Compagni
per la vita
GIUDIZIO:
Terza Classificata (pari merito): Compagni per la vita -Ranerottola -
Grammatica e sintassi: 8/10 punti
Stile: 9/10 punti
Originalità: 15/15 punti
Caratterizzazione dei personaggi: 14.5/15 punti
Sviluppo della trama: 11.5/12 punti
Gradimento personale: 9/10 punti
Attinenza alla traccia: 3/3 punti
Totale: 70/75
Prima di tutto ti voglio dire che ho trovato la tua scelta difficile e apprezzabile, hai scelto di raccontare l’incontro tra Fanny e il giovane Albus, e l’hai fatto in modo davvero apprezzabile.
Lo stile a tratti è un po’ confuso, ci sono alcune frasi troppo lunghe, è molto facile perdersi coi pensieri, e forse un paio di volte avrei spezzato il tutto, ti faccio un esempio:
‘Nessuno dei due sarebbe felice perché avremmo una vita vuota, avremmo l’un l’altro, però. E la mamma e il papà e i miei fratelli. Ma una volta partiti loro noi chi saremmo?’ qui forse una virgola avrebbe sistemato la situazione, la frase è un po’ difficile.
Ti segnalo qualche errore: ‘si sgrullò’ probabilmente è dialettale, è corretto scrollò, se non lo conosco mi scuso, ma ho cercato e non ho trovato nel dizionario, il ‘sì’ affermativo si scrive con l’accento, ho notato che non l’hai mai messo.
‘nessuno dei due si sentiva pronto ad abbandonare il suo mondo’, qui al posto di suo avresti dovuto usare ‘proprio’
A volte utilizzi espressioni tipiche del linguaggio parlato, che rendono veri i pensieri.
Ho davvero apprezzato il modo in cui il tuo stile cambia da personaggio a personaggio.
Fanny è infantile, sembra quasi di sentire parlare un bambino, Silente è giovane, fresco, mentre i suoi genitori sono saggi, parlano poco.
La storia della ragazza e del maschio di Fenice è bellissima, e trovo che la tua idea di spiegare in questo modo il rapporto tra i Silente e Fanny sia molto originale, un’idea che spiega alcune cose della vita di Albus che non si comprendono nei libri.
Una cosa però, io avevo posto a cinque il limite massimo per i capitoli, tu me ne hai scritti sei, visto che non c’è un prologo, ho considerato come tale il primo capitolo. In fin dei conti 16 pagine non sono poi così tante. La storia sa di ‘fiaba’ per tutta la sua durata, l’ho trovata intensa e coinvolgente, e l’ho letta tutta d’un fiato.
L’attinenza alla traccia c’è, immaginavo qualcosa di diverso, ma è perfetta.
La trama è sviluppata con coerenza, a partire dall’incidente fino ad arrivare all’’inseguimento’ e all’incontro.
Silente è giovane, ma è sempre lo stesso mago che conosciamo, non ancora troppo saggio, ma puro e un po’ folle. Fanny è una giovane fenice, mentirei se ti dicessi che avevo mai pensato alla sua personalità, ma quella che le hai dato le calza perfettamente. Quindi non posso che dirti: brava.
1° Capitolo 26 Agosto 1900
Oggi
compio 18 anni.
Come
se ormai me ne importasse qualcosa … Ariana è
morta, Aberforth mi odia e Gellert se n’è andato;
nulla sembra avere più senso
o importanza.
Anche
questo viaggio non mi dà nessun piacere, se
non avessi promesso a Bathilda quelle erbe per le sue pozioni non sarei
mai
partito.
E
pensare che solo un anno fa avrei pagato per poter
scalare l’Everest …
Bene
è ora di chiudere e ricominciare l’ascesa, se
tutto va bene dovrei raggiungere la vetta nel pomeriggio.
Il
giovane Albus
chiuse il suo diario e uscì dalla tenda con la bacchetta in
mano pronto a
ripiegare e mettere nello zaino i suoi bagagli, dopo aver pronunciato
l’incantesimo antifreddo che aveva inventato lui stesso.
