bacchetta.

< Avada > cominciò lentamente a dire < Kedavra! >. Il raggio di luce verde colpì Harry in pieno petto, illuminando la foresta. Oramai non poteva più tornare indietro: era fatta.

Aveva appena avuto il coraggio di scagliare una maledizione senza perdono contro un suo amico, La maledizione senza perdono, ma non aveva il coraggio di aprire gli occhi.

Il tonfo del corpo di Harry che cadeva a terra era arrivato alle sue orecchie: era morto?

Non voleva sapere la risposta.

Pochi istanti dopo aver scagliato la maledizione, Neville udì molti passi dietro di se: i Mangiamorte avevano visto il raggio di luce verde.

In breve tempo, si ritrovò circondato da uomini incappucciati e poi arrivò lui, Voldemort.

Era veramente spaventoso. Neville sentì una bacchetta poggiarsi contro la sua schiena ed una voce femminile che gli intimava di lasciar cadere a terra la sua.

< Bene, bene, bene > disse Voldemort, avanzando lentamente come se stesse galleggiando, portandosi davanti a tutti i suoi Mangiamorte. < Chi abbiamo qui?> domandò con una cortesia a modi scherno.

< È Neville Paciock, mio Signore > rispose la fredda voce di una donna, Bellatrix Lestrange.

Una rabbia pungente si fece spazio in Neville non appena vide quella donna che tormentava i suoi sogni.

Neville vide che la donna che aveva preso la sua bacchetta era Narcissa Malfoy. Notò che era distratta; osservava il corpo di Harry con orrore, come se fosse stato suo figlio Draco.

È dispiaciuta per Harry?

Nello sguardo di Narcissa Malfoy vide quello di qualsiasi madre in pena per il figlio, vide lo sguardo che sua madre, se fosse stata ancora sana di mente, avrebbe avuto se non avesse saputo nulla sulla sua sorte, facendo bruciare ancor più la sua rabbia nei confronti di Bellatrix.

Possibile che queste donne siano sorelle?

Narcissa Malfoy gli fece pena, la vide umana, e prima ancora di rendersene contro parlò con lei.

< Draco non è morto > sussurrò alla donna, che subito portò il suo sguardo celeste su Neville.

< Harry gli ha salvato la vita ed io l’ ho nascosto. È vivo e sta bene >.

< Mio Signore > intervenne un Mangiamorte poco distante da loro mente il ragazzo rassicurava, senza farsi sentire da altri, la signora Malfoy < quello a terra, quello morto, è Harry Potter >.

Un mormorio eccitato percorse tutti i Mangiamorte, seguito dal pianto di Hagrid -che Neville non aveva notato perché troppo teso- fino a quando Voldemort non li zittì.

< Silenzio > ordinò. Rimasero solo i singhiozzi del guardiacaccia a rimbombare nella foresta.

< Dimmi, Neville Paciock, sei stato tu a uccidere… Harry Potter? > chiese sibilando come un serpente. Neville non rispose e continuò a fissare Voldemort negli occhi: non aveva più paura.

< Rispondi all’Oscuro Signore! > tuonò Voldemort scagliando un Cruciatus contro Neville.

Il ragazzo si contorse, provando un dolore insopportabile in tutto il corpo. Era come se milioni di pugnali si fossero conficcati contemporaneamente nella sua carne. Il dolore se ne andò veloce com’era arrivato, lasciandolo libero di accasciarsi al suolo piegandosi su un ginocchio.

< Sì > rispose a fatica, facendo apparire sul volto di Voldemort un ghigno soddisfatto.

< Narcissa, vedi se il ragazzo è davvero morto > ordinò. La donna andò verso il corpo di Harry e, poco dopo, tornò verso il suo padrone.

< E’ morto! > esclamò decisa.

Tra i Mangiamorte echeggiarono urli di gioia e dalle bacchette sgorgarono fasci di luce colorata per festeggiare la morte del bambino che era sopravvissuto a Voldemort, ma non al suo amico Neville Paciock.

Il corpo di Neville fu scosso da un tremito più doloroso del Cruciatus di Voldemort: aveva ucciso Harry, aveva fallito ed Harry era morto.

La disperazione lo avvolse totalmente, come una madre che ti abbraccia stretta a se per non farti andare via. Ho fallito, continuava a ripetersi. Ho ucciso Harry!

< Mi hai privato di un grande piacere, Neville Paciock, ma sei riuscito dove molti dei miei mangiamorte hanno fallito > sibilò Voldemort, indugiando con il suo sguardo rosso sangue su Lucius Malfoy, a pochi passi da lui. < Verrai ricompensato >. Neville non prestava ascolto.

