* Prima classificata al "Genderbender Contest"*
Photography
{Storia di uno sguardo}
Clic, clic, clic.
Il dito
calava sul mouse con un ritmo piuttosto regolare, mentre sfogliava le foto che
si susseguivano in ordine sparso sullo schermo del suo
pc.
Guardava tutto con distacco, Sasuke, come se il
soggetto delle immagini non fosse lui; come se tutto ciò che quegli scatti
ritraevano non lo riguardasse.
Si concesse
un sorso di caffè, giusto per scaldare le ossa intorpidite dal sonno e dal
freddo mattutino. Il gusto acre della bevanda colpì le narici e il
palato, costringendolo a strapparsi dalle braccia di Morfeo che cercavano ancora
di cingerlo con dolcezza.
Continuò a
scorrere le foto, fino a quando non si bloccò su una in
particolare.
C'era lui: il solito viso, la solita espressione
impassibile e distante, il solito sguardo d'ossidiana.
E c'era
lei.
Lei, bella, ma in una maniera così mutevole da
apparire non bella. Lei, Azuko.
Sasuke rimase
un attimo a fissare il viso ovale della ragazza, con i suoi capelli castani,
così scuri da sembrare neri e gli occhi verdi allungati come quelli di un
gatto. Sasuke l'aveva sempre trovata bella, anche se non
lo avrebbe mai ammesso, nemmeno se fosse stato sottoposto alle peggiori
torture.
Il ricordo di quella foto, di quel particolare
momento, sfiorò per un attimo la sua mente, ma si perse nella massa di ricordi
che aveva accantonato impietosamente in un angolo, troppo dolorosi per essere
sfogliati ogni giorno.
Ricordi, sì,
perché Azuko non era altro; Azuko era morta, oramai.
La
consapevolezza che lei non fosse più lì, con lui, lo tormentava continuamente e
fingeva che non gli importasse, che la cosa non lo sfiorasse minimamente.
Fingeva di aver dimenticato il suo volto, i suoi occhi bistrati, quando
erano l'unica cosa che avrebbe voluto vedere.
E ogni
giorno, ogni attimo e secondo della sua giornata lo tormentava il ricordo della
loro ultima occhiata, di quello sguardo fuggevole ed eterno lanciato da sopra il
cofano di un auto.
Era stato tutto molto veloci; erano bastati pochi
secondi a distruggere due esistenza.
C'era quella
macchina, un guidatore probabilmente ubriaco che, scherzo del destino, era
sopravvissuto.
Ma lei, Azuko, era morta per salvare
lui.
Nessuno si sarebbe mai aspettato che lei lo
facesse, nessuno, nemmeno lui. Lei, così
fredda, sempre arrabbiata con il mondo, sembrava quel genere di persona che
pensa solo al denaro e a sé stessa.
Avida ed
egoista, la definivano.
Guardò ancora
l'immagine: Azuko sorrideva, in uno dei rari momenti in cui le sue labbra si
arricciavano verso l'alto.
Le labbra
rosse erano sottili e lasciavano scoperti i denti bianchi: aveva davvero un bel
sorriso, peccato che lo avesse nascosto per tutta la vita dietro quella che era
stata un'espressione di freddo sarcasmo e muto rancore.
Sasuke si
ritrovò a pensare che nessuno l'aveva mai conosciuta davvero: Azuko era sempre
stata una persona solitaria, di quelle che non hanno bisogno di nessuno per
stare bene.
Solo lui sapeva che era innamorata della
fotografia.
Viveva in simbiosi con la sua macchina
fotografia, immortalando attimi di vita vissuta dovunque
andasse.
Se ci pensava, non ricordava di averla mai vista
senza la sua fidata fotocamera al collo o in mano.
Per Azuko
fotografare qualcosa o qualcuno era come impedire al tempo di scorrere oltre
quel preciso istante, bloccarlo e renderlo immobile e immutabile.
Era un modo per mettere sulla stessa linea cuore, mente e occhi. Era un
modo di vivere.
Uno stesso istante ripetuto in eterno, un ricordo
destinato a protrarsi per sempre: era come incidere nel tempo e nello spazio
qualcosa di incancellabile.
Strinse il
marchingegno, ricordando come le brillavano gli occhi quando parlava del suo
hobby: quello scintillio che sembrava una luce nel bosco scuro, l'unica via di
fuga dalle tenebre della disperazione più cupa.
Gli parve
quasi di sentirla, Azuko, mentre parlava con la sua voce caustica.
Scivolava sulla pelle, accarezzava i timpani e abbracciava la mente, la
sua voce.
La vedeva, la sentiva, quasi poteva toccarla
tanto era reale l'illusione di averla accanto ancora una volta; sembrava colmare
ogni mancanza.
Si lasciò cullare dalla sua immagine, dai suoi
occhi verdi più vividi che mai, dal suo profumo di mandorle che sembrava
avvolgerlo come una coperta, scaldandolo.
Passarono i
minuti, in quel silenzio perfetto rotto solo dalla pioggia leggera che
tempestava i vetri delle finestre e dallo stormire del vento tra le
foglie.
E fu quel vento a riportarlo indietro, mandando
in frantumi la dolcezza di quella piccola illusione; che cosa stai facendo,
Sasuke?, si chiese, sbattendo le palpebre turbato.
Scosse la
testa, sorridendo beffardamente rivolto a sè stesso.
Posò la
macchina sulla scrivania, prese lo zaino e lo posò sulla spalla prima di uscire
dalla stanza, indifferente a tutto e a tutti.
Prima che
l'uscio si chiudesse alle sue spalle, gettò un'ultima occhiata alla macchina
fotografica a quei vividi occhi di smeraldo che sembravano capaci di leggergli
l'anima anche da dovunque lei fosse.
Fine
Note
dell'Autore (facoltative): Allora, la
coppia era piuttosto difficile quindi dubito di essere riuscita a rimanere IC;
non credo sia così plausibile, nella maggior parte dei casi, un Sasuke così
perso e pensieroso.
E
allora ti chiederai perchè l'ho delineato così.
Risposta semplice: penso che se Sasuke
perdesse qualcuno che ha amato davvero, sì, potrebbe essere così malinconico e
triste per poi, ovviamente, tornare a vestire i panni dell'indifferente Uchiha
di sempre.
Inoltre
bisogna ricordare che qui è immerso nella solitudine della sua stanza e penso
che almeno lì potrebbe lasciarsi andare e pensare almeno con un po' di
tristezza e dolore.
Non so da dove è nata questa storia, ma so che il genere drammatico calza
a pennello con il mio umore mensile indi per cui non è stato difficile
scriverne.
La coppia
ha complicato notevolmente la stesura, però.
Per quanto riguarda i personaggi, ho deciso
che Azuko (Kakuzo) dovesse essere simile caratterialmente e, in qualcosa,
nell'aspetto al suo originale.
E' mora, con gli
occhi verdi e ha un carattere molto solitario e quasi macabro, con la sua innata
avidità.
L'espediente del
vento per “tornare alla realtà” è un dono del buon vecchio Giacomo Leopardi:
stavo leggendo l'Infinito, la famosa poesia, quando lo “stormir del vento” mi ha
illuminata e ho pensato che non sarebbe stato male trovare il modo di inserirlo
in questa fic.
Non so cosa ne è
uscito fuori; so solo che sento mia questa storia.
Azuko personifica me stessa: anche io, oramai,
sono morta. Ma questo non centra e spero solo di riuscire a farvi percepire il
mio dolore.
Buona
lettura.
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