Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Piccolo Fiore del Deserto    22/08/2010    1 recensioni
La storia narra dell'incontro al centro di un bosco, proprio sulla riva di un laghetto, tra un musicista e una driade. Una storia dove la magia si lega alla musica; l'essere umano all'essere "fatato". Una storia di seduzione, bellezza, incanto. [Partecipante al Contest "The Forest" indetto da Forgotten Stories (Annaf85 e Tamaki The King)]
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nymph





Il bosco, quale piacevole cornice dove rintanarmi dopo che l’intensa luce ha lasciato il suo posto all’oscura notte?
Mi piace passeggiare su quel manto erboso, attraversando una serie di alberi dalle forme e altezze più diverse, che si snodano lungo il percorso e permettono appena ai pallidi raggi di luce solare o lunare di filtrare tra i loro rami.
Mentre mi addentro sempre di più, mi soffermo a guardare le particolari forme che quegli alberi, così gentili e deliziosi a guardarsi, assumono di notte: quasi rabbrividisco nel vedere le loro ombre e quei rami così articolati che si tendono verso il basso, a volte come a impedire il passo, altre come a volerti accogliere in un abbraccio.
Tuttavia, è proprio dagli abbracci di queste anime della natura che devo allontanarmi; si raccontano, al villaggio, storie incredibili e macabre, sostenenti che di notte gli alberi e altre creature del bosco, in apparenza inanimate, prendano vita e, se una persona che si trova nei paraggi si è comportata male, finisce lì la sua vita.
Non mi è mai successo di vedere una cosa simile, probabilmente sono solo sciocche superstizioni che neanche mi riguardano, giacché non mi sono mai azzardato a far del male alla natura di cui mi piace contemplare la grazia e la meraviglia che è solita donarmi ogni qualvolta mi soffermo a non pensare al mondo prettamente umano.
In molti mi hanno consigliato di non addentrarmi nel bosco di notte, ma non m’interessa nulla. Amo cercare la quiete, amo trovare l’atmosfera giusta per poter esercitarmi con la mia piccola arpa e trovare il giusto componimento musicale che può destare emozioni e sensazioni di ogni genere.
L’oscurità è fitta, solo qualche raggio di luna sembra illuminare il mio cammino, ma non mi fermo. Continuo ad avanzare alla ricerca del luogo che tanto amo. Dopo non molti minuti finalmente vi giungo: proprio al centro del bosco c’è un laghetto, non troppo ampio ma incantevole.
Solo lì gli alberi, forse rimasti incantati da tale splendore, permettono alla luce lunare di sfiorare l’acqua piatta ed ora oscura, riflettendo anche la forma completa della dea: la luna.
A una visione più attenta s’intravedono, sulla superficie increspata dell’acqua, dei piccoli fiori dagli intensi colori del viola e del rosa che da essa sembrano sbocciare.
Mi avvicino ancora di qualche passo e poi mi fermo, restando a contemplare tanta meraviglia.
La tentazione di sfiorare l’acqua mi prende. Tendo la mano destra, ma all’ultimo minuto mi fermo, come se una forza invisibile m’impedisse di andare oltre. Sorrido lievemente, per poi riportare il braccio destro lungo il fianco, mentre l’altro sorregge il mio strumento prediletto.
Un alito di vento soffia leggero sfiorandomi i capelli rossicci e con sé trasporta piccole foglioline che si posano tra i miei corti riccioli. Le lascio fare, non le tolgo, non m’infastidiscono, anzi, voglio entrare nella più completa armonia con la natura.
Dopo qualche istante ancora in piedi, decido di sedermi su di una roccia grande e piatta, sembra essere levigata da mani non umane ed assumere la somiglianza di una sorta di seduta.
Una volta seduto, torno a guardarmi intorno, assaporando quella sensazione che mi può donare la natura incontaminata intorno a me.
Sembra tutto così perfetto, così incantevole, la visione perfetta per dar libero sfogo alla mia musica.
