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Autore: vannagio    12/08/2010    8 recensioni
«Se a marzo [Bella] non si fosse gettata da uno scoglio... e se avessi aspettato altri sei mesi prima di venire a controllare... be', forse l'avresti ritrovata ragionevolmente felice»..
(Jacob Black, capitolo ventidue “Fuoco e Ghiaccio”, Eclipse)
[Terza classificata al contest "What if: che cosa sarebbe successo se...", indetto da Dackota e Faffina]
[Quarta classificata al contest "Jacob e Bella, semplicemente", indetto da Vivien L]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlie Swan, Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black | Coppie: Bella/Edward, Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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"Quando vannagio vaneggia!"



Precipizio







«Se a marzo [Bella] non si fosse gettata da uno scoglio... e se avessi aspettato altri sei mesi prima di venire a controllare... be', forse l'avresti ritrovata ragionevolmente felice».
(Jacob Black, capitolo ventidue “Fuoco e Ghiaccio”, Eclipse)




Mi piegai sulle caviglie.
«No, Bella!». Arrabbiato, la sua furia era adorabile.
Sorrisi e stesi le braccia, pronta a tuffarmi di testa, il volto battuto dalla pioggia. Ma anni di nuotate in piscina mi fecero ricordare la regola: la prima volta meglio entrare con i piedi.
Mi piegai in avanti, rannicchiandomi per guadagnare spinta*, ma qualcuno mi afferrò per la vita e mi bloccò prima che potessi lanciarmi dallo scoglio.
Urlai più per la sorpresa che per lo spavento, perché avevo riconosciuto immediatamente il proprietario di quelle grosse mani calde. Il loro calore si propagava sulla mia pelle come lava incandescente attraverso gli abiti zuppi di pioggia.