< Mezzogigante, raccogli il corpo di Potter! > ordinò Voldemort, ed Hagrid, scosso da profondi singhiozzi, andò verso Harry per sollevarlo tra le braccia.

Neville osservava il terreno, incapace di fare qualsiasi cosa se non stringere i pugni fino a farsi del male, quindi percepì solamente la presenza di Hagrid passargli accanto e non vide lo sguardo che il guardiacaccia gli lanciò, misto tra stupore e rabbia.

Ho ucciso Harry, l’ ho ucciso! Ho fallito. Ora sta a me uccidere prima Nagini, e poi Voldemort.

< Al castello! > tuonò Voldemort, ed i mangiamorte partirono per dirigersi verso le mura di Hogwarts.

Narcissa Malfoy afferrò Neville per un braccio, incitandolo a sollevarsi. Lui, ancora incapace di opporsi a qualsiasi cosa, si sollevò ed affiancò la donna nella marcia verso il castello.

Quando fu certa che nessuno potesse sentirli, Narcissa si avvicinò maggiormente al ragazzo e gli sussurrò la verità più bella che avesse mai sentito.

< E’ vivo > disse la donna guardando avanti. Una vita per una vita.

Harry era vivo, vivo! Neville faticò a non saltare di gioia mentre il suo cuore si riempiva della consapevolezza di non aver fallito. Era riuscito a portare a termine il suo compito, non aveva deluso Silente e nemmeno Hannah.

Improvvisamente ricordò di non avere notizie di Hannah, Luna, Ginny, Ron, Hermione, Seamus e nessun altro. Se fossero morti?

Non poteva pensarci, era troppo doloroso. Ora doveva concentrarsi su Voldemort.

Harry era vivo e questa notizia aveva caricato Neville di una nuova forza: era pronto a rischiare il tutto per tutto.

< Fermi! > tuonò la sibilante voce di Voldemort facendo arrestare la marcia dei mangiamorte. Tutta Hogwarts era riversa nel cortile e guardava con orrore l’Oscuro Signore ed i suoi seguaci.

< Mezzogigante, vieni avanti > ordinò Voldemort. Hagrid, spinto ad obbedire da alcuni mangiamorte, avanzò con Harry ancora tra le braccia.

< Narcissa > si limitò a dire e la donna avanzò tirandosi dietro Neville.

< Studenti, professori ed Auror > iniziò Voldemort < Arrendetevi a me. Harry Potter, il vostro paladino, è morto >. Fu come se anche le mura del castello avessero smesso di respirare dopo la rivelazione dell’Oscuro Signore.

< Il mio amico Neville Paciock l’ ha ucciso per me > aggiunse afferrando Neville per un braccio e strattonandolo al suo fianco. Neville era incapace di parlare, osservava i volti dei suoi amici tra la folla. Erano tutti li, tutti vivi, e tutti increduli.

Luna e Ginny si sorreggevano tra loro, la bionda era ferita ad una gamba e piangevano lacrime molto, molto amare. Seamus era una maschera di freddezza, immobile, il volto duro e cupo. Hermione aveva affondato il viso contro il petto di Ron e sembrava piangesse, mentre Ron stringeva i pugni lungo i fianchi mostrando un’espressione simile a quella di Seamus.

Neville non voleva vederli soffrire così a causa sua.

La professoressa McGrannit piangeva lacrime silenziose, mentre tra i membri dell’ES c’era chi la imitava e chi sembrava pronto ad uccidere Neville.

Faceva male al cuore guardare tutte quelle persone care che ti credono un traditore, un mostro capace di uccidere un tuo amico, ma il dolore più terribile arrivò quando Neville incontrò lo sguardo di Hannah.

Freddo, impassibile, privo della solita gioia con cui lo guardava solitamente. Sembrava combattuta. Faticava a non urlare a tutti loro che Harry era vivo, che lui non era un assassino, ma che Silente gli aveva lasciato un compito che lui aveva portato a termine.

< Neville Paciock > parlò Voldemort. < Per aver ucciso Harry Potter ti concedo il privilegio di entrare a far parte dei miei Mangiamorte >

< Non sarò mai uno di voi, MAI!> tuonò Neville.

A quel rifiuto così deciso, gli occhi dell’Oscuro Signore brillarono di puro odio.

Con un incantesimo d’appello fece arrivare il cappello parlante nei giardini di Hogwarts e lo mise sul capo di Neville.

