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Autore: LaTuM    19/08/2010    9 recensioni
"Ancora non capisco perché quel cavallo mi abbia disarcionato.”
“Non potete pretendere di piacere a tutti.”
“E a te Merlin? A te piaccio?”
[Arthur/Merlin]
Genere: Commedia, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Disclaimer: I personaggi di Merlin non mi appartengono, benché meno lo sceneggiato. Da questa storia non ci ricavo assolutamente nulla ù_ù

 

 

All The King's Horses

Parte II

 

 

La voce di Gaius investì il mago non appena questo fece ritorno alla dimora del medico di corte.

“Hai fatto quanto ti avevo detto?”

“Certamente.”

“Hai fatto in modo che la contrattura si riassorbisse?”

“Sì, e penso di esserci riuscito anche discretamente bene.”

“Te la sei presa con comodo” lo schernì dolcemente l’uomo posando in tavola le ciotole in cui era contenuta la loro cena. Stufato di una qualche carne che Gaius era riuscito a farsi dare nelle cucine. E verdure. Merlin – da che era a Camelot – aveva iniziato ad odiarle. E aveva buone ragioni per farlo.

“Lo sai meglio di me quanto ci vuole per convincere Arthur a farsi curare in generale. Il fatto che abbia dovuto farlo io non l’ha di certo persuaso a collaborare senza fare storie.”

Gaius annuì.

“Il vostro lavoro con i cavalieri di Arthur?” domandò Merlin iniziando a magiare affamato la sua cena.

“Giovani inesperti ma almeno poco inclini a lamentarsi. Probabilmente erano le prime ferite della loro storia in qualità di aspiranti cavalieri: farsi vedere forti e capaci di sopportare il dolore doveva essere un punto d’onore per loro.”

Il mago sorrise. Erano tutti uguali: re e principi, cavalieri o aspiranti tali dovevano mostrarsi tutti di essere – almeno apparentemente – senza macchia e senza paura. Ma Merlin sapeva che in fondo, l’unico ad avere queste caratteristiche era il suo Principe. Ed era un puro di cuore. Anhora l’aveva detto ed Arthur l’aveva dimostrato, tant’è che non aveva esitato un istante ad ingannarlo per bere lui il calice apparentemente avvelenato per salvargli la vita. Con quel suo eroico gesto la pestilenza maledetta che si era abbattuta su Camelot era stata tolta e l’unicorno era tornato a vivere.

“Sei pensieroso, Merlin” constatò Gaius “Solitamente è difficile farti stare zitto tante sono le cose di cui devi lamentarti…”

“Solitamente mi lamento solo di Arthur. Nel complesso gli altri o m’ignorano o mi trattano come un qualunque essere umano. Un po’ idiota, ma questo sembra salvarmi quando accade qualche stranezza intorno a me” rispose Merlin bevendo un po’ d’acqua dalla sua tazza. Benché a Gaius non mancasse nulla, né cibo, né denaro, la differenza con il lusso in cui viveva Arthur – e la corte in generale – lo lasciava sempre esterrefatto. Per lui la vita presso l’abitazione del medico di corte era più che sufficiente. Certo, l’idea di essere servito e riverito lo affascinava molto, ma probabilmente si sarebbe sentito a disagio se si fosse ritrovato… sull’altro lato della medaglia.

“Appunto…” disse Gaius squadrando il ragazzo che, in tutta risposta, alzò le spalle indifferente.

“Avete discusso?”

“No! Perché avremmo dovuto?”

L’occhiata dell’uomo fu una risposta sufficiente.

“Va bene, domanda sbagliata, ma devo dire che stavolta abbiamo avuto una conversazione quasi civile. Ogni tanto ha dubbi sul suo destino di Re e mentre lui parla, io lo ascolto. O almeno fingo di falo.”

