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Autore: chiaki89    13/08/2010    15 recensioni
Dimenticate tutto quello che è successo da Twilight in poi.
Siamo all'inizio di New Moon, la sera del diciottesimo compleanno di Bella.
E se qualcosa andasse diversamente rispetto a quanto ricordiamo?
"Non potevo immaginare che gli istanti seguenti avrebbero ribaltato totalmente la mia vita.
Il suono attutito della pelle che si lacerava raggiunse le mie orecchie: Bella si era tagliata con la carta.
Poi non capii più nulla."

Fanfiction vincitrice del contest "What if-che cosa sarebbe successo se..." indetto da Dackota e Faffina.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jasper Hale
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon, Successivo alla saga
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Emotions

 


 

 

Erano giorni che Alice aspettava quella serata. L’avevo percepito dai suoi piccoli gesti, dalla tensione impaziente del suo corpo e, cosa non meno importante, dal suo umore.

Il compleanno di Bella.

Non riuscivo pienamente a comprendere il profondo affetto che Alice nutriva per Bella: potevo sentirlo sfiorare la mia pelle, ne ero muto testimone, eppure non lo comprendevo. Una sola volta, frustrato, avevo osato chiedere delucidazioni alla diretta interessata.

Lei mi aveva risposto con uno sguardo carico di tenerezza, che aveva il potere di calmarmi più di ogni altra cosa.

“È come se cercassi di spiegarti perché mi sono innamorata di te, Jazz. L’amore non si spiega. Si sente soltanto. Io so di voler bene a Bella e questo mi è più che sufficiente”

Mi sorrise. Avrei rovesciato il mondo per quel sorriso.

 

Ero fermamente determinato a non rovinare niente. Alice era felice ed euforica, così come tutta la famiglia. Mi tenevo lontano da Bella, per precauzione, mentre lei sorrideva timidamente. La sua timidezza era come uno sfiorare di piume sulla pelle, un sapore di agrumi sulla punta della lingua. Mi piaceva sentirla.

Le ondate bollenti dell’amore di Edward si infransero contro di me, profumate come fiori di vaniglia, quando Alice turbinò avanti per dare il loro regalo a Bella. Mi sporsi lievemente, curioso. Non sapevo cosa avessero ideato quei due.

“Adesso apri quello mio e di Edward” trillò Alice. Vidi con una punta di divertimento Bella lanciare un’occhiataccia a mio fratello.

“Avevi promesso” articolò furibonda.

“Appena in tempo!” esclamò Emmett, che avevo sentito arrivare. Mi spinse avanti con la sua solita grazia. Sentii il profumo di Bella più forte, ma ritenevo di potercela fare. La gola era riarsa e quindi mi concentrai sulle emozioni che percepivo. Mi aiutava a trattenermi.

“Non ho speso un centesimo” disse Edward, sfiorandole i capelli. Era come se il suo amore in quel momento avesse subito un’impennata. Doveva aver messo il cuore in quel regalo.

Bella sospirò, apparentemente rassegnata. “Dammi”

 

Non potevo immaginare che gli istanti seguenti avrebbero ribaltato totalmente la mia vita.

 

Il suono attutito della pelle che si lacerava raggiunse le mie orecchie: Bella si era tagliata con la carta. Poi non capii più nulla.

L’odore del sangue mi colpì con una forza inaudita, facendomi quasi vacillare. Tutto era diventato un turbinio confuso di sensazioni, rumori e calore. Un calore bruciante che mandava in fiamme la mia gola, come se in essa divampasse un incendio.

Udii solo vagamente la sfortunata umana borbottare “Oh, cavolo”.

Esistevamo solo io, la sete e colei che l’aveva originata. Nessuna famiglia. Nessun amore. Svaniti nell’accecante desiderio di sangue.

Il corpo reagì prima della mente. Edward mi sentì arrivare ancora prima di sentire i miei pensieri.

“No!” ruggì selvaggiamente. Non era mio fratello, non più. Era il mio nemico, che tentava di tenermi lontano dalla preda, scagliandola via con decisione.

L’urto tra noi due era di una violenza inaudita, ma io non avevo intenzione di cedere.

Sete. Sangue. Morte.

