Just
gonna stand there and watch me burn
But that’s alright because I like
The way it hurts
L'edificio era in fiamme.
Lingue di fuoco divampavano ovunque, provocando le urla lancinanti dei
vampiri. Si contorcevano, ricoperti di benzina e di fiamme,
vittime della loro brama di vendetta. "Sindaco..E' lei?"
Il sindaco Lightwood, poggiato ad una colonna ancora miracolosamente
intatta, cercava debolmente di tenere lontane le fiamme. Si
voltò di scatto, riconoscendo la voce familiare "Che ci fai tu qui?".
Era ancora calmo. Inconsciamente sapeva che c'era un'unica ragione per
cui Damon Salvatore si trovasse in quel luogo, ma dopotutto, non
avrebbe avuto senso. "Sono
un vampiro"
le parole di Damon ruppero quel breve silenzio, confondendo ancor di
più il sindaco. Uscirono dalla bocca del vampiro come se la
sua
confessione non fosse null'altro che pura normalità. Come se
lui
fosse stato sempre e solo un mostro senza umanità. Come se centoquarantacinque anni
prima non fosse stato ancora un semplice essere umano.
"..La sua scusa qual
è? Dico sul serio..La verbena non ha avuto effetto su di
lei..Lei non è un vampiro"
Damon Salvatore alzò appena il mento in direzione dell'uomo
che
gli stava di fronte, trascinandosi a tentoni verso di lui, sanguinante
e stordito. L'uomo indietreggiò, risvegliandosi al suono di
quelle parole che lo colpirono come frustate in pieno volto. "..Che cosa diavolo è?"
aggiunse, sibilando, Damon, reprimendo un moto di dolore. La verbena
era entrata oramai in circolo nel suo sangue e l'aveva indebolito,
rendendo impossibile per lui la fuga. Osservò per un lungo
istante il sindaco indietreggiare ancora, tra le braccia di uno dei
vampiri della cripta, per poi morire, in un sol colpo. Sorrise
appena. Era fatto così: la sofferenza altrui provocava in
lui
enorme piacere, e anche in punto di morte poteva gioirne. Dopotutto,
anche il suo destino era segnato. Non c'era via di scampo da
quell'inferno di fiamme, urla, dolore. Si poggiò nuovamente
a
terra, esausto, evitando prontamente di guardare alla sua destra, dove
giaceva, immobile e privo di vita, il corpo di Anna. Non vittima delle
fiamme, ma vittima del
suo amore.
Chiuse gli occhi. Avrebbe voluto salvarla. Nel momento in cui quel
bastardo di John aveva piantato il paletto nel cuore della giovane
vampira, un insieme di sensazioni oramai dimenticate aveva
invaso Damon. Il
dolore, la sofferenza.
E non quello che da centoquarantacinque anni provava perchè
privato di Katherine, l'amore della sua vita. La sofferenza genuina che
proviene da immensa pietà, il dolore che può
derivare
solo dalla condivisione della sofferenza altrui. E odio.
Aveva odiato John per quello che aveva fatto ad Anna, ma non come si
era limitato ad odiare suo fratello Stefan per più di un
secolo.
Aveva odiato John per quello che era, per l'orrore che aveva visto nei
suoi occhi. Inspirò profondamente per poi cacciare fuori
l'aria
asfissiante con un sospiro. Stava per morire, Damon lo sapeva. Le
fiamme lo stavano circondando, e dunque poteva essere sincero almeno
con sè stesso. Nessuno l'avrebbe salvato. Per un unico,
misero
secondo sperò vivamente che Stefan fosse in salvo. Non c'era
nell'edificio, e dunque forse Elena era riuscito a salvarlo. Quel
pensiero lo rincuorò non poco. Damon Salvatore aveva
fallito, e
avrebbe dovuto pagarne le conseguenze. Aveva provato a salvare Mystic
Falls, a fare l'eroe per una sola sera, ma non ci era riuscito. E
sarebbe morto per questo. Ecco
quello che succede quando si rinnega la propria mostruosità.
Aprì gli occhi con forza, ignorando l'immagine che la sua
mente
aveva più e più volte riportato a galla in
quell'ultimo
secolo, facendola emergere chiara e nitida tra i suoi pensieri.