“Sono certo che se ti chiedessi di dirmi cosa affligge Arthur, sapresti ripetermi ogni parola da lui pronunciata dal giorno in cui sei entrato alle sue dipendenze…” gli fece notare Gaius con lo stesso tono con cui un vecchio saggio spiegava la Verità a chiunque lo ascoltasse. E forse Gaius si avvicinava molto all’immagine del vecchio saggio dell’Antica Religione. Merlin non ne sapeva molto, l’uomo non ne parlava mai volentieri, ma il ragazzo era certo che quando la magia era ancora permessa a Camelot, Gaius doveva essere stato un grande mago. L’unica cosa era che, a differenza di Merlin, la magia del medico di corte proveniva dallo studio, non gli fluiva nel sangue. La magia per Merlin era istinto. Per Gaius solo sapienza e per questo l’uomo era rimasto estremamente affascinato dalle potenzialità di Merlin la prima volta che l’aveva incontrato. Anni fa probabilmente il medico avrebbe stretto un patto con chissà quale sacerdote per essere anche solo lontanamente com’era Merlin. Con la differenza che ora per quest’ultimo era già stata firmata una condanna a morte da prima che mettesse piede a Camelot. Almeno, lo sarebbe stata nel caso in cui la sua magia venisse rivelata, ma preferiva di gran lunga non pensarci.

“Ti sei ancora perso nei tuoi pensieri?” lo richiamò Gaius distraendo Merlin dalle sue riflessioni.

“Temo di sì” rispose il ragazzo riprendendo a mangiare.

L’uomo scosse la testa ma sorrise.

“A parte le lamentele che avrà fatto per farsi curare, come sta il nostro Principe?”

“Si lagna, ma ha sopportato di peggio” disse Merlin ingoiando l’ultimo pezzo di carne. Nonostante le porzioni doppie che Gaius gli serviva, riusciva sempre a finire di mangiare prima dell’uomo e, quando di alzava da tavola, c’era sempre un leggero senso di fame che non lo abbandonava mai.

“Il distillato di arnica che gli hai dato allevierà sicuramente il dolore” concluse Gaius rassicurando il mago.

Merlin arricciò lievemente le labbra ed annuì colpevole.

“Sì. Ehm… Devo andare vedere se Arthur sta meglio. Glielo avevo promesso” disse il ragazzo alzandosi e avviandosi verso la porta.

“Merlin” lo richiamò pazientemente la voce del medico di corte.

“Sì?”

L’uomo mise la mano nella borsa di cuoio che il moro aveva lasciato su una panca accanto al tavolo e si avvicinò a lui con uno sguardo di chi la sapeva lunga.

“L’intera dose” spiegò Gaius dando a Merlin la boccetta in cui era contenuto il medicinale.

Il mago annuì e con un lieve sorriso vagamente imbarazzato salutò l’uomo e si diresse verso le stanze di Arthur.

 

 

Bussare era una pratica che, nonostante i due anni di servizio alla corte dei Pendragon, Merlin non era ancora riuscito a far sua.

In una condizione normale Arthur l’avrebbe sicuramente rimproverato non appena messo piede nella stanza ma, considerando che il Principe era troppo impegnato a fare il ferito per stavolta nessuno lo avrebbe rimproverato per la sua mancanza di rispetto e stoltezza per non aver ancora imparato i principi basilari dell’educazione.

“Sei in ritardo.”

“Io sono sempre in ritardo” scherzò Merlin “E vi ho portato la cena” concluse il mago posando il vassoio con pane, formaggio e della carne stagionata sul letto, abbastanza vicino al Principe, cosicché non avrebbe dovuto sforzarsi – e nemmeno alzarsi – per desinare.

“Uhm” mormorò Arthur lamentandosi.

“Come state?”

La faccia di Arthur si contrasse in una smorfia non appena si girò supino.

“Potrei stare meglio.”

“Effettivamente c’è qualcosa che potrebbe farvi stare meglio…” disse Merlin mentre il biondo – dopo essersi messo a sedere – iniziava a mangiare la semplice cena che gli aveva portato il servo.

“E sarebbe?” domandò il Principe a bocca piena.

“Distillato d’arnica, ve lo manda Gaius. Ha detto che questo mitigherà il dolore e lo farà scemare nel giro di alcune ore.”