Non appena mi sento pronto, prendo l’arpa celtica tra le mani e, trovata la posizione più giusta e comoda, inizio a far scivolare le dita della mano destra sulle piccole corde, in modo da sprigionare le prime note, apparentemente senza senso.
Dono un altro sguardo all’acqua illuminata dai piacevoli riflessi della luna, e poi socchiudo gli occhi cercando di riproporre quell’immagine nella mia mente; non appena riesco a visualizzarla in maniera nitida, ricreandone più o meno ogni caratteristica che l’occhio umano può percepire, lascio che le mie dita scorrano sulle corde. Le stuzzicano, le fanno vibrare, sprigionando nell’aria un suono dolce, delicato, soffuso, incantato, ammaliante, come quella visione riesce a donarmi.
Non sembro sentire più nulla così perso in quella musica che le mie mani riescono a sprigionare, entro in puro contatto con lo strumento, con la mia anima e il mio spirito che quasi vedo fluttuare e danzare sopra di me.
Le mie labbra s’incurvano fino a formare una sorta di mezza luna. Sono deliziato da ciò che sto suonando, anche se ancora manca qualcosa.
Così preso da quella sensazione, non mi accorgo che qualcosa si è avvicinato.
Una sensazione strana mi coglie, come se una sferzata di un vento un poco più forte, mi abbia scosso. Ma, in una calda giornata estiva, non c’è troppo vento. Che cosa è stato?
Non capisco, ma ciò mi fa perdere la concentrazione ed è così che riapro gli occhi ed interrompo la musica.
Mi guardo attorno, ma non riesco a scorgere la benché minima figura.
Il bosco è silenzioso ed immobile e, dinanzi a me, c’è la medesima vista.
Scuoto il capo e sorrido divertito. Che mi sia lasciato suggestionare da sciocche superstizioni o storie?
Richiudo gli occhi e cerco di tornare a ritrovare quella giusta quiete che mi permetteva, poc’anzi, di sprigionare un suono delicato e, ben presto, ci riesco nuovamente.
Le note vibrano nell’aria, sfiorano la superficie dell’acqua e scivolano tra gli alberi.
All’improvviso, però, a quelle note una risata simile a un trillo d’innumerevoli campanellini s’intromette.
Non riesco a capire che succede.
Di nuovo mi fermo e torno ad aprire gli occhi.
« C’è qualcuno? » domando, guardandomi attorno, guardingo. Stringo a me il prolungamento della mia anima, ossia la piccola arpa, e non smetto di osservare dappertutto.
Silenzio.
Attendo ancora qualche istante e poi avverto di nuovo quella risata che produce una piacevole sensazione in me: è deliziosa, estremamente delicata, soffusa, ammaliante, quasi come la mia musica. Anzi, forse ancor di più. Mi volto cercando di capire da dove provenga, ma è come se si senta da ogni lato intorno a me.
Non comprendo. Sento come d’essere diventato pazzo.
Ma poi, quando ormai sto per credere d’aver perso del tutto il senno, riesco a intravedere qualcosa tra gli alberi.
Sembra una figura umana.
Socchiudo appena gli occhi come ad affinare meglio la vista, ma lei scompare dal mio campo visivo.
« Chi siete? Vi prego non andate via… » quasi la scongiuro. La curiosità ha occupato il posto alla paura. Devo capire a chi appartiene quella dolce risata.
Ancora ride. E ancora scompare.
Sembra voler giocare con me.
Nonostante non sia più un bambino, inizio a rincorrere quella figura, ma continua a sfuggirmi.
Alla fine, dopo averla seguita tra gli alberi, rischiando anche di scontrarmi con i loro tronchi, si ferma proprio dinanzi al lago. Mi da le spalle, restando a contemplare, forse, quella visione.
Finalmente la posso osservare bene.
Quel suono meraviglioso non poteva che appartenere a una lei.
La osservo, forse troppo, ma lei non si muove ora.
