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Autore: Cinderella In Love    17/08/2010    4 recensioni
Storia VII classificata al contest 'I found myself in the (telefilm) wonderland'. Quella ninna nanna continuava a suonare poesie nel sussurro di quella donna che,alzando gli occhi al cielo,pensava instancabilmente..
Genere: Sentimentale, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Storia Settima Classificata al contest di Roro e KikiWhiteFly: 'I found myself in the (telefilm) wonderland'.

[Questa versione della storia è quella corretta in seguito alla revisione post pubblicazione risultati]

Autore: RainMemories
Titolo:’My Immortal’
Rating: Verde
Genere: Triste,Malinconico, Introspettivo, Romantico,Sentimentale
Avvertimenti : One Shot, Missing Moment
Personaggi/Pairing: [MichelexMonica]
Titolo della canzone scelta: ‘Luce-Tramonti a Nord-Est’ - Elisa
Note dell’Autore: Questa One-Shot è ambientata al termine della Seconda serie di ‘Tutti Pazzie per Amore’. Rispecchia la mia visione del proseguo della storia di Monica, che diventata mamma, dopo l’incontro con Michele si sente estremamente colpevole d’intrattenere una relazione con un uomo che non ama quanto l’uomo che le ha cambiato la vita. Per quanto riguarda l’attinenza alla canzone di Elisa, mi sono ispirata alla strofa indicata e scelta nel bando per introdurre una sorta di supplica da parte della donna a sentire il suo uomo ancora intento a parlarle, a consolarla. Nel brano compare un’altra frase della stessa canzone da cui ho preso spunto per indicare un altro aspetto della storia raccontata.

~

»My Immortal. «

"I sogni sono illustrazioni dal libro che la tua anima sta scrivendo su di te."

(A. Drew)

 

«E se un giorno guardandoci negli occhi sentiamo che non è più la stessa cosa ce lo diremo..»

Quelle parole risuonavano vane nel loro compimento, nelle stanze di quella casa vuota.
Era finito tutto.
Tutto era terminato nuovamente, anche se, questa volta, il potere d’incidere la parola ‘fine’ era custodito nel volere di lei.

Adriano se n’era andato e, insieme a lui, erano fuggite tutte le sue cose, tutte le sue parole ed il loro stesso, impercettibile rammarico d’amore.

Non era amore e Monica era arrivata a comprenderlo, ma solo nel momento in cui poté giungere al rincontrare la passione e la dolcezza infinita di quelle labbra.

Nulla era sopravvissuto alla sua memoria, non dopo quel sospiro di baci..
Lo voleva ancora, anche se fosse stato solo per lei e per un immenso scambiarsi sguardi di profondo che raccontassero di loro per sempre.

Adriano non era lui.

Davanti al ripercorrersi incessante del ricordo d’un angelo, che si voltava a sorriderle di nostalgia, in quello che diveniva il loro addio, lei non poteva amare di nuovo.

Non poteva esser amante d’un estraneo che non possedesse quell’anima, a cui la sua s’era sottomessa per rimanerne prigioniera.

Quei mattini, trascorsi a mentire allo specchio, sbiadivano la verità di vivere e sorridere sinceramente: basta menzogne!
Così, era arrivata a cedere a confessare il suo amore mancato.

Adriano, in quel periodo, scorgeva da lontano il gelo schermatosi tra loro, ma, nel sentirsi impotente, non aveva affrontato il rischio di incontrare sofferenza e di doversi vedere arreso a lasciare l’amore.

E poi,fu solo una frase:

«Adriano, io non ti amo.»

Quelle parole erano scaturite dalla bocca di Monica, nell’esasperazione provata fino ad allora per trovar la forza di ammetterlo a sé.
Solo attingendo coraggio dal viso del suo bambino, aveva potuto confessarsi, pur sentendosi colpevole d’aver provocato un’ulteriore delusione all’altro, in quel caso all’uomo che aveva accanto.

Adriano aveva atteso quel momento.
Sapeva che sarebbe giunto e non sarebbero esistiti compromessi, scuse, difese: era la verità a ribadire che il suo destino non era l’amore di quella donna fatale.

Lo sentiva, ne aveva sempre posseduto sapienza : quella donna non avrebbe mai potuto appartenergli.

Per Monica sfuggire da lui era inevitabile perché la carezza della libertà l’accompagnasse sempre ed ancora, perché potesse rivivere della luce che, con un soffio d’immenso, si era cullata in lontananza e sempre più via da lei con il volo di quell’angelo, così sospirato.


