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Autore: FunnyPink    06/08/2010    6 recensioni
La mia storia, mi dispiace ma non ho saputo trattenerla mi è venuta e ho dovuto scriverla, le parole sono uscite con vita propria.
Edward e Bella sono destinati a incontrarsi, lei non ha avuto una vita facile, vive per strada, neanche lui ha conosciuto subito la felicità, ma l'ha trovata grazie e a Esme e Carlisle, ma quando entrerà nella sua vita Bella...
Sono umani, sono giovani, cosa hanno da perdere, tutto e niente!
Dal -Capitolo 10-:
-Dopo qualche secondo la sua voce mi arrivò agli orecchi
"aiutami, ti prego, Edward, aiutami"
Crollò, le sue gambe cedettero, e sentii, il suo peso scivolare giù, le feci forza sul suo corpo tenendola, in un attimo mi ero chinato, e le avevo passato un braccio dietro i ginocchi, la sua testa stava appoggiata di lato al mio braccio, senza forze, ma sveglia, sentivo il respiro e lievi gemiti
"Edward, ti prego"
"ci sono io, non ti preoccupare ci sono, io, ti aiuto io"-
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Questo capitolo non mi piace per nulla, oggi non ero ispirata, chiedo venia mi dispiace, magari domani viene meglio!

Sarà un po' lungo perchè è di passaggio e non volevo dividere questi eventi arrivare a quello dopo!

 

 

 

 

Pov Bella

 

 

 

 

"Eccola è lei la signorina, che ha portato il bambino" disse una voce dietro di me, mi bloccai sul posto, paura, mi si gelò il sangue.

"cara? cara....scusa?" l'infermiera a cui avevo affidato il bambino mi stava chiamando ero sicura fosse lei, mi voltai.

Un agente della polizia con tanto di distintivo stava vicino all'infermiera che sventolava la mano per attirare la mia attenzione, sorrideva, entrambi a pochi metri da me.

Guardai un attimo attorno, la porta di uscita era troppo lontana e stavano, tra me e questa un sacco di persone, sarebbero state d'intralcio per una fuga, ma era l'unica porta presente, inoltre non potevo arrivare lontano, il fatto di avere un ginocchio che non potevo neanche piegare, non aiutava per niente. Sospirai, che dovevo fare? provare almeno a convincere la polizia... in fin dei conti non avevo fatto nulla di male non c'era da temere, speravo che le domande non diventassero troppo personali.

Mi feci coraggio e gli andai incontro a passo incerto, mi fermai almeno un metro di distanza, mettendo tra me e il poliziotto, l'infermiera.

"Eccoti cara, purtroppo visto che il bambino è stato abbandonato come da prassi abbiamo dovuto rilasciare una denuncia per abbandono di minore, il signore della polizia vuole sapere i particolari". Annuii cauta. Scrutai l'uomo, si stava guardando intorno e riportò lo sguardo a me solo quando finì di parlare l'infermiera.

"bene, si avrei qualche domanda da porle signorina"prese un taccuino "dove ha trovato il bambino?"

"era in Main Street, non so bene che numero fosse il viuzzino in cui l'ho trovato, era un vicolo cieco, c'erano solo due porte e uno era l'uscita della cucina del bar col tendone rosso" lui scrisse tutto

"può dirmi come l'ha trovato, perché ha guardato nei rifiuti?", sperai non avesse un secondo senso questa domanda, ancora nessuno aveva capito che vivevo sulla strada, ma i miei abiti e il mio aspetto magari a chi più abituato potevano mostrare quello che in realtà ero.

"Ho sentito un rumore, un suono...strano ho pensato fosse un cellulare e mi sono avvicinata, ma il rumore non smetteva, un cellulare non può suonare all'infinito e poi era come se fosse forte, o vibrante, come se fosse vivo"

"e non ha pensato che potesse essere un animale?"

"si ho avuto paura potesse uscire un grosso ratto, ma non era un rumore da topo"

"poteva essere un gatto"ripeté lui

"poteva essere, c'è gente che abbandona anche gli animali nei rifiuti"

"che ingrati" disse l'infermiera

"quindi lei nonostante avesse paura del topo ha frugato ugualmente nei rifiuti?"

stava insistendo troppo, e io ero sempre più tesa, fortunatamente non dovevo mentire, non ero molto brava in questo

"non erano rifiuti puzzolenti era un bidone della carta, più che altro credo fossero scatoloni del bar, e comunque la scatola era quasi sopra tutto, ho aperto i lembi di cartone e ho visto una borsa"

"ah, quindi il bidone era della carta, la scatola era sopra, quindi non era molto tempo che stava la?"

