Era la solita vita e
movimentata vita a casa Eldelstein,
Roderich era davanti al suo pianoforte, riempiva l’aria con
la sua dolce
musica, creando un’aria di tranquillità,
interrotta, però, dalla voce della
donna che viveva insieme a lui, anche se non più come
moglie, e dalla voce
dell’uomo che l’austriaco era costretto ad
ospitare, l’uomo che forse odiava di
più al mondo, ma che per la gentilezza della donna di cui
egli era innamorato,
aveva accettato di ospitare. Le due voci litiganti erano: la persona
che
rappresentava il famoso stato dell’Ungheria, Elizabeta, e la
persona che
rappresentava, l’ormai ex-stato, della grande Prussia,
Gilbert. I due, si può
dire, che litigassero, quasi tutti i giorni, sempre per motivi alquanto
stupidi, o per colpa di Gilbert che “allungava”
troppo le mani, come in questo
caso, in cui il prussiano si era permesso di toccare il sedere della
ragazza.
Ella, dal suo canto, aveva subito uscito la sua fidata padella pronta
per
picchiarlo e farlo pentire, cosa che non succedeva mai, del suo gesto.
Proprio in quel momento
l’ungherese era con la sua
fidata padella in alto, pronta a sferrare un altro colpo verso il
prussiano, che
in quel momento, era rannicchiato a terra, per cercare di pararsi la
testa. I
due, però, non sapevano che in quel luogo, oltre a loro, vi
era un’altra
presenza, che li osservava da dietro un cespuglio, pronto a saltare
fuori, visto
che quello era il momento adatto per assalire la sua vittima. Proprio
quando la
ragazza stava per sferrare il colpo, la presenza uscì dal
suo nascondiglio, essa
aveva le fattezze di un essere umano, era un ragazzo non troppo alto,
aveva la
pelle molto chiara, più chiara di quella del prussiano,
aveva dei lunghi
capelli che gli ricadevano sulla schiena, di un biondo molto chiaro,
indossava
solamente dei rimasugli di stoffa, che gli coprivano solamente la parte
inferiore del corpo. Egli aveva uno sguardo serio, quasi arrabbiato, ma
allo
stesso tempo compiaciuto e fissava Gilbert disteso a terra.
“Che essere umano
patetico” disse tranquillamente con
tono quasi divertito.
“Chi
diavolo sei
tu?” fu la risposta brusca dell’ungherese. Forse,
quello era solamente un modo
per difendere Gilbert dall’offesa di quello strano uomo.
Intanto, il prussiano,
non vedendo arrivare il colpo, si era alzato per vedere chi fosse il
suo
salvatore, nonostante l’avesse chiamato essere umano
patetico, ora, era pronto
ovviamente, a punirlo per aver offeso il magnifico lui.
“Non ti
preoccupare Liz,il magnifico me sa difendersi
da sol…”. Non riuscì a finire la frase,
che una freccia gli sfiorò il viso, graffiandoglielo.
Doveva averla lanciata quell’uomo, ma la cosa strana era che
egli non si era
per niente mosso. Aveva, forse, degli alleati nascosti?
“Essere
umano, se non vuoi che uccida la tua compagna, arrenditi e vieni subito
qui”.
Gilbert a quelle parole si arrabbiò veramente: non solo
aveva offeso e sfidato
il magnifico lui, ma stava anche minacciando la persona a cui lui
teneva di
più.
“Ti pentirai di
aver affrontato il magnifico me” disse,
portando la mano vicino al fianco come per prendere la spada, che,
però, proprio
in quel momento non aveva. Il prussiano cadde nel panico, cercando
però di non
darlo a vedere. Non sapeva proprio che fare, quel tipo sembrava
pericoloso e
lui era completamente disarmato.
“Fatti
avanti!”
Era stata Elizabeta a
parlare. Lei di certo era molto
più coraggiosa del prussiano, il quale era rimasto molto
stupito del gesto
della ragazza: lei non era di certo armata, aveva solo la sua padella,
ma aveva
poco da fare, se i suoi avversari erano muniti di frecce. La ragazza
intanto si
era messa davanti a Gilbert, avrebbe difeso sé stessa e
anche il prussiano. Lei
era una donna forte, non poteva farsi sconfiggere da una persona come
quella, che
arrivava in casa d’altri e minacciava la gente
così, senza un motivo ben
preciso.