Sottolineato da un tintinnio raggelante di vetri infranti, l’odore del sangue si fece più forte. L’umana si era ferita di nuovo. Ringhiai deciso mentre il nemico mi stringeva in una morsa ferrea.

Ma non aveva fatto i conti con la mia abilità. Facendo perno con una mano sul suo gomito riuscii in un lampo a passare sotto il suo braccio, liberandomi. Con un balzo felino atterrai di fronte all’umana sanguinante. Il suo sguardo atterrito fece esultare il mostro dentro di me.

La afferrai per la vita, deciso a portarmi il pasto via dagli scocciatori. Altri vampiri tentavano di rubarmi la preda: li fissai con uno sguardo raggelante e inviai loro una stilettata di terrore tale che non si sarebbero mossi per almeno trenta secondi. Uno stratagemma che avevo spesso usato contro i miei avversari.

Uscii dalla finestra senza preoccuparmi di aprirla e corsi verso gli alberi. Lì mi fermai, pregustando il momento tanto atteso. La presi per le spalle, sentendo il sangue che scorreva sotto la sua pelle, un nettare che attendeva di essere gustato. Aveva gli occhi chiusi ed un angolo remoto della mia mente mi disse che questo mi facilitava il compito. Pur sapendo di avere poco tempo, mi concessi un attimo per sfiorare il suo collo con il naso, assaporando il profumo inebriante che ne sprigionava. Il suo cuore cominciò a pompare più velocemente, mandando in estasi tutti i miei sensi. Incapace di trattenermi oltre, affondai i miei denti nella sua giugulare.

Era proprio come immaginavo. Delizioso oltre ogni definizione. Succhiai avidamente, percependo il calore farsi strada nel mio corpo mentre quello dell’umana si faceva lentamente più freddo. Non si dibatteva, non l’aveva fatto. Questo stuzzicò vagamente la mia curiosità, mentre continuavo a pasteggiare. Mi sentii sfiorare delicatamente il braccio. Alzai un attimo lo sguardo verso di lei, ma aveva ancora gli occhi chiusi, come se tutto ciò che stava accadendo non la toccasse. Perplesso, mi concessi il lusso di analizzare le sue emozioni.

Dolore. La sentivo come il pizzicore di aghi roventi sottopelle.

Era ovvio, il veleno stava entrando in circolo. La cosa non poteva stupirmi in sé stessa. Era strano invece che lei facesse di tutto per non dimostrarlo.

Preoccupazione. Aveva un gusto aspro, un tocco ruvido.

Sì, cara. Stai morendo. Ed il cuore di Edward morirà con te, così come la tua famiglia.

Pace. Era come seta e acqua di sorgente.

Questa emozione mi sconvolse veramente. Com’era possibile? Io la stavo uccidendo quando aveva ancora diciotto anni, e lei si sentiva in pace? Poteva essere plausibile per una persona anziana, ma per una ragazza come Bella…

Mi staccai da lei. La frenesia era sparita. Ricordai chi era lei. Ricordai la mia famiglia ed Alice. E ricordai chi ero io.

Un mostro.

Lei riaprì lentamente gli occhi, le palpebre quasi trasparenti. Non c’era sofferenza. O almeno io non riuscivo a vederla.

“Stai tranquillo, Jasper” un sorriso pallido. “Era quello che desideravo”

Di nuovo percepii l’ondata di preoccupazione dal sapore aspro. Era preoccupata per me? Per il mostro che l’aveva quasi uccisa?

Mi accasciai su me stesso. Cos’avevo fatto? Avevo distrutto tutta la mia famiglia in quarantacinque secondi netti. Perché ero debole, perché non ero degno della fiducia che mi avevano dato.

Li sentii arrivare, ma non mi mossi. Una collisione violenta, che risuonò come uno sparo nella foresta, e venni catapultato verso gli alberi, spezzandoli. Uno. Due. Tre. Non avevo sentito il dolore che avrei meritato.

La sferzata di furia che mi colpì era più dolorosa del pugno che mi aveva appena rifilato Edward. La sua rabbia aveva un gusto metallico nella mia bocca, e mi incendiava la pelle a frustate. Mi guardò un attimo, poi si girò. Perché non mi odi, Edward? Perché solo ira?

