Angolo
dell'Autrice:
Questa
One shot ha partecipato al contest 'One day...' indetto sul forum di
EFP da Fabi_Fabi.
La
storia nel contest è arrivata Nona,principalmente per un mio
stupidissimo errore: ho mandato il file sbagliato, quello con la prima
stesura, non corretta, della storia XD
Si,
lo so, sono stata stupida :p
Spero
comunque che la storia vi piaccia :*
Partivo
dal personaggio di Minerva McGranitt e dalla citazione che troverete in
calcio alla fiction.
p.s.
edit: la storia partecipa al secondo turno dell'Harry Potter final
Contest.
lilyblack.
Sento
la sua voce scendermi fino allo stomaco, e so che gli altri stanno
provando quello che provo io.
E'
il suono del nostro lutto, è il suono del nostro dolore che
anche
nell'ora più buia è portato avanti da un vessillo
di bellezza e
armonia, come lui aveva sempre voluto.
Le
note del canto della fenice sono come lacrime di cristallo.
Qualcosa
di bellissimo e dilaniante: l'unico modo degno di salutare la rottura
di qualcosa di immenso.
Non
riuscirei a immaginare colonna sonora migliore per accompagnare le
mie lacrime qualora riuscissero a cadere.
Guardo
le persone che stanno nell'infermeria attorno a me e ho un'impietosa
fotografia di questa guerra che oramai è alle porte; il
dolore e
l'amore che riesce nonostante tutto a superare pregiudizi, problemi e
cambiamenti.
Sembriamo
quasi uno spot del ministero che inneggia alla bontà, alla
fiducia e
alla speranza.
Ma
in cosa si deve riporre la speranza, quando l'unica persona in cui si
aveva fiducia muore?
In
cosa si deve riporre la speranza quando scopri che il maggiore atto
di fiducia che quella stessa persona aveva fatto era sbagliato, mal
riposto, erroneo?
Guardo
Potter in volto e vedo odio e delusione, assoluti, come solo un
ragazzo di appena sedici anni è capace di provare.
Posso
vedergli le mani tremare, mosse da quella forza distruttrice che
sente tremare dentro di se.
Severus
Piton ha tradito l'Ordine, ha tradito e ucciso Silente.
E'
qualcosa di inconcepibile, come se all'improvviso Voldemort si
convertisse alla bontà e donasse tutti i suoi averi al
reparto
pediatria del San Mungo.
Fantascienza.
Pura
fantascienza, direbbero i Babbani.
Mi
sento cadere nel vuoto, anche se oggettivamente stasera scegliere
queste parole è una strana ironia.
Vorrei
avere qualcosa a cui aggrapparmi, vorrei credere che tutto questo
è
un brutto sogno che finirà e che l'unica persona che in
questo
castello potrebbe capire come mi sento in realtà non ha
ammazzato il
mio maestro di sempre.
Vorrei,
vorrei fino in fondo e disperatamente, ma credere nelle favole
è
sempre stato un mio limite.
Sento
Hagrid che mi parla, e sento la mia granitica voce rispondere, non mi
rendo conto di quello che dico fino a che non guardo colui che
chiamano il Prescelto e gli chiedo di seguirmi.
Lo
sento alle mie spalle, ma non mi giro.
Saliamo
scale su scale e sorpassiamo la statua della strega orba, dietro la
quale si nasconde un passaggio che sicuramente al degno figlio dei
malandrini non sarà sconosciuto.
Non
ho mai realmente capito questo ragazzo e i suoi amici anche se li ho
spesso difesi come una leonessa, soprattutto l'anno scorso.
Non
sopporto che si tocchi qualcuno che è sotto la mia
protezione e non
sopporto che venga leso il senso dell'onore e della giustizia ma,
nonostante tutto ciò, non ho mai realmente capito nessuno
dei miei
studenti, non solamente colui che è alle mie spalle e i suoi
amici.
Ho
sempre avuto parecchie difficoltà a compenetrarmi nelle
persone, nei
loro problemi e nei loro pensieri.
Forte,
testarda, con un discreto potere magico; lo so che non sono una
strega da nulla, sono fiera ed orgogliosa di quello che sono, ma
questo è uno di quei rari momenti in cui mi scopro
così
introspettiva da ammettere con me stessa cose che solitamente tengo
ben nascoste.
L'ingresso
nel suo ufficio è il primo attacco realmente potente di
questa
sera.
E'
come se ora, nella mia mente, una voce urlasse 'è morto sul
serio,
Minerva' e io non possa far niente per evitarlo.
Non
riesco a guardare il suo ritratto, abbasso la testa sconfitta dalla
sua morte più di quanto lui si aspettasse.
Avrebbe
riso della morte, come rideva di tutto.
Prendo
un respiro profondo, scrollo il capo e alzo il mento fissando gli
occhi in quelli del giovane che ho davanti.
La
forza del suo sguardo è talmente forte, talmente diversa a
quella di
quando l'ho visto la prima volta, che mi sembra di non averlo mai
realmente guardato in questi anni.