“Comunque domani verrà, vero?”

Il mago annuì e il Principe parve rassicurato da ciò. Già una volta Gaius – quando il ragazzo aveva provato a curare la ferita infetta di Mordred - gli aveva detto che non aveva la stoffa del medico, ma vedersi così poco considerato era sempre frustrante.

“Merlin?” lo richiamò Arthur sventolandogli la mano sinistra davanti agli occhi.

“Perdonatemi, Sire. Mi ero distratto” si scusò il moro.

“Già… me ne ero accorto” rispose l’altro prendendo un pezzo di pane e della carne stagionata.

“Quando vi sentite sazio, prendete questo” disse il mago aprendo la boccetta col distillato d’arnica e mettendola sul vassoio insieme al leggero pasto del Principe.

Quest’ultimo annuì mentre osservava Merlin mettere approssimativamente in ordine oggetti e vestiti sparsi per la stanza. Non che Arthur apprezzasse l’incapacità di quel servo che si era ritrovato ad dover accettare per ordine del padre, ma in qualche modo si era abituato – e forse anche affezionato – a Merlin e alle sua stranezza, goffaggine e alla sua cronica incapacità di portare correttamente a termine qualunque compito gli venisse affidato.

“Piantala di fingere di lavorare” gli fece notare il biondo facendo cenno al servo di avvicinarsi.

“Non potete dire che almeno non ci provi” lo rimbeccò il mago raggiungendo comunque il letto del Principe.

“Ammettilo che sei contento di vedermi così.”

Merlin sospirò. Arthur era davvero un asino. E con la testa di legno, per giunta!

“Mi diverte, ma non sono di certo contento. Un modo per sentirvi meglio è prendere l’intruglio di Gaius.”

“Fa schifo” rispose il Principe portandoselo alle labbra.

“Un respiro profondo…” lo incitò il mago venendo fulminato con lo sguardo. Arthur comunque fece quanto gli era stato detto e, trattenendo il fiato, buttò giù tutto il medicinale che gli era stato prescritto.

“Credo che sia una delle cose più disgustose che Gaius sia in grado di preparare…”

“Fidatevi, può fare di peggio. Di molto peggio” disse Merlin rabbrividendo al pensiero di quando aveva dovuto assaggiare la pozione per la troll Catrina. Certe volte poteva ancora sentirne l’orrido sapore sulla lingua.

“Togliti gli stivali” gli ordinò Arthur all’improvviso distraendolo completamente dai ricordi che aveva del troll.

“Eh?” domandò il mago guardando perplesso il Principe.

“Fai quello che ti ho detto.”

Merlin storse il naso perplesso ma fece quanto gli era stato ordinato. Non fece quasi in tempo a sfilarsi il secondo stivale che Arthur l’aveva afferrato per un polso, costringendolo a capitolare sul comodo giaciglio reale. Il momento di shock iniziale del mago per lo strattone ricevuto ebbe breve vita poiché sostituto dallo stupore di sentirsi ancorare al letto dal peso del biondo e delle labbra di quest’ultimo posarsi impunemente sulle sue chiedendo - anzi no -, pretendo l’accesso alla sua bocca.

Accesso che Merlin si ritrovò a concedergli senza alcuna esitazione e che gli diede modo di percepire l’amaro retrogusto del distillato d’arnica. Gli occhi del mago si chiusero non appena notò le palpebre del Principe abbassate. La sua espressione basita incontrò dopo qualche secondo quella divertita di Arthur non appena questo interrupe il contatto con la bocca del moro.

“Fa schifo o no?”

“Voi o l’arni-Ahia!”

Con gesti veloci, simili ai colpi che Arthur era solito utilizzare in duello, il biondo lo privò dapprima del fazzoletto che portava al collo (il quale finì a terra, sopra i suoi stivali), poi della giacca e della maglia che aveva indosso. Merlin temette il gelo della fredda aria serale, ma poi si rese conto che quelle erano le stanze reali - stanze che lui stesso doveva provvedere a riscaldare - e l’unica cosa che il mago avvertì fu la sensazione delle pregiate lenzuola e coperta sotto la sua schiena e la calda pelle di Arthur sulla sua.

