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Autore: ross_ana    23/08/2010    14 recensioni
Seduto su quella panchina che ormai era diventata mia, non avevo mai guardato al di là della mia vista. Gli alberi fitti impedivano ai miei occhi di vedere cosa ci fosse oltre quella siepe che mi divideva dal resto del mondo. La mia curiosità sentì l'improvviso bisogno di scoprirlo.
Assaporai il silenzio di ogni passo su quell'erba soffice che attutiva il mio peso e mi concentrai sui suoni della natura che mi gravitavano attorno.
Il vento che fischiava tra le foglie, gli uccellini cinguettanti tra i rami, i grilli nascosti nell'erba... tutto racchiudeva un'armonia che mancava solo di qualcuno che vi danzasse a ritmo.
E trattenni il fiato quando vidi qualcuno danzarvi a ritmo.
Era seduta su un'altalena cigolante, con le mani strette tanto forti intorno alle catene da far sbiancare le nocche. La sua testa era piegata verso il basso, ma i suoi capelli, in armonia con ciò che circondava me, si muovevano intorno al suo viso e sulle sue spalle come ad eseguire una coreografia perfetta inventata per rendere il suo viso ancora più bello.
Sesta classificata al Crack Pairing Contest indetto da Only_Me.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Sesta classificata al Crack Pairing Contest indetto da Only_Me
Buona lettura :)


Nick Autore: ross_ana@ (su efp ross_ana)
Titolo: Amore senza un titolo
Personaggi/Pairing: Draco/Hermione
Genere: Introspettivo, Romantico
Rating: Giallo
Avvertimenti: POV alterni.
+ Set scelto: 29




Mi guardavo attorno domandandomi per quale assurda ragione ero seduto, per l'ennesima volta, su una maledettissima panchina babbana nel centro di un silenziosissimo parco babbano dove nemmeno l'ombra di qualcosa di familiare era intravedibile ai miei occhi.
Mi guardavo attorno stupendomi per l'ennesima volta della pace che su quella panchina babbana nel centro di quel silenziosissimo parco babbano riuscivo a trovare.
Le fronde degli alberi che sopra la mia testa si muovevano docili al ritmo che il vento dettava loro, sembravano spazzare via i cattivi pensieri che come aria torbida e sporca di città caotiche infestavano la solitudine della mia anima un tempo perduta.
Se solo mio padre avesse potuto vedermi in quel momento, simile babbano in un mondo babbano, si sarebbe rivoltato nella tomba. E con lui anche la mia algida, altezzosa e vanesia madre.
Ma la guerra aveva cambiato tutto. E il dopoguerra mi aveva lasciato distrutto.


Ancora con gli occhi bagnati di lacrime mi ritrovai a camminare nel parco che negli ultimi mesi era unico testimone del mio dolore e della mia sofferenza.
Da quando Harry mi aveva raccontato il trascorrere perpetuo delle sue estati dai Dursley, avevo preso a recarmi su quelle altalene che erano state testimoni dei suoi incubi e delle sue paure.
Mi dicevano che ero troppo attaccata al passato, che dovevo smetterla di parlare di Fred, di Lupin, di Thonks, di Malocchio e di tutti quei volti senza nome che durante la guerra erano scomparsi lasciandosi dietro solo l'ombra del niente.
“Smettila Hermione, sono passati anni, la guerra è finita. Dobbiamo vivere”.
Ron aveva imparato queste parole a memoria, me le ripeteva ormai in continuazione: quando stringevo i pugni lungo i fianchi irrigidita da una risata troppo vivace, quando prima di andare a dormire fissavo il cielo sperando di vedere nelle stelle un volto ancora sorridente, quando litigavamo e ingoiavo come veleno la rabbia che minacciava di sopraffarmi solo perchè non volevo perdere anche lui.
Ma il limite era arrivato anche per me, e al suono della sua voce gracchiante che mi ripeteva di andare avanti, di dimenticare, avevo reagito dicendo la verità per la prima volta dopo tanto tempo.
“Non ti amo più Ron.”
Il silenzio che ne era seguito era stato talmente rumoroso, talmente doloroso, da impormi la fuga. Non più fiera e orgogliosa Grifondoro, ma solo debole e fragile umana.