Dov'ero
mentre diventava un uomo risoluto?
Improvvisamente
sento un' invidia bruciante all'altezza dello stomaco: lui aveva
accesso ai pensieri di Albus più di quanto a me non sia mai
stato
concesso, lui era il suo prediletto.
Sento
la mia voce chiedergli spiegazioni, chiedergli segreti che non ho mai
avuto il diritto di sapere.
Mi
sento sporca, ma la mia testardaggine, il
mio più grande difetto e limite,
mi fa andare avanti.
'Potter,
alla luce della morte del professor Silente, credo che tu debba
capire che la situazione è cambiata..'
Mi
sento la Umbridge. Mi sento simile all'essere più lontano
dalla mia
idea di persona che abbia mai varcato la soglia del castello.
Stringo
le dita sulla stoffa del mio stesso vestito e sento il ritratto di
Albus ronfare alle mie spalle.
Deglutisco
a fatica.
'Penso
che lei Professoressa, con tutto il rispetto, stia sbagliando: il
professor Silente non mi ha mai detto di smettere di seguire i suoi
ordini se lui fosse morto'
Si
stringe nella spalle Harry Potter e capisco che è finita
l'era in
cui aveva paura di me.
Capisco
ora che non tornerà più ad Hogwarts, che
passerà il prossimo anno
a rincorrere chi sa quale mostro in giro per il mondo, per il bene di
tutti
noi.
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E'
il giorno del funerale.
E'
il giorno in cui lo seppelliremo e io vi sono arrivata dopo una notte
insonne passata a dare istruzioni a destra e a manca.
Ho
un vuoto di memoria talmente grande che mi sembra di essere stata
posseduta; sono fuori dalla sala grande e non mi ricordo nemmeno come
ci sono arrivata.
I
quadri bisbigliano attorno a me, ma basta una mia occhiata per farli
zittire.
Ho
sempre avuto il potere di incutere timore e ne ho fatto la mia
roccaforte.
Stiro
la mia veste nera con le mani, e poi spingo gli occhi verso il basso
per controllare che sia tutto perfetto in questo giorno per
definizione imperfetto.
Respiro
a fondo e poi varco la soglia, sorprendendomi di quanto salti il mio
cuore al vedere quel trono vuoto e al pensiero che lui non
sarà più
qui.
Scorto
i miei studenti verso l'ultimo saluto al preside più grande
che
Hogwarts abbia mai avuto, secondo forse solo ai suoi stessi
fondatori.
Per
pochi istanti chiudo gli occhi e lascio che i piedi vaghino soli
verso una meta che non voglio raggiungere.
Miracolosamente
raggiungo il mio posto e vedo i miei studenti posizionarsi attorno a
me, anche Harry Potter, nonostante la piccola discussione di ieri
sera, segno che la sua lealtà è veramente forte
come decantava
continuamente colui che ora Hagrid sta portando tra le braccia.
Da
questo momento il mio funerale diventa privato: oggi non dico addio
solamente ad un grande uomo, al mio mentore, ma anche a quella parte
di me che solamente lui aveva saputo ascoltare e tirare fuori.
Non
ascolto quello che stanno dicendo e probabilmente fra cinque minuti
non saprei neanche ripetere il nome del 'brillante' retore; sono
chiusa in me stessa e mi regalo un raro momento
chiarificatore.
Alcuni
direbbero che nel mio silenzio e nella mia introspezione non vi
è
nulla di nuovo, ma non mi conoscono: oggi sono pronta a mettermi a
nudo ed ammettere
i miei limiti,
ed è decisamente una realtà più unica
che rara.
Sento
i sirenidi cantare e vorrei essere capace di urlare,cantare, o fare
qualsiasi cosa per poter veder esplodere il mio dolore.
Oggi
più che mai mi sento a metà con questa mia
sordida incapacità
nell'ammettere i sentimenti.
Non
ricordo di aver mai detto 'ti voglio bene' a nessuno.
Non
ricordo di aver mai lasciato che nessuno si avvicinasse tanto a me da
poter capire dove finisse il personaggio McGranitt e dove iniziasse
la persona Minerva.
Ho
passato l'infanzia in posti dove ammettere di avere interessi diversi
dalla massa significava essere debole, e ho imparato che non bisogna
mai esporsi troppo.
Negli
anni mi sono costruita un mondo tutto mio e ho lasciato gli altri
fuori; è per scelta che non ho una famiglia, dei figli o
qualsiasi
cosa di vagamente simile.
Sono
un blocco di ghiaccio al cui interno i sentimenti si sono lentamente
sopiti, trasformandosi da lava fusa a tiepida acqua calda.
Sono
stata l'alunna perfetta di me stessa in questa lenta trasformazione:
non ho sbagliato un colpo fino a quando non ho incontrato per la
prima volta da collega, non da studentessa, Albus Silente.
Gli
è bastato uno sguardo per capire la maggior parte delle cose
che
avevo impiegato anni a sotterrare e nel tempo mi ha tirato fuori, uno
dopo l'altro, tutti i miei problemi, le mie ansie e i miei dubbi.