“Avete appena
segnato il vostro destino” disse
l’estraneo partendo ad una velocità incredibile
contro i due. Elizabeta si
preparò a parare con la padella, consapevole del fatto che
di sicuro sarebbe
stata ferita, anche se l’uomo era a mani nude. Chiuse
impulsivamente gli occhi,
ma vide che il colpo non arrivò, aprì gli occhi
per vedere chi o che cosa
l’avesse parata e vide davanti a sé una schiena,
probabilmente di un ragazzo, aveva
i capelli biondi, raccolti in un coda ed era abbastanza alto, teneva in
mano
una spada con la quale stava bloccando la mano dell’uomo che
li aveva
attaccati.
“Spostatevi”
disse il nuovo arrivato con un tono di
voce abbastanza alto, probabilmente era preoccupato per la sorte delle
persone
che aveva appena protetto. Gilbert, dal suo canto, trascinò
Ungheria il più
indietro possibile, per poi mettersi poi accanto al nuovo arrivato.
Sarebbe
stato poco figo far combattere solamente lui e restare con le mani in
mano. Già
era stato abbastanza vergognoso essere stato protetto da Elizabeta.
“Ho detto di spostarvi”
ripeté il nuovo arrivato con un tono spazientito.
Vedendolo in faccia, non doveva avere più di
vent’anni, aveva dei lineamenti
molto fini e i suoi occhi erano di color oro.
“Il magnifico me
non fugge mai davanti al pericolo!”
disse con tono orgoglioso il prussiano. Non sarebbe di certo scappato,
anche se
era disarmato.
Intanto l’uomo che
precedentemente li aveva attaccati
approfittò dell’attimo di distrazione dei due per
afferrare Gilbert per la
gola. Il biondo rimase stupito da quell’attacco che si
sarebbe dovuto
aspettare, imprecò nella mente un
“dannazione” e cercò di colpire
l’uomo con la
sua spada, tentativo che risultò vano, visto che
l’uomo si spostò all’indietro
con la stessa velocità con la quale stava attaccando qualche
momento prima il
prussiano e l’ungherese.
“Non ti muovere,
Edward
Elric, o lo uccido!”. “Non
ti muovere, Edward Elric, o lo uccido!”. Il biondo non
osò
muoversi, altrettanto l’ungherese, quest’ultima
aveva paura che quell’uomo
potesse fargli del male sul serio, anche se lei aveva
spesso litigato con il prussiano, provava nei
suoi confronti dei sentimenti profondi che aveva paura di esternare,
perché non
sapeva cosa provasse Gilbert per lei, di certo non avrebbe potuto
dirgli ciò
che provava se il
prussiano fosse morto.
L’uomo intanto si
toccò la fronte, dalla quale spuntò
un grande occhio. Il nuovo arrivato, o meglio Edward, aveva capito
ciò che
l’uomo stava per fare, ma di nuovo come quella volta non
poteva intervenire, o
il prussiano sarebbe morto, intanto l’uomo fece scivolare
dall’occhio, appena
spuntato, un liquido rosso, che nelle mani di quest’ultimo
diventò una pietra, l’avvicinò
alla ferita che si era fatto precedentemente il prussiano ed essa
ridiventò
liquida. L’uomo intanto sorrideva compiaciuto. Il prussiano
cominciò a
dimenarsi in preda al dolore, si sentiva il corpo esplodere, come se
qualcuno
volesse impossessarsi di lui. L’uomo lo mollò
facendolo cadere a terra.
“E ora osservate
la creazione di un Homunculus…”
Quest’ultimo,
però, non si accorse dell’arrivo di una
spada che gli attraversò lo stomaco, almeno non se ne
accorse finché non
cominciò a sentire il dolore. In quel momento, infatti,
cominciò ad urlare e
corse via: non gli conveniva di certo rimanere in quel luogo, ferito e
contro
tre persone avrebbe perso di sicuro, e poi tanto il suo compito ormai
l’aveva
svolto, l’Homunculus appena creato di sicuro lo sarebbe
andato a cercare, infondo,
lui era appena diventato suo figlio.
Mentre l’uomo
scappava, Gilbert era ancora in preda al
dolore e urlava come forse non aveva mai fatto in vita sua.
Elizabeta, preoccupata,
corse verso di lui e gli si
chinò accanto, fissò colui che aveva colpito
l’uomo di prima.