Adriano disse addio a quella vita, a quella casa.
Non domandò il perché.

Forse, quel segreto che svelarsi non voleva, si era sempre rivelato vivo e limpido nel profondo di quell’uomo: quella risposta aveva sempre dipinto la sua presenza nella sua anima.

Chiudendo alle sue spalle quella porta, lasciò il vuoto dietro sé.

~


 Parlami come il vento fra gli alberi.
Parlami come il cielo con la sua terra.
Non ho difese,ma ho scelto di essere libera.
Adesso è la verità,l’unica cosa che conta. 

 Avrò cura di tutto quello che mi hai dato.


Monica era accovacciata sulla manona.
Custodiva, nella dolcezza della culla che erano le sue braccia, stretto a lei e al battito del suo vivere, ciò che della vita e del suo senso e poesia le rimaneva.

Lo abbracciava profondamente, respirando alla luce di quegli occhi grandi.
La sua vita o ciò che ne restava era stretta a lei.

Senza lui, senza il suo farsi sentire, senza il suo agitare i piedini in quel vestitino blu e bianco, si sarebbe sentita perduta, dimenticata, troppo avvolta di solitudine per custodire ancora la voglia di vita.

Invece, si abbandonava nel sospirare del rivivere lui, nello splendore della creatura che proteggeva.


Lui, in quel ridere d’innocenza estrema e nient’altro.
Lui, in quella manina che accarezzava le sue dita per impedirle d’abbandonarlo.
Lui, nella forza che quel visino, ora mai addormentato, riusciva a trasmetterle semplicemente esistendo.
Lui, in quegli occhi scuri e tanto grandi, immensi quel tanto da nascondere e custodire l’intera vita di chi si soffermava a scorgerli.
Quegli ‘specchi d’anima’ narravano quanto bruciasse vivo il fuoco del voler sentire le parole del suo uomo ancora e quanto quella libertà, così improvvisata, fosse segno del tornare a respirare, nella brezza che rimaneva di quel suo amore passato e del suo divenire memoria.

Nel perdersi in quel cucciolo d’uomo e amore perduto, l’abbandonarsi nell’infinto di ciò che era stato: rivivere il suo uomo.
Monica rimase sola con i suoi sussurri, intenti a non dare una fine alla favola che raccontava al sonno del suo piccolo.

«Cucciolo, se non ci fossi tu che senso avrebbe? »- sussurrava Monica ,contemplandolo.

Continuava a cullarlo con la delicatezza con cui si tiene gelosamente la sinuosità d’una rosa bianca tra le dita per non privarla dell’ultimo raggio di sole,come della prima luce di stelle.

Monica si voltò per un istante verso il portafoto sul tavolino, lì a fianco.

Lacrime.
Gocce di malinconia e amaro dolore le rigavano interminabilmente il volto.

La luce di quel ritaglio di luna, curioso d’affacciarsi a quella finestra, faceva risplendere il divenire reale e visibile di tanta sofferenza.

«Parlami, ti prego. Parlami ancora.
La libertà che ho scelto per me e la solitudine mi uccidono,Michele…
Io non volevo lasciarti. »- sussurrava con voce rotta e tremante in quella ninna nanna e nel silenzio che, ad essa, si abbracciava,accompagnandola.

«Io ti sento Michele…

 Sarà questo vento che mi sfiora, ma io ti sento.
Sento ancora le tue mani, Michele.»-continuava la voce della donna imperterrita.

Il suo sussurrare non trovava quiete in quella notte : continuava morbido e denso di sofferenza.
La sua preghiera al Vento ed al suo padrone Cielo non trovava stanchezza nello scrivere quanto volesse sentire quella voce e quel loro sfiorarsi, per sperare ancora,seppur nella notte e il suo nulla estremo.

~

~ Avrai cura di tutto quello che ti ho dato

Così, dopo poco, il sonno la portò altrove da quella sofferenza e la sua crudeltà.

E fu candore: bianco e teli di nebbia e foschia .

 

Non conosceva quel luogo, non ricordava d’esserci mai stata, almeno non fino ad allora.
Teneva ancora stretto a sé il suo cucciolo addormentato, ma la solitudine non c’era più: sembrava essersi dissolta nella creazione del mistero di quell’astratto scenario.

Monica si guardava tutt’intorno, scrutando ogni minimo particolare, ma quel velo di foschia non le consentiva la vista.
Restò in silenzio ed immobile, attendendo l’ignoto, totalmente avvolta dal suo essere indifesa.
Non aveva paura.