Non
mi ha mai obbligata a fare qualcosa che andasse contro i miei dogmi e
le mie regole, ma mi mancheranno terribilmente le sue bonarie prese
in giro sulla mia rigidità, sul mio a volte non saper vedere
al di
la del mio naso, nonostante l'immensa fantasia necessaria per essere
una brava trasfiguratrice.
Nel
frattempo, al posto delle fiamme, è comparsa la tomba e
tutti vanno
via.
Mi
avvicino e mi fermo accanto alla lastra bianca, spalle al pubblico di
questa grande rappresentazione funebre, restando immobile ad
accarezzare la superficie tombale solo con lo sguardo.
'un
giorno ti incontrerò e ti racconterò quanto mi
manchi...'
Le
parole sono un mormorio nella mia testa, ma una strana e stupida
consapevolezza mi dice che lui mi sta sentendo, che lui può.
Mi
mancherà.
Mi
mancherà il suo tirar fuori il meglio dalle persone, il suo
fidarsi
sempre di tutti, il suo credere irriducibilmente all'amore ed essere
perennemente un passo avanti agli altri.
Non
si può dire addio ad una persona del genere senza rimpianto
e senza
rimorso.
Il
rimpianto dei giorni che non potremo più passare assieme, il
rimorso
di non avergli chiesto tutto quello che volevo, compreso dove diamine
avesse imparato il Marino e perché, invece, avesse sempre
rifiutato
di apprendere il Serpentese.
Il
rimorso più grande rimarrà costantemente quello
di non aver mai
seguito i suoi consigli: nonostante tutto, nonostante l'immensa
ammirazione che provavo per lui, ho sempre sviato l'argomento 'vita e
sentimenti privati di Minerva McGranitt', anche se sono sicura che ha
qualche boccettina dedicata anche a me nel mobile del suo
pensatoio.
Gli
ho sempre detto che io stavo benissimo così, che non avevo
bisogno
d'altro che tutto ciò che avevo già : i miei
alunni, i miei
colleghi e i miei studi sulla trasfigurazione; erano quelli i momenti
in cui la vigliaccheria, seppur in me poco presente, si
risvegliava.
Io
non volevo rischi, non volevo imprevisti,
tutto
doveva essere strettamente sotto il mio controllo, e
per far si che questo accadesse dovevo stare ben attenta a non
mostrare emozioni.
Albus
mi aveva riso in faccia ogni volta che avevo rifiutato un incarico
per l'Ordine diverso dagli altri non, si badi bene, per vile mancanza
di coraggio ma perché una volta oltrepassato il tuo limite
non puoi
più tornare indietro, ti trovi in una terra di nessuno in
cui gli
unici appigli sono gli istinti e le emozioni, e queste erano delle
cose con le quali non sapevo raffrontarmi, la mia più grande
rinuncia e il mio più grande tarlo.
Sento
tutti assieparsi attorno a me, vedono nella mia persona una guida.
Mi
viene da ridere, ho la sensazione che mi abbia buggerata un'ennesima
volta.
Mi
risuona nella testa la frase che ho ripetuto più spesso
negli ultimi
anni:
'Io
resto qui, Hogwarts è la mia casa, qui sono al sicuro.
Nessuno
oserebbe attaccare Silente.'
Non
posso fare a meno di pensare che, alla fine, mi ha fregata alla
grande morendo e lasciandomi Hogwarts fra le mani in piena
guerra.
L'ho
deluso, probabilmente: ho seriamente pensato di chiudere la scuola
ieri, ma avrebbe dovuto aspettarselo da me, non sono una donna da
emergenza.
Vorrei
ancora chiudere tutto e scappare via, diretta al piccolo paesino
scozzese nel quale sono nata.
Vorrei
sicuramente far finta di non aver sentito Potter proclamare eterna
fedeltà a Silente qui, poco lontano dalle mie orecchie, ai
danni del
nuovo Stupido Ministeriale.
Mi
giro, e guardo tutti con il mio sguardo freddo e assente che,
stranamente, da loro sicurezza.
Questo
mio impedirmi regolarmente di provare qualsiasi emozione mi ha resa
la persona che tutti temono e rispettano; rabbrividisco al pensiero
di cosa penserebbero se scoprissero le mie debolezze, le mie
amatissime debolezze.
Mi
volto e guardo la folla per metà dispersa e per
metà ferma attorno
a me.
Sono
davanti ad un bivio e scelgo senza rimorso la strada che stavo
già
percorrendo, dicendomi che non è codardia quella che mi
spinge, ma
il grande coraggio di chi mette da parte se stesso per aiutare gli
altri e deve solo preoccuparsi che questi altri non scoprano mai le
sue bugie.
Nel
mio caso non è difficile, basta attenermi alle mie regole,
ai miei
limiti.
Non
vi è nulla di più intuitivamente semplice della
frase:
''L'unico
modo per non mostrare mai i propri limiti è non
oltrepassarli
mai'
E
io in questo, sono bravissima.