"non lo so, penso di no, il bambino era freddo ma ancora cosciente, si lamentava"

"ah ragione, il bambino stava in condizione discrete nonostante tutto, può darsi sia per la temperatura comunque alta anche la mattina, ma sicuramente non ci stava da più di 12h"precisò l'infermiera

"capisco e mi dica della borsa"

"era una borsa termica, di quelle dove si porta il cibo, marrone con delle righe o dei cerchi, l'ho tirata fuori dalla scatola mi sembrava strano era pesante, quando l'ho aperta ho trovato il bambino"

"cosa ha fatto?"

"l'ho preso in braccio e sono corsa fuori dal vicolo, ho visto la cabina telefonica e l'ho usata per chiamare il 911"

"non aveva un cellulare?"non risposi subito, lo guardai mentre finiva di scrivere quello che avevo detto prima

"no" dissi solo

"credevo lo avessero tutti al tempo d'oggi" non era una domanda non dovevo rispondere, quindi attesi.

"mi servirebbe un suo documento"

"perché?" l'ansia mi fece uscire le parole un po' troppo in fretta, volevo mordermi la lingua

"formalità del caso, lei è una testimone e quindi prenderemo i suoi dati" non sapevo che fare, dovevo mostrare quel documento? mi avrebbero schedato o qualcosa del genere?forse non mi credeva?

Non sapevo che pensare, ma tirai fuori il documento di identità, quel pezzettino di cartoncino plastificato, che neanche sapevo se fosse vero, se i dati riportati fossero un'invenzione delle direttrici dell'orfanotrofio, o se sapessero realmente qualcosa più di me, che in ogni caso non volevo sapere"

"signorina Isabella Swan....nata a Phoenix il...signorina lei ancora non è maggiorenne?"

"per poco ancora" risposi in fretta, mi stava fissando, non mi piaceva

" e cosa ci fa a New York, i suoi genitori sono con lei?"

" no sono ospite da una mia amica"

"da sola?"

"no c'è lei e i suoi genitori" cercai di essere spontanea

" e dove sta la sua amica?"

"ehm non ricordo il nome della via, mi pare due traverse prima di main street"

"non ricorda l'indirizzo?"

"no"

"e non sa neanche il numero di telefono della casa?"uffa mi stava incastrando

"no, non lo ricordo a memoria, ero uscita per fare due passi non credevo succedesse tutto questo" provai a inventare con aria desolata

"come farà per tornare la"

"chiederò agli autisti dei bus quale linea mi riporta là e poi farò la strada a ritroso" cercai di dirlo con un tono stanco, come se volessi sottolineare qualcosa di ovvio.

E forse per la prima volta in vita mia fui convincente, o al poliziotto non fregava nulla di dove stavo, perché aveva il mio nome. Mi ridiede il documento. E ringraziandomi, appena se ne andò l'infermiera mi salutò e anche lei mi lasciò.

Me l'ero cavata benino, avevo detto la verità, il branco aveva troppa paura, in fin dei conti non era successo nulla.

Il fatto peggiore era che ora io mi trovavo sola.

Mi girai intorno, ovunque guardassi c'erano facce e volti sconosciuti e io non sapevo che fare, il volume del vociare sembrò aumentare alle mie orecchie, e quasi tremante scappai fuori dalla porta.

Le porte scorrevoli si aprirono portandomi l'aria, la confusione diminuì, anche se comunque i rumori del traffico e della vita di New York erano intensi, guardai la via davanti a me, non c'era altro che si affacciava qui, se non due strade vuote e una tavola calda, scommetto frequentatissima dai medici e infermieri dell'ospedale.

Arrivò un'ambulanza, con la sua rumorosa sirena, ed entrò in un tunnel affiancato alla porte d'ingresso, sentii i portelloni aprirsi e scendere qualcuno, arrivarono entro poco anche due macchine e io mi allontanai, seguendo il marciapiede andai verso la fine della strada, svoltai a sinistra e trovai il casottino dell'autobus, che mi aveva segnalato Edward.

Mi sedetti sulla panchina e mi guardai attorno.

La via era piena di vita, doveva essere una via dello shopping, perché vedevo grandi insegne colorate di negozi, e tante persone con sacchetti e buste in mano, chiacchierare da sole o in gruppo. Ridevano, scherzavano, qualcuna si teneva per mano, una coppia si stava sbaciucchiando, un altra ancora si stava urlando dietro.

La voce adirata di lui, mi fece anche sobbalzare e d'istinto mi rannicchiai, stringendo le gambe al corpo, mi riportava a galla brutti ricordi.

Le persone passavano e nessuno faceva caso a me.

Per fortuna.

Quando arrivò un autobus, aspettai che il conducente fosse libero e gli chiesi

"scusi per andare in Main Street?"

