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Autore: Ranerottola    16/08/2010    2 recensioni
Vi siete mai chiesti come si siano incontrati il Professor Silente e la sua Fenice Fanny? E sapete come siano diventati amici e compagni inseparabili? Bene questa Fan Fiction vuole raccontarvi proprio questo, per colmare la lacuna che, mamma Rowling, ha lasciato in tutti i fans del meraviglioso, saggio e barbutissimo Albus Percival Wulfric Brian Silente. 3° Classificata nel contest "Maghi & animali, Animagi e Licantropi" di Fabi_Fabi
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Compagni per la vita


GIUDIZIO:
Terza Classificata (pari merito): Compagni per la vita -Ranerottola -
 

Grammatica e sintassi: 8/10 punti 
Stile: 9/10 punti 
Originalità: 15/15 punti 
Caratterizzazione dei personaggi: 14.5/15 punti 
Sviluppo della trama: 11.5/12 punti 
Gradimento personale: 9/10 punti 
Attinenza alla traccia: 3/3 punti 

Totale: 70/75 

Prima di tutto ti voglio dire che ho trovato la tua scelta difficile e apprezzabile, hai scelto di raccontare l’incontro tra Fanny e il giovane Albus, e l’hai fatto in modo davvero apprezzabile. 
Lo stile a tratti è un po’ confuso, ci sono alcune frasi troppo lunghe, è molto facile perdersi coi pensieri, e forse un paio di volte avrei spezzato il tutto, ti faccio un esempio: 
‘Nessuno dei due sarebbe felice perché avremmo una vita vuota, avremmo l’un l’altro, però. E la mamma e il papà e i miei fratelli. Ma una volta partiti loro noi chi saremmo?’ qui forse una virgola avrebbe sistemato la situazione, la frase è un po’ difficile. 
Ti segnalo qualche errore: ‘si sgrullò’ probabilmente è dialettale, è corretto scrollò, se non lo conosco mi scuso, ma ho cercato e non ho trovato nel dizionario, il ‘sì’ affermativo si scrive con l’accento, ho notato che non l’hai mai messo. 
‘nessuno dei due si sentiva pronto ad abbandonare il suo mondo’, qui al posto di suo avresti dovuto usare ‘proprio’ 
A volte utilizzi espressioni tipiche del linguaggio parlato, che rendono veri i pensieri. 
Ho davvero apprezzato il modo in cui il tuo stile cambia da personaggio a personaggio. 
Fanny è infantile, sembra quasi di sentire parlare un bambino, Silente è giovane, fresco, mentre i suoi genitori sono saggi, parlano poco. 
La storia della ragazza e del maschio di Fenice è bellissima, e trovo che la tua idea di spiegare in questo modo il rapporto tra i Silente e Fanny sia molto originale, un’idea che spiega alcune cose della vita di Albus che non si comprendono nei libri. 
Una cosa però, io avevo posto a cinque il limite massimo per i capitoli, tu me ne hai scritti sei, visto che non c’è un prologo, ho considerato come tale il primo capitolo. In fin dei conti 16 pagine non sono poi così tante. La storia sa di ‘fiaba’ per tutta la sua durata, l’ho trovata intensa e coinvolgente, e l’ho letta tutta d’un fiato. 
L’attinenza alla traccia c’è, immaginavo qualcosa di diverso, ma è perfetta. 
La trama è sviluppata con coerenza, a partire dall’incidente fino ad arrivare all’’inseguimento’ e all’incontro. 
Silente è giovane, ma è sempre lo stesso mago che conosciamo, non ancora troppo saggio, ma puro e un po’ folle. Fanny è una giovane fenice, mentirei se ti dicessi che avevo mai pensato alla sua personalità, ma quella che le hai dato le calza perfettamente. Quindi non posso che dirti: brava. 


1° Capitolo 26 Agosto  1900

Oggi compio 18 anni.

Come se ormai me ne importasse qualcosa … Ariana è morta, Aberforth mi odia e Gellert se n’è andato; nulla sembra avere più senso o importanza.

Anche questo viaggio non mi dà nessun piacere, se non avessi promesso a Bathilda quelle erbe per le sue pozioni non sarei mai partito.

