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Autore: Cottage    11/08/2010    9 recensioni
Una banconota da 100 Pokè oscillava costantemente davanti ai miei occhi. "Ecco, questa è una cosa sospetta" avevo quindi detto, a Daisuke, il quale l'aveva già superata, non badandoci e dicendo "Sbrigati che siamo quasi arrivati"
Io, per tutta risposta, avevo sorriso, ridendo della mia distrazione "Hai ragione, scusa, si vede da lontano un miglio che questa è una trappola!" Quindi, dal nulla, erano scese altre banconote da 200 e 300 Pokè. "Oh, beh, direi che questo è un gran colpo di fortuna" Avevo ammesso, cambiando idea a facendo voltare un Daisuke stupito. Il mio lato taccagno aveva preso il sopravvento. Sembravo una bambina a cui la mamma aveva comprato un sacchetto di caramelle. Tante caramelle.

Madeleyne, Maddy, Madd-madd, chiamatela come più vi sembra comodo, è una ragazza normale (?), leggermente sarcastica e taccagna, che da un giorno all'altro decide di diventare allenatrice di Pokèmon e partire per una nuova regione.
In questo lungo -sì, si preannuncia lungo- viaggio incontrerà amici e nemici, persone divertenti e strambe e capirà che, dopotutto, stare chiusa in casa non è poi così divertente…
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
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Salve salvino!
Piccolo avviso: questa fic parte da schifo. E continua da schifo. Ma uno schifo più accettabile. Ecco, diciamo che devo modificare i primi capitoli, perchè li ho scritti quando avevo sì o no 13 anni, quando ancora non sapevo cosa diamine volesse dire scrivere cose decenti e con un senso logico. Quindi chiedo scusa per gli obbrobri ed il nonsense in cui vi imbatterete
all'inizio di questo lungo e pedante viaggio, e grazie per la vostra pazienza ♪


 

Prologo
(ovvero, l'inizio della fine)

 

Non ero mai stata una persona molto avventurosa. Non che provassi paura di fronte ad una grotta buia e misteriosa, o ad una casa creduta infestata da mostri e/o spettri. Probabilmente mi sarei pure divertita ad esplorare quei luoghi. Solo che preferivo rimanere nella mia tranquilla casetta di campagna, a risolvere casi come "chi ha mangiato il mio panino".

Insomma, mi divertivo più dentro alla mia stanza, a guardare film o leggere libri, che fuori, a giocare con gli altri bambini. Magari potevo dare l'impressione della solita ragazzina fredda, arrogante e associale, che preferisce stare lontano dalle persone, piuttosto che farci amicizia.

Nulla di più sbagliato. Non provavo odio verso gli altri, ed anzi, ero molto aperta ed amichevole con la gente. Anche troppo, ora che ci penso. Ma non trovavo divertente rincorrere un pallone, arrampicarsi sugli alberi o dare spettacoli di magia. Ero più una tipa tranquilla, una di quelle a cui piace stendersi per ore sopra al suo letto ed immaginare storie, persone e fatti mai avvenuti prima.


Il giorno in cui nella mia mente ha iniziato a farsi strada l'ipotesi che la mia vita era noiosa ed andava contro ogni morale era un venerdì. Quella mattina, infatti, mi ero svegliata di soprassalto al suono di un urlo. Alzandomi, mi ero chiesta che cavolo ci fosse di così urgente da svegliarmi. Così ero andata alla finestra, dove, a terra, era presente un'enorme folla radunata a cerchio. Al centro di quel cerchio faceva capolino una testa bluastra, con i capelli disordinati ed una bandana gialla sopra alla fronte. Vestiva una T-shirt azzurra e dei pantaloni strappati di colore blu scuro, che terminavano sopra degli scarponi blu da esploratore mezzi strappati. Era un ragazzo dall'aria serena e soddisfatta, che teneva in mano delle specie di palline bianche e rosse mentre degli strani cosi colorati si esibivano per la gente.

