Ti voglio bene.
Grazie per i meravigliosi giorni.
Wake
up,
look me in the eyes again.
I need to feel your hand upon my face.
I think I might have inhaled you,
I could feel you behind my eyes.
You've gotten into my bloodstream,
I could feel you floating in me.
Prologo.
Camminava per la
lunga navata della vecchia chiesa.
Quella chiesa dove i suoi genitori si ero sposati. Una di quelle
piccole chiese
ricoperte da bianche e sottili travi in legno.
L’interno
era decorato da fiori di svariato colore. Avrebbe voluto avere gigli,
i suoi fiori preferiti, ma lui non era d’accordo.
Chissà se, invece, lui, lo sarebbe stato.
Aveva immaginato quel
momento da tutta una vita, da quando era bambina. Ma non
aveva immaginato di potersi sentire così. Il respiro le
mancava e una morsa le
stringeva dolorosamente lo stomaco.
E’ la scelta
giusta, non
faceva che
ripetersi da quando lo aveva visto all’altare, da quando, suo
padre, l’aveva
quasi costretta a percorrere la lunga navata.
E’ la scelta
giusta.
Il piano, a destra
dell’altare, intonava le note della marcia nuziale, quelle
stesse note che parvero schiacciarle il petto, come un macigno.
Arrivò
dinanzi a lui.
E’ la cosa
giusta, si
ripeté ancora,
ma non si rese conto di parlare ad alta voce.
Il suo futuro sposo la
guardò con espressione interrogativa, non avendo capito
quali parole fossero uscite dalle sue labbra piene.
Lei scosse il capo e
sorrise, flebilmente.
Il sacerdote
parlò, ma alle sue orecchie la voce dell’uomo era
un suono
indefinito e lontano. Non prestò attenzione alle sue parole,
come invece
avrebbe dovuto. Con le mente si perse in un paio di occhi che, in poco
tempo,
aveva imparato ad amare inconsapevolmente.
In quel momento si
sentì svuotata, priva di qualsiasi forza.
Lui le prese le mani e
pronunciò la sua promessa.
Finché morte
non ci separi.
Parole
che non facevano che vorticarle nella testa, che la scossero come un
tornado
scuote e sradica querce secolari.
Il suo petto si
muoveva sempre più velocemente, eco del suo fragile cuore.
E’ la scelta
giusta.
Toccava a
lei,ma aveva dimenticato la sua promessa.
Chiuse gli occhi, un
momento. E lo rivide. Rivide i dolci lineamenti del suo
viso, la passione e la tenerezza nei suoi occhi, l’abbraccio
invisibile che
essi sapevano darle, le labbra rosee e sottili che cercavano, in notti
silenziose, le sue.
Si morse il labbro
inferiore.
Tutti si aspettavano
che lei parlasse, che gli giurasse amore eterno.
In quel momento,
guardando la chiese gremita di gente, incontrò i suoi occhi
e
vi lesse l’amore, il rancore, il dolore, la passione. Un
suono incrinato le inondò
le orecchie, Partiva dal cuore, per poi propagarsi in tutto il corpo,
attraverso
il sangue che pompava nelle sue vene.
«Io…»
*
Ovviamente
nessuno dei My Chemical Romance mi appartiene
e, tutto ciò, è solo frutto della ma
immaginazione.
Grazie.
Rò.