Camminò
per un
paio d’ore prima di fermarsi a riprendere fiato, adorava
scalare alla babbana e
anche in quel viaggio aveva ridotto al minimo l’uso della
magia.
Preferiva
stancarsi sia per tenersi in forma, che per riuscire a dormire la
notte, anche
se gli incubi lo tormentavano lo stesso.
Si
sedette su
una roccia che spuntava dalla neve, posando lo zaino accanto a
sé per
contemplare con calma il panorama e mangiare qualcosa ma,
all’improvviso, la
terra cominciò a franargli da sotto i piedi cogliendolo di
sorpresa e
trascinandolo nel nulla per oltre 200 metri finché non
atterrò su una stretta
sporgenza restando sepolto sotto un mucchio di neve e detriti.
La
bacchetta stava
inutilizzata accanto a lui che, svenuto a causa della botta, giaceva
quasi
invisibile, tranne per una mano che sporgeva dalla valanga.
E’
la prima volta che volo così lontano dal nido, ho
un po’ di paura, ma l’emozione del volo e di questo
panorama meraviglioso
riescono a farmi dimenticare tutto.
Ormai
è quasi ora di tornare indietro ma,
cos’è
quella cosa colorata laggiù sulla neve?
Non
resisto: devo indagare! Non per niente mia madre
dice sempre che sono la più curiosa di tutte le sue covate.
Scendo
planando di un centinaio di metri finché non
capisco cosa sto guardando: è un essere umano, o meglio un
pezzo di un essere
umano.
Sono
indecisa: la mamma mi ha sempre detto di non
avvicinarmi agli umani e di non farmi vedere da loro ma
quell’uomo è sotto la
neve … non ho mai visto nessuno stare fermo così
sotto la neve.
Faccio
un altro giro e mi decido: devo indagare!
Scendo
fino a posarmi accanto a quella zampa umana e
mi guardo attorno, vicino a me c’è un bastoncino
di legno e la zampa è
immobile, sembra innocua.
La
neve è fredda e mi hanno insegnato che gli umani
stanno bene al caldo perché non sanno tenersi caldi da soli
come noi quindi,
forse, quell’essere ha bisogno di aiuto per uscire da
lì sotto.
Prendo
la mano nel becco e tiro forte sbattendo le
ali come mi ha insegnato mamma. Mi alzo portandomi appresso
l’umano fino a
quando non è tutto all’aperto poi lo appoggio
piano accanto al bastoncino.
E’
ancora immobile, sembra addormentato, perciò mi
avvicino e provo a toccarlo con una zampa ma non reagisce. Ci penso un
po’ e
decido di chiamarlo: “umano! Ehi svegliati!” il mio
trillo è pieno di
preoccupazione e lo scuote all’improvviso come se lo avessi
punto col becco.
Comincia
a tremare prima ancora di aprire gli occhi
e mentre si volta verso di me vedo la grossa ferita che ha sulla testa,
ha le
piume gialle del capo tutte sporche di sangue e deve fargli molto male.
Mi fa
molta pena e mi salgono le lacrime agli occhi vedendo quanto
è indifeso, sembra
un pulcino appena uscito dal guscio.
I
miei mi hanno spiegato che le mie lacrime fanno
bene, perciò quando comincio a piangere avvicino un occhio
alla sua testa e
lascio cadere le gocce sul taglio.
Non
ci ho mai provato prima e sono stupita quando
vedo una luce che si accende all’improvviso e diventa sempre
più forte prima di
svanire lasciando la testa dell’uomo intera come prima che se
la rompesse come
un uovo schiuso.
Sono
talmente impegnata a controllare i risultati
del mio lavoro che non mi accorgo subito degli occhi che mi fissano
sgranati.
All’improvviso
mi sento osservata e mi volto
trovandomi davanti due occhi blu, credo di avere la stessa espressione
stupita
che ha lui e so che dovrei scappare veloce ma c’è
qualcosa nel suo sguardo che
mi ferma.
Non
so cosa sia, forse il fatto che sembra
addirittura più giovane di me, o che quegli occhi sono pieni
di dolore, o che abbia
uno sguardo buono e dolce che mi ricorda quello di mio padre quando mi
guardava
appena nata nel nido, comunque sia non riesco a smettere di fissarlo.
