Grazie
Il
sole stava tramontando oltre le sponde del Lago Nero,
riflettendo i suoi ultimi raggi sulla superficie ferma e tra le fronde
degli
alberi della Foresta Proibita, regalando un’atmosfera
surreale. La fioca luce
entrava nello studio dando un color oro e arancio a tutti i particolari
oggettini disposti sul tavolo, donando un’atmosfera
tranquilla alla stanza. In
quel momento il Preside stava discorrendo piacevolmente con la
professoressa di
Trasfigurazione, mentre giocavano ad un’agguerrita partita di
scacchi.
“Cavallo
in F3”. La pedina nera si mosse nella casella
indicata e distrusse un
alfiere che
tentò di difendersi invano.
“Bella
mossa, mia cara” esclamò il Preside, battendosi
una
mano sul ginocchio e Minerva sorrise compiaciuta.
“E
allora io…” continuò, ma si dovette
fermare sentendo dei
passi affrettati salire
le scale oltre
la porta della studio. Entrambi si alzarono per vedere chi sarebbe
entrato. Una
frazione di secondo dopo una figura nera sbatté la porta con
violenza,
catapultandosi letteralmente nello studio. Si girò ansante e
con un balzo si
buttò fra le braccia di Silente. I due si guardarono
allibiti da quel
comportamento. Certo non era da lui.
“Severus”
esclamò il Preside, stringendolo a sé, cercando
di
rassicurarlo “Che cosa è successo?”
continuò pacato.
“Loro,
stanno arrivando” rispose con voce rotta, sperando
che il Preside capisse subito.
“Loro
chi, Severus?” chiese preoccupato allontanandolo quel
poco per guardarlo negli occhi.
“Loro…
gli Auror” rispose agitato l’altro, mentre la voce
diventava sempre più un sussurro roco.
“E
perché sono venuti?” chiese seccata la
professoressa.
“Per
prendermi, per portarmi ad Azkaban!” esclamò
l’uomo,
mentre gli occhi diventavano lucidi. Silente lo prese per le spalle.
“Non
succederà, Severus. Te lo prometto, ma ora
calmati”
cercò di tranquillizzarlo l’anziano Preside
“Ora, per
favore, mettiti vicino al quadro del
Preside Dippett, dietro alla mia scrivania e Minerva potresti essere
così
gentile da procurare una sedia per il nostro collega?”
Minerva annuì seria e
fece comparire una poltrona piuttosto rigida. Piton si era seduto
dietro la
scrivania e fissava la porta tremando. Silente se ne accorse e gli si
avvicinò.
“Non
ti preoccupare, Severus, non ti succederà nulla”
gli
disse con voce rassicurante. L’altro annuì senza
convinzione. Silente gli
sorrise e si girò. La professoressa McGranitt si sedette su
una poltrona vicino
al camino, come se non fosse successo niente. Sentirono delle voci
concitate e
dei passi avvicinarsi
velocemente. Piton
si aggrappò al braccio di Silente, sussurrandogli con voce
tremante:
“Non
voglio tornare ad Azkaban”
“E
non ci tornerai, Severus” gli rispose serio
l’altro. Gli
Auror irruppero nella stanza, si guardarono attorno e si diressero
subito verso
l’ex-mangiamorte. Silente li fermò con gesto della
mano, sapeva come farsi
rispettare. Dietro l’insegnante di Pozioni per poco non cadde
dalla sedia per
lo spavento.
“Miei
cari signori, non è educato entrare in una stanza a
questo modo senza prima spiegare una valida motivazione di questo
gesto” disse
pacato il Preside. Un’Auror si degnò di spiegargli:
“Silente
mi dispiace, ma dobbiamo portare via Severus
Piton”. Quest’ultimo soffocò a stento un
gemito.
“E
posso sapere perché?” chiese gentile il Preside.
“Lo
sai bene perché, Albus. E’ un
mangiamorte” l’aggredì un
altro Auror.
“Mi
sembra di aver già discusso di questo” rispose
serio.
“Abbiamo
l’ordine preciso del Ministero di catturare il
Mangiamorte Severus Piton. Quindi fatti da parte e lasciaci svolgere il
nostro
lavoro”. Piton continuava a spostare nervosamente lo sguardo
dal Preside alla
porta, come calcolando in quanto tempo poteva fuggire. Minerva nel
frattempo si
era alzata dalla poltrona e si era spostata lentamente davanti al
professore di
Pozioni e aveva avvicinato la mano al mantello, avendo già
capito le intenzioni
degli Auror.
“Oh,
lo farei volentieri, ma avete preso la persona
sbagliata” rispose con un sorriso Silente. Gli Auror
sfoderarono le bacchette
minacciosamente.
“Non
costringermi ad usarla, Albus” minacciò ancora
l’auror.
Dietro Minerva rise silenziosamente Sfacciati.
“Posate
le bacchette” avvisò Silente, senza nessun sorriso.
“Ci
hai costretti”
“Stupeficium!”
esclamarono all’unisono tre auror. Silente
non si mosse né tentò di prendere la bacchetta e
Piton stava per estrarre la
sua, ma fu preceduto dalla Vicepreside che trasfigurò i tre
incantesimi in un
delizioso colibrì a pochi centimetri dal viso del Preside.
“Grazie,
Minerva. Ottimi riflessi”. Piton si era alzato
tenendo le mani sui braccioli della sedia, come pietrificato.
“Lo
dico per voi, tornate indietro e spiegherò tutto io al
Ministro” avvisò per l’ultima volta.