***


Chiusi gli occhi e tirai un sospiro di sollievo.
“Se fossi arrivato un secondo più tardi…”.
A quel pensiero non potei fare a meno di rabbrividire. Istintivamente strinsi Bella a me e feci aderire la sua schiena al mio torace. Non stava tentando di divincolarsi dalla mia presa - a dire il vero era rimasta impietrita -, ma avevo bisogno di sentirla il più vicino possibile. Dovevo convincermi che ero riuscito davvero a evitare il peggio, che non stavo sognando: il respiro irregolare e il battito accelerato non costituivano una prova sufficiente.
Respirai profondamente per recuperare la calma e scacciare il terrore folle che avevo provato poco prima, quando da lontano avevo visto l’esile figura di Bella prepararsi al tuffo. L’aria umida e salmastra si mischiava al suo profumo, che in quel momento era reso ancora più intenso dalla pioggia, dalla paura e dall’adrenalina.
Attesi in silenzio, concessi al suo cuore del tempo per tranquillizzarsi e riprendere un ritmo regolare. Poi lentamente la feci voltare verso di me. Si lasciava maneggiare come una bambola di pezza e questo mi spaventò. Gli occhi tenuti bassi, quasi inchiodati a terra, erano nascosti da due tendine castane, fradice e scarmigliate dal vento.
Non voleva guardarmi in faccia? Era arrabbiata perché le avevo impedito di tuffarsi?
Non mi importava. Poteva anche odiarmi se voleva: l’unica cosa che contava veramente per me era l’incolumità di Bella.
Tuttavia non riuscivo a sopportare l’assenza di dialogo. Parlare era sempre stato semplice e spontaneo per noi, come respirare. Il silenzio, invece, mi rendeva nervoso e paranoico. Avevo bisogno di risposte, di guardarla negli occhi per capire la causa del suo tormento, anche se ormai mi ero fatto un’opinione abbastanza precisa a riguardo. Con un dito sotto il suo mento la costrinsi a sollevare il viso, affinché i nostri sguardi potessero incontrarsi.
«Bells».
«Mi dispiace».
La sua voce era quasi un bisbiglio paragonata alla mia. E quel balbettio stentato fu in grado di mandarmi in bestia nel giro di mezzo secondo. Senza che potessi o volessi evitarlo, la rabbia ebbe il sopravvento.
«Che diavolo ti è preso? Perché non mi hai aspettato? Potevi morire!».
Non so perché reagii in un modo così violento. Forse era colpa della paura. Ben presto, però, mi pentii di quella reazione impulsiva e gli occhi sbarrati di lei mi indussero a recuperare il controllo.
«Scusa, non volevo aggredirti», tentai di giustificarmi.
Le accarezzai una guancia per rassicurarla. A contatto con la mia mano, Bella chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Il calore della mia pelle pareva darle conforto e coraggio. Ne fui contento. Poteva sembrare una sciocchezza, ma la consapevolezza di riuscire ad alleviare le sue pene, anche solo per un istante, mi rendeva felice.
«No, non devi chiedere scusa», disse lei. Scuoteva il capo con aria frastornata. «Sono una stupida. Stavolta ho proprio toccato il fondo, Jake».
Ebbi di nuovo paura. Provai ad aprire bocca, ma lei mi anticipò.
«Non posso credere di essere arrivata a tanto››. La sua voce era rotta dal pianto, adesso. ‹‹Lanciarmi da uno scoglio, rischiare la mia vita per sentire una voce nella mia testa…».
Non riuscì ad andare avanti, perché i singhiozzi le impedivano di scandire le parole e articolare le frasi. L’attirai a me senza pensarci due volte e lei si lasciò abbracciare come una bambina desiderosa di affetto.
«Non voglio cadere più».
Affondò il viso rigato da lacrime e pioggia nell’incavo del mio collo e si aggrappò alle mie spalle come se stesse per cadere dalla scogliera dalla quale l’avevo appena salvata. Per un attimo, stupidamente, pensai che Bella si stesse riferendo al tuffo che le avevo promesso. Poi un lampo di lucidità mi fece comprendere.
L’abbandono della sanguisuga aveva fatto precipitare Bella in un baratro ogni giorno sempre più profondo, dal quale, secondo lei, nessuno era in grado di salvarla. L’amore per quel mostro, i ricordi, il dolore e la sofferenza funzionavano come una zavorra e non le permettevano di aggrapparsi a niente e a nessuno.
Serrai la mascella e imprecai silenziosamente.
Era veramente così? Nessuno poteva aiutare Bella?
Aumentai la stretta intorno alla sua vita in modo possessivo.
No, non ero d’accordo. Io potevo. Ne ero certo. Sarei stato capace di afferrarla, di impedirle di precipitare, di tirarla su, di tenerla lontana dal precipizio e portarla al sicuro sulla solida roccia. Con me accanto non sarebbe più caduta. Erano necessari tempo e grande forza di volontà - ne ero cosciente -, ma il tempo non mi mancava e la mia caparbietà rasentava la cocciutaggine.
«Aggrappati a me, Bella. Permettimi di aiutarti».
Sussurrai quell’appello disperato con il viso immerso nei suoi capelli bagnati. Lei non rispose, ma qualcosa era cambiato: lo sentivo, lo avvertivo. Me lo suggerivano le sue parole, i suoi singhiozzi, le sue lacrime, perfino quelle braccia sottili che cercavano invano di circondare le mie spalle. Forse il salto mancato aveva scalfito il guscio nel quale Bella si era rinchiusa. Forse anche lei cominciava a rendersi conto di quanto sbagliato e malato fosse l’amore per il succhiasangue e che era venuto il momento di lasciarsi il passato alle spalle, di andare avanti.
Rimanemmo lì, abbracciati sotto la pioggia, per molto tempo.
Lì, al confine tra mare, cielo e terra**.
Sull’orlo di un precipizio che al minimo passo falso avrebbe risucchiato non solo Bella, ma anche me stesso.