Ahhh
che male! Mi sento come se mi avesse investito
il nottetempo.
Ho
freddo e già questo è strano, in più
sento dolori
dappertutto e come se non bastasse mi sento osservato.
Dopo
un po’ mi decido ad aprire gli occhi e rimango
basito: davanti a me c’è la creatura
più bella e magica del mondo, finora ne
avevo visti foto e disegni nei miei libri ma non avevo mai avuto
occasione di
vederne una dal vivo eppure, eccola davanti a me, che mi fissa come se
anche
lei fosse stupita di vedermi … una Fenice!
E’
meravigliosa, le sue piume hanno colori che vanno
dal rosso, all’arancio, all’oro e sembrano lingue
di fuoco che si muovono piano
seguendo il vento.
Il
suo sguardo è gentile e curioso, strano, ho
sempre letto che le Fenici sono uccelli timidi e riservati, che non
amano
mostrarsi agli esseri umani, eppure questa creatura mi scruta senza
nessuna
paura come se mi stesse studiando e mi trovasse interessante.
Il
freddo mi riscuote dai miei pensieri, sto
tremando sempre di più e mi sento i capelli bagnati.
Devo
alzarmi e prendere la bacchetta ma ho paura di
far volare via la Fenice.
Vedo
l’uomo muoversi piano, mettersi
seduto e allungarsi con cautela
verso di me.
Sto
già per spiccare il volo quando mi accorgo che
non vuole toccare me ma prendere il bastoncino di legno che avevo
notato prima.
Un altro po’ di tempo per scoprire a che serve quel coso non
potrà farmi nessun
male perciò resto ferma e lo seguo con gli occhi.
Dopo
aver raccolto l’oggetto dalla neve l’uomo dice
qualcosa e subito smette di tremare, poi alza una mano e si tocca le
piume del
capo ritirandola sporca di sangue, si fissa la mano stupito e torna a
toccarsi,
forse cerca la ferita perché sembra stupito quando non trova
nulla.
Si
guarda di nuovo la mano poi guarda me, credo che
stia pensando a qualcosa.
All’improvviso
apre il becco e fa un verso curioso
ma piacevole, non so neanche io perché ma capisco quello che
dice: - grazie!-
Che
strano quell’essere umano sa di cosa sono capace
e io capisco i suoi versi, chissà se anche lui capisce me?
-Prego
- gli dico nella mia lingua e lui mi sorride
come se mi capisse.
Mi
piace questo umano.
Il
trillo meraviglioso che esce da quel becco sembra
un balsamo per la mia tristezza e il mio dolore, per la prima volta in
un anno
mi sento sereno! E’ come se un peso fosse stato alzato
all’improvviso dalle mie
spalle. Sono talmente preso dalle mie sensazioni che impiego quasi un
minuto a
rendermi conto … non è possibile!
La
Fenice … non solo mi ha risposto, dimostrando di
comprendere quello che dico, ma …
Io
l’ho capita!! Quell’essere meraviglioso mi ha
detto – Prego – e io ho capito!
Mi
sembra impossibile. In nessun libro, da nessun
professore, ho mai sentito dire che le Fenici capissero il linguaggio
umano e
che fossero in grado di farsi capire.
Se
qualcuno, chiunque, me l’avesse raccontato non ci
avrei mai creduto.
L’umano
sgrana gli occhi all’improvviso, forse si
sente male? Magari ha qualche ferita che non ho visto? Lo fisso
preoccupata per
un po’ ma non si muove e non dice nulla. Guarda verso di me
ma è come se non mi
vedesse. Spero che non abbia nulla di grave.
Albus
si
riscosse all’improvviso dai suoi pensieri e si accorse di
avere gli occhi
dorati della Fenice piantati addosso, sembrava
preoccupata ma non avrebbe saputo dire se per lui o a
causa sua.
Non
sapeva come
comportarsi visto che non aveva mai sentito parlare prima di una
situazione
come quella. Si guardarono a lungo studiandosi a vicenda senza che
nessuno dei
due prendesse l’iniziativa di fare o dire qualcosa.