D’improvviso, suoni indistinti fecero irruzione in quello stagliarsi di silenzio.
Monica ascoltava muta.

Quel crescendo di rumor di passi si avvicinavano sempre più.
Il brillare di un riflesso di luce si proiettò distrattamente dinnanzi ai suoi occhi celesti, ma neppure questo la spinse a voltarsi.

Attese e, poi, lo sentì.
Le braccia di Michele la stringevano in vita con quella dolcezza di cui, solo lui, era capace.

Monica continuò a non voltarsi, si limitò a poggiare il capo all’indietro, cercando la sua spalla.

Quegli attimi sfidarono il tempo: l’uomo e la donna lottarono perché quella manciata di momenti non trovasse fine.
Il tempo e la sua crudeltà cessarono di scorrere.

Monica si voltò, cercando quegli occhi e, ancora incredula, lo chiamò:
«Michele…»

Lui, ormai davanti a lei, nello splendore delle sue morbide ali, le sfiorava il volto, non facendosi sfuggire ciò che gli diceva.

«Michele, io non ce la faccio senza di te.

Michele, io non volevo, non volevo lasciarti andare.

Sono solo tua, l’ho lasciato. »- continuava con il suo sussurro e il suo pianto Monica che si sentiva,ingiustamente,colpevole- «Michele, non andartene ancora. »

Detto questo, fermò le sue parole per un po’, guardando Michele sfiorare il piccolo, ancora addormentato.
Poi, ricominciò ad implorarlo.

«Io continuo a volerti: io da sola non ce la faccio…
Lo so, ho scelto io di rimanere sola, lasciando tuo fratello, ma io non lo amavo. »
«Michele, ti prego, parlami. »-sussurrò ancora.

Poi,silenzio.

In quell’istante, Michele alzò lo sguardo per guardarla negli occhi, mentre con una mano le accarezzava i capelli.

Iniziò a parlarle, alternando lunghi sospiri e silenzi.

«Monica, tu non sei mai sola.
E’ come se io e te fossimo perennemente avvolti in un abbraccio.
Sono sempre accanto a te.
Io vivo, sai? E penso che tu sappia che potrai trovarmi sempre, negli occhi di chi è vita per me e con me…»-continuò a rassicurarla l’uomo, guardandola dolcemente.

Monica abbassò lo sguardo, ammirando il loro amore respirare tranquillo tra le loro stesse braccia.
Sollevò il volto,illuminando gli occhi di Michele, concedendogli il brillare di un suo sorriso, seppur fosse, anch’esso, vittima del dolore.
La strinse ancora un po’, si avvicinò e la baciò sulla fronte.
Poi, chinandosi diede un bacio anche al loro piccolo.

«Va’…»-le disse dolcemente Michele, cercando di nascondere la sofferenza di concedere a quel nuovo addio di portarla lontana dai suoi occhi, dalle sue braccia.

Si sfiorarono ancora le mani.

Prima che lui si voltasse nel guardare, con gli occhi lucidi di nostalgia, la strada che lo attendeva, si voltò ancora verso di lei e, senza mai distogliere gli occhi dai suoi, si allontanò con lenti passi al contrario.

Il buio e quei passi in lontananza musicavano il loro andarsene sofferto, sempre più lento, sempre più debole.


~

Monica aprì gli occhi: tutto era scomparso di nuovo.

E lui?
Il loro addio era stato narrato dolcemente,inesorabilmente, lasciando il niente dietro di sé.


Avrai cura di tutto quello che ti ho dato.
Avrò cura di tutto quello che mi hai dato.



 Avremo cura di tutto quello che abbiamo donato a noi stessi
per ricordare al mondo che siamo esistiti. 

Ma nel niente, rimaneva il realizzarsi dell’incantesimo di quei due occhi grandi che si stropicciavano dinnanzi a lei, parlandole della dolcezza infinita che quel piccolo era, che loro erano stati.
Li cercò (quegli occhi), ne trovò la luce immensa che irradiava quel buio, nel diventare giorno.
Nel sorgere del sole, fuori la finestra, capì dove il suo angelo decise di cantare ancora la vita.

Quella ninna nanna continuava a suonare poesie nel sussurro di quella donna che, alzando gli occhi al cielo, pensava instancabilmente:

« Inesorabili i tuoi occhi nei suoi. »



() Luce- Elisa


Storia partecipante al challenge 'One Hundred Prompt'
Prompt n.89 - Sogno
The One Hundred Prompt Project

   
 
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