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Autore: Shizue Asahi    16/08/2010    3 recensioni
Lo stomaco si contrae in una morsa dolorosa, il cuore si ferma e i contorni si sfuocano. Avverte qualcosa di caldo e umido solcarle le guance lasciando righe salate al suo passaggio. Gli stinge spasmodicamente la mano; lo scuote quasi con rabbia.
Gli uomini si rabbuiano e uno di loro, chino sul ragazzo a terra, gli chiude gli occhi.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salto nel vuoto.

 

 

Lo stomaco si contrae in una morsa dolorosa, il cuore si ferma e i contorni si sfuocano. Avverte qualcosa di caldo e umido solcarle le guance lasciando righe salate al suo passaggio. Gli stinge spasmodicamente la mano; lo scuote quasi con rabbia.

La bocca piccola e rossa risalta sul pallore cadaverico del viso, contratta in una smorfia dolorosa. Le labbra tremano, si schiudono quasi con timore e il sussurro che ne esce è fioco. Ci prova ancora, lo chiama, cerca di darsi un contegno. Le riesce un suono strozzato, ma non rinuncia. Gli poggia una mano su una guancia, macchiandola di rosso. E alla fine ci riesce. Articola a fatica quel nome, trattenendo un singhiozzo. Non riceve risposta, ma non le importa, si crogiola nel piacere dolce che le dà il suono di quel nome.

Ne fa una mantra e continua a borbottare quelle due sillabe fino a che non perdono il loro significato e  lei la cognizione del tempo.

Si accuccia al suo fianco. Poggia la testa di lui sulle sue gambe e lo osserva cambiare colore, le guance rosee diventare via via sempre più sbiadite, fino ad assumere una tonalità cadaverica; le labbra sottili divenire violacee e lo sguardo spegnersi poco a poco.

Gli occhi continuano a pungerle e le lacrime a scendere copiose inumidendole il viso. Disegnano curve morbide sulle guance e terminano la loro corsa sul mento. Le cadono sulla maglia, in aloni tondi che, lentamente, si ingrandiscono.

Punta gli occhi azzurri in quelli bruni, vitrei e privi di vita.

Il tempo le sembra trascorrere lento e quando una mano calda e grande le si poggia su una spalla sussulta,come se fosse stata riscossa da un sogno a occhi aperti.

Le mettono due mani sotto le ascelle e cercano di alzarla. Si divincola lasciandosi sfuggire un suono basso e sordo. Il labbro inferiore prende a tremarle e le tracce secche che le segnano il viso in righe verticali, a pungerle. Si aggrappa al ragazzo che giace sulle sue gambe. Stringe le mani piccole sulla sua maglia, per far intendere di non volerlo lasciare.

I soccorritori ci mettono molto a farla alzare e non senza difficoltà. Sembra non ascoltarli e infatti li vede muovere le labbra, ma non percepisce le loro parole, solo un ronzio fastidioso e orribile. Alla fine la sollevano di peso, mentre lei scalcia e grida con tutto il fiato che ha in gola. Chiama il suo nome senza ottenere, nuovamente, risposta.

Gli uomini si rabbuiano e uno di loro, chino sul ragazzo a terra, gli chiude gli occhi.

E solo allora comprende a pieno quello che si era imposta di ignorare: era morto.

 

 

Il vento primaverile soffia leggero sulla pianura verdeggiante. Timide margheritine bianche e più audaci papaveri rossi calano il capo al passaggio del venticello.

Stringe le dita sul tessuto leggero del vestito mentre le ciocche bruno le frustano il viso.

Sente l’erba ispida sotto la pianta dei piedi infilarlesi tra le dita e pungerle la pelle.

Alza gli occhi chiari incontrando la luce fioca del sole che trapassa la cappa grigia di nuvole.

Si carezza il ventre leggermente rigonfio, poi fa passare la mano sul seno e si ferma stringendo tra le dita il piccolo pendente sul quale sono incisi i loro nomi.

Sorride mentre i ricordi le passano davanti agli occhi come se li stesse rivivendo in quel preciso momento.

Inizia a camminare spedita, un passo dietro l’altro, mentre il rumore diventa sempre più forte. Avanza incurante di calpestare le piccole margherite e rossi papaveri che si spezzano sotto il suo peso. Si ferma, volge il capo alle sue spalle e li fissa. Sorride, meglio così, pensa riprendendo a camminare.

Si ferma nel punto in cui il frastuono raggiunge il suo culmine.

Abbassa lo sguardo e osserva tranquilla il precipizio che si apre sotto di lei. Vede le onde infrangersi contro la scogliera con veemenza, schizzare sugli scogli la schiuma per poi ritrarsi e ritornare di nuovo alla carica con più foga.

Le è sempre piaciuto quel posto, calmo e isolato. Da ragazzina era solita passarci molto tempo, si sedeva sotto il grande pino –tagliato circa una decina di anni prima- e leggeva, studiava, ascoltava la musica. Faceva di tutto in quel posto pur di ritardare il ritorno a casa.

È lì che ha dato il suo primo bacio, che si sono incontrati la prima volta.

È lì che tutto è iniziato ed è lì che tutto sarebbe finito. Così aveva deciso.

Con una calma metodica si toglie il medaglione dal collo e lo mette nel palmo della mano.

Lo fissa per alcuni secondi, cercando di imprimersi la forma ovale e leggermente allungata di quel pezzetto di metalli privo di valore e di attrattive a un occhi esterno.

Era lì che lui glielo aveva regalato, si trova a pensare,come folgorata.

Stringe gli occhi sentendoli pizzicare e ricaccia le lacrime indietro insieme al groppo che avverte in gola.

Allunga il braccio davanti a sé, il palmo della mano aperto. Il medaglione luccica un’ultima volta toccato da un raggio di sole prima di cadere e sparire dalla sua vista.

Tira un profondo sospiro assaporando il profumo salmastro che è nell’aria.

Una fredda determinazione le si dipinge sul volto.

Muove un passo in avanti e la vesti si solleva nella caduta. I capelli le si annodano in dolci nodi e l’aria le sferza il viso.

Sorride prima di toccare l’acqua e sparire nei flutti delle onde.

 

 

Angolo Autore:

perdonatemi, ma dovevo scriverla xD è priva di senso, lo so, però credo di averla scritta bene, o sbaglio.

Credo che il senso si capisca, quindi non mi dilungo in inutili spiegazioni.

Spero mi lascerete un commentino >*<

   
 
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