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Autore: Etoile_Noir    19/08/2010    1 recensioni
Fanfiction sui Papa Roach a quattro mani scritta in collaborazione con Dominil. "Continuai ad avere lo sguardo fisso su un paio di Converse viola, senza dire nulla.
“Avanti Williams, non puoi avercela ancora con me.”
“Vedo che il mio cognome te lo ricordi ancora, Shaddix.” risposi dura, senza guardarlo.
Lo sentii ridacchiare, quella risata che migliaia di volte negli anni addietro mi aveva scaldato il cuore. Non dovevo lasciarmi scalfire. "
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2.



Il saluto alla bandiera era il momento più importante della settimana e sicuramente il più noioso ed insopportabile.
Sentire il coro della scuola che cantava l'inno nazionale alle otto e trenta del mattino, in cortile, non era il massimo.
La prima ragione era il cielo che ancora era scuro, il sole non era alto nel cielo in quel periodo dell'anno quindi c'era un freddo insopportabile.
Il vento freddo soffiava pungente. Mi strinsi tra le braccia, cercando, senza risultato, di scaldarmi.
Eppure c'è tanta gente radunata intorno a me, tutta la scuola insomma (era impressionante vedere tutte quelle facce scoglionate in solo colpo).
“Peterson, mi devi ancora una sigaretta”
“Vedo che sei il solito bastardo, Justin. Sempre a rompere”
“Tieni e sparisci dalla mia vista ”
Rise del mio tono scocciato “Certo capo. Ci si vede in giro”
Si allontanò giusto per accedersi la sigaretta ed essere beccato dalla vicepreside che gli diede subito uno dei suoi famosi foglietti gialli su cui erano segnate le ore da scontare in punizione.
Peccato per lui, tutti sapevano che era vietato fumare durante la sacra cerimonia del saluto alla bandiera.
Ma lui era Justin Coleman e tutti sapevano che a lui non importava di niente e nessuno.

La gente non era per niente sincera quando intervistata dalla tv locale definisce la scuola interessante con un sorriso a trentadue denti.
Interessante significa palloso.
Per non parlare del lunedì mattina. Persone esattamente nel posto sbagliato al momento sbagliato, inutili chiacchiere di continuo.
Okay, la giornata era decisamente iniziata con il piede sbagliato.
Camminare alla velocità della luce, come ero solita fare, non era una buona idea per calmarmi i nervi; tutto quel cozzare contro la gente che aveva piantato stabilmente radici nel corridoio mi faceva incazzare ancora di più. Non dovevano essere tutti a mensa a ingozzarsi come maiali?
Rimpiangevo i tempi in cui c'era Mel con me, sapeva quanto odiavo stare per i corridoi e mi portava sempre fuori a fumare. Mi faceva ridere e risultava tutto più leggero.
Gettai i miei libri alla rinfusa dentro l'armadietto per poi richiuderlo e cacciarmi in tasca una lucky strike e il lettore.
Il cortile della scuola era enorme, un vero e proprio parco dotato di campi per ogni disciplina sportiva per gli atleti e anche un spazio per mangiare all'aria aperta.
Feci per portare la sigaretta alle labbra ma mi resi conto che non avevo preso solo l'accendino, con tutta quella fretta me ne ero totalmente dimenticata, accidenti!
Mi avvicinai a Dylan e gli chiesi l'accendino in prestito. Era veramente dipendente dal fumo, fumava ad ogni pausa e quindi era uno con cui mi capitava spesso di scambiare due parole.
Solo un cenno della testa e lo tirò fuori dalla tasca “Tieni” Lo guardai in faccia, e non ci fu nulla che mi colpì di lui. Occhi azzurri e capelli biondi tagliati a spazzola erano un clichè a Vacaville, dopotutto non eravamo nemmeno troppo lontani da Hollywood.
“ Grazie ”
Inspirai a fondo sperando che quella boccata di tabacco, catrame e nicotina arrivasse sino all'anima e la contaminasse per bene per non aver più bisogno di quello schifo nemmeno nelle fasi più acute di rabbia o di stress. Era tipico del fumo quel rapporto di amore-odio che non ti permetteva di uscirne.
Le abitudini sono dure a morire.
“ Keri”
Mi voltai di scatto, qualcuno urlava a squarciagola il mio nome, non potevo stare in pace un secondo durante la mia vita.
Era Samantha una delle more più spigliate della scuola, e anche una delle mie compagne nel corso di matematica. Era un'amica di scuola, passavo molto tempo con lei dentro l'edificio ma era solo il rimpiazzo di Mel. Nessuno avrebbe mai potuto sostituirla.
“Ohi, ma dove ti eri cacciata, non abbiamo fatto altro che cercarti!”
“ Scusami”, le dissi con falso dispiacere. Probabilmente lei se ne accorse perché si allontanò con aria triste, dicendo solo che l'avrei trovata al solito tavolo.
Chiamai il suo nome ad alta voce, gettando la cicca della sigaretta sull'asfalto per correrle dietro.
“ Sam, senti, aspetta. Mi dispiace.”
“Perdonata”
“Quindi che schifo c'è da mangiare oggi? ”
“Cucina messicana” annunciò con aria afflitta
“Yum. La mia preferita ” “Solo tu mangi quella roba” Alzò un sopracciglio sentendo la mia risposta.
“Non solo io, ci sono un sacco di messicani a scuola” la intimai io.
Cercò di sopprimere una risata senza riuscirci “ Ma dai.."
“ Andiamo al tavolo prima che prenda a calci! ”