"questo non ci va, anzi da qui nessuno ci va" ci pensò su "ne devi prendere un paio devi cambiare almeno una volta, credo tu debba prendere il 60 fino alla stazione e 120 poi la fermata che ti serve"

ripeté tutto come una macchinetta che aveva imparato a memoria dei copioni, sembrava stanco e molto indifferente, ma almeno aveva risposto

"grazie" dissi e tornai a sedere.

Cominciai a pensare se davvero dovevo andare in Main Street, se la polizia avesse indagato, e sicuramente lo avrebbe fatto, quello sarebbe stato l'ultimo posto dove trovare i ragazzi del branco, la sera prima aveva dormito in un capannone un po' lontano, l'orario d'incontro ormai era passato da tempo e loro non sarebbero sicuramente più stati lì, era la loro regola mai stare fermi nello stesso posto e mai stabilirsi, volevamo evitare di intralciare o dar fastidio alle bande che controllavano ogni metro della città, e anche se non eravamo criminali, stare lontani da ogni divisa.

Dove devo andare adesso?

Era ricominciata davvero da zero la mia vita? come il primo giorno, quando mi avevano scaricato da quella macchina e tanti saluti?Forse aveva ragione Paul, dovevo starmene al mio posto, non fare niente, lasciare il bambino e non interpretare la parte dell'eroina, avevano ragione e io ero stupida...ma ero più felice che il bambino fosse salvo.

Che dovevo fare adesso, ero sola in un mondo fatto di lupi, alla mercé del mondo che non ti risparmia niente, al più basso gradino che potesse esistere. I miei pensieri andarono a Sam, chissà se fosse triste, chissà se avrebbe sentito la mia mancanza e se fosse stato preoccupato per me, al ricordo di lui, i miei occhi si inumidirono in fretta, non ero solita piangere, e non volevo farlo, ma l'emozione era tanta.

Quando davanti a me passò un gruppo di ragazzi giovani, vocianti e sgangherati, trasalii nuovamente, uno di loro fu spintonato all'interno da un suo compagno, che rideva sguaiatamente, questo cadde a sedere, ridendo, gli amici, lo guardavano come se fosse un giullare

"hei ciao!" mi disse uno di loro, ma io rimasi immobile, come se potessi non esistere e nessuno di loro si fosse rivolto a me, per fortuna erano così "divertiti" dalle loro sbandate, da non insistere e occuparsi ancora del caduto e che però si rialzò e dopo un paio di giri intono al palo ripartirono.

Io mollai la mano dalla panchina, che avevo stretto spasmodicamente fino ad allora, e mi alzai correndo via, nell'unico posto che conoscevo, ossia nuovamente all'ospedale. Mi sedetti all'interno in una seggiolina isolata vicino al muro.

la confusione non era diminuita, ma all'improvviso mi sembrava un posto noto e sicuro, con quattro mura, mi rannicchiai sulla sedia, rimanendo in quella posizione per quelle che furono ore.

Mi ero appisolata con la testa sulla spalla, e quando mi svegliai non mi meravigliai di trovare la stessa confusione, erano cambiate le persone, ma le situazioni erano simili. Decisi di sgranchirmi le gambe, notai alcuni infermieri guardarmi strano mentre camminavo, si notava che non avevo una meta, dovevo trovarne una, e l'unico paziente che sapevo stesse qui, era il bambino, così cominciai a girare per i reparti cercando quello giusto, alla fine notai un uomo con un enorme pupazzo rosa, e lo seguii, fu la mossa giusta perché trovai neonatologia, fortunatamente doveva essere l'orario delle visite, perché un portone che portava ai grandi vetri dove stavano tutti i bambini era aperto, e dentro c'era un mare di gente, cercai di sporgermi, ma non trovai varco. Ci rinunciai ma feci appena qualche passo e vidi un altro vetro e oltre questo stavano delle incubatrici, e non so come, vidi Sam, lo riconobbi subito, stavolta era stato cambiato, i capelli però erano tutti ritti, e le guanciotte erano rosse, lo stavano riscaldando o lo avevano appena fatto, era placido adesso e dormiva, era di una tenerezza incredibile.

La porta si aprì e una bellissima infermiera bionda mi sorrise, venendomi incontro

"E' carino vero?" chiese, con voce tenera, non mi spaventò la sua presenza

" si molto"

"sei una parente?"

"no, io l'ho trovato"

"oh sei stata tu?povero piccolo, non si parla d'altro nel reparto che orrore, sei stata coraggiosa a prenderti cura di lui, povero piccolo ha da poco visto la luce e già deve soffrire così" mi disse, rimanemmo qualche secondo in silenzio, guardandolo, quando una voce che riconobbi irruppe

"Rosalie, muoviti siamo in ritardissimo, lo sai che Alice mi ammazza, ma che fai ancora qui, dai non stare a -" mi voltai verso il volto di Edward, che mi vide stupito

"Bella! Che ci fai ancora qui?"