Resto a contemplare il suo roseo corpo quasi del tutto nudo, se non fosse per i lunghissimi capelli color del grano maturo e talmente luminosi che sembra quasi che abbiano rubato tutta la luce del sole, che le arrivano fino alle caviglie, eppure lei non è mai inciampata. Piccoli fiorellini viola sembrano adornarli, ortensie, sì, sembrano proprio quel genere di fiore.
Vorrei vederla meglio, vorrei vederla in volto. È solo un pensiero il mio, ma lei, come se potesse avvertirlo realmente, si volta, lasciandomi letteralmente senza fiato.
La sua pelle rosata è illuminata da un raggio di luna che sembra farla rilucere di una bellezza sovrumana. I suoi occhi sono grandi e hanno il particolare colore delle viole. Le sue labbra, rosse come il sangue, sembrano un bocciolo di rosa.
Scorro lo sguardo verso il basso, forse poco pudico, e le osservo il corpo. È perfetto. Una statua? No, una dea. Lì, vicina alla riva del lago, mi appare come la visione di Venere. La dea della bellezza mi è apparsa dinanzi agli occhi ed io ne resto completamente ammaliato.
Mi accorgo che non ha vestiti, ma un’articolazione di rami e foglie percorre tutto il suo busto, nascondendole le parti più intime: il seno e il punto proibito.
Le gambe sembrano avvolte come da una serie di radici di un albero. È come se realmente uno degli alberi, che sembravano farmi paura poc’anzi, si fosse materializzato sotto forma di un’incantevole donna.
Resto silenzioso, con le labbra che si sono spalancate. Probabilmente la visione di me non deve essere gradevole, forse sembro un perfetto ebete, ma mai avevo visto una creatura di tal bellezza.
« Ti prego, suona ancora per me. »
Le sue labbra si muovono impercettibilmente, per poi incurvarsi all’insù, rivolgendomi il più incantevole dei sorrisi. I suoi grandi occhi viola sono fissi nei miei, color dell’erba, ed io non riesco a dire una parola.
Come mosso da un filo invisibile, mi ritrovo ad annuire.
Resto in piedi, reggendo la piccola arpa con la mano sinistra. Faccio un profondo respiro, per poi fissare il mio sguardo su di lei: la mia musa, la perfezione, ciò che realmente stavo cercando.
Le dita della mano destra sfiorano delicatamente le corde, tornano a stuzzicarle, producendo dei piccoli suoni ancora incapaci di formare una vera e propria melodia. Ma poi, entrando in perfetta sintonia con la mia anima, ecco che inizio a suonare come mai avevo fatto sin’ora. Sfioro ancora le corde elegantemente, e una perfetta melodia ne viene fuori. È perfetta, come lei.
Sorrido e socchiudo per un attimo gli occhi, beandomi di quel suono che sono riuscito a sprigionare: sembra quasi che i suoni della natura siano confluiti in quello strumento.
Musica dolce. Musica intensa. Musica che stuzzica le corde dell’anima.
Musica malinconica, musica più allegra, musica che muta come le stagioni.
Musica che sa di prati verdi e limpidi cieli.
Musica che sa di fuoco bruciante e acqua limpida.
Musica che sa di spirito, del mio e del suo spirito.
Riapro appena un poco gli occhi e la guardo danzare: sembra fluttuare nell’aria, seppure non si alzi veramente da terra. I suoi piedi nudi che s’intravedono da sotto le radici, seguono la melodia, come se la conoscessero da sempre. Si muove leggiadra, deliziosa, sensuale. Ed io ne resto impressionato.
La mia musa. Una dea ai miei occhi.
Sorrido, di nuovo, e aumento il ritmo, seppure sia sempre soffuso, dolce e delicato.
E lei continua a muoversi.
Le sue labbra scarlatte si schiudono e al suono della melodia da me prodotta, si unisce il suono ammaliante della sua voce.
La mia musa canta in una lingua che non comprendo.
Il suo canto mi entra dentro, mi accarezza, mi delizia, mi incanta, mi stringe a sé ed io non riesco minimamente a sottrarmi da una tale suggestione. Forse mi sta ingannando, ammaliando, sta praticando una magia su di me, ma non m’importa.