“Bella” la prese tra le braccia delicatamente, lui inginocchiato e lei stesa scompostamente a terra, posandole un bacio sulla fronte sicuramente gelida.

“Carlisle, possiamo fare qualcosa per non…” la sua voce era supplicante a tal punto che il sentirla era un dolore fisico. Pregava perché lei non venisse trasformata. Ma ormai avevamo capito tutti.

Carlisle scosse lentamente la testa.

Un lamento che non aveva nulla di umano proruppe dalle labbra di Edward, il gemito di un cuore distrutto dalla sofferenza. Se una foresta incendiata avesse voce, probabilmente il suono sarebbe molto simile.

Il torrente di dolore si riversò anche su di me, appiccicoso e scuro come la pece. Ne ero travolto, con la consapevolezza di esserne l’unica causa.

“Ed…ward” soffiò Bella. “ti amo” Era vero. Lo sentivo. “Questo è….ciò che voglio. Te. Per…sempre.” Persino in punto di morte quella ragazzina timida e goffa cercava, indirettamente, di difendermi. Io sapevo che non era esattamente quello che voleva. Era come se nelle sue emozioni ci fosse un tassello mancante. Capii dopo un istante.

Desiderava essere vampirizzata da Edward. Le avevo rubato un altro sogno, per quanto folle.

Lei chiuse gli occhi, con sottile paura. Il suo cuore accelerò, pronto alla trasformazione. Edward la prese in braccio come se fosse fatta di cristallo.

In quel momento arrivò il dolore fisico: Bella si contorceva urlando senza freni. Braccia e gambe totalmente scoordinate, tremiti convulsi, grida selvagge.

Sapevo bene cosa stava patendo. Lo sentivo. Ed era troppo tardi per la morfina.

Edward la portò in casa, stringendola tra le braccia.

Le sue urla echeggiavano ancora quando ebbi il coraggio di alzare lo sguardo verso la mia famiglia. Nessuno mi stava giudicando: invece avrei preferito che mi smembrassero per poi bruciarmi. Sarebbe stato molto più giusto. Mescolata al dispiacere per Bella ed Edward, percepivo la loro pietà: mi desensibilizzava gli arti e riempiva la bocca con un sapore orrendamente stucchevole.

All’improvviso sentii come se delle pareti invisibili stessero premendo su di me, schiacciandomi inesorabilmente. Mi mancava l’aria, anche se in realtà non ne avevo bisogno.

Non sopportavo la loro pietà. Non la meritavo.

“Vi prego, odiatemi” supplicai disperato.

“Non possiamo odiarti, Jasper. Fai parte della nostra famiglia” La voce tranquilla di Carlisle non riusciva a mascherare la sua tensione, eppure era sincero.

“Certo che mi potete odiare!” sbraitai. “Ho appena deluso tutti voi! Ho perso il controllo per una semplice goccia di sangue! E non con una persona qualunque. Con Bella. L’amore della vita di Edward. Un’amica. Una parte della nostra famiglia, ormai.”

“Jasper, caro…” La dolcezza di Esme bruciava questa volta. Mi faceva male. Mi raggomitolai su me stesso, patetico, rifiutandomi di sentire. Ma non potevo eliminare così il mio potere. Non potevo.

“Fratello, era così che doveva finire, lo sai benissimo” brontolò Emmett, poco abituato a confortare le persone.

“Ma non dovevo essere io. Non adesso. Non così” sussurrai annientato. Rosalie si limitò a scuotere la testa, facendo ondeggiare i fini capelli biondi. Non provava dolore. Solo una punta di dispiacere per Edward, e un pochino di meno per Bella. E, ovviamente, una lieve pietà per me.

Non guardavo Alice, e cercavo di non sentirla. Più della furia di Edward, più della pena della mia famiglia, mi avrebbe distrutto il disprezzo che avrei certamente visto nei suoi occhi. Bella era la sua migliore amica.

Il suo profumo fruttato si avvicinò, mentre io guardavo testardamente a terra. Le sue braccia delicate mi avvolsero.

“Ti amo, Jasper.”

Non mi consolò. Non cercò di giustificarmi. Mi disse semplicemente quello. E il sentire quell’amore, caldo e piacevole come una giornata primaverile, fu un balsamo sulle ferite del mio cuore. Non mentiva, non la mia Alice. Per lei, io ero più importante di tutto il resto. Persino, compresi, più importante di Bella. Restituii l’abbraccio, grato.