"vi conoscete?"chiese la bionda

"si abbiamo portato noi il bambino, ah! ecco perché sei qui, hai aspettato il passo per vederlo" mi sorrise in un modo così tenero che credetti di incantarmi, aveva un modo di fare così gentile...

"hai conosciuto mia sorella Rosalie vedo, mi dispiace ma dobbiamo scappare, mi piacerebbe parlare ancora con te, ma se non corriamo alla cena l'altra mia sorella ci staccherà il collo, e non sarebbe solo un modo di dire" rise la bionda, mentre si infilava una giacca

"ciao" dissero in coro, Edward si volse ancora una volta prima di uscire e mi sorrise.

Perché non l'avevo fatto di nuovo? Perché ero rimasta in silenzio, stupido orgoglio?In parte si sicuramente, in parte perché lui non era niente per me, era il tipo che mi aveva fasciato un ginocchio, che aiuto avrebbe potuto darmi? Acqua, cibo, una casa, una famiglia, protezione? Arano così tante le cose che mi mancavano che non sapevo neanche io cosa dovevo chiedere, era tutto confuso.

Rimasi davanti al vetro finché non furono sgombrati i corridoi, e il passo non finì. Me ne tornai all'ingresso, accorgendomi solo adesso che fuori si era già fatto buio.

Cercai di confondermi e me ne tornai nel mio angolino, ci rimasi ancora molto, avevo preso un libro dal tavolo e cominciato a leggerlo.

Non mi ero accorta che la sala si era pian piano svuotata, non fin quando un uomo, non mi distrasse avvicinandosi.

"scusa.. il pronto soccorso sta chiudendo, devi uscire"lo guardai un attimo, titubante sulle sue intenzioni "non puoi stare qui, forse non ti sei accorta ma è mezzanotte passata, possono entrare solo le ambulanze e i malati, dovrai tornare domattina"

vide forse la mia indecisione, o il panico negli occhi,

"mi dispiace ma questo non è un ostello, non ci puoi vivere, il ritrovo per i senzatetto è a due isolati da qua" lui aveva capito, non volevo lasciare quel posto

"non posso rimanere sulla sedia stanotte, prometto che non faccio nulla, io non rubo, solo stanotte! domani con la luce, vado al ritrovo, perfavore non mi lasci fuori" lui sembrò tentennare, quando mi rispose sentii il tono realmente dispiaciuto, ma in fin dei conti non era colpa sua

"mi dispiace, ma se facessimo un eccezione con te, dovremmo farla anche con altri, e poi abbiamo il servizio di controllo che passa a una cert'ora la notte, farebbero domande, potrebbero denunciarmi sai, mi dispiace non possiamo"

"capito"risposi, aspettò che mi alzassi, presi quello straccio che era la mia maglia e me lo infilai

" la seconda strada sulla sinistra, dopo un paio di svolte, porta al garage delle ambulanze, quella zona è tranquilla, perché laggiù c'è sempre qualcuno che fa il turno di notte, se trovi riparo li vicino magari" mi suggerii, gli fui molto grata, e gli sorrisi ringraziandolo ancora. Uscii dalla porta principale, mentre gli infermieri rientrarono e andarono verso l'interno della struttura.

Fuori sulla strada principale c'erano solo un taxi e qualche auto che si muoveva, ogni tanto passava qualche gruppo di persone, vidi dei ragazzi eleganti passare in cima alla strada e andare dritto, poi più niente. Silenzio per un po'.



Fu per quello che quasi feci un salto dalla paura, quando la porta della tavola calda si aprì di scatto, sbattendo e ne uscirono quattro persone ridendo sguaiatamente , sembrando più delle iene che degli ubriachi, purtroppo furono più veloci di me, prima che potessi correre nella strada che mi aveva segnalo l'infermiere, loro erano già nel mezzo che barcollavano, come quei ragazzini che avevo visto questo pomeriggio, perché la gente si ubriaca di continuo?non feci a tempo a scansarli e scappare, qualcuno mi prese per un braccio

"hei!".





Ciao ragazzi!

Come avevo detto non era il massimo, e ci ha lasciati un po' in ansia per bella.

Non dico nulla ma so già che il prossimo non mi/ci piacerà.

MoonLight_95 una specie di scintilla, non le è indifferente, ma è una ragazzo serio!



Vanderbit vorrebbe tornare al branco, ma dov'è?non hanno certo il cellulare, non ha una casa si muovono di continuo...



giova71 difficile da dire, secondo me il fato li farà soffrire ancora un po', ma li farà ancora rincontrare

   
 
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