È lei che mi ha portato a raggiungere la perfezione. Lei che venero e che mi accorgo di volere, seppur al solo pensiero arrossisca.
Lei si ferma e, sinuosa, si avvicina di qualche passo. Posa una mano dalle dita affusolate sulla mia, come nel tentativo di fermarmi. Ed io non oso ribattere. La musica pian piano sfuma e torna il silenzio.
Soffermo il mio sguardo nel suo, mi sciolgo in quei grandi occhi violacei che mi osservano tanto intensamente.
Forse dovrei scappare per non lasciarmi soggiogare del tutto, ma i miei piedi sembrano quasi attaccati al terreno e non riesco minimamente a muoverli.
Sento il mio cuore iniziare a pulsare, quando lei posa le sue dita delicate sul mio viso.
Mi accarezza, ne descrive i contorni, e scivola dagli occhi, al naso, fermandosi sulle labbra.
La lascio fare, incapace di bloccarla. Sento qualcosa più in basso fremere e le mie gote si tingono di rosso.
Non ho mai veramente provato una sensazione così intensa.
Lei sorride e continua a delineare i contorni delle mie labbra, per poi scendere sul collo. Un piccolo brivido mi percorre la schiena, brivido che non riesco a frenare.
Lei torna a ridere, ancora quel delizioso trillare di campanellini.
« Sei bravo con l’arpa… la tua musica m’incanta. Sei un umano speciale, diverso dai tuoi simili. » proferisce con voce soffusa e poi allontana di nuovo le sue mani da me, per qualche istante, mentre io lotto per non commettere atti di cui potrei pentirmi.
« Credo che questo sia il mio unico dono, ma non sono mai riuscito a raggiungere la perfezione, fino ad ora. Sei tu la mia musa e la mia dea. Non ho parole per ringraziarti. » riesco a dire, seppure la mia voce sia molto bassa, come per paura di farmi sentire da qualcuno. Quel momento è solo nostro. Intimo. Nessuno deve rovinarlo.
Lei sorride ed i suoi occhi le si illuminano di colpo. Non può arrossire, non è un’umana. Ma è palese che sia orgogliosa di sentirsi dire parole simili.
Ninfa. Driade.
Ho sentito parlare di creature simili, ma mai ne ho incontrata una prima d’ora, ed è effettivamente impossibile resisterle.
Sento il forte impulso di stringerla a me, di passare le mie dita tra i suoi lunghissimi capelli color dell’oro, baciare quelle labbra scarlatte e…
Lei non smette di sorridere come conscia della sua perfezione, della sua estrema bellezza, e del fatto che sto letteralmente impazzendo dalla voglia di averla e di non rimanere lì semplicemente a guardarla.
« Vieni con me… » sussurra al vento, prima di sfiorare le mie mani con le sue, come nel tentativo di guidarmi ma, fatto appena un passo, le rilascia, iniziando a correre, mentre nuove risate risuonano tra gli alberi. Mi è sfuggita, ma capisco il suo gioco.
Vuole che io la rincorra, vuole davvero farmi impazzire.
Confuso, disorientato, ma incredibilmente desideroso di stare con lei, le corro dietro, facendo uno slalom tra gli alberi, cercando di non sbatterci contro, seppure qualche ramo impertinente riesca a sfiorarmi le braccia e il viso, lasciando appena una scia dalla quale fuoriesce una goccia di sangue.
Tutto ciò, tuttavia, non m’importa.
Corro ancora, fino a quando non la vedo immobile accanto a una maestosa e rigogliosa quercia. È estate e i suoi rami, alcuni dei quali si chinano verso terra, sono ricchi di foglie verdi, fiori e ghiande. È un albero imponente e forte. Un albero incantevole come sua figlia, la driade, la dea che mi ha totalmente ammaliato.
A terra, proprio accanto al tronco della quercia, c’è un cespuglio adorno di piacevoli fiori: ortensie viola, come i suoi splendidi occhi.
Torno a guardarla e lei allunga una mano verso di me, mi spinge ad avanzare, cosa che prontamente eseguo.