E pensare che solo un anno fa avrei pagato per  poter scalare l’Everest …

Bene è ora di chiudere e ricominciare l’ascesa, se tutto va bene dovrei raggiungere la vetta nel pomeriggio.

 

 

Il giovane Albus chiuse il suo diario e uscì dalla tenda con la bacchetta in mano pronto a ripiegare e mettere nello zaino i suoi bagagli, dopo aver pronunciato l’incantesimo antifreddo che aveva inventato lui stesso.

Camminò per un paio d’ore prima di fermarsi a riprendere fiato, adorava scalare alla babbana e anche in quel viaggio aveva ridotto al minimo l’uso della magia.

Preferiva stancarsi sia per tenersi in forma, che per riuscire a dormire la notte, anche se gli incubi lo tormentavano lo stesso.

Si sedette su una roccia che spuntava dalla neve, posando lo zaino accanto a sé per contemplare con calma il panorama e mangiare qualcosa ma, all’improvviso, la terra cominciò a franargli da sotto i piedi cogliendolo di sorpresa e trascinandolo nel nulla per oltre 200 metri finché non atterrò su una stretta sporgenza restando sepolto sotto un mucchio di neve e detriti.

La bacchetta stava inutilizzata accanto a lui che, svenuto a causa della botta, giaceva quasi invisibile, tranne per una mano che sporgeva dalla valanga.

 

 

E’ la prima volta che volo così lontano dal nido, ho un po’ di paura, ma l’emozione del volo e di questo panorama meraviglioso riescono a farmi dimenticare tutto.

Ormai è quasi ora di tornare indietro ma, cos’è quella cosa colorata laggiù sulla neve?

Non resisto: devo indagare! Non per niente mia madre dice sempre che sono la più curiosa di tutte le sue covate.

Scendo planando di un centinaio di metri finché non capisco cosa sto guardando: è un essere umano, o meglio un pezzo di un essere umano.

Sono indecisa: la mamma mi ha sempre detto di non avvicinarmi agli umani e di non farmi vedere da loro ma quell’uomo è sotto la neve … non ho mai visto nessuno stare fermo così sotto la neve.

Faccio un altro giro e mi decido: devo indagare!

Scendo fino a posarmi accanto a quella zampa umana e mi guardo attorno, vicino a me c’è un bastoncino di legno e la zampa è immobile, sembra innocua.

La neve è fredda e mi hanno insegnato che gli umani stanno bene al caldo perché non sanno tenersi caldi da soli come noi quindi, forse, quell’essere ha bisogno di aiuto per uscire da lì sotto.

Prendo la mano nel becco e tiro forte sbattendo le ali come mi ha insegnato mamma. Mi alzo portandomi appresso l’umano fino a quando non è tutto all’aperto poi lo appoggio piano accanto al bastoncino.

E’ ancora immobile, sembra addormentato, perciò mi avvicino e provo a toccarlo con una zampa ma non reagisce. Ci penso un po’ e decido di chiamarlo: “umano! Ehi svegliati!” il mio trillo è pieno di preoccupazione e lo scuote all’improvviso come se lo avessi punto col becco.

Comincia a tremare prima ancora di aprire gli occhi e mentre si volta verso di me vedo la grossa ferita che ha sulla testa, ha le piume gialle del capo tutte sporche di sangue e deve fargli molto male. Mi fa molta pena e mi salgono le lacrime agli occhi vedendo quanto è indifeso, sembra un pulcino appena uscito dal guscio.

I miei mi hanno spiegato che le mie lacrime fanno bene, perciò quando comincio a piangere avvicino un occhio alla sua testa e lascio cadere le gocce sul taglio.

Non ci ho mai provato prima e sono stupita quando vedo una luce che si accende all’improvviso e diventa sempre più forte prima di svanire lasciando la testa dell’uomo intera come prima che se la rompesse come un uovo schiuso.

Sono talmente impegnata a controllare i risultati del mio lavoro che non mi accorgo subito degli occhi che mi fissano sgranati.