***
- Sei mesi più tardi -
***


«Hai preso tutto?», chiesi mentre la accompagnavo al pick-up.
Bella inarcò un sopraciglio.
«Questa è la decima volta che me lo domandi, Jake. Non sarà un altro dei tuoi ridicoli tentativi di ritardare la partenza, vero?».
Provai a sorridere. Come risultato, però, ottenni solo una smorfia forzata che non riuscì a ingannare nessuno. Bella prese a scrutarmi con espressione seria e corrucciata, poi senza aggiungere alcunché mi abbracciò.
«La mia Bells».
Ricambiai l’abbraccio con forza.
«Una parola, Jake. Basta una parola e non parto più».
Ne avevo tre. Resta con me.
Tuttavia farle una richiesta del genere sarebbe stato un atto di tremendo egoismo. Bells doveva - voleva - frequentare il college a Seattle e per nessuna ragione al mondo avrei ostacolato le sue decisioni. Era la sua vita, aveva il diritto di fare le sue scelte senza influenze da parte mia o di nessun altro. Dietro questo altruismo, però, si nascondevano gelosia e terrore di essere abbandonato.
«Starò bene e comunque non ti libererai di me tanto facilmente», esclamai, fingendo allegria. «Posso raggiungere il campus in pochissime ore. Verrò a marcare il territorio molto presto».
Bella sbuffò, esasperata.
«Quando cominceranno a circolare voci su orsi giganti che si aggirano per le strade di Seattle, saprò a chi dare la colpa, allora».
Scoppiammo a ridere e finalmente le nostre risate suonarono sincere.
Poco dopo, mentre Bella era intenta a studiare la carta stradale e a memorizzare il percorso per raggiungere Seattle, mi fermai a osservare attentamente il suo viso nel tentativo di individuare qualche segno di inquietudine o tristezza.
Bella, però, appariva serena.
Una piccola ruga solcava la sua fronte. Probabilmente era dovuta soltanto alla concentrazione con la quale stava consultando la cartina. Si mordeva il labbro inferiore. Era un po’ nervosa per il viaggio e per le lezioni che sarebbero cominciate l’indomani. Ogni tanto si portava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Un altro gesto dettato dall’insicurezza e dal nervosismo.
Sciocchezze, insomma. Preoccupazioni momentanee che sarebbero sparite molto presto.
Bella stava bene. Ne ero sicuro, ormai.
Da quel giorno sulla scogliera, le cose erano cambiate e lei era riuscita ad andare avanti. Un passetto alla volta, si era allontanata dal precipizio e diretta verso un nuovo inizio. Durante quel cammino lento e accidentato le ero rimasto accanto. L’avevo tenuta per mano, senza però soffocarla. Le avevo lasciato lo spazio necessario per reinventarsi. Ero il suo appiglio ma non volevo che diventasse dipendente da me com’era accaduto in precedenza.
Quando poi la succhiasangue dai capelli rossi era stata eliminata, i miglioramenti in Bella si erano fatti sempre più evidenti e rapidi. L’ultimo collegamento con il passato era stato reciso definitivamente e all’improvviso Bella si era scoperta libera di vivere.
Dopo aver sistemato anche l’ultima valigia sul pick-up, mi avvicinai a lei e con delicatezza le sfilai la carta stradale dalle dita. Bella mi rivolse un’occhiata interrogativa e un po’ scocciata. Quando però intuì le mie reali intenzioni, un sorriso malizioso si allargò sulle sue labbra. Indietreggiò di qualche passo e la sua schiena trovò la fincata del veicolo a sbarrarle ogni via di fuga.
Mi appoggiai al pick-up con un braccio.
Mi chinai su di lei.
La baciai.