Si
sta facendo buio, per me è ora di rientrare al
nido ma non so decidermi a volare via così.
Forse
dovrei parlare ancora con lui, almeno per
sapere come facciamo a capirci.
E
poi ho paura che stia ancora male.
Basta!
Prendo fiato e …
-Ciao!
Io mi chiamo Albus, qual è il tuo nome? -
Sentendolo
parlare all’improvviso sono quasi caduta
dalle zampe per lo spavento, non me l’aspettavo proprio.
E’ educato però, si
sta presentando.
Oh
poverino ora sembra in imbarazzo, deve essere
perché continuo a guardarlo senza rispondergli.
Proverò
a trillare piano, - Ciao Albus io sono
Fanny. Come ti senti?-
Che
bello ora sorride! Deve aver capito.
-Ciao
Fanny! Mi sento benissimo, grazie di avermi
aiutato. Credo che tu mi abbia salvato la vita. Sai dirmi per caso come
potrei
tornare là in alto, dove non rischio di precipitare, prima
che diventi troppo
buio per vederci? –
Evviva!!
Allora sta bene! – Sono felice di averti
aiutato, sai non avevo mai visto prima un umano da vicino. Tutti voi
capite la
mia lingua? – E ora perché ride? Ho detto qualcosa
di divertente?
Non
mi sembrava di aver fatto qualcosa di buffo …
-Ti faccio ridere? –
-Oh
Fanny perdonami! E’ l’idea di tutti gli uomini
che capiscono le Fenici a farmi ridere.
Sai
la maggior parte delle persone non credono
nemmeno alla vostra esistenza.
Vedi
io non sono una persona comune, io sono un
mago! Sai cos’è la Magia? –
-Certo
mia madre me lo ha spiegato quando mi ha
parlato delle cose che sappiamo fare e mi ha detto anche che esistono
umani che
sanno usare la magia e altri che non sanno farlo.
E’
questo essere un mago? –
-Si
è esattamente questo. Solamente i maghi sanno
dell’esistenza delle Fenici e di tante altre creature, i
Babbani, come
chiamiamo noi i non maghi, non sanno nulla di voi.
Ma
neanche i maghi capiscono la tua lingua o,
almeno, io non ho mai letto nulla in proposito né conosciuto
nessuno che
sapesse farlo. Speravo che fossi tu a sapere come è
possibile che io e te ci
capiamo. –
Si
alzò in piedi
e si sgrullò la neve di dosso, guardando verso
l’alto per capire come
arrampicarsi o quale incantesimo fosse meglio usare per risalire,
quando Fanny
lo chiamò e agitò le piume della coda verso di lui: - Aggrappati ti porto io, ci metteremo un
istante! –
Quando
il ragazzo
prese alcune penne nelle mani spalancò le ali e
spiccò il volo posandolo
dolcemente, qualche secondo dopo, circa cento metri più in
alto nel punto
esatto da cui l’aveva visto cadere ore prima.
-Fanny
sei fantastica! E’ stata un’ esperienza
meravigliosa, non avevo mai provato niente di simile, e si che ho
volato
spesso!-
-Anche
tu sai volare?- Ma allora perché si è fatto
portare da me? Cosa vuole questo umano da me?
Forse
aveva ragione mio padre, non bisogna fidarsi
degli umani, sono bugiardi e cattivi.
La
giovane
fenice cominciò ad arretrare verso il bordo del precipizio
con sguardo fattosi,
all’improvviso, freddo e quasi rapace, tanto che Albus si
spaventò e preoccupò
molto di quel cambiamento. Non riusciva proprio a capire cosa fosse
successo.
Sembrava
che,
d’un tratto, Fanny avesse deciso di rappresentare
l’idea che gli studiosi
avevano della sua specie, cessando di essere amichevole e facendosi
sospettosa
e distante.
La
vide
allontanarsi sempre di più e spiccare il volo nel momento
esatto in cui le sue
zampe non avevano più suolo su cui poggiare.
-Aspetta!
Non te ne andare!-
Le gridò, ma
gli rispose solo un lungo e triste trillo da uccello, totalmente
incomprensibile per le sue orecchie.