“ Si è un maledetto genio, non te l'aspetteresti da una persona del genere” La scena si ripeteva ancora una volta, gente invidiosa che bisbigliava e che si impicciava degli affari altrui. La solita routine no?
Stupide galline invidiose con i capelli appena fatti e le scarpe di dolce & gabbana ai piedi.
Era maledettamente frustrante tornare a fissare quella tela immacolata davanti a me. Sbuffai.
“ Keri, che succede? ”
Questa volta era il professore ad interrompere l'atmosfera mistica di quell'aula,
“ Piuttosto quello che non succede” affermai indicando il mio treppiede.
“Suvvia, cara, esprimi la tua interiorità! E' inutile cercare di imitare gli altri quando puoi dare centomila volte di più”
“Grazie, signor Brown ”
In un'altra occasione l'avrei preso come un oltraggioso insulto, come se le copie delle opere di Friedrich non fossero buttate a puttane. Non puoi dirmi così quando io amo le tele di quel pittore romantico con suo essere mistico e i suoi paesaggi naturali che commuovono, risvegliano sentimenti assai potenti e dimenticati.
Ripensai alla mia prima sera passata in un locale, alla libertà assoluta che avevo provato.
Istintivamente presi il pennello in mano senza avere in mente un' idea precisa di ciò che volevo raffigurare. Solo una sensazione, un brivido che sentivo scorrere dentro di me come un torrente in piena.
Incontenibile. Iniziai a colorare la tela di blu, ma nella mia mente non era un colore puro e pulito come il cielo, era torbido, ombreggiato da chiazze più scure, quasi nere. Un blu che sapeva di infinito e di oscuro che mi ricordava tremendamente l'oceano in tempesta.
Mi accorsi che le due ore pomeridiane di arte erano già terminate quando Mr. Brown si schiarì la gola.
“ Ragazzi, la prossima settimana dovete consegnarlo. Vale il cinquanta per cento del vostro voto finale e ricordate che sarà importante per il colloquio al college per chi di voi vorrà dedicarsi all'arte” Mi guardo dritto negli occhi e finì il discorso “ quindi impegnatevi! ”
“Aveva proprio bisogno di cinque minuti per dire solo che dobbiamo impegnarci?” bisbigliai ad Ethan, che come al solito sedeva sullo sgabello di fianco a me.
Ero stufa marcia di stare a sentire discorsi sul college, sapevo di doverci andare, perchè continuavano a ripeterlo ad ogni ora di ogni corso?
Avevamo diciassette anni, l'Alzheimer non l'avevamo ancora!!
La gente stava iniziando ad uscire dall'aula, e filarmela sarebbe stato il mio intento se non fosse che il professore richiamò la mia attenzione:
“Petersen, che hai detto questa volta? ”
“Che poteva risparmiarsi qualche parola. La sintesi non è proprio il suo forte! ”
“Eh, allora mi sa che mi ritroverai a fare i corsi estivi di lingua con te! ”
“Ahah. Signor Brown, io sono un capo in letteratura ” Andai a intingere il pennello nel barattolo di acqua ragia.
“ Perterson, ami così tanto la materia che hai intenzione di dormire qui dentro?”, mi chiese vedendo che in quel momento ci mettevo tanto a riordinare i miei effetti personali.