Poi lei si alzò e mi porse una mano. Io l’afferrai e mi accostai a lei.

“Torniamo in casa. Dobbiamo sistemare le cose” Di colpo tutto il senso di colpa che mi aveva afflitto prima ritornò sulle mie spalle, più annichilente che mai. Ma dovevo fare quello che diceva Alice. Ero responsabile di questo disastro, e avrei dovuto accettarne le conseguenze. Non potevo nascondermi da qualche parte in attesa che loro decidessero il da farsi: sarebbe stato da vigliacchi.

Annuii lentamente. E in un lampo fummo tutti in casa.

 

Edward aveva adagiato Bella sul divanetto in camera sua e la guardava. Espressione vuota, allucinata, come se non stesse davvero vedendo quello che aveva di fronte agli occhi. In compenso il suo tumulto interiore avrebbe fatto invidia ad un maremoto. Era una massa di lava ribollente, un vulcano in eruzione con tanto di lapilli e odore di zolfo. Lo potevo sentire chiaramente. Strinsi più forte la mano di Alice, ricavandone un poco di conforto. Non potevo riportare le cose a com’erano prima, per quanto lo volessi. Non potevo più fare nulla. Ero inutile ed indesiderato.

“Edward, figliolo” mormorò Carlisle “dobbiamo parlare”

“Lo so, Carlisle. Ma ora…non posso. Per favore” I suoi occhi erano lucidi, se solo non fosse stato un vampiro ne sarebbero scese lacrime copiose. “Pensateci voi. Mi affido al vostro giudizio”

Carlisle annuì, comprensivo. Ci fece cenno di scendere in salotto.

 

Carlisle si fregò la fronte con una mano, in un gesto tanto umano quanto inutile. Si sentiva lacerato tra il dolore per Edward e Bella e la consapevolezza della necessità di trovare alla svelta una soluzione a tutti i risvolti del problema che avevo causato. La pietà aleggiava ancora intorno a me, ma era stemperata dalla preoccupazione per il futuro. A volte il saper leggere le emozioni delle persone che mi circondavano era una vera e propria maledizione.

“Dobbiamo pensare a cosa fare con il problema principale: Charlie” disse, andando subito al sodo, cercando di non girare il coltello nella piaga. Ma non serviva a nulla. Nelle mie ferite erano conficcati ferri roventi.

“Ci avevo pensato anche io.” disse Rosalie “Ma ritengo che possiamo risolverlo abbastanza agevolmente” Come poteva parlare così alla leggera del trauma che Charlie avrebbe certamente subito a causa della perdita di sua figlia? Poi compresi. Rosalie era di nuovo concentrata su se stessa, lo percepivo dal formicolio spiacevole che il suo egocentrismo mi provocava tanto spesso.

“A cosa avevi pensato, Rose?” Carlisle non sottolineò la sua mancanza di tatto. Sembrava volersi aggrappare disperatamente ad ogni possibile soluzione.

“È molto semplice. Mandiamo un messaggio da parte di Bella, dicendo che lei è scappata via con Edward. Qualche settimana dopo faremo giungere una lettera che informerà Charlie della malaugurata morte di sua figlia e del fidanzato in un tragico incidente. Edward potrebbe sacrificare la Volvo per la causa.”

Carlisle parve riflettere, ma Alice scosse la testa. “Rose, ricordi il patto con i Quileute? L’abbiamo infranto.” Era tipico di Alice tentare di coprire la mia colpa, attribuendola a tutta la famiglia: era un angelo nel mio inferno personale. “Di conseguenza dobbiamo andarcene da qui. E se sparissimo in concomitanza con Bella, Charlie capirà che in qualche modo siamo coinvolti, e non si darà pace finché non ci ritroverà. Puoi giurarci che non troveremo un solo posto in tutta l’America in cui potremo stabilirci” Una leggera ondata di dispiacere venne da Esme. Per lei era importante avere una casa in cui vivere con la propria famiglia: faceva parte del suo carattere materno. Mi sentii ancora peggio. Stavo facendo del male persino alla mia madre adottiva.