“Expelliarmus!”
urlò un’auror più giovane,
evidentemente
preso dall’eccitazione della prima missione.
L’incantesimo deviò verso il
pavimento e rimbalzò come una pallina da tennis fino ai
piedi di Silente.
Rimasero tutti in silenzio. Nessuno dei tre professori
si era mosso, ma qualcuno era riuscito a
deviare l’incantesimo senza muoversi. Il preside estrasse la
bacchetta insieme
a Minerva. Piton mise mano al mantello, ma fu fermato con un gesto
della
Vicepreside. Sulla
stanza calò un silenzio
tombale, rotto dall’esclamazione di un auror:
“Non
vorrete battervi solo voi
due contro noi sette?!?”. Di nuovo silenzio.
“Rischierei
di farlo, se non ve
ne andrete e lascerete stare Severus” rispose
l’altro, ma con in mano la
bacchetta.
“Non
dire sciocchezze, Albus!”
esclamò lo stesso Auror “Siete solo in
due”. Era evidente che avevano paura, ma
non volevano darlo a vedere. Volevano convincere il potente mago e non
passare
ad un duello, sapendo che sarebbero stati sconfitti.
“Sai,
a volte il numero non
conta. E questo è uno di quei momenti”
ribadì gelida la professoressa. Aveva
ragione. I due maghi più potenti, oltre a Lord Voldemort,
erano fianco a fianco
contro sette Auror che avevano appena completato il loro corso per
diventare
ciò che erano.
“Non
c’è bisogno di essere così
modesta, Minerva” rise
un’Auror.
“Adesso
basta!” esclamò a voce
troppo alta l’Auror più anziano, evidentemente
offeso da quella constatazione
veritiera. Non fecero in tempo ad alzare le bacchette che quattro di
loro
furono disarmati dalla donna, mentre i tre restanti furono lasciati a
guardarsi
in faccia sbalorditi.
“Non
puoi opporti al volere del
Ministero” sibilò a denti stretti uno dei quattro
Auror disarmati.
“Io
non mi oppongo al volere
del Ministero, ma ad una sua decisione” rispose fermo il mago
più anziano. Calò
di nuovo il silenzio.
“Molto
bene, Albus” decise
infine l’Auror più anziano, evidentemente il capo.
“Hai
preso la tua posizione,
riferiremo tutto al Ministero”. Silente fece un cenno con la
testa alla strega
di fianco a lui. La donna restituì le bacchette con un gesto
e si limitò a
guardarli sdegnata, evidentemente non contenta della decisione del
Preside. Gli
Auror presero le bacchette bruschi e se ne andarono parlando
animatamente
dell’accaduto. Uscirono tutti, solo uno rimase sulla soglia.
Li squadrò tutti e
tre e disse con estrema lentezza fissando lo sguardo sul Preside:
“Stai
attento, Albus. Sei
potente, ma tutto ha un prezzo” detto questo si
girò e sbatté violentemente la
porta dietro di sé. I tre rimasero un attimo fermi, ma si
ripresero quasi subito.
Silente si girò verso Severus, che sembrava pietrificato
sulla sedia fissando
con i muscoli tesi la porta, come se gli Auror potessero ricomparire da
un
momento all’altro. Silente si avvicinò e gli
appoggiò una mano sulla spalla,
distraendolo dai suoi pensieri.
“Stai
bene?” gli chiese
gentile, sorridendogli. L’uomo annuì senza troppa
convinzione, come se si fosse
risvegliato da un brutto sogno. Minerva si addolcì un poco e
si avvicinò anche
lei.
“Vedrai,
non torneranno per un
bel po’ ” esclamò con un mezzo sorriso.
Piton si alzò, si sistemò il vestito e
si diresse verso la porta silenziosamente. Appoggiò la mano
sulla maniglia,
aprì un paio di volte la bocca richiudendola e alla fine
sussurrò:
“Grazie”.
Le
due figure gli sorrisero e
per la prima volta Severus vide qualcuno che non lo disprezzava. Una
lacrima
gli scivolò dagli occhi e si girò, percorrendo
velocemente le scale. Silente si
girò verso la donna e le si avvicinò. Le prese le
mani con dolcezza e le
sussurrò all’orecchio:
“Sono
sicuro di poterti battere
a scacchi”. Minerva rise divertita, una risata piccola ed
educata, ma sincera.
“Non
credo proprio” rispose
maliziosa sedendosi in una delle due poltrone davanti al camino.
Silente la
imitò, ma invece che guardare la scacchiera continuava a
spostare lo sguardo.
Minerva, parecchio indignata da quel comportamento, esclamò:
“Be’,
che cosa stai guardando?
Immagino che tu conosca il tuo studio”. Silente
posò lo sguardo su di lei e le
sorrise dolce.
“Certo
che conosco il mio
studio. Ciò che attirava la mia attenzione” disse
indicando dietro le spalle
della professoressa, che si girò “E’ il
nuovo amico di Fanny”. Infatti un
delizioso e familiare colibrì svolazzava intorno alla fenice
che emetteva
piccoli versi, evidentemente divertita dal piccolo volatile. Minerva
rise di
nuovo e Silente non poté che imitarla.
Piccola
(si fa per dire) fan
fiction da un capitolo. Spero di avervi fatto passare del tempo
piacevole.
Voglio assolutamente ringraziare chiunque abbia
aperto questa storia e letta fino alla fine…e
ringrazio in anticipo
chiunque l’abbia messa tra i preferiti e chi tra i seguiti.
Ah, e poi una cosa…
GRAZIE
SEVY!