« Vieni… », ancora la sua voce soffusa che mi penetra sin dentro l’anima.
Ormai sono a un passo da lei. Mi prende la mano destra con una mano e con l’altra mi sfila l’arpa, lasciandola nell’incavo della pianta. Solitamente non lascio mai il mio strumento a nessuno, ma non oso oppormi al suo fare.
Torna a guardarmi e mi avvicina con gentilezza al tronco, lasciandomi posarci la schiena.
Mi guarda divertita, ma poi le sfugge un sorriso che ha un non so che di sensuale, che non riesce più a farmi star buono.
Oso allungare le mie mani a prendere il suo viso, senza tuttavia farle male: i miei movimenti sono delicati, tranquilli. Le sfioro le gote, gli zigomi, il piccolo naso, e le labbra. Sento fremere qualcosa dentro di me.
« Sei incantevole, una vera e propria dea. » sussurro, mentre lei mi lascia fare, per un momento, ma nel momento esatto in cui cerco di avvicinare le mie labbra alle sue, riesce facilmente a districarsi dalla mia presa e con una forza impensabile a un sì fragile corpo, si allontana di un passo.
« Qui, i giochi li conduco io… » sussurra divertita, ma nel suo sguardo ora c’è qualcosa, come una strana luce che quasi mi spaventa.
Vorrei fuggire ora, ma lei si avventa sensualmente su di me, strusciando il suo corpo quasi del tutto nudo sul mio. Avverto come una scossa invadermi totalmente. Non sono esperto e la sensazione che mi provoca è quasi del tutto nuova. Certo, altre donne mi hanno portato a simili pensieri, ma mai ero giunto a provare una tale intensità di sentimento e piacere fisico come riesce a darmi quella creatura fatata.
Continua a muoversi sinuosa su di me, mentre le sue mani tornano a sfiorarmi i capelli, poi il viso, infine le labbra. Qui vi pone il suo bacio, un bacio ardente, che brucia, che mi fa entrare in uno stato di estasi tale da non poterlo descrivere a parole.
Sento di volerla, completamente, e mi accorgo che per lei è lo stesso.
In poco tempo riesce a spogliarmi, grazie anche al mio aiuto, e mi vergogno un poco nel ritrovarmi nudo dinanzi a lei, che ora sembra contemplare il mio corpo, non perfetto come il suo. Tuttavia, sembra piacergli. Baci soffici si susseguono ad altri più ardenti. Mi sfiora. Riesce a farmi sentire in paradiso quasi, se realmente un posto del genere esiste. Ed infine, mi porta a provare il piacere più intenso che una creatura umana o animale può mai provare.
Alla conclusione di quell’atto di estremo piacere, si accascia sopra di me, assaporando i miei sospiri, i gemiti che ancora un poco emetto. Io la stringo a me, leggermente, come per paura che possa mal vedere un simile atteggiamento, ma lei rimane cheta.
Non ho mai provato nulla di più intenso.
Quella dea è riuscita a farmi sprigionare la melodia perfetta e a farmi provare un qualcosa di così sublime che è impossibile descrivere alla perfezione. Neanche le parole più ricercate potrebbero riuscire a descrivere quello che ho provato.
Adagia il capo biondo sul mio petto nudo, e i suoi lunghissimi capelli, simili ai rami dei salici, risplendono e sembrano abbracciarmi. Continuo a guardarla. Provo a sprofondarci delicatamente le mie dita, cercando tuttavia di non rovinare quegli splendidi fiori viola che l’adornano.
Non riesco a credere che proprio io, un umile suonatore di strada, sia potuto cadere tra le braccia di una ninfa.
Dopo qualche attimo, purtroppo, torna a sollevarsi. Mi guarda in viso e posa delicata un bacio sulle mie labbra. La voglia di iniziare nuovamente, nonostante la stanchezza, mi prende, ma devo cacciarla indietro.
« Vieni con me ora… seguimi. » La sua voce è un dolce nettare per le mie orecchie. Non riesco a resisterle e neanche a dire di no. Sono totalmente soggiogato da lei e non m’importa del mio destino.