“Cosa dovremmo fare secondo te? Restare e combattere con i Quileute?” La calda euforia di Emmett era totalmente fuori luogo, ma nessuno si diede la pena di farglielo notare.

“No, Emmett. Non era questo che intendevo dire” rispose Alice, piatta. “Intendo che ci serve un’altra soluzione”

“A cosa avevi pensato?” chiese Carlisle, interessato.

“Ad un funerale” La sorpresa che causarono quelle parole si abbatté su di me con una certa veemenza, spingendomi a chiudere gli occhi per calmarmi un attimo. Alice spiegò rapidamente la sua idea. E fummo costretti ad acconsentire.

***

Quello che seguì rimase nella mia mente avvolto in un alone di confusione volontaria. Non volevo capire quello che stava accadendo intorno a me. Non volevo. I ricordi erano luci, immagini e suoni  attraverso la nebbia.

 

Esme che telefona a Charlie.

La conferma di Carlisle. Un’emorragia interna, nessuna speranza.

Il volto di Charlie quando vede Bella in quello che sembra uno stato comatoso: solo noi sappiamo cosa sia davvero. L’anticamera dell’inferno.

E poi, il momento peggiore. Il falso funerale.

Charlie e Reneè vicini alla bara, in lacrime. Jacob in disparte, con lo sguardo spiritato e le mani gelide. Gli amici di Bella profondamente sconvolti, per una vita così simile alla loro che è stata stroncata.

 

La quantità di dolore era tale che mi sommergeva con la forza di uno tsunami, tuttavia dovevo mantenermi concentrato sui miei compiti: calmare Bella, per impedire che facesse pazzie, e cercare di alleviare la disperazione dei presenti.

Vidi Carlisle ed Edward andare a parlare con Charlie. Espressioni di cordoglio, rassicurazioni sul fatto che tutto il possibile era stato tentato.

“Lo so, vi ringrazio. Bella….” La voce tremò e si spense per un attimo. Nello stesso momento una pugnalata intensa del suo dolore mi raggiunse. Cercai di alleviare la sua sofferenza. Charlie inspirò lentamente, poi riprese. “Bella ti amava molto, Edward”

Mio fratello fece un semplice cenno, con un viso che esprimeva un oceano di tristezza. Non era artificiosa. Charlie tornò accanto alla bara, scrutando con tenerezza il volto della figlia, incredibilmente bella persino nella morte.

“Non è vero” sussurrò Edward in un tono tale che solo noi vampiri potevamo sentirlo. Carlisle gli mise una mano sulla spalla. “Certo che Bella ti ama. Ti ama ancora, lo sai”

L’altro scosse la testa. “Non intendevo questo. In realtà non è vero che Charlie pensa che abbiamo fatto tutto il possibile per salvarla. In un angolino della sua mente, che cerca di ignorare e di tenere nascosto, lui è convinto che se Bella non fosse stata in casa nostra a quest’ora sarebbe viva. E ha ragione.” gemette.

Sapevo che non lo aveva detto per farmi sentire in colpa. Edward era troppo buono per poter fare una cosa simile. Eppure quelle parole furono come un pugno in pieno stomaco. Soprattutto perché era la verità. Cristallina e immutabile. Alice si accorse del mio malessere e mi fu subito accanto, gli occhi sfocati a cogliere ogni futura scelta di Bella. Riuscii a concentrarmi meglio.

 

Ed infine l’ultimo ostacolo: la sepoltura. La bara calava con lentezza inesorabile, quasi a calcare ogni singolo attimo riempiendolo di lugubre significato; il dolore, il senso di vuoto e di perdita gravavano su tutti i presenti come un manto di nebbia dalle mille increspature, dandomi un profondo senso di soffocamento interiore. Ad ogni respiro immettevo aria viziata da quella sofferenza, e mi bruciava i sensi più del sangue. Dopo un tempo che parve interminabile la bara toccò il fondo e venne coperta dal terriccio umido come quella giornata di settembre. Un lamento disarticolato di Charlie, un gemito straziante di Reneè, i singhiozzi penetranti degli amici, l’ondata di assurdo senso di colpa di Edward: poi fu tutto finito.

 

“Allora è tutto pronto?”. La voce impaziente di Rosalie giunse dal garage. La risposta tintinnante di Bella non si fece attendere. “Sì, certo!”.