Era finita.
Finalmente la lurida sanguisuga dai capelli rossi aveva fatto la fine che meritava: a pezzi tra le fiamme. Era riuscita a sfuggirci per molto tempo, grazie a quel suo strano talento per la fuga. Una volta presa, però, abbatterla era stato un gioco da ragazzi.
Ancora su di giri per l’impresa compiuta, correvo a perdifiato nel bosco senza curarmi dei rami e delle foglie che rimanevano impigliati nella pelliccia fin troppo folta.
La mia meta era casa Swan, ovviamente.
Dopo mesi di paura e incertezza, era giusto che Bella venisse informata immediatamente della buona notizia. Così, nascosto tra i cespugli, ritornai in forma umana e indossai i bermuda consumati. Mi arrampicai sull’albero che cresceva accanto alla finestra della stanza di Bella e bussai al vetro. Le tende erano tirate, ma le ante vennero aperte quasi subito.
«Jacob! È successo qualcosa?», chiese Bella, mentre scavalcavo il davanzale.
Mi rivolse il tipico sguardo ansioso di chi si aspetta sempre e solo il peggio.
«È morta!», esclamai con un sorriso a trentadue denti, mostrandomi compiaciuto e soddisfatto.
Bella rimase in silenzio. Mi fissava con occhi sgranati ed espressione incredula.
«Intendi… Victoria?».
La sua voce tremava per l’emozione.
Annuii senza smettere di sorridere.
«State tutti bene?», domandò subito dopo, ancora titubante.
«Jared è un po’ ammaccato». Bella sussultò e portò una mano alla bocca, come per trattenere un urlo. Poi dai suoi occhi sbarrati cominciarono a venire giù fiumi di lacrime. «Non devi preoccuparti per lui», mi affrettai a rassicurala. «Sta bene. Si rimetterà prestis…».
Bella si gettò tra le mie braccia e mi baciò.
Si staccò immediatamente, come se si fosse scottata con il fuoco. Farfugliava scuse sconnesse e singhiozzanti.
«Adesso calmati».
Ostentavo una tranquillità che non mi apparteneva. Dentro di me, infatti, si agitava tutto un groviglio inestricabile di emozioni. Le mani tremavano per l’euforia del momento. Lo stomaco si contorceva. Il cuore martellava furioso nel petto. Il sangue scorreva a una velocità pazzesca all’interno delle vene e, insieme al ronzio fastidioso che avvertivo nelle orecchie, mi stordiva e mi causava vertigini.
«Non c’è niente di cui tu debba scusarti», riuscii a bisbigliare nonostante lo stato pietoso in cui mi trovavo. Posai una mano sulla sua guancia e asciugai con il pollice le lacrime che continuavano a rigarle il viso. «È arrivato il momento di andare avanti, Bella».
«Ho paura, Jake. È come un salto nel vuoto. Ho paura di cadere di nuovo».
«Non accadrà, non questa volta».
Ci guardammo negli occhi per istanti interminabili.
Poi la piccola mano di Bella, fredda di paura, si posò sulla mia. Bella mi rivolse un sorriso timido, stentato. Si sollevò sulla punta dei piedi e sfiorò le mie labbra con le sue.
Il lupo si svegliò all’improvviso e la sua impazienza rischiò di mandare tutto al diavolo.
Mi appropriai di quella bocca calda e morbida forse con troppa irruenza. Afferrai Bella per i fianchi e la sollevai da terra.
E lei mi stupì ancora.
Invece di ritrarsi spaventata dalla prepotenza del lupo, intrecciò le gambe intorno alla mia vita e si aggrappò alle mie spalle. Ben presto, il tenero bacio a fior di labbra che aveva innescato tutto si trasformò in qualcosa di più profondo e disarmante.


Alle nostre spalle qualcuno si schiarì la voce.
Ci scontrammo con lo sguardo stizzito di Charlie, che a braccia conserte osservava la scena con evidente fastidio.
«Avrò anch’io il diritto di salutare mia figlia, no?», chiese burbero come sempre.
Charlie mi voleva un gran bene, ma quando per caso si trovava ad assistere alle nostre effusioni si mostrava sempre un po’ insofferente. Come dargli torto?
«Se avessi bisogno di aiuto o sentissi nostalgia di casa, non esitare a tornare. Siamo intesi, piccola?».
«Sì, papà».
Mi allontanai per concedere loro un po’ di privacy e cercai di nascondere il mio divertimento di fronte a quelle dimostrazioni di affetto goffe e impacciate.