< Non ci saranno più case a Hogwarts. Serpeverde sarà l’unica casa e solo i maghi purosangue potranno farne parte > disse gelido e calmo Voldemort. Con un rapido colpo di bacchetta, diede fuoco al cappello ancora sul capo di Neville ridendo senza allegria.

Tutta la scuola trattenne il fiato.

Il ragazzo si accasciò a terra, urlando per il dolore. Riuscì a togliersi il cappello parlante, ma aveva molte ustioni sul corpo. Provava un dolore simile a quello provocato dalla maledizione Cruciatus, ma che non accennava a fermarsi. Ora capiva perché i suoi genitori erano impazziti a causa del dolore, avrebbe potuto impazzire anche lui. Il suo corpo pulsava per le scottature e la sua vista si annebbiava sempre più. Non capiva cosa Voldemort stesse dicendo, ma percepì una voce urlare qualcosa che doveva essere una maledizione. Un urlo improvviso tagliò l’aria giungendo chiaro e limpido alle orecchie di Neville.

Conosceva quella voce, fin troppo bene. Era la voce di Hannah.

Provocandosi un dolore insopportabile, alzò la testa e vide ciò che i suoi occhi non avrebbero mai voluto vedere: Bellatrix Lestrange stava usando la maledizione Cruciatus su Hannah, che era corsa istintivamente verso Neville per cercare di aiutarlo. Ancora quella donna!

Una rabbia cieca si impadronì del ragazzo. Nel tentativo di rialzarsi, poggiò una mano sul cappello parlante, bruciacchiato, che era caduto accanto a lui. Sentì sotto le dita qualcosa di duro e freddo e s’accorse che era l’elsa di una spada, la spada di Godric Grifondoro.

Solo un vero Grifondoro avrebbe potuto estrarre la spada dal cappello e Neville, ora perfettamente conscio d’essere degno della sua casata, trovò dentro di se la forza di alzarsi e, con un solo colpo, scattò in avanti e tagliò la testa al serpente Nagini, lasciato momentaneamente privo di protezione. Una piccola mangusta.

< Ora non ci sono più Horcrux ad impedirti di morire, Voldemort! > tuonò Neville, con il respiro affannato dallo sforzo di reggersi in piedi e pronunciando per la prima volta il nome del Signore Oscuro.

Voldemort lanciò un urlo rabbioso movendosi verso il suo serpente oramai senza vita, e Bellatrix abbandonò la tortura di Hannah per seguire il suo padrone.

La battaglia, dopo il colpo scagliato da Neville ai danni di Nagini, riprese più violenta di prima. Nessuno si accorse della sparizione del corpo “senza vita” di Harry, che aveva approfittato della confusione per indossare il mantello dell’invisibilità e riorganizzare le idee.

Improvvisamente qualcosa cadde ai piedi di Neville. Narcissa Malfoy, prima di correre verso l’interno della scuola per cercare suo figlio, aveva ridato la bacchetta al ragazzo, un muto ringraziamento per aver salvato Draco. Neville corse da Hannah, che era quasi svenuta e non si accorse del suo arrivo. Con molta, molta fatica trascinò la tassorosso in una zona un po’ appartata rispetto alla battaglia. Neville sanguinava, ma non sentiva più il dolore delle ferite per via dell’adrenalina e della rabbia che aveva in corpo.

< Hannah, Hannah! > la chiamò scotendola con forza. La ragazza aprì gli occhi e gli sorrise.

< Sei vivo > sussurrò portandosi faticosamente a sedere sul terreno. Neville era in ginocchio accanto a lei e la osservava come se fosse la cosa più preziosa al mondo.

< Hannah, non dovevi rischiare così, sei stata sciocca ed avventata > le disse stringendola al petto.

< Non hai ucciso Harry, vero? > chiese speranzosa lei.

< No > ammise, sentendo subito le braccia di Hannah stringerlo forte. < Lui è vivo >.

< Ora non muoverti da qui, io torno subito >.

< No, non andare via Neville! > lo supplicò Hannah. < Ho avuto così paura che tu potessi morire, non farmi provare ancora quella paura, ti prego >

< Ascoltami, devo fare ancora una cosa. Tornerò, tu stai qui nascosta. Promettilo! >. Hannah vide una strana luce negli occhi di Neville, una luce che la convinse a lasciarlo andare.

< Tu promettimi che tornerai >

< Lo prometto! > disse lui prima di correre verso l’interno del castello.

Stava cercando Bellatrix Lestrange.

