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Autore: Ellee    19/08/2010    2 recensioni
prologo: il piccolo Bill aveva passato malamente l’ultimo periodo a causa di una serie di disgrazie capitate nella sua famiglia, perfetta agli occhi di tutti. Maltrattato, denigrato ed escluso da tutti, viene considerato diverso, non adatto. Vorrebbe ribellarsi ma è troppo indifeso, ma soprattutto solo. Si, perché il giovane fanciullo è stato emarginato anche dalla famiglia stessa, dal fratello dalla madre ormai in condizioni pietose. Ma arriverà il giorno in cui incontrerà una persona che, con la sua semplicità e determinazione che solo i piccoli hanno, riuscirà ad aiutarlo ad affrontare le difficoltà, i pregiudizi e gli sfortunati eventi che hanno colpito la vita di questo bambino, che è stato costretto a crescere prematuramente..
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Notte gelida, il vento correva pungente sulle sue bianche guancie. Basta, non ce la faceva più a sopportare i maltrattamenti della madre e le prese in giro del gemello. Lui non era diverso, lui non era pazzo. Eppure quei due volevano farglielo credere. Troppo lividi e troppe ferite percorrevano la schiena di quel piccolo e gracile bambino. Trucco nero sbavato dalle lacrime, Viso sciupato e respiro affannato. A fatica camminava, per le strade desolate di Magdeburgo ormai all’una inoltrata del mattino di Dicembre.
 Non sarebbe stato un bel Natale, affatto. Il solo pensiero di quella bottiglia di birra caduta a terra per poi spaccarsi nel giallo sfocato delle piastrelle lo faceva rabbrividire, nonostante non fosse una scena affatto nuova agli occhi del piccolo, che aveva compiuto 12 anni qualche mese prima, a Settembre. Meglio non ricordarlo, le botte e i massacri non furono risparmiati nemmeno quel giorno. Tom pareva il figlio perfetto agli occhi di Simone, anche se fumava e già l’anno prima aveva provato droghe con i suoi compagni di scuola più grandi, e anche le minacce ai bambini delle classi precedenti non avevano fatto cambiare idea alla donna. Ma lui si che era il vero maschio della situazione, il piccolo ometto che avrebbe portato soddisfazioni.
Non un piccolo docile bambino che se ne stava nel suo angoletto a ricreazione, prendeva bei voti in tutte le materie, preso di mira dai bulletti della scuola e che si faceva fottere la merendina facilmente. Non uno che si trucca di nero in torno agli occhi, che si tinge i capelli e si veste aderente provando di rendere i suoi abiti originali e diversi da quelli altrui. Non uno che vuole cercare di distinguersi, di essere diverso dalla massa. Il “diverso” non andava bene a loro, una vergogna. Un’altra lacrima, e poi un’altra. Improvvisamente le esili gambe del piccolo morettino cedettero al gelo e al dolore, facendo cadere il corpo del piccino a terra, con la brina che si era posata sotto le sue scarpe a stivaletto grigie. Il battere dei denti era irrefrenabile, troppo il freddo che lo avvolgeva e troppe le brutte esperienza vissute. Non voleva tornare in quel posto, in quell’incubo troppo vicino da lui. Non si meritava tutto questo. Eppure loro gli facevano credere così, che se lo meritava, perché non andava bene per il mondo, per loro, per tutti. Lui si sentiva bene con se stesso, perché la sua immagine rifletteva quello che veramente era. Se stesso. Il piccolo ma forte Bill Kaulitz.
Le luci dei lampioni facevano passare per la sue mente dei piccolo flash degli inverni passati, quando tutto andava bene ed erano una famiglia felice, senza problemi, amorosa e piena di affetto. Lui non riesce a capire il perché di tutto ciò. La verità, questo vuole sapere. Forse è stato l’arrivo del patrigno a far vivere tutto ciò a loro, loro tre. E poi, la caduta. La madre in depressione per l’aborto spontaneo dell’anno precedente. L’alcool, il fumo a seguito. Non si riprese mai più, ma Gordon le rimase sempre vicino, finchè non andò a lavorare dall’altra parte del paese a inizio Febbraio, senza preoccuparsi minimamente dei due piccoli fratellini, che cominciarono a occuparsi della madre come se fossero già adulti, indipendenti e capaci.
Dopo neanche un mese, anche il piccolo rasta cade nella trappola. Snobba il fratello e a scuola, quando prima lo difendeva dai teppisti, ora lo schernisce insieme a loro lasciando solo e in disparte. Prima si volevano tanto bene i due, si amavano come si fa tra fratelli, anzi di più. Forse è questo che faceva ancora più male a Bill. La perdita mentale del fratello, il distaccamento totale da lui. Quando passavano per le stanze della piccola casa, non lo degnava più di uno sguardo. Abbracci e parole di conforto non esistevano più, solo risa e indifferenza da parte sua. Eppure rimaneva sempre suo fratello, il suo gemello.
Erano come due anime unite, inseparabili.