All’improvviso mi sento osservata e mi volto trovandomi davanti due occhi blu, credo di avere la stessa espressione stupita che ha lui e so che dovrei scappare veloce ma c’è qualcosa nel suo sguardo che mi ferma.

Non so cosa sia, forse il fatto che sembra addirittura più giovane di me, o che quegli occhi sono pieni di dolore, o che abbia uno sguardo buono e dolce che mi ricorda quello di mio padre quando mi guardava appena nata nel nido, comunque sia non riesco a smettere di fissarlo.

 

 

 

Ahhh che male! Mi sento come se mi avesse investito il nottetempo.

Ho freddo e già questo è strano, in più sento dolori dappertutto e come se non bastasse mi sento osservato.

Dopo un po’ mi decido ad aprire gli occhi e rimango basito: davanti a me c’è la creatura più bella e magica del mondo, finora ne avevo visti foto e disegni nei miei libri ma non avevo mai avuto occasione di vederne una dal vivo eppure, eccola davanti a me, che mi fissa come se anche lei fosse stupita di vedermi … una Fenice!

E’ meravigliosa, le sue piume hanno colori che vanno dal rosso, all’arancio, all’oro e sembrano lingue di fuoco che si muovono piano seguendo il vento.

Il suo sguardo è gentile e curioso, strano, ho sempre letto che le Fenici sono uccelli timidi e riservati, che non amano mostrarsi agli esseri umani, eppure questa creatura mi scruta senza nessuna paura come se mi stesse studiando e mi trovasse interessante.

Il freddo mi riscuote dai miei pensieri, sto tremando sempre di più e mi sento i capelli bagnati.

Devo alzarmi e prendere la bacchetta ma ho paura di far volare via la Fenice.

 

 

Vedo l’uomo muoversi piano,  mettersi seduto e allungarsi con cautela verso di me.

Sto già per spiccare il volo quando mi accorgo che non vuole toccare me ma prendere il bastoncino di legno che avevo notato prima. Un altro po’ di tempo per scoprire a che serve quel coso non potrà farmi nessun male perciò resto ferma e lo seguo con gli occhi.

Dopo aver raccolto l’oggetto dalla neve l’uomo dice qualcosa e subito smette di tremare, poi alza una mano e si tocca le piume del capo ritirandola sporca di sangue, si fissa la mano stupito e torna a toccarsi, forse cerca la ferita perché sembra stupito quando non trova nulla.

Si guarda di nuovo la mano poi guarda me, credo che stia pensando a qualcosa.

All’improvviso apre il becco e fa un verso curioso ma piacevole, non so neanche io perché ma capisco quello che dice: - grazie!-

Che strano quell’essere umano sa di cosa sono capace e io capisco i suoi versi, chissà se anche lui capisce me?

-Prego - gli dico nella mia lingua e lui mi sorride come se mi capisse.

Mi piace questo umano.

 

Il trillo meraviglioso che esce da quel becco sembra un balsamo per la mia tristezza e il mio dolore, per la prima volta in un anno mi sento sereno! E’ come se un peso fosse stato alzato all’improvviso dalle mie spalle. Sono talmente preso dalle mie sensazioni che impiego quasi un minuto a rendermi conto … non è possibile!

La Fenice … non solo mi ha risposto, dimostrando di comprendere quello che dico, ma …

Io l’ho capita!! Quell’essere meraviglioso mi ha detto – Prego – e io ho capito!

Mi sembra impossibile. In nessun libro, da nessun professore, ho mai sentito dire che le Fenici capissero il linguaggio umano e che fossero in grado di farsi capire.

Se qualcuno, chiunque, me l’avesse raccontato non ci avrei mai creduto.

 

L’umano sgrana gli occhi all’improvviso, forse si sente male? Magari ha qualche ferita che non ho visto? Lo fisso preoccupata per un po’ ma non si muove e non dice nulla. Guarda verso di me ma è come se non mi vedesse. Spero che non abbia nulla di grave.

 

 

Albus si riscosse all’improvviso dai suoi pensieri e si accorse di avere gli occhi dorati della Fenice piantati addosso, sembrava  preoccupata ma non avrebbe saputo dire se per lui o a causa sua.