Era terribile per me averla intorno: ricordare continuamente quello che avevo fatto, il modo in cui avevo aperto una ferita nella nostra famiglia, impossibile da cicatrizzare. Avevo tentato di chiederle scusa, per quanto non fosse sufficiente nemmeno ai miei occhi, ma lei aveva scosso la mano come dire che non era necessario. E così mi aveva privato anche della possibilità di alleviare un poco la mia pena.

Distolsi l’attenzione dalla valigia ormai piena che avevo tra le mani per fare un rapido controllo delle emozioni latenti nella casa: nulla era cambiato dagli ultimi giorni.

La solita sensazione impalpabile di pietà che strisciava sui miei sensi come carta vetrata sulla carne umana, facendomi sanguinare un sangue che non possedevo, ma che in quel momento pareva tanto reale.

Le impennate di astio, senso di colpa e amore provenienti da Edward mi devastavano al pari di un treno merci lanciato a tutta velocità sul mio petto, al punto da farmi a pezzi.

Anche a lui avevo tentato di chiedere scusa e di dare la possibilità di una vendetta, eppure, allo stesso modo di Bella, aveva rifiutato. L’ennesima stilettata al mio cuore morto.

Stavo male. Psicologicamente. Non mi era possibile negarlo a me stesso, per quanto lo nascondessi abilmente. Chi avrebbe mai immaginato che un soldato come l’antico me potesse essere così annientato dalle emozioni altrui?

Ma la risposta a questa nuova debolezza stava tutta in una persona: la mia Alice. Mia salvezza e mia condanna. Mi aveva reso debole, eppure migliore. Non avrei mai barattato la mia vecchia vita con una vita senza Alice. Senza di lei era come se non esistessi davvero.

Quasi in risposta ai miei pensieri, lei giunse da dietro, soffiandomi giocosamente nell’orecchio. “Dobbiamo partire, Jazz”. Annuii lentamente, riflettendo su parecchie cose. Su una in particolare.

Il suo sguardo si fece sfocato per un attimo, poi mi strinse forte tra le sue braccia, come non aveva mai fatto. “Verrò con te, Jasper. Non importa dove, ma io sarò con te.”. Mi donò per un attimo lo splendore del suo sorriso. Non servivano parole. Semplicemente lei aveva capito tutto.

La mia personale sofferenza per quello che avevo fatto, ed il conseguente senso di colpa. L’angoscia nel sentire la pietà degli altri, quando avrei voluto sentire odio e biasimo, con la consapevolezza di meritarli. Il dolore nel percepire la rabbia di Edward ed il suo ridicolo senso di colpa, sapendo che il perdono era ancora lontanissimo dall’arrivare. Eppure sarei rimasto con la famiglia, non solo per Alice, ma soprattutto per punirmi. Era giusto che io stessi male e dovevo farlo in silenzio. Tuttavia, il mio angelo travestito da atavica creatura dell’orrore era fermamente intenzionata ad impedirmelo. La consistenza solida e fredda della sua determinazione premeva sulla mia pelle granitica.

Mi limitai a risponderle con un pallido sorriso, un’ingannevole ombra sul mio viso devastato. Con un gesto solenne e al tempo stesso carico di tenerezza ed amore, mi tese la mano, trascinandomi poi al piano di sotto. Edward era già lì, accanto a Bella. Ci guardò per lo spazio di un battito, poi fece un impercettibile cenno con il capo.

Come se avessero sentito quello che stava per accadere, Rosalie, Emmett, Carlisle ed Esme rientrarono in casa. I loro sguardi erano neutri, compreso quello di Esme, sicuramente per non farci pesare la nostra decisione. Eppure le emozioni erano lì, che fluttuavano da loro a me, inesorabili, simili a gocce di pioggia lieve che mi colpivano il corpo. Compresi che erano dispiaciuti per la nostra partenza, ma ormai la scelta era stata fatta.

“Non è un addio”, disse Alice dolcemente. “Pensatela come una lunga vacanza in giro per il mondo”. Esme singhiozzò debolmente.

“Ci vediamo, ragazzi”, disse Emmett, pratico come sempre, dandomi una pacca sul braccio.

“A presto”. Rosalie abbracciò lievemente Alice.