“Uhm. Un pensierino ce lo potrei anche fare.. non ci ho ancora passato la notte a scuola! ”
“Divertente, Keri, ora vai a casa ”
“Okay. A mercoledì signor Brown!” lo salutai con un sorriso, lui era il mio professore preferito nonostante si comportasse sempre così con me.
Uscii alla svelta per vedere se Ethan era rimasto ad aspettarmi, ma non era così, lui se n'era andato senza nemmeno salutarmi.
Ma non era importante, non avevo bisogno di compagnia; quell'infinito blu mi ossessionava e conoscevo anche il motivo; non potevo continuare il quadro fino a mercoledì ed per questo era la cosa che più desideravo fare.
Dovevo terminarlo o sarei impazzita!
Continuai a pensarci per i corridoi deserti fino al parcheggio dove sarebbe dovuta essere Melanie.
Lo scuolabus giallo se ne era già andato ed erano rimaste solo poche persone e gli skater con il loro capo tribù/dio, nonché perfetto idiota Justin , ma anche loro stavano per andarsene.
Justin sfortunatamente incrociò il mio sguardo e invece di seguire i suoi schiavetti, li congedò e s'incamminò verso di me.
“Hey ”
“Justin ”
Era stato cauto nell'avvicinarsi, e ora lo stava facendo di nuovo anche nel parlare
“Che si dice?”
“Ehm... in questo momento proprio nulla”, gli rivolsi un'occhiata stranita.
“Strano trovarti da sola”
La mia espressione doveva essere buffa perchè lui cercava di nascondere una risata.
Guardarlo negli occhi mi costava fatica, i raggi del sole colpivano direttamente la retina, non era una sensazione piacevole.
Ecco, meno male, si era spostato, si stava decisamente meglio.
“E' un privilegio che concedo a pochi eletti ”
“Ma per favore, Peterson. Nessuno vorrebbe questo piacere! ”
“Evidentemente tu. Ne stai usufruendo”
Si sistemò la cuffia sotto la quale si nascondeva una chioma terribilmente folta e scomposta. Avevo colpito nel segno, faceva sempre così quando era a disagio.
“ Nei miei incubi semmai ”
“Ovunque tu voglia, tesoro
“Smettila dai”
Mi divertivo come una pazza a metterlo in imbarazzo. Era troppo buffo vederlo in quella situazione.
“Hai iniziato tu commentando sul mio stato infelice ”
“Sul serio allora perché sei rimasta oggi c'era lezione fino alle due. Non dirmi che eri in punizione? ”
Riflettei un attimo e scoppiai a ridere “ Aspetta ma cos'è mi controlli?”
“ No io...” e fu come se gli si fosse attorcigliata la lingua.
“ Brown ha deciso che avevamo bisogno di più tempo. Ma perché tutti pensate sempre che ho fatto del casino quando resto a scuola?”
“Sei Keri Peterson? ”
Domanda retorica.
“Sei come Thelma ”
“Peccato che Lousie sia al lavoro” dissi con amarezza “ è finito il tempo di combinare casini, Justin ”
“Ah, non ci credo” disse tra una risata e l'altra. “Io ora andrei ”
“Okay”, stavo cercando di guardare da tutt'altra parte per non guardarlo in faccia e scoprire cose di cui non volevo rendermi conto
“A domani”
Mi sedetti sui gradini davanti all'entrata principale con lo zaino di fianco a me e lo guardai allontanarsi sullo skate. Che idiota.
I minuti passavano inesorabili sì, ma altrettanto lenti!