Il moro tremò leggermente più per l’eccitazione che per altro. Non temeva Arthur e non considerava quel gesto un’offesa nei suoi confronti. Era strano, ma non poteva negare a se stesso che vi fosse un sentimento che – almeno da parte sua –che in fondo gli aveva fatto sperare o in qualche modo desiderare che qualcosa del genere accadesse.

“Non eravate impossibilitato a muovervi?” domandò Merlin inarcando il busto sotto il tocco di Arthur, affinché i loro corpi entrassero maggiormente in contatto.

“Non abbastanza” sussurrò il Principe nell’orecchio del moro prima di mordergli la pelle nivea del collo, risalendo fino al mento per tornare poi a baciarlo.

Merlin, che fino a quel momento non aveva reagito se non lo stretto indispensabile, portò le mani sulla nuca del biondo, affondando le dita delle ciocche dorate del ragazzo mentre lottavano in una guerra questa volta combattuta non del tutto ad armi impari.

Il corpo di Arthur sembrava tendere sempre di più alla ricerca di quello del suo servo, quasi avesse la necessità vitale di sentirlo completamente sotto di sé. E non era unicamente una questione di dominio. Era una questione di bisogno.

Merlin cercò di contenersi quando la bocca del biondo si dischiuse sul suo collo, accarezzandogli la pelle dapprima con le labbra, poi con la punta della lingua, sfidandolo in qualche modo a reagire. La risposta del mago non si fece attendere giacché le sue mani iniziarono a vagare curiose - e a loro volta bisognose – sulla schiena di Arthur, sentendo i muscoli guizzare sotto il suo tocco e la pelle tendersi e tremare per l’eccitazione.

Tra baci e mani impudiche, la stoffa superflua che li separava venne ben presto allontanata e buttata ai piedi del letto di Arthur. Le coperte e le pellicce creavano calore a sufficienza, ma i loro movimenti e lo strofinio dei loro corpi affannati e sudati stavano rendendo quelle fonti di calore quasi un fastidio.

Il biondo fino all’ultimo non era stato sicuro che Merlin avrebbe accettato, la stessa domanda a tradimento che gli aveva rivolto nel pomeriggio non lo aveva rassicurato. Ma aveva ugualmente osato e il suo servo non si era tirato indietro. E lo sentiva sotto le sue mani e le sue labbra che le carezze e i baci del ragazzo non erano servili. Merlin non era mai servile, se non avesse voluto, si sarebbe tirato indietro prima ancora che Arthur osasse toccarlo. Eppure non l’aveva fatto. Era rimasto lì, lasciandosi trascinare fra le coltri del suo giaciglio a godere di quel contatto che Arthur bramava. Sapevano entrambi che era strano. Eccessivamente strano, ma allo stesso modo sapevano che stavano percorrendo una sorta di strada, un sentiero già battuto in vista del loro arrivo.

Gemiti silenziosi e respiri affannati riempivano l’intera stanza mentre il fuoco delle candele e le braci ancora ardenti del camino celavano ad occhi indiscreti – e forse anche ai loro stessi occhi – le due facce della stessa medaglia che andavano a riunirsi, creando quell’unica moneta che avrebbe permesso al destino di compiersi.

Il mago morse il labbro inferiore di Arthur e questo si ritrovò per un istante costretto a ritrarsi per il dolore dei denti di Merlin che erano andati a stimolare eccessivamente il taglio – seppur lieve – ancora non rimarginato.

“Così posso stare certo che la ferita al labbro non si rimarginerà più” gli sussurrò il biondo sulle labbra rallentando i suoi movimenti.