Carlisle ed Esme si limitarono a guardarci con sguardi più profondi di qualsiasi parola mai pronunciata.

Bella stritolò Alice, sussurrando un “Fatti sentire”.

Edward ci fissò senza dire nulla. Dispiacere. Senso di colpa. Astio. Ancora non era cambiato nulla, ed era giusto così.

Veloci come il respiro recuperammo le nostre valigie e il denaro per il viaggio. Ed infine li guardammo un’ultima volta: loro disposti sul porticato della casa ormai vuota, noi al limitare della foresta. L’ennesimo cenno di saluto, e partimmo verso la nostra nuova vita.

***

I mesi erano passati, fino a tramutarsi in anni. Io ed Alice riuscivamo quasi ad essere felici, a modo nostro, anche senza la nostra famiglia. Sentivamo il vuoto dentro di noi, ma non gli davamo voce, non osavamo tanto. Vedevamo il mondo intorno a noi mutare, il crescere frenetico di ogni forma di vita, mentre noi restavamo immutabili. Ed altrettanto immutabile rimaneva la sensazione nascosta in un angolo della nostra testa, dietro veli di pensieri inespressi.

Un desiderio, un pentimento, un’indecisione. E ci impediva di tornare indietro alla vita alla quale sentivamo ancora di appartenere. Ma come si poteva tornare indietro? Come potevo tornare da Edward, sapendo che lui avrebbe preferito non vedermi, benché probabilmente non lo ammettesse nemmeno con se stesso? E io sentivo di dovergli almeno un po’ di serenità. Ma per il mio egoismo anche Alice rimaneva bloccata in questo limbo di rimorso.

Una volta, per scherzare, aveva detto che probabilmente la nostra partenza, contemporanea a quella della nostra famiglia, aveva salvato un sacco di ragazzi di La Push dal destino di diventare licantropi. Quel momento di allegria e spensieratezza era ormai un faro lontano, un miraggio dei momenti in cui ancora pensavamo di poter essere felici senza le persone che amavamo. La nostra libertà era una prigione.

Un giorno, inaspettatamente, lo sguardo di Alice si offuscò per qualche secondo, poi mi sorrise radiosa, come non faceva da tempo. Subito dopo il telefono squillò. Feci per prenderlo ma lei mi fermò.

“È Edward”, sussurrò dolcemente, “Vuole che torniamo a casa. Vuole che tu torni a casa”.

Un’emozione nuova, dimenticata da tanto, tanto tempo, si allargava nel mio petto.

Aveva il tocco dolce della seta tiepida, un profumo rinfrescante di menta selvatica.

“Pronto?”, risposi quasi tremando.

Speranza.

 

 

 

 

 

 

 

 

Credits: Le battute presenti all’inizio della storia sono tratte da “New Moon” (capitolo 1, pag. 32-33)

 

*Note dell’autrice*: Questa one-shot è stata scritta per il contest “What if- che cosa sarebbe successo se…” indetto da Dackota e Faffina, classificandosi (con mio sommo stupore) al primo posto.

Ringrazio entrambe le giudici per la rapidità che hanno avuto nel farci sapere i risultati, lasciando a tutte le partecipanti un giudizio molto completo e preciso.

Di nuovo tanti complimenti anche a tutte le altre autrici (delle quali vi consiglio di leggere le storie, quando saranno pubblicate) e ringrazio anticipatamente tutti coloro che leggeranno e/o commenteranno questa storia.

Infine un enorme grazie a Sonia e a Taiki, che hanno avuto la pazienza di sopportarmi quando la mia autostima è scesa sotto i tacchi!

 

A seguito il commento delle giudici:

 

Al primo posto:
Emotions
– di chiaki89

Trama 5
Originalità 5
Struttura: grammatica e stile 10 (5 e 5)
Caratterizzazione dei personaggi 10
Sfruttamento del tema 5
Giudizio personale di Dackota 5
Giudizio personale di Faffina 5
TOTALE 45/45