Abbassò lo sguardo e in contemporanea toccò l’asfalto gelido e bagnato. Accostò di fianco al marciapiede, qualche macchina passava anche nel cuore della notte. Le mani erano come ghiacciate, piccole e screpolate. Cercò di riscaldare con l’alito, anche esso freddo e flebile. Si rannicchiò su se stesso per cercare di ripararsi dal vento, ma non fu sufficiente, era troppo piccolo e fragile per sfuggire al freddo.
I ragazzi uscivano dalle piccole discoteche del paesello, e pur vedendolo in quello stato, non si curarono nemmeno di dargli una mano. Doveva essere forte. Il gelo non era niente in confronto a quello che gli sarebbe aspettato se fosse tornato a casa. Bastava pensare alla tenda della finestra bruciacchiata da Tom mentre lanciava un mozzicone di sigaretta addosso a Bill per non farlo scappare., ma che fortunatamente lo sfiorò solo per un pelo. Non era la prima volta che se ne andava di casa durante una lite, e ogni volta sempre la stessa scena. Tom che gli da del codardo e Simone che si sdraia sul divano mettendosi una mano sulla fronte, stanca e imbottita di farmaci fino allo sfinimento.
Quel quadretto gli faceva male a vedersi, ma tanto sapeva che sarebbe tornato, lo sapeva tutte le volte.
Ma quella volta sarebbe stata diversa, forse.
Si era promesso che non avrebbe fatto l’errore di tornare da loro, per poi rivedere la stessa scena ripetersi, e ripetersi di nuovo ancora.
Ma si sentiva in colpa verso di loro, per averli abbandonati in quel modo, ridotti al peggio.
Si alzò cercando di raccogliere tutte le forze rimastogli per incamminarsi verso la piazza principale dove giaceva una fontanella con delle panchine, per coricarsi in un posto più isolato dal via vai di persone che conducevano una vita notturna nei dintorni.
Riuscì a raggiungere una delle panchine di destra e si coricò sopra di essa raggomitolandosi. La piazza era desolata, solo qualche gatto randagio si rifugiava nei pressi dei cespugli ormai spogli e rinsecchiti.
Il piccolo tremava e i brividi percorrevano tutto il suo corpo immobilizzato dal gelo.
Chiuse gli occhi..

Il mattino arrivò in un baleno, e lui riuscì, anche se con grande sforzo, a passare la notte. La sua mente rimase vuota, mentre apriva gli occhi tutto gli parve più chiaro. Il tempo non era cambiato, faceva ancora molto freddo. La piazza cominciava a riempirsi di gente, non sapeva neanche che ore fossero. Le anziane che camminavano vicino alla panchina dove il moretto era coricato lo guardavano esterefatte cercando di mostrare indifferenza, facendo finta di non aver visto nulla, continuavano imperterrite nel loro cammino e nei loro discorsi, mentre i giovani che andavano a scuola lo deridevano. Tutto questo non gli faceva più male oramai. Non sapeva che fare. Tornare a casa o cercare un posto dove stare al caldo? Non aveva neanche un soldo per prendere qualcosa di caldo.
Era troppo preoccupato per sua madre ma soprattutto per Tom, lui non sapeva gestire da solo lo stress e gli sbalzi d’umore di Simone. Lo conosceva troppo bene.. anzi in questo periodo non lo conosceva affatto.
Si rialzò dalla panchina. Ora anche il piccolo Kaulitz era riposato, poteva camminare con meno fatica, anche se il freddo di quella mattina era davvero gelido, quasi come quello della notte precedente. Il suo pensiero ricadeva sulla sua famiglia, su cosa fosse successo subito dopo essersene andato. Ogni volta che scappava aveva questo pensiero, e subito dopo il senso di colpa gli mordeva lo stomaco, convincendolo a tornare a casa. Lui teneva molto a loro, ma pareva che questo sentimento non fosse ricambiato dall’altra parte. Pensava comunque che tutto sarebbe tornato come prima, che si sarebbero voluti ancora bene. Era passato poco tempo dall’inizio di tutto, ma pareva fosse così da sempre. A stento riusciva a ricordare dei bei momenti, perchè troppi erano quelli brutti.
Il trucco del giorno prima bagnato dalle lacrime era rimasto ancora a macchie sulla parte superiore delle guancie. Entrò in un bar e corse in bagno per cercare di nascondere in qualche modo il suo viso sciupato, anche se li quasi nessuno lo conosceva. Aprì il rubinetto del lavandino non proprio pulito, l’acqua era gelida, a quanto pare non andava l’acqua calda li. Mise le mani sotto l’acqua fredda e molto velocemente si diede una sciacquata al viso, per svegliarlo un po’. Si asciugò la faccia e sfregò le mani per cercare di riscaldare un po’ dopo la violenta cascata di acqua che era scesa.
Uscì dal locale in modo lesto sotto gli sguardi dei clienti. Fece un respiro profondo e si guardo in giro.
Forse sarebbe stato il caso di tornare a casa, per l’ennesima volta.

  
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