Arrivato nella sala grande, la vide combattere contro Ginny e Seamus. Corse verso di loro con in pugno la bacchetta, non sentiva più il dolore delle ferite, l’odio e la rabbia cancellavano ogni cosa.

< Lei è mia! > tuonò, ma i due non abbandonarono la loro posizione credendolo un assassino, ma puntarono le bacchette contro di lui, pronti a difendersi da un possibile attacco.

< Paciock, ancora tu! > disse gelida la donna, sfoderando un sorriso maligno e compiaciuto.

< CRUCIO! > urlò Neville prima che Bellatrix potesse fare qualsiasi cosa, osservando la donna contorcersi a terra.

< Questo è per i miei genitori! > tuonò. Si sentiva dannatamente bene.

Ogni cosa aveva perso importanza. Il dolore delle bruciature, la battaglia che si consumava accanto a loro, le grida degli incantesimi scagliati da buoni e cattivi… solo Lei aveva importanza, solo il Suo dolore. Era quello il sapore della vendetta? Dolce, intenso e inebriante?

< Neville, che ti succede > chiedeva piangendo Ginny < prima uccidi… Harry >

< Harry è vivo! > annunciò ai due amici mentre osservava la donna urlare per il dolore < Non l’ ho ucciso, abbiamo solo finto che fosse morto e Voldemort l’ ha creduto, ma non sarà così per lei! >

< Crucio! > sibilò ancora con molta più rabbia, facendo contorcere ancora la donna che aveva fatto impazzire i suoi genitori. Vendetta, pura e semplice vendetta.

< Neville, oh Neville! > continuava a chiamarlo Ginny, spaventata dalla rabbia che l’amico stava dimostrando d’avere in corpo mentre osservava Bellatrix urlare.

Era un assassina, vero, ma pur sempre un essere umano.

< Neville, ora basta! > lo incitò anche Seamus, che fino ad ora non aveva aperto bocca perché immaginava quanto rancore l’amico dovesse sfogare contro quella donna.

Vederla soffrire come avevano sofferto i suoi genitori era la cosa migliore che fosse successa a Neville in quella giornata. Bellatrix urlava e si dimenava a terra, mentre il suo padrone iniziava a fronteggiare la sua nemesi, Harry Potter, che era ricomparso facendo bloccare tutta la sala grande.

Bellatrix Lestrange era diventata come i signori Paciock, come i suoi genitori, stava provando il loro stesso dolore, e lui era diventato… come lei?

Neville smise di torturare la donna, allontanando la bacchetta come se si fosse scottato.

Anche lui era un mostro come quella donna?

Non voleva essere come lei, voleva essere migliore. Non sarebbe sceso al suo livello.

< Andate via da qui! > ordinò la voce severa di Molly Weasley, giungendo dalle loro spalle. < Non permetterò che un altro dei miei figli muoia, che nessun innocente muoia! >

< Neville, porta via la mia Ginny! > disse la donna senza ammettere repliche. Neville, ancora frastornato per ciò che aveva appena fatto, afferrò Ginny e fece cenno a Seamus di seguirlo. Mentre loro si allontanavano, Molly Weasley ebbe la meglio su Bellatrix Lestrange: non avrebbe più torturato nessuno.

< Dov’è Luna? > chiese Neville a Ginny, sperando che stesse bene.

< Al sicuro, non preoccuparti > rispose la rossa. Corsero in un angolo appartato della sala grande e, come tutti i presenti, si fermarono per osservare la battaglia che stava per svolgersi tra Lord Voldemort ed Harry Potter. Sul volto di Harry non c’era più paura, anzi, c’era solo sfida.

Chiamava Voldemort con il suo vero nome, Tom Riddle, facendo aumentare la rabbia del mago oscuro.

Harry stava spiegando a Voldemort che la bacchetta di Sambuco, appartenuta a Silente ed ora tra le mani del Signore Oscuro, non era veramente sua, anzi, che di diritto apparteneva a lui perché aveva disarmato Draco Malfoy nello scontro a Villa Malfoy, vero proprietario della bacchetta perché Piton aveva ucciso il Preside al posto suo.

Apprese che Piton era stato ucciso da Voldemort e rabbia e dolore si fecero largo in lui fino a punzecchiare i suoi occhi. Un grande uomo non era più tra loro.

Quasi senza che Neville potesse accorgersene a causa della stanchezza che minacciava di prendere il sopravvento, il bambino sopravvissuto a due anatemi che uccidono ed il mago più nero di tutti i tempi, scagliarono due incantesimi, ma, proprio perché la bacchetta di Voldemort apparteneva a Harry, l’incantesimo del Signore Oscuro si ritorse contro di lui uccidendolo. Era finita.