La prima cosa a cui ho pensato era stata il perché avevano scelto proprio la stradina sotto casa mia per allestire un circo. Ma poi, guardando meglio, si vedeva che i mostriciattoli stavano sollevando un enorme albero caduto. Più precisamente, caduto sopra alla gamba di un pover'uomo, che, probabilmente, fino a poco tempo fa, stava solo facendo una passeggiata.

Spostato l'albero, alcuni paesani avevano pensato fosse d'obbligo trasportare l'uomo al più vicino pronto soccorso, e così hanno lasciato la scena. Il resto delle persone invece, stava ringraziando, o meglio ammirando il ragazzo dalla testa blu, l'eroe della giornata, ed i suoi esseri strambi alti quanto il loro addestratore. E quindi erano piuttosto bassetti ...


Decidendo che quella era stata la cosa più originale delle ultime due settimane (l'ultima era stata quando un bambino si era perso e tutti nel paesello si erano messi a cercarlo. Alla fine l'avevano trovato nel magazzino di un negozietto di pesca, con un secchio di vermi sopra alla sua testa. Il bambino diceva di star giocando a nascondino ... ), ho pensato di andare a chiedere alla nonna che ne pensava.

"Nonna, cosa ci fanno Grande Puffo ed i suoi seguaci davanti a casa nostra?" Chiesi aggiungendo un tocco di ingenuità alla frase.


Mia nonna, in realtà, non era la mia vera nonna, ma le volevo ugualmente bene. Mi aveva accolto due anni fa nella sua casa, quando non avevo dove andare ed aveva deciso, senza pensarci due volte, di tenermi con sé. Insomma, ero una bambina sperduta in quella cittadina a me sconosciuta, a cui era stata data un'altra occasione. Un'altra opportunità. Un'altra vita.

Non che non pensansi alla mia vera famiglia, al mio vero villaggio ed ai miei vecchi amici, ma… diciamo solo che è successo qualcosa di non-molto-piacevole-da-ricordare che ha messo fine a quei giorni felici.

Ma sono riuscita ad imparare ad andare avanti, grazie all'aiuto del nonno, che con le sue battute mi tirava sempre su il morale, e della nonna, che adesso mi stava guardando come se avessi detto che gli asini volavano.

"No, cara," aveva detto, ridendo di gusto "lui è il Campione, il più forte giovanotto allenatore di Pokémon della regione!", concluse lei, tornando a cucinare quella che sembravano tagliatelle.

Allora erano pokémon quegli animaletti strambi! Ne avevo letto da qualche parte, ma non ne avevo mai visti dal vero. Non c'era da stupirsi, ero sempre chiusa in casa …

Mi era parso di ricordare, dai racconti che avevo letto o di cui nonna mi raccontava, che in giro per la regione ci fossero molti pokémon, e che delle persone, gli allenatori, li catturavano con delle sfere colorate. Poi, se tutto andava bene e loro diventavano amici, i due insieme potevano diventare più forti, combattendo fianco a fianco in battaglie mozzafiato contro altri allenatori, fino a raggiungere il luogo più ambito: la Lega Pokémon. Adesso, era facile capire che sarebbe successo: sarebbero andati fino alla sommità dell'edificio, ed avrebbero distrutto Grande puf--- il campione!

 

Mentre ero intenta ad immaginare la scena, il mio minuscolo, dimezzato ed fino-ad-allora-creduto-inesistente cervello iniziò ad assorbire un piccolo, eccitante ed innocente pensiero. Nervosamente andai a sedermi su una delle sedia scricchiolante e ad appoggiare il gomito sul tavolo circolare in legno.

"Nonna …"

"Sì, cara?" Rispose quella mentre stava sollevando la pentola delle tagliatelle.

Avevo deciso di essere molto delicata ed vaga nell'avvertire mia nonna ...

"Voglio fare l'allenatrice di pokémon!"

 

E fu così la pentola si rovesciò rovinosamente a terra.

   
 
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