Entrambe dopo aver letto la tua Emotions non abbiamo avuto più dubbi su chi dovesse vincere. E' d'obbligo iniziare con i complimenti per il tuo splendido lavoro. L'abbiamo letto tutto d'un fiato e con il massimo interesse. La narrazione è molto curata, fluida e scorrevole, mai troppo lenta né troppo affrettata. I personaggi sono caratterizzati magnificamente, hai saputo rendere perfettamente il personaggio di Jasper, perfettamente in linea con il personaggio originale della Meyer, non ti sei limitata a descriverlo, l'hai capito, e interpretato alla perfezione. La descrizione del suo "dono", se così si può ancora chiamare, ci ha aperto gli occhi su questo personaggio chiuso e riservato, che dietro l'alone di mistero nasconde una personalità sconvolgente. Sei riuscita a descrivere in maniera eccellente la dualità del suo carattere, trasformandolo dal marito amorevole di Alice, al predatore crudele e spietato, per poi tornare sui suoi passi iniziali di persona dannata, costretta a vivere la sua eternità dilaniato dal rimorso e dalla sua natura di demone.
Alice è semplicemente adorabile. Ogni momento tra i due è stato narrato con estrema attenzione, senza mai risultare scontati.
Ed ora arriviamo alla parte migliore. Sei riuscita a descrivere le sensazioni e i sentimenti, reali e tangibili, tanto che sembrava di provarli sulla propria pelle. Le metafore che hai usato sono originali e brillanti, elevano la storia ad un livello superiore, e mischiare colori, sapori e odori è stato un piccolo colpo di genio. Hai un'evidentissima predisposizione all'introspezione, pur senza possedere il dono di Jasper sei riuscita a cogliere perfettamente l'essenza di ogni personaggio. Emotions è un racconto bellissimo. Una vera perla. Ha un’ottima trama, originale e ben strutturata. Non cade mai nel baratro della banalità e ad ogni riga ti sorprendi di ciò che hai letto perché non accade nulla di ciò che la lettura lascerebbe intendere.
La grammatica e lo stile sono davvero ottimi, a parte un paio di errori di punteggiatura decisamente passabili di fronte alla bellezza e alla cura per i dettagli. Il tema del contest è stato egregiamente sfruttato, presentandoci una situazione alternativa a quanto accaduto realmente nella saga.

Giudizio di Dackota
Cosa posso dire? Complimenti sul serio. Questo racconto mi ha davvero sbalordita non solo per lo stile, perfetto e scorrevole, ma anche per la trama e i personaggi, presentati e strutturati in maniera sublime.
Ci hai dato la possibilità di entrare nei pensieri di Jasper, un personaggio tanto interessante quanto poco conosciuto, così come ci hai mostrato il suo potere in modo tale da farlo addirittura percepire sulla pelle al lettore.
Ho apprezzato tantissimo il passaggio dal Jasper silenzioso e introverso, innamorato della sua Alice, al Jasper vampiro accecato solo dalla voglia di sangue. Sublime il modo in cui, il Jasper vampiro si riferisce a Bella, chiamandola semplicemente l’Umana, come se fosse un semplice oggetto privo di anima. D’altronde, Bella è diventata la sua preda.
Il finale, mi lasciata completamente senza parole. Con un semplice “Pronto?” da parte di Jasper, mi hai fatto venire la pelle d’oca, infondendomi sul serio tanta, tanta speranza.
Davvero complimenti, il primo posto te lo sei meritato senza nessun dubbio da parte di entrambe le giudicie.

Giudizio di Faffina
Sono sincera se ti dico che la tua storia mi ha meravigliata e commossa. E' esattamente così che mi immagino una storia scritta bene, sono esattamente queste le sensazioni che mi aspetto di provare, eppure tu sei andata oltre, sei riuscita a sorprendermi, mi hai tenuta incollata allo schermo dalla prima all'ultima riga, emozionata e coinvolta, fino al finale, semplicemente perfetto. Mi sono commossa quando infine Jasper ha percepito la speranza, "Aveva il tocco dolce della seta tiepida, un profumo rinfrescante di menta selvatica."... Le metafore che hai usato per descrivere le sensazioni che sentiva, sono state la parte che mi ha colpito maggiormente. Non avevo mai fatto caso alla varietà di emozioni, colori, sensazioni, impressioni che può trasmettere una persona. Il titolo è perfettamente azzeccato, rispecchia sia le emozioni vere protagoniste della tua storia, sia quelle che immancabilmente fai provare a chi legge. Complimenti!

   
 
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