***


Il pick-up aveva appena svoltato l’angolo.
Charlie e il licantropo, però, rimasero sul marciapiede a fissare la strada deserta ancora per qualche minuto, come se entrambi sperassero che Bella cambiasse idea e tornasse indietro. In fondo era questo il loro più grande desiderio - i loro pensieri non potevano mentirmi -, ma non lo avrebbero mai ammesso ad alta voce. Entrambi ponevano il bene di Bella sopra ogni altra cosa.
Una piccola parte di me - quella demoniaca ed egoista che mi aveva spinto a tornare a Forks - aveva sperato fino all’ultimo di scorgere in Bella qualche traccia di infelicità e dolore. Non ero riuscito a starle lontano, non ero riuscito a vivere senza di lei, perciò ero giunto a un compromesso con me stesso: sarei andato a controllare e, nell’eventualità che Bella fosse stata infelice senza di me, l’avrei implorata in ginocchio di riprendermi.
Ma Bella stava bene. Aveva sofferto molto. Lo avevo visto nella mente del licantropo, che involontariamente aveva ripercorso tutti i momenti più bui. Adesso, però, era felice. Davvero felice.
Anche per me l’esistenza da immortale era stata come un continuo precipitare. La breve e intensa relazione con Bella aveva arrestato temporaneamente la mia caduta. Quando l’avevo lasciata, il baratro si era riaperto sotto i miei piedi e mi aveva trascinato nel buio di un precipizio senza fine.
“Toccherò mai il fondo?”.
Non conoscevo una riposta a quella domanda.
In ogni caso, dovevo farmi da parte - questa volta per sempre - e permettere a Bella di vivere serenamente.
Non era questo il mio obbiettivo fin dall’inizio?
Certo, per lei avrei preferito qualcuno di più umano, ma almeno avevo la certezza che Jacob Black si sarebbe preso cura di lei e che l’avrebbe protetta dalle minacce che la circondavano.
Strano. Nonostante il dolore e la gelosia, nonostante l’amore che ancora provavo per Bella e che mai si sarebbe assopito, adesso che la sapevo felice, mi rendevo conto che forse anch’io sarei riuscito a trovare un po’ di pace. Avrei preso esempio da Bella e avrei vissuto gli anni che mi separavano dalla sua morte nel modo più dignitoso possibile. Poi sarei morto anch’io, ponendo fine alla caduta perenne che aveva sempre caratterizzato la mia non-vita.
Quando sentii Charlie salutare il licantropo, decisi di andarmene. Non volevo che il cucciolo captasse il mio odore. Inoltre era giunto il momento di tornare a casa dalla mia famiglia: ne ero stato lontano per troppo tempo e ne sentivo la mancanza.
Mentre correvo alla massima velocità consentitami tra gli alberi del bosco, sentii crescere dentro di me la smania e l’impazienza di riabbracciare i miei familiari.
“Alice avrà previsto il mio arrivo?”.
Probabilmente in Alaska c’era già una festa di bentornato ad attendermi.
Sorrisi e accelerai ulteriormente la mia corsa.






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Note di fine capitolo:
*“Mi piegai sulle caviglie […] per guadagnare spinta”: tratto dal capitolo undici “Pressione”, New Moon.
**“…al confine tra mare, cielo e terra…”: espressione tratta dall’epilogo “Jacob”, Eclipse.






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Nota autore:
Questa one-shot si è classificata terza al contest “What if: che cosa sarebbe successo se…”, indetto da Dackota e Faffina, classificandosi terza.
Il contest prevedeva che ogni partecipante scegliesse un personaggio da un elenco fornito dalle due giudici e scrivesse una fan fiction “what if”. Tale ff doveva prendere spunto da un fatto narrato in uno dei quattro libri della saga di Twilight. Ho scelto Jacob Black.
Inizialmente avevo un'altra idea per questo contest - sicuramente più originale di una Jacob/Bella - con un pairing veramente crack. Sebbene quest’idea mi piacesse molto, non sono riuscita a svilupparla. Forse le coppie troppo crack non fanno per me, visto che mi definisco una canonica fatta e finita. Ad ogni modo, rileggendo Eclipse per trovare qualche spunto, sono stata folgorata e così è venuta fuori questa one-shot.
Mi piaceva l’idea del “cadere dalla scogliera” come metafora dello stato d’animo di Bella, che poi ho esteso a Edward e alla sua “vita” da immortale. Jacob rappresenta l’appiglio grazie al quale Bella smette di precipitare. Anche questa metafora mi affascina molto e credo si adatti bene alla personalità di Jake, che nei libri combatte fino alla fine per la vita e la felicità di Bella.
Confesso che è la mia prima Jacob/Bella, spero di non aver deluso le vostre aspettative.
La piccola introduzione iniziale è un pov Bella, segue poi tutta la parte centrale scritta secondo il pov Jacob, mentre la parte finale è un pov Edward. Si è capito, no?
Ringrazio in anticipo coloro i quali leggeranno ed eventualmente commenteranno questa one-shot.
Grazie anche alle due giudici - Dackota e Faffina - per il giudizio chiaro e preciso e per aver indetto questo contest. Scrivere questa shot è stato difficoltoso, ma spero di aver fatto un lavoro accettabile.
A presto, vannagio.




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Ecco il giudizio delle due giudici.