Generalmente, amava affogare nei ricordi, nell'immagine di Katherine
che gli carezzava dolcemente il volto, che gli sorrideva, e i suoi
capelli morbidi, ricci. Ma non quella volta. Cacciò via i
contorni della ragazza, che puntuali e dispettosi si meterializzavano
dinanzi ai suoi occhi allucinati. Perchè sapeva, sapeva che
non
era Katherine la ragazza che gli era venuta in mente. Non era la sua
Katherine, col corpo incastonato nel suo corpetto legato forse troppo
stretto, con l'ampia gonna verde e il medaglione color ambra.
Provò a concentrarsi sulle urla di dolore degli altri
vampiri,
ma era troppo stanco per resistere. Troppo debole per non abbandonarsi
al pensiero di Elena, quella mattina, con il suo abito color oro e il
sorriso inconsciamente furbo di chi sa, dopotutto, l'effetto che
può provocare in uno come lui. In uno come Damon.
Sorrise appena, ricordando cosa le aveva detto solo poche ore prima. "Stai meglio così, sai?
L'abbigliamento retrò non ti si addice"
poteva quasi sentire il tono canzonatorio della sua stessa voce, anche
solo ricordando la scena. E lei, non aveva capito. O forse si, forse
aveva capito fin troppo bene. Una fiamma si avvicinò
pericolosamente al suo volto. Sempre ad occhi chiusi, lamentoso, si
scostò verso l'unico punto del pavimento privo di benzina.
Lei
non era Katherine. Quella mattina, Damon aveva visto Elena arrivare,
nel suo vestito ottocentesco, e non aveva più scorto nulla
di
Katherine Pierce in lei. Aveva semplicemente visto Elena Gilbert in
tutto il suo splendore. Sarebbe morto, ripetè a
sè
stesso, per farsi forza. La morte non gli sembrava che la soluzione
più adeguata. L'aveva fermamente voluta centoquarantacinque
anni
prima, e non l'aveva ottenuta. Adesso, era a portata di mano. Non
avrebbe dovuto convivere con il dolore di non potere avere la donna da
lui amata, nè nel rischio di condannarla, per la rabbia, ad
una
semplice esistenza, succhiandole via la vita. Elena sarebbe vissuta,
ed era questo ciò che contava davvero. Damon aveva provato a
proteggerla, in tutti i modi. E aveva fallito, in parte. Ma suo
fratello avrebbe fatto di meglio. Stava lasciando la sua esistenza
senza troppi rimorsi, dopotutto. Le due persone che più
amava al
mondo sarebbero state felici, almeno per un pò.
Provò a
consolarsi con l'immagine di Stefan ed Elena sorridenti, mano nella
mano, ma non ci riuscì. Un moto di rabbia lo prese, e fu
invaso
da un'improvviso desiderio di vita, che si placò non appena
sostituì all'immagine di Stefan la propria, nella sua mente.
Se
solo avesse potuto, l'avrebbe amata. Ma non poteva. Sopravvivere a
quell'inferno di fiamme sarebbe voluto dire accettare la propria
umanità, e non poteva. Era Damon Salvatore, e questo
comportava
degli obblighi. Quindi, tanto meglio morire, perchè era
stato
fin troppo sincero con sè stesso, in quei pochi minuti. Non
avrebbe mai sopportato il peso di quell'enorme verità.
Rotolò su di un lato, avvicinandosi al corpo di Anna, privo
di
fiamme e benzina perchè già oramai senza vita.
Non ebbe
modo di rammentare a sè stesso che quella sarebbe stata la
sua
fine, perchè sentì improvvisamente una voce
familiare
alle sue spalle. Tossì, cercando di farsi sentire, e
voltandosi
a fatica. L'istinto di sopravvivenza era più forte di
qualsiasi
verità scomoda, purtroppo, e Damon non era mai stato un
cuore di
burro pronto a sacrificare sè stesso per la
felicità
altrui. Non di certo per la felicità di Stefan ed Elena. Il
fratello lo prese tra le braccia, aiutandolo a rimettersi in piedi. E a
Damon sembrò di essere tornati indietro nel tempo, quando
erano
ancora due ragazzi, quando ancora Katherine non li aveva divisi. E fu
grato a Stefan. Si guardarono degli occhi per un lungo istante,
sottintendendo parole taciute, anche con gli occhi, per troppo tempo.
