Slaps on Ice
“Tira quella gamba! Vai… vai… vai… NO!”.
Le urla incessanti di Yura
risuonavano nella pista al chiuso che, ormai, poteva ripetere a memoria i
rimproveri – sempre gli stessi – che ogni giorno venivano strillati alle povere
allieve. Sospirai, posando lo sguardo sulla povera Kagome.
Era lì, rannicchiata sul ghiaccio, la coda di cavallo spettinata e le mollette
che invano cercavano di bloccare la frangetta ribelle, gli occhi fissi
sull’allenatrice tra il rassegnato e l’annoiato: sempre lo stesso errore,
sempre lo stesso rimprovero.
“La gamba deve fare un cerchio prima delle braccia! E quelle gambe, Kagome,
quelle gambe! Le vuoi piegare? Ti vuoi spingere? Non riuscirai mai a fare un
triplo salchow con tutti questi errori! Non so
neppure come fai a farti venire il doppio!”, urlò l’insegnante con la mano
sulla fronte, prima di andare a rimproverare un’altra allieva.
Mi avvicinai, abbandonando la mia borraccia a bordo
pista. Scivolai sul ghiaccio con leggerezza, fino a giungere alla distanza
necessaria a porgere la mia mano a Kagome.
“Su, alzati”, ordinai, non volendo vederla spalmata
lì a piangersi addosso per il prossimo quarto d’ora.
“Non mi verrà mai”, fu il debole mugolio che ottenni
in risposta. Alzai gli occhi al cielo, prendendole il braccio e sollevandola a
forza. Si alzò svogliatamente, e si trascinò, tra una spinta e l’altra, fino
alle sbarre del bordo pista.
“Kagome, vedrai che ti
verrà”, provai a consolarla, “ti viene il triplo loop!
Sarebbe assurdo!”. Sbuffò debolmente mentre afferrava la mia borraccia. Non era
una novità, scroccava sempre la mia acqua.
“Per te è facile Sango! Tu
sei bella…”.
“Anche tu lo sei”, replicai immediatamente, con aria
annoiata.
“…sei portata…”,
continuò lei ignorando il mio intervento e assottigliando lo sguardo. Ok, qui
non potevo replicare: ero una delle pochissime donne a saper fare il triplo axel. Peccato che fossi completamente incapace di fare gare
senza precipitare nel terrore! Negli ultimi tre anni non ero mai più arrivata
neppure alle internazionali a causa del mio perenne panico da prestazione.
“… e sei così elegante Sango!
Non immagini quanto! I tuoi movimenti sono così fluidi e sei così leggiadra e…”.
“Ok, basta con i complimenti”, sbuffai, “tu non
sarai portata, Kagome, ma almeno sei capace di
portare in gara ciò che hai imparato”.
“A proposito”, borbottò lei, “una volta non eri così
in gara. Eri così grintosa, tutte le tue avversarie avevano paura di te… e poi improvvisamente hai cominciato a sudare freddo
prima di ogni competizione”. Deglutii, sperando vivamente che Kagome non concludesse in maniera esatta la sua deduzione.
Concentrò lo sguardo nocciola su di me, come a voler scrutare il mio animo.
“Sango?”, domandò
improvvisamente, facendomi sobbalzare.
“Sì?”, risposi io troppo in fretta, tradendo la mia
preoccupazione. Vi prego antenati, fate
che non abbia capito! Era noto che Kagome non
sapesse mantenere neppure il segreto più stupido. Perché dall’alto della sua
ottusità doveva evincere proprio il mio segreto,
che covavo da anni?
“Rin ti preoccupa, non è
vero? In effetti è molto brava…”.
Sentii i muscoli rilassarsi di colpo e presi il
respiro profondo più grande della mia vita. Non dovevo preoccuparmi di lei, si
sapeva che era ottusa. Al contrario Rin aveva ottimo
spirito d’osservazione ma, per fortuna, sapeva tenere la bocca chiusa.
“No, Kagome”, sorrisi, “è
semplicemente un periodaccio, tutto qui”.
Un periodaccio, certo.
Cominciato quando era arrivato lui.
Sentimmo un tonfo, un gemito e una serie di mormorii
preoccupati. Mi voltai verso quei rumori e, sbiancando, ebbi l’impressione che
il mio segreto sarebbe durato ancora per poco.