Merlin sbuffò divertito prima di sentire il volto di Arthur affondare sul suo collo e mordergli lievemente un lembo di pelle, mandandogli una scarica di brividi. Brividi che diventarono un tutt’uno con i tremiti dell’eccitazione: i gemiti di Merlin si fecero più intensi e profondi man mano che Arthur aumentava la velocità e la pressione delle spinte. I loro bacini di scontravano, le loro erezioni s’incontravano facendogli perdere ogni contatto con la realtà. Arthur si appoggiò – non senza fatica - sugli avambracci in modo da poter sostenere il ritmo da lui deciso mentre il servo continuava a spingere il bacino verso il suo, alla ricerca di un sollievo che non tardò ad arrivare. Con un’ultima spinta Arthur inchiodò le braccia di Merlin al letto, impedendogli di muoversi e morse affamato la sensibile pelle del collo del moro, mentre entrambi venivano scossi dal piacere dell’orgasmo e al momento con la mente troppo annebbiata per far caso al fatto che servo e padrone avevano appena… beh, il sapore della loro pelle e le fronti imperlate di sudore parlavano a sufficienza.

Non avevano propriamente giaciuto insieme, ma il fiato corto di entrambi e il respiro concitato alla ricerca d’aria erano facilmente fraintendibili. Anche se al momento Merlin non riusciva a immaginare cosa ci fosse di fraintendibile alla vista di lui inerme sotto il corpo di Arthur, le cui forze l’avevano apparentemente abbandonato.

“A-arthur?” provò a chiamarlo Merlin e il biondo parve capire in anticipo cosa volesse dirgli il ragazzo. Di fatti, seppur con lentezza facendo attenzione al fianco infortunato e ancora lievemente dolente - soprattutto considerato lo sforzo a cui aveva sottoposto il suo corpo – si sdraiò accanto al servo, passandogli una mano introno alla vita.

Merlin non ricordava di essere stato più imbarazzato in vita sua. Neanche quando Arthur l’aveva trascinato a forza sul letto privandolo delle sue vesti l’aveva fatto sentire così esposto alla mercé del Principe. Forse perché quel semplice abbraccio racchiudeva in sé un’intimità tipica solo degli innamorati, di coloro per cui era consuetudine dividere il letto.

Non che non sapesse che a corte vi fosse l’usanza da parte dei nobili di giacere con le proprie serve (e talvolta persino con i servi) ma solitamente la loro permanenza nelle calde coltri nobiliari era sempre direttamente proporzionale alla durata dell’amplesso del signore. Il fatto che Arthur Pendragon, Principe ereditario di Camelot, non solo aveva voluto lui - un servo e non un servetta dalle morbide forme e il corpo accogliente - ma gli stava persino offrendo uno spazio nel proprio letto, era al di fuori ogni logica.

“Ti sento pensare” aveva bofonchiato Arthur con la faccia leggermente affondata nel cuscino.

Merlin, colto alla sprovvista, si ritrovò privo di battute sferzanti con cui replicare.

“Mi sembra l’unica cosa sensata da fare” ribatté comunque il mago.

“Uhmpf…”

Il lamento del Principe però non aveva nulla a che fare con i toni ammorbanti che era solito usare quando qualcosa non andava come desiderava. Era più un lamento divertito, sereno e quasi… felice, si sarebbe azzardato a dire Merlin.

“Stai ancora pensando.”

“Voi sarete bravo con la spada, ma a pensare, se permettete-”

“Tu sei un idiota. Ad ogni modo mi pare di averti appena dato dimostrazione di quanto bene me la cavi con la spada.”

Merlin lo guardò storto. Le candele consumate oramai prossime a spegnersi permisero comunque ad Arthur di vedere l’occhiata che gli aveva lanciato il mago.

“Queste frasi possono intimidire e far ridacchiare imbarazzate le servette di palazzo. Io sono il vostro servo” gli fece presenti Merlin.

Arthur tuffò il viso in quel punto in cui il collo del moro si congiungeva al busto.

“Lo so. E’ per questo che sei qui.”

Merlin fece per replicare qualcosa ma le parole – e i pensieri – vennero soffocati dalle labbra del biondo che gli posarono un lieve bacio sulla linea della giugulare. Nulla di più, nulla di meno. Semplicemente un bacio.