Urli e schiamazzi arrivavano da ogni parte della sala grande, ed ovazioni in favore di Harry Potter, l’eroe del mondo magico, s’alzarono come una sola voce.

Neville incontrò lo sguardo di Harry e quest’ultimo si avvicinò stringendolo in un abbraccio di gratitudine che valeva più di mille parole.

< Grazie Neville > disse Harry, frastornato dalle urla e da ciò che era appena accaduto.

< Grazie a te, Harry. Hai sconfitto Voldemort, è finita! >

< Abbiamo sconfitto Voldemort > disse Harry senza riuscire ad aggiungere altro, perché numerose mani lo portarono con forza nella mischia di maghi che festeggiava la vittoria.

Neville sorrise amaramente, pensando a tutti quelli che non potevano festeggiare perché avevano perso la vita durante la battaglia, ma poi la sua mente corse veloce fuori dalle mura del castello, dove c’era Hannah ad attenderlo.

Faticosamente, si trascinò fuori e la vide camminare verso di lui sfoggiando il migliore dei sorrisi.

< Justin mi ha detto che è finita, Harry ha vinto, abbiamo vinto! > sputò tutto d’un fiato la ragazza stringendo Neville, che mugugnò per il dolore di quella stretta. < Scusa! >

< Tranquilla, non è niente > minimizzò il ragazzo senza risultare convincente.

< Sei ridotto male, dobbiamo andare in infermeria > lo canzonò lei.

< Aspetta > le sussurrò perdendosi con lo sguardo in quello marrone chiaro di lei. Era bellissima, anche tutta sporca di terra e con i capelli scompigliati, davvero bellissima ai suoi occhi.

Conscio d’essere carico di coraggio Grifondoro, si avvicinò lentamente alle labbra della ragazza. Le sfiorò, prima lentamente e poi con più passione.

Non aveva sperato di avere ancora il tempo per farlo, non aveva sperato di rimanere ancora in vita per farlo, ed invece erano li, a festeggiare la fine della battaglia, mentre i Mangiamorte venivano immobilizzati.

< Ho avuto tanta paura di perderti > ammise il ragazzo poggiando la fronte contro quella della ragazza.

< Anch’io >

< È finita… è finita… > sussurrò Neville lasciando piccoli baci sulle labbra della ragazza, che lo stringeva come se potesse scappare da un momento all’altro.

La tensione accumulata si stava liberando, iniziando a far percepire il dolore delle ferite che Neville aveva sul corpo, principalmente sulle braccia, dovute a quando s’era tolto il cappello infuocato.

< Gli altri stanno bene? > chiese Hannah.

< Si, sono dentro la sala grande >

< Il tuo compito, l’ hai portato a termine? >

< Si, ci sono riuscito, anche per merito tuo > rispose con una punta d’orgoglio nella voce.

< Merito mio? > domandò Hannah alzando un sopracciglio < Non essere modesto, Neville. Ti avevo detto che il cappello parlante non sbaglia mai, sei un vero Grifondoro, sei un eroe! > disse sorridendo la bionda, ricevendo subito un altro bacio dal ragazzo.

Suonava tutto più melodioso detto dalle sue labbra.

< Andiamo a festeggiare con gli altri? > le domandò lui una volta staccate la labbra da quelle della bionda. Lei annuì ed insieme si avviarono verso l’interno del castello, dove lacrime e gioia li stavano attendendo.

Non era stata solo una battaglia contro Voldemort ed il male per Neville, ma una battaglia contro se stesso.

Aveva scoperto molti lati di sè, anche pessimi, durante quell’ultimo anno, ma ora sapeva chi era. 

Il ragazzino timido ed impacciato che aveva abitato le mura del castello per sei anni aveva lasciato il posto ad un ragazzo coraggioso e sicuro di se.

Il cappello parlante non sbaglia mai, era risaputo, ed ora anche Neville lo credeva.

La scelta è la chiave di tutto e lui aveva scelto, scelto di superare se stesso, scelto di andare incontro al suo destino e diventare un eroe.

Ora, a chiunque gli avesse chiesto chi era avrebbe risposto a gran voce “Un Grifondoro”.

 

 

* citazione presa da Harry Potter ed il calice di fuoco

** citazione presa da Harry Potter e l'Ordine della Fenice

*** citazione presa da Harry Potter e l'Ordine della Fenice

   
 
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