Fissavo le mie mani pallide, le mie lunghe dita affusolate che da giorni non toccavano bacchetta, e cercai di affidare ad ognuna di esse un ricordo. Un ricordo felice.
Chiusi entrambi i pugni, lasciando libero solo il pollice della mano destra. Uno.
Il primo ricordo felice che mi attraversò la mente fu il viso di mia madre che mi sorrideva. Un sorriso sincero, dolce, che le illuminava gli occhi. L'unica cosa che pensai, davanti a quel sorriso, fu che non l'avevo mai vista così bella.
Indice. Due.
Il secondo ricordo felice fu sentire il Cappello Parlante affibbiarmi a Serpeverde. Sin da bambino sognavo Hogwarts e le sue case. Finalmente potevo vivere Hogwarts nella mia casa.
Medio. Tre.
Il terzo ricordo felice era legato all'unico amico vero che avessi mai avuto. Né la guerra, né la morte dei nostri genitori avevano scalfito il nostro rapporto. Il giorno in cui mi inginocchiai di fronte alla tomba di mio padre, arrabbiato con me stesso per non riuscire a provare dolore, una mano amica mi aiutò ad alzarmi. “Ti capisco, Draco”. Fu la prima volta che ringraziai qualcuno. “Grazie Blaise”.
Anulare. Quattro.
Il quarto ricordo felice lo rivivevo ogni notte prima di addormentarmi. La mia assoluzione da ogni accusa di Mangiamorte. Il marchio impresso sul mio braccio continuava a straziarmi su cosa significasse essere sull'orlo di un baratro, ma le parole dette in quell'aula del ministero allietavano di poco la mia agonia. “Draco Malfoy, innocente”.
Mignolo. Cinque.
Il quinto ricordo felice... non era un ricordo felice. Era... bizzarro per la verità. Era la vigilia di Natale, Blaise e Pansy, sposati da più di due anni ormai, mi avevano invitato a passare le feste con loro. Avevo declinato l'offerta per poi cambiare idea solo all'ultimo minuto. Mi ero smaterializzato in Diagon Alley per comperare qualcosa, ma, com'era prevedibile, era tutto chiuso in quella serata di festa. Cominciai a camminare arrabbiato inveendo contro me stesso per la mia stupidità. Mi accorsi dopo qualche minuto che c'era qualcuno che mi osservava curioso. Mi girai di scatto per fronteggiare chiunque fosse in cerca di guai, ma la figura che mi si parò davanti mi lasciò senza parole: un uomo vecchio, con una folta barba e un buffo cappello. Il naso aquilino spuntava da sotto i finti baffoni che si era appiccicato addosso. Sulla spalla teneva un grosso sacco carico di regali. Me ne porse uno e sorrise. Prima di andare via mormorò qualcosa che mi lasciò interdetto. “Uomo che ami parlare molto: ascolta e diventerai simile al saggio. L'inizio della saggezza è il silenzio”.


-Ciao Herm!
-Ciao Gin..
-Come stai?
-Bene.
-Sicura?
-Si.
-Hai voglia di parlare?
-No.
Silenzio.
Nessuno voleva che io parlassi di ciò che ancora mi tormentava? Nessuno mi avrebbe sentito parlare di ciò che mi tormentava.
-Credo che domani non verrò alla Tana.
-A mamma dispiacerà se mancherai al pranzo della domenica.
-Scusami tu con lei.
-Perchè?
-Perchè io sono stanca di chiedere scusa.
-Non intendevo questo.
-Non importa. Ora vai, Ginny, ho bisogno di restare sola.
-Non voglio che resti sola qui.
-Non resterò qui.
-E dove andrai?
-A Privet Drive.


Seduto su quella panchina che ormai era diventata mia, non avevo mai guardato al di là della mia vista. Gli alberi fitti impedivano ai miei occhi di vedere cosa ci fosse oltre quella siepe che mi divideva dal resto del mondo. La mia curiosità sentì l'improvviso bisogno di scoprirlo.
Assaporai il silenzio di ogni passo su quell'erba soffice che attutiva il mio peso e mi concentrai sui suoni della natura che mi gravitavano attorno.
Il vento che fischiava tra le foglie, gli uccellini cinguettanti tra i rami, i grilli nascosti nell'erba... tutto racchiudeva un'armonia che mancava solo di qualcuno che vi danzasse a ritmo.
E trattenni il fiato quando vidi qualcuno danzarvi a ritmo.
Era seduta su un'altalena cigolante, con le mani strette tanto forti intorno alle catene da far sbiancare le nocche. La sua testa era piegata verso il basso, ma i suoi capelli, in armonia con ciò che circondava me, si muovevano intorno al suo viso e sulle sue spalle come ad eseguire una coreografia perfetta inventata per rendere il suo viso ancora più bello.


La sensazione di essere