“Come avete visto ieri, l’allenatrice Yura ha fatto una brutta caduta e si è procurata una
frattura alla gamba”, disse il ragazzo a tutte noi, pattinando avanti e
indietro lungo la fila preoccupata, “e come sapete le selezioni per le gare
nazionali cominceranno a breve”. Un mormorio di assenso si sollevò da tutto il
gruppo. Io rimasi in silenzio: stavo osservando il movimento morbido della sua frangia
corvina che si posava sul suo sguardo ipnotico ad ogni spinta.
“Non vi preoccupate però”, sorrise subito lui, “ci
penserò io a seguire le vostre combinate quindi… Sango, ti senti bene?”.
Ero bianca.
Volevo svenire – ma che dico, morire!!! – pur di svegliarmi consapevole che era
stato tutto un brutto sogno, solo un brutto sogno.
“Sango?”, domandò in un
mormorio Kagome, osservandomi preoccupata.
“N-non è nulla!”, mi
affrettai a dire, sorridendo, dato che il mio desiderio di svenire-morire non
era stato realizzato, “Solo un calo di pressione immagino”.
“Lascia che ti accompagni a bordo pista allora”, si
propose il ragazzo, avvicinandosi a me e poggiandomi una mano sul fianco.
“No!”. Tutti si voltarono verso Rin.
La ragazza, senza alcun imbarazzo, mi raggiunse, tolse la mano del nostro nuovo
allenatore dal mio fianco e disse: “La accompagno io, tu continua pure a
parlare, Miroku”.
“Ehm… certo”, borbottò
lui, leggermente confuso, voltandosi nuovamente verso il gruppo, ma non prima
di avermi fissato con insistenza con i suoi profondi occhi blu.
“Sono rovinata”, sussurrai una volta giunta a bordo
pista, “non sarò più capace nemmeno di reggermi sui pattini con lui accanto per
tutto il tempo. La mia carriera è finita, terminata, estinta, stroncata…”.
“Adesso non esagerare”, mi rimproverò Rin, raccogliendo i neri capelli sciolti in un codino
laterale, “sembri Kagome! Yura
sarà guarita tra un mese e conoscendola sarà di nuovo qui non appena le
toglieranno il gesso”.
“Un mese è un’infinità Rin!”,
ribattei io, “Se perdo questo mese mi gioco anche le nazionali quest’anno!”. La
ragazza mi fissò con gli occhi color cioccolato, la testa leggermente inclinata
di chi ti sta analizzando per comprendere le tue reazioni.
“Come è possibile che in tre anni tu, che gli muori
dietro, non abbia fatto un passo per sedurlo e, anzi, ti prende il panico
quando lo vedi?”, domandò fissandomi confusa. Rimasi zitta ad osservarla,
sperando che non pretendesse una risposta. “Come è possibile”, continuò, “che
il solo sapere che ti osserva – perché ti osserva, Sango
– non ti permette di pattinare bene e ti fa sbagliare qualunque gara?”.
“Non mi osserva”, borbottai.
“Lasciami finire!”, mi riprese subito, “Sango tu sei una ragazza forte, decisa, sicura delle tue
scelte e orgogliosa, non è possibile che una come te reagisca in questo modo. Kagome reagirebbe così, non tu. A meno che…”.
“A meno che…?”, domandai,
impaurita dalla risposta che stavo per ricevere. Perché Rin
capiva sempre tutto?
“Ci tieni davvero a queste gare?”. Aprii la bocca
per rispondere, ma la chiusi subito. Ci tenevo? “A te piace vincere Sango, non vuoi nemmeno provare a fare una gara in cui
perderai”, continuò lei, “e non riesci a pattinare bene perché non sei onesta
con te stessa. Perché pattini? Non rispondermi stupidamente Sango:
non voglio sentire ‘mi piace’, ‘è la mia passione’ o simili…
E anzi, non rispondermi affatto. Io so benissimo il perché, sei tu che non lo
sai. La risposta la devi a te stessa”.