Uscirono dall'edificio in fiamme, e non appena Damon vide il cielo
stellato, riempì i polmoni di aria pulita, finalmente. Era
salvo. Una strana euforia lo prese a questo pensiero. Era ancora vivo,
nonostante tutto. Nonostante fosse passato tutto quel tempo dal giorno
della sua morte. Il suo sguardo si posò su Bonnie, e
capì
che era stata lei ad aiutare suo fratello a salvarlo. Avrebbe voluto
ringraziarla, ma il tocco fresco della mano di Elena sul suo volto lo
immobilizzò. Stefan lo mantenne più saldamente,
vedendo
le sue gambe quasi cedere, e accusando inconsciamente la verbena
dell'improvvisa debolezza del fratello. Damon chiuse per un secondo gli
occhi, lasciando che il profumo di Elena lo invadesse, e che le sue
parole lo cullassero per un solo lungo minuto. Poteva permettersi un
minuto, prima di tornare ad essere sè stesso. Le mani
piccole e
morbide della ragazza lo sfiorarono, e il tono pieno di preoccupazione
gli fece sussultare qualcosa, dentro.
Poi, i suoi occhi incrociarono quelli di Elena. Non fece
quella
cosa con gli occhi, la stessa che lei gli aveva rimproverato al bar, ma
lasciò che Elena, sempre e solo Elena, lo vedesse nudo, di fronte a
lei. Nudo nella sua
umanità,
perchè adesso lo aveva capito. Aveva capito che Stefan aveva
sempre sbagliato al riguardo: Katherine era stata la sua ossessione, il
suo tormento, ma Elena era diventata la sua umanità.
Lei distolse lo sguardo per prima, e tutto finì, in pochi
secondi.
Forse tornare ad indossare la sua maschera, questa volta, non sarebbe
stato tanto facile per Damon Salvatore.
NOTE DELL'AUTRICE.
Mi ritrovo a scrivere dopo parecchio tempo qui su EFP. Avevo un altro contatto, anni fa, e mi dedicavo prevalentemente a fanfictions su Harry Potter. E' passato molto tempo, anzi, molti anni direi, e ho deciso di tornare a scrivere qui. Non sono una novellina alle prime armi, questo ci tengo a sottolinearlo. Con ciò non voglio dire che sia una scrittrice, lungi da me appellarmi in tal modo, oppure una di quelle che sa scrivere bene. Ho molti difetti, e il mio modo di scrivere ne risente, di questo sono ben consapevole. Il peggiore, sicuramente è l'incostanza. E forse anche la tendenza di scrivere in maniera un pò troppo melensa, alle volte. Torno a scrivere pienamente convinta di non riuscire a portare avanti una fanfictions a capitoli, e pubblicando una raccolta di one-shots, in particolare, in questo caso, su Vampire Diaries, e più precisamente sul personaggio di Damon. Il pairing non è necessariamente Damon/Elena, in quanto apprezzo molto anche Katherine - sono sadica, lo so, prediligo il male - e quindi davvero non ho un tema preciso. Tranne la voglia di parlare di questo personaggio che mi ha affascinata, e di cui la psicologia mi ha sempre intrigata. Ho provato a leggere i libri, ma devo ammettere che non mi piacciono molto, il telefilm invece l'ho trovato migliore sotto molti punti di vista. Spero di poter affrontare questo argomento con chiunque sia interessato, e spero di tornare presto con una nuova one shot. Il titolo di queste mie poche righe incentrate sulle scene quasi finali della puntata 1x22 (Il giorno della Fondazione) è stato direttamente preso dalla canzone Love The Way You Lie., il cui video mi ha molto colpita e ispirata, facendomi venire immediatamente in mente la scena dell'edificio in fiamme. Volevo immagina quali fossero stati i pensieri di Damon prima di una morte che lui riteneva certa, e ciò che ha provato nel rivedere Elena e Stefan una volta in salvo. Ho iniziato dall'epilogo della prima serie, insomma, e il mio intento forse è quello di ricostruire quello che ha portato Damon ad innamorarsi di Elena. Il fatto che io prediliga questo pairing non vuol dire nulla, perchè mi baso comunque su ciò che ho visto, senza andare oltre. Il punto di vista è infatti quello di Damon, e non trapelano in alcun modo, almeno per il momento, i pensieri di Elena. Spero abbiate gradito, e se vi fa piacere commentate, poichè apprezzo moltissimo le critiche (sempre che siano fondate su di un qualcosa e costruttive).
Emme :3