***

Salutai l’ultimo cliente della mattinata, lanciando un’occhiata raggiante all’orologio. Chiusi il registratore di cassa e poi mi alzai in piedi, stiracchiandomi le gambe.
“Tom, io vado.” annunciai allegra al mio capo, che stava ultimando di sistemare alcune confezioni di cereali su uno scaffale.
“Mancano ancora cinque minuti alla fine del turno.” rispose senza neanche voltarsi.
“Uff.” sbuffai incrociando le braccia intorno al petto e puntando un piede a terra.
“Mel, ma cosa ti costa aspettare cinque minuti? Aiutami con i cereali piuttosto. ”
Trascinandomi mi avvicinai a lui e cominciai a prendere, con molta ma molta lentezza, una scatola e metterla sul ripiano, alzandomi in punta di piedi.
Tom me la prese dalle mani con uno sbuffo.
“ Vattene, su. ”
“Grazie, ti adoro!” esclamai riprendendo vita.
“Tanto te li tolgo tutti dalla busta paga.” ribatté con un sorrisetto.
“Ma Tom, sono solo due minuti! ”
“Due centesimi in meno. Non te ne dovevi andare? ”
“Sì si… me ne vado. Corro a prendere Keri a scuola, almeno lei mi capisce. ”
Mi posizionai davanti alle porte automatiche del market che si aprirono ed io uscii, sentendo Tom ridacchiare. Entrai nella mia Ford del Settanta, vecchia e ammaccata.

Quando la misi in moto emise un suono metallico quasi inquietante, a cui io però ero fin troppo abituata.
La città sfilava veloce oltre il finestrino e i raggi di sole illuminavano anche l’abitacolo. Stesi il braccio fuori, picchiettando le dita sulla superficie metallica dello sportello.
Feci per frenare ad un semaforo rosso, quando sentii un colpo provenire da dietro.
Ti prego, fa che non mi abbiano tamponata.
Dallo specchietto vidi il conducente della vettura dietro la mia scendere, così attesi che si avvicinasse.
Chissà chi ha dato la patente a questo idiota. Quando vidi il ragazzo, il mio viso perse colore.
“Shaddix, ancora tu?!” esclamai irritata, preparandomi a rimettere in moto.
“Mel scusa… dai aspetta. ”
Rimasi interdetta quando lo sentii pronunciare il mio nome.

“ Piacere di conoscerti, io sono Jacoby.” Strinsi la mano che mi stava porgendo, sentendo il calore delle sue dita spargersi per il mio corpo. “ Melanie.” “Melanie…” ripeté lui, quasi pensieroso. “Posso chiamarti Mel?”