Non sapeva come comportarsi visto che non aveva mai sentito parlare prima di una situazione come quella. Si guardarono a lungo studiandosi a vicenda senza che nessuno dei due prendesse l’iniziativa di fare o dire qualcosa.

 

Si sta facendo buio, per me è ora di rientrare al nido ma non so decidermi a volare via così.

Forse dovrei parlare ancora con lui, almeno per sapere come facciamo a capirci.

E poi ho paura che stia ancora male.

Basta! Prendo fiato e …

 

-Ciao! Io mi chiamo Albus, qual è il tuo nome? -

 

Sentendolo parlare all’improvviso sono quasi caduta dalle zampe per lo spavento, non me l’aspettavo proprio. E’ educato però, si sta presentando.

Oh poverino ora sembra in imbarazzo, deve essere perché continuo a guardarlo senza rispondergli.

Proverò a trillare piano, - Ciao Albus io sono Fanny. Come ti senti?-

Che bello ora sorride! Deve aver capito.

 

-Ciao Fanny! Mi sento benissimo, grazie di avermi aiutato. Credo che tu mi abbia salvato la vita. Sai dirmi per caso come potrei tornare là in alto, dove non rischio di precipitare, prima che diventi troppo buio per vederci? –

 

Evviva!! Allora sta bene! – Sono felice di averti aiutato, sai non avevo mai visto prima un umano da vicino. Tutti voi capite la mia lingua? – E ora perché ride? Ho detto qualcosa di divertente?

Non mi sembrava di aver fatto qualcosa di buffo … -Ti faccio ridere? –

 

-Oh Fanny perdonami! E’ l’idea di tutti gli uomini che capiscono le Fenici a farmi ridere.

Sai la maggior parte delle persone non credono nemmeno alla vostra esistenza.

Vedi io non sono una persona comune, io sono un mago! Sai cos’è la Magia? –

 

-Certo mia madre me lo ha spiegato quando mi ha parlato delle cose che sappiamo fare e mi ha detto anche che esistono umani che sanno usare la magia e altri che non sanno farlo.

E’ questo essere un mago? –

 

-Si è esattamente questo. Solamente i maghi sanno dell’esistenza delle Fenici e di tante altre creature, i Babbani, come chiamiamo noi i non maghi, non sanno nulla di voi.

Ma neanche i maghi capiscono la tua lingua o, almeno, io non ho mai letto nulla in proposito né conosciuto nessuno che sapesse farlo. Speravo che fossi tu a sapere come è possibile che io e te ci capiamo. –

 

Si alzò in piedi e si sgrullò la neve di dosso, guardando verso l’alto per capire come arrampicarsi o quale incantesimo fosse meglio usare per risalire, quando Fanny lo chiamò e agitò le piume della coda verso di lui: - Aggrappati ti porto io, ci metteremo un istante! –

Quando il ragazzo prese alcune penne nelle mani spalancò le ali e spiccò il volo posandolo dolcemente, qualche secondo dopo, circa cento metri più in alto nel punto esatto da cui l’aveva visto cadere ore prima.

 

-Fanny sei fantastica! E’ stata un’ esperienza meravigliosa, non avevo mai provato niente di simile, e si che ho volato spesso!-

 

-Anche tu sai volare?- Ma allora perché si è fatto portare da me? Cosa vuole questo umano da me?

Forse aveva ragione mio padre, non bisogna fidarsi degli umani, sono bugiardi e cattivi.

 

La giovane fenice cominciò ad arretrare verso il bordo del precipizio con sguardo fattosi, all’improvviso, freddo e quasi rapace, tanto che Albus si spaventò e preoccupò molto di quel cambiamento. Non riusciva proprio a capire cosa fosse successo.

Sembrava che, d’un tratto, Fanny avesse deciso di rappresentare l’idea che gli studiosi avevano della sua specie, cessando di essere amichevole e facendosi sospettosa e distante.

La vide allontanarsi sempre di più e spiccare il volo nel momento esatto in cui le sue zampe non avevano più suolo su cui poggiare.

-Aspetta! Non te ne andare!- Le gridò, ma gli rispose solo un lungo e triste trillo da uccello, totalmente incomprensibile per le sue orecchie.

   
 
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