Era un ragazzo con lo stesso
colore di capelli di
Edward, teneva però un taglio corto e i suoi occhi non erano
dorati bensì
verdi,anche lui non doveva avere più di 20 anni.
L’ungherese, poi, si voltò
verso Edward. Sembrava essere consapevole della situazione, magari
sapeva anche
come far smettere di soffrire il povero Gilbert.
“Tu sai cosa gli
sta succedendo?”
Edward parve come
risvegliarsi da una specie di trance,
probabilmente per lui era come rivivere un’esperienza del
passato. Si voltò
verso la ragazza e notando che era messa vicino all’albino
corse verso di lei.
“Devi spostarti,
può diventare pericoloso…”
“Prima devi dirmi
che gli sta succedendo!”
Edward parve esitare.
Infondo, la cosa che gli stava
per dire non sarebbe stata di certo bella, ma lo sguardo della ragazza
era
molto determinato, e capì che se non gli avesse detto la
verità, lei non si
sarebbe di certo spostata.
“L’uomo
che c’era prima, il Padre, ha iniettato una pietra
filosofale all’interno del corpo del tuo amico. Se il suo
corpo reagisse bene
diventerà un Homunculus, se il suo corpo invece reagisse
male…” fece una pausa
“…morirà”.
Elizabeta non disse niente,
non aveva capito quasi
niente del discorso che le aveva fatto il ragazzo, aveva solamente
capito che
era qualcosa di molto brutto per Gilbert. Riprese quindi a fissarlo.
Lui si
contorceva ancora dal dolore, anche se aveva smesso di urlare.
Non voleva che morisse.
Infondo, gli voleva bene, erano
cresciuti insieme ed era il suo migliore amico, non voleva che morisse
per
colpa di uno sconosciuto… Doveva assolutamente fare
qualcosa, qualsiasi cosa.
“Dai fratellone,
non si fanno abbattere le ragazze
così” disse il ragazzo che poco prima aveva
colpito il Padre.
“Ma Al, ho
solamente detto quello che sta succedendo!”
“Non ti
preoccupare, vedrai che non morirà…!”
disse con
tono gentile l’altro, questa volta rivolto verso Elizabeta.
Poi all’improvviso
Gilbert smise di muoversi. La ragazza lo guardò ancora
più preoccupata, temeva
per il peggio. Forse era già morto. Allungò
lentamente la mano verso il polso
dell’amico, aveva quasi paura di farlo, ma proprio quando lei
posò la sua mano
sul suo polso, egli aprì gli occhi di scatto, Elizabeta
felice nel vedere che
era vivo, senza pensarci, l’abbracciò.
“Sono contenta che
tu sia vivo, Gilbert!”disse, prima
che Edward ed Al la trascinassero lontano dal nuovo Homunculus.
“Cosa
fate?” fu la risposta di Elizabeta, che si liberò
dalla presa dei due ragazzi. Edward, dal suo canto, stava per
rispondere, ma
prima che cominciasse a parlare fu Gilbert a prendere la parola.
“Gilbert? Era
questo il nome del mio contenitore?”
mentre parlava con tranquillità, si alzò.
Fisicamente stava bene,
tutto il dolore che sembrava
che il ragazzo prima stesse provando era sparito “Devo
ammettere che mi ha dato
parecchio filo da torcere” poi mostrò fiero la sua
mano sinistra, mostrando
così un tatuaggio rosso a forma di serpente uroboro
“Comunque, io sono Greed.”
La ragazza lo
guardò qualche istante con gli occhi
sgranati, non poteva crederci, dov’era il suo Gilbert? Quella
persona chi era?
Sarebbe mai ritornato?
La ragazza
cominciò a tremare e cadde a terra sperando
che tutto questo fosse un incubo, rivolse la parola al ragazzo con voce
debole
e tremante “tornerà?”
fece una breve
pausa per evitare di scoppiare in lacrime li, davanti a tutti,
“Gilbert… dov’è?”.
No, non era vero, tutto questo era impossibile, Gilbert se ne era
andato e non
ha neanche avuto la possibilità di dirgli ciò che
provava, il loro ultimo
attimo insieme fu quando colpì con la padella il prussiano,
non poteva finire
così.
Greed si
allontanò veloce, senza dare una risposta alla
ragazza, nessuno sapeva dove stesse andando, e non fecero neanche in
tempo a
seguirlo che il nuovo Homunculus era sparito nel bosco circostante