Non mi mossi per due secondi al massimo, il tempo necessario per rimangiare i ricordi, poi posai il piede sull’acceleratore pronta a partire. Vidi Jacoby scattare davanti alla mia auto, prima di appoggiare le mani sul cofano anteriore.
“Per favore. ”
“Shaddix, ringrazia che non ti abbia ucciso perché mi hai tamponato. Lasciami andare. ”
Abbassò di poco il viso, prima di alzarlo di nuovo.
“Mel…” mormorò flebilmente.
Solo in quel momento mi accorsi che intorno a noi si era formato un piccolo cerchio di persone.
Merda, devo sempre dare spettacolo per strada.
“Levati o ti investo. ” “Non ne hai il coraggio. ”
“Te lo ripeto una volta soltanto: vattene. ”
Non appena strinsi più forte lo sterzo, un ragazzo si avvicinò a quel pazzo che non voleva allontanarsi dalla mia macchina.
Era Jerry, il ragazzo che ieri sera stava mangiando Keri con gli occhi.
"Devi essere Melanie, giusto?” mi chiese guardandomi.
“Sì… e tu Jerry, immagino.” risposi con freddezza, preparandomi ad investire Jacoby.
“Dai andiamo.” sussurrò Jerry all’amico, tentando di tirarlo per un braccio.
“Che mi investisse. ”
Inchinai lievemente la testa all’indietro, chiedendomi perché stesse facendo il melodrammatico.
“Coby, da come me l’hai descritta, Melanie ti investe davvero. ”
Ridacchiai.
Jacoby si limitò a scuotere la testa.
“Non ha la faccia di una con le rotelle a posto, quindi andiamocene, non mi va di cercare un altro cantante. ”
Con uno strattone lo avvicinò a sé, per poi trascinarlo via.”
“Ci vediamo! ”
“Ciao Jerry!” salutai, con un cenno della mano.
Premetti il piede sull’acceleratore e, ignorando la folla, proseguii verso la scuola.
Non mi era mai piaciuto quel posto, avevo sempre avuto una certa riluttanza a frequentarlo. E poi, come se non bastasse, le poche volte che ci andavo le passavo in punizione.
Quando arrivai davanti al cancello dell’edificio scolastico, Keri era già lì o meglio, c’era solo Keri.
Guardando l’orologio mi resi conto di aver fatto giusto un po’ di ritardo.
Appena mi vide si alzò e si avvicinò con il broncio, nonostante gli occhi le brillassero. Allora non “Scusa per il ritardo, non è colpa mia se danno la patente anche ai criceti.” mi giustificai, quando si sedette sul sedile accanto al mio.
Keri alzò un sopracciglio e scosse la testa, borbottando qualcosa.

* * *

Vidi la vecchia Ford del settanta avvicinarsi nel parcheggio. Misi su un broncio, ma non ero “Scusa per il ritardo, non è colpa mia se danno la patente anche ai criceti.” si giustificò quando mi sedetti sul sedile.
“Come al solito ” mormorai troppo piano perchè lei potesse capire e non parlarmi più per tutto il viaggio “ Come mai?”, sbottai.
“ Un cretino mi ha fatto perdere tempo”
“Uno figo? Chi era? ”
“Ma niente, non lo conosci” e senza ammettere repliche cambiò argomento “ Chi era quello al locale? ”
Pensavo di poter evitare questa parte in eterno, ma sfortunatamente mi sbagliavo.
“Quello chi?”
“ Vedi di non fare la finta tonta. Lo sai benissimo di chi sto parlando”
“Ah, un certo Jerry... si lasciamo stare il nome, sembra quello di un orsacchiotto ”
Ci mettemmo a ridere insieme come se fossimo parte di uno stesso corpo.
“Non dire cazzate, dai”
“Mi ha offerto da bere. Mi ha detto che sembrava che mi piacesse molto bere il Jack Daniel's. E' un fottuto molestatore” sbottai io inacidita sentendo il disagio di essere piata ancora fresco sulla mia pelle.
Rise di nuovo e di gusto questa volta
“Eddai non puoi fare così ogni volta che uno cerca di fare il carino ”
“E tu perchè te la ridi così tanto? Non dirmi che lo conosci ”
Si ammutolì giusto un secondo come se nascondesse qualcosa, ma erano solo le risate che cercava di soffocare “No, no”
“ E tu perchè sei stata mezz'ora a fumare eh? ”
“Mi sono fumata due sigarette ”
“Certo come no ”
“ Dai, Keri, che ti riporto a casa da mamma”
“Stai sempre a cambiare argomento ultimamente. Tra migliori amiche non ci dovrebbero essere segreti!”, protestai io con rabbia.


  
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