Trama 5
Originalità 3
Struttura: grammatica e stile 10 (5 e 5)
Caratterizzazione dei personaggi 10
Sfruttamento del tema 5
Giudizio personale di Dackota 5
Giudizio personale di Faffina 5
TOTALE 43/45

“Precipizio” è una storia molto interessante e ricca di metafore sviluppate in maniera eccellente. La trama è ben articolata e, sebbene non si distingui per la sua originalità, questa storia merita il terzo posto per lo stile accurato e pulito con cui è scritta e per le emozioni che è riuscita a suscitarci.
Ritrovarci davanti una Bella così felice e desiderosa di vivere è stato davvero piacevole ed è notevole lo sviluppo delle metafore del precipizio, estesa un po’ a tutti i personaggi.
Sembra una catena inscindibile, il legame involontario che lega Bella, Jacob ed Edward. La prima viene aiutata dal licantropo a non precipitare fisicamente e psicologicamente in un baratro profondo e pericoloso ma, allo stesso tempo, fa’ la stessa cosa con il vampiro aiutandolo con la sua sola presenza, a superare il precipizio rappresentato dalla sua vita eterna e dannata.
Ottima la caratterizzazione dei personaggi, e il tema del What If è stato sfruttato in maniera impeccabile.
Complimenti Vannagio per la tua storia.

Giudizio di Dackota
Vannagio, la tua storia mi ha colpita moltissimo. Nonostante non sia una perla di originalità, lo stile pulito ed efficace e la straordinaria capacità di essere riuscita a dare un volto nuovo a tutta la storia hanno reso “Precipizio”, uno dei racconti più belli che ci sono giunti nell’ambito del nostro contest.
Le metafore sviluppate egregiamente, così come il carattere di ogni personaggio da te menzionato perfettamente in linea con quelli originali della Meyer.
Ho apprezzato molto come l’intera storia si colleghi direttamente a quella frase di Eclipse da te citata. Quando la leggi, sembra quasi che la strada alternativa si srotoli dinanzi a te e grazie al tuo lavoro, la semplice immaginazione che scaturisce dalla lettura di quell’affermazione diventa realtà.
Hai fatto davvero un ottimo lavoro, complimenti anche per il finale che vede Edward protagonista.
Sei riuscita a ricreare il famoso triangolo, nonostante ormai il vampiro non faccia più parte della vita di Bella, i due sono ancora accomunati dalla terribile sensazione di caduta che li ha visti protagonisti e dal fatto che entrambi hanno o hanno avuto bisogno di un appiglio esterno che li aiuti ad emergere da baratro.
Complimenti davvero, ottimo lavoro.

Giudizio di Faffina
Molto bella la tua storia, davvero! Il tuo stile è impeccabile e si fa leggere più che volentieri. Sei riuscita a rendere originale e piacevole un pairing che poteva apparire scontato. Ho apprezzato molto la metafora del precipizio, sottile ma efficace, in effetti è realmente un precipizio quello in cui scivola Bella dopo l'abbandono di Edward, e Jacob è sempre pronto a sostenerla e a salvarla, purchè lei glielo permetta. Non capisco solo la reazione di Bella quando apprende la morte di victoria. Perchè si scusa?Molto originale ed inaspettato il finale, in cui Edward torna di nascosto per vedere se sta bene, non mi aspettavo affatto un suo ritorno, ma solo così possiamo dire che è tutto completo. In poche pagine sei riuscita a dare un altro finale a tutta la saga. Bella ha scelto di andare incontro ad una felicità più semplice, ma allo stesso tempo genuina e spontanea. Un peccato solo che la trama non sia stata molto elaborata, sarebbe stato un ottimo risultato abbinare il tuo stile pulito e piacevole ad una trama più ricca! Complimenti Vannagio, pur da queste poche pagine si capisce che hai delle ottime capacità!





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Questa fanfiction si è classificata quarta al contest Jacob e Bella, semplicemente, indetto da Vivien L.
Ecco il giudizio della giudice:



Originalità: 8/10punti
Stile: 18/20 punti
Sviluppo della trama:10/10 punti
Lessico e grammatica: 18/20punti
Gradimento personale: 4/5 punti
Punti bonus: +14 (Nelle Nda segnali la presenza di personaggi secondari quali Alice e Jared; tuttavia, più che personaggi secondari a me sono sembrati delle semplici comparse, essendo stati entrambi soltanto nominati).