Rimasi immobile a fissarla. Mi sembrava di sentire
me stessa mentre rimproveravo Kagome. Ma cosa mi
stava succedendo? Cosa ne era stato della Sango orgogliosa,
che non sopporta la sconfitta e che è sempre pronta a rialzarsi? Il fatto era
che ero ben consapevole di essermi presa una cotta per un uomo che odiavo. Era
un don giovanni, toccava il sedere a tutte le ragazze
del corso – me compresa, e molti schiaffi non glieli aveva risparmiati nessuno –
saltava di fiore in fiore… insomma, era l’esatto opposto
del mio ragazzo ideale. Ma mi ero fatta sfuggire fin troppi ragazzi ideali, insoddisfatta perché
sapevo benissimo ciò che volevo: volevo Miroku,
ideale o non che fosse.
“Ti do un indizio”, disse infine Rin,
interrompendo il mio lungo silenzio, “Anzi, due. Il primo è che finché sarai
instabile non riuscirai mai a concentrarti sul pattinare. Risolvi la situazione
con Miroku e starai sicuramente meglio. Il secondo
invece è questo: se vuoi conquistare Casanova degli dimostrargli che tu sei una
donna diversa da tutte le altre che lui abbia mai incontrato e che non cedi
alla sua bellezza e alle sue lusinghe. Vedrai come sentirà il desiderio di
riuscire a dimostrarti che invece può conquistarti eccome…
e stai sicura che alla lunga cadrà ai tuoi piedi”.
Mi fece un occhiolino, per poi tornare in pista
assieme alle altre. Rimasi a lungo a riflettere. Rin
aveva ragione. Forse avrei dovuto tornare in pista anche io, ma non me la
sentivo affatto. Kagome mi raggiunse a fine lezione,
preoccupata per la mia salute. Con lei c’era Miroku.
“Tutto a posto, fanciulla?”, esordì lui, con un
sorriso smagliante. Sorrisi anche io, fin troppo fredda. Teneva Kagome abbracciata, mentre lei lo squadrava preoccupata: se
il suo ragazzo Inuyasha la vedeva così con lui lo
avrebbe ammazzato.
“Tutto bene, grazie”, risposi, mettendo mano per
slacciare i pattini.
“Se vuoi posso farti recuperare la lezione adesso.
La pista è vuota e non daremo fastidio a nessuno”, disse lui con la sua voce
vellutata. Rimasi a fissarlo, confusa. Voleva darmi una lezione privata? Alcune
delle oche del mio corso cominciarono a brontolare su quanto fossi fortunata a
rimanere sola con lui. Rin, invece, mi guardò. Mi
guardò con uno sguardo che parlava chiaro: ricordati della ragazza impossibile.
Miroku si sedette accanto a me mentre la mia mente mi
urlava di accettare l’invito e fregarmene di Rin.
“Suvvia Sango, non ti
mangio mica!”, ridacchiò. Ma mentre lui ridacchiava io divenni rosso fuoco.
Sentii la sua mano toccare il mio sedere, convinto forse di convincermi così.
O, molto probabilmente, era così maniaco da non resistere cinque minuti senza
una palpatina. Stampai la mia cinquina sulla sua guancia, presi la mia
sacca e dissi, con tutta calma:
“Grazie, ma pattino benissimo anche da sola, maestro”, e detto ciò me ne andai,
lasciandolo a fissare un punto fisso nel vuoto. Alcune esclamarono che ero una
pazza, altre che dovevo essere asessuata per rifiutarlo, ma Rin
mi sorrise, sussurrandomi di non voltarmi a guardarlo. Ma la curiosità era
troppa: mi sedetti sugli spalti per togliermi i pattini dai piedi e, dando una
sbirciatina, notai un sorrisino sfacciato sul suo volto. Anche lui mi fissava,
così mi affrettai a concentrarmi sui lacci dei pattini.
“Sei una grande!”, esclamò Kagome
raggiungendomi, “Così si impara quel maniaco!”.
“Già”, risposi io sorridendo, “speriamo che impari”.
Forse non sarebbe stato poi un mese così terribile.
Ary’s comes back!
XD Speriamo sul serio stavolta =P L’ispirazione
sembra tornata a me, quindi ho inaugurato con questa shot
nella speranza di riuscire a finire B&B – dato che
mancano due capitoli – e continuare a scrivere sempre, sempre e sempre ù.ù Baci a tutti voi dalla volpina!
P.S: Mi rendo conto che Sango è un po’ OOC, soprattutto all’inizio…
perdonate, non ho mai scritto impersonandomi in lei e mi serviva per lo
sviluppo XD Chiedo perdono anche per eventuali errori di battitura, me non ha
ricontrollato *pratica il seppuku*