“Io non scherzavo quando ho detto che mi piaci…” borbottò Arthur stringendo maggiormente il corpo di Merlin con il braccio sano.

Il mago sorrise e decise di lasciarsi finalmente avvolgere da quel calore forte e vigoroso che il corpo del biondo aveva sempre sprigionato. Solo che non aveva mai avuto il piacere di constatare di persona quanto potesse essere piacevole sentirlo sulla sua stessa pelle.

Il respiro di entrambi si regolarizzò e, prima che cadessero nell’oblio del sonno, Arthur sentì un lieve sussurro provenire dal ragazzo che stringeva a sé.

 

“Nemmeno io.”

 

-Fine-

 

Note dell’autrice:

E slash fu!

Ce l’ho fatta ad arrivare a slasharli finalmente e ne sono molto felice. Alle esperte del pairing poi l’ardua sentenza, ma mi è piaciuto molto scrivere questa storia. La divisione in due parti/capitoli credo sia stata appropriata, perché ci sono toni e temi ben diversi. E se nella prima c’è un maggior pathos epico e UST (e io amo l’UST), in questa c’è più ironia e leggerezza. Insomma, una storia di due capitoli ma che ho voluto fortemente separare, anche se una shot di 4.000 parole per me solitamente è il minimo sindacale x3

Credo si tutto, spero di scriverne ancora perché ho amato muovere questi due Pisquani ^^

Ringraziamenti!

bilancina92: grazie mille! Sì, Arthur è uno zuccone e un babbeo, ma sa farsi voler bene anche per questo... da Merlin sicuramente  se non altro x3 Spero che la seconda parte sia stata di tuo gradimento =)

Mo Caffrey: mi fa piacere che questa storia sia riuscita a risollevarti l'umore ^^ Spero valga anche per questa seconda parte =) Grazie mille per i complimenti, mi fa piacere che Arthur ti sia piaciuto, mi sono divertita molto a scrivere di lui ^^ Grazie ancora <3

_ichigo_85: spero che l'aggiornamento non ti abbia fatto penare e non ti abbia fatto passare la voglia di leggere =) Sono felice che il rapporto tra i due ti sia sembrato valido e il cameratismo apprezzabile. Ho cercato d'inserire entrambi gli aspetti della loro vita: i ruoli che ricoprono ma anche semplicemente un'amicizia che c'è tra due persone (il fatto che poi l'amicizia diventi slash è del tutto relativo XD). Grazie per l'appunto sul 'voi', non appena visto ho provveduto a sistemarlo x3 Spero che questa seconda parte ti sia piaciuta e grazie ancora anche per aver commentato Magic is Might <3

MadameMina: ti ringrazio moltissimo per i complimenti sulla caratterizzazione dei personaggi... è una cosa che mi manda sempre in un brodo di giuggiole <3 Spero che questo piccolo seguito ti sia piaciuto, grazie ancora per aver letto <3

Egle: *onoratissima* Sono stata un po' lenta con l'aggiornamento ma alla fine ce l'ho fatta (neanche fosse una long da millemila capitoli, ma fa nulla x3). Devo dire che con me questo telefilm sfonda una porta aperta, vado sempre in estasi quando vedo Arthur e Merlin a cavallo, mi esalta tantissimo come cosa... il fascino del cavaliere in sella al suo destriero colpisce sempre <3 E poi ora che ci penso, è la seconda volta che paragono Arthur ad un equino. Nell'altra storia era un puledro, stavolta invece è il tuo adorato stallone XD La battuta qaffiana non ha avuto risvolti in questa seconda parte, ma spero che comunque lo slash sia stato almeno gradevole. Grazie mille per aver letto e commentato <3

 Chiby Rie_chan: *blushes* beh, sono davvero, davvero felice che l'immagine del massaggio sia stata di tuo gradimento XD E il fatto che questa storia dia la sensazione di 'casa' è una cosa che... aw <3 *muore d'amore* Grazie mille per il tuo bellissimo commento <3

   
 
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