In un attimo è in piedi e poco dopo, un po’ goffamente, mi alzo, ancora nudo, e la seguo. Lei si sofferma sul cespuglio di fiori e ne sfiora uno: delicata nei modi, dotata di una grazia sovrumana, che nessun’altra donna possiede. Non fa male a quel fiore. Noto nel suo sguardo un tale amore, che vorrei essere al posto di quel fiore stesso.
Sento di amarla. O forse è solo frutto dell’incantesimo che mi ha fatto?
Poi va a posare una mano sulla corteccia della quercia. Non so quale potere abbia usato questa volta, ma l’albero sembra animarsi di colpo. Le radici si sollevano, uscendo fuori dalla terra, e ben presto, proprio tra la terra e la parte bassa del tronco dell’albero, si forma come un’apertura.
Spalanco occhi e labbra di fronte a ciò, come se già l’aver fatto un atto completo con una driade non sia assurdo.
Lei mi guarda e mi mostra un sorriso di una dolcezza disarmante. Sembra davvero una donna umana che, guardandomi con quello sguardo intenso, vuole spingermi a non lasciarla.
Tende una mano verso di me ed io la guardo titubante.
« Ora sei mio. Il mio amante, il mio amore. Verrai con me, è questa la tua nuova vita. Suonerai canzoni ed io ballerò con te e per te, e potremmo suggellare il nostro amore ogni sera, lontani da occhi indiscreti. » riprende a dire, con voce pacata, quasi gentile, ma mi accorgo che dietro quell’aspetto e quel tono, si nasconde un chiaro ordine a cui non posso oppormi o… « Non vorrai lasciarmi sola vero? ».
Il suo sguardo e il tono usato ora sembrano taglienti. Sento un brivido lungo la schiena e questa volta è di puro terrore. Se non scelgo lei, sono consapevole di dover scegliere la morte.
Ma quale vita c’è fuori di qua? Perché oppormi a una vita tanto deliziosa? Potrò restare con la mia Dea e suonare il mio strumento, come mai ho fatto finora. Non sarei più disprezzato ma amato e deliziato.
Questi i miei pensieri che mi portano a seguirla. Raccolgo l’arpa da terra e lascio i vestiti. Prendo la sua piccola mano nella mia e insieme a lei scivolo in quell’apertura piccola e oscura, lasciando per sempre il mondo in cui sono nato e cresciuto.
    
    Da quel giorno vivo con la mia musa ispiratrice. Di giorno restiamo nel suo mondo nascosto, all’interno di quell’imponente quercia. Mi cibo come lei di frutti ed erbe che ci concede la madre terra e ci occupiamo con amore e dedizione della natura e dei suoi figli. Di notte ci rechiamo al lago ed io inizio a suonare, mentre lei danza. Danza nel vento. Danza alla luce lunare. Danza per me.
Prima di tornare nel nostro mondo, ci congiungiamo ancora e ancora. Ogni notte riesce a farmi provare una miriade di sensazioni che non so descrivere, ma che mi fanno quasi impazzire.
Forse son diventato pazzo. Ma non m’importa.
Non m’interessa se queste splendide creature sono capaci di uccidere, come ho anche visto con i miei occhi, cosa che mi ha impedito di scappare – anche se più di una volta ci avevo pensato -.
Io ho scelto, anche se non volontariamente, questa vita.
Lei è la mia musa, io il suo musicista.
Lei è la mia amante ed io il suo.
Lei è la mia ninfa ed io il suo satiro, o almeno così posso sembrare, seppure non ne abbia le sembianze.
Così sarà sempre.  




________________________________________________
Questa storia si è classificata al quarto posto, nel contest "The Forest" indetto da Forgotten Stories.

Adorando io le Ninfe, ho deciso di scrivere questa storia, ambientandola appunto in un bosco, come richiedevano nel contest.  


Spero che vi possa piacere.

E grazie per il contest, che è carinissimo *_*
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Piccolo Fiore del Deserto