(Premio emozione)
(Premio gentilezza)
(Premio realismo)

Dunque. Mi sono sforzata di ignorare il titolo del precedente contest a cui ha partecipato la tua fanfiction, che essendo piuttosto esplicito mi ha lasciato qualche perplessità, soprattutto a livello di dinamiche e contenuti. L'ho quindi letta e valutata come una semplice Bella/Jacob, e l'ho trovata magnifica. Nonostante non particolarmente originale, ho visto che sei stata piuttosto magnanima nei confronti di tutti i personaggi, Edward compreso. Attenzione: essere magnanimi non vuol dire essere buonisti; è un confine che non tutti riescono a distinguere. Seguendo le orme della Meyer, ho notato che è spesso questa la peculiarità della maggior parte delle fanfiction presenti nel fandom: oltre all'ormai canonico "felici e contenti", i personaggi vengono caratterizzati in maniera fastidiosamente esasperata: sono buoni o cattivi, e le sfaccettature non esistono . Essendo la storia d'amore fra Bella e Jacob decisamente drammatica, ho apprezzato molto l'ambivalenza di significati della tua fanfic.
L'eccesso stona, sempre. E qui ci troviamo di fronte alla semplificazione (drastica ma efficace) delle vicende raccontate dalla Meyer. Ciò ti ha permesso di cospargere la storia di un velo di realismo che mi ha aiutata a sentire i personaggi ancora più vividi. Perché il lieto fine c'è e non c'è, ed è così che va la vita. Ottima interpretazione, quindi, di ciò che avrebbe potuto essere se Edward si fosse dimostrato più fermo nelle sue scelte e Isabella un po' meno svenevole di come l'ha dipinta Stephenie Meyer. Jacob, qui, è l'unico che resta se stesso: sempre lui, il ragazzino innamorato, determinato a offrire alla sua Bella una strada diversa da quella che lei avrebbe -erroneamente- scelto. La spinge ad affrontare l'ignoto, a vivere la sua vita da umana, sempre per il suo bene, sempre perché la ama, sempre perché l'egoismo si contrappone al pensiero che no, Jacob non vuole porsi allo stesso livello dei Cullen, lui ha deciso di lasciare che Bella viva le sue esperienze, anche contro la sua volontà. Edward non glielo ha mai davvero permesso: la sua fuga è stata inutile, perché dal momento stesso in cui si è innamorato di lei l'ha costretta ad affrontare un destino che non le appartiene. Jacob sa che lasciarla andare è la scelta migliore, almeno per quanto riguarda Bella. E il pensiero che Jacob sia lì ad aspettarla mi piace... perché la vita è anche questa: c'è chi va via e c'è chi invece aspetta il ritorno delle persone amate, altro elemento che rende la tua storia vera e vissuta e i tuoi personaggi sfaccettati e mai piatti o banali. C'è poi quel sapore dolce amaro, nella tua fanfic, perché hai raccontato avvenimenti strazianti ma anch'essi incredibilmente verosimili: la rinuncia -di Edward e di Jacob-, il sacrificio, l'abbandono. Tutti questi sentimenti gettano un'ombra sulla serenità che Isabella, nel corso dei mesi, è riuscita a conquistare. Se dovessi definire la tua storia, io che sono una specie di feticista delle citazioni chiamerei in causa lo scrittore Henry James, lui e i suoi sproloqui sull'amore e sul romanticismo. James dice: la letteratura è il prodotto, oggettivo, di un progetto, e la vita ne è la causa inconscia, turbata, combattuta e disperata. Come trovare parole più consone e inclini al tuo modo di raccontarci l'amore fra Bella e Jacob e Edward e Bella? C'è quest'ambiguità che non permette al lettore di interpretare all'istante la vera natura della fanfic, il suo scopo ultimo : qual è il sentimento che prevale sui personaggi? L'amarezza, gli interrogativi (e se Edward fosse tornato? Cos'avrebbe fatto, Bella, in quel caso? Se invece Jacob non l'avesse lasciata andare?), il dolore, il senso di perdita o la serenità derivante dall'equilibrio che dopo mesi di lotte Bella riesce finalmente a raggiungere? Complimenti: mi hai tenuta incollata allo schermo del pc e le tue parole hanno avuto il potere di emozionarmi, lasciarmi col fiato sospeso, farmi sorridere e rattristarmi. Tutto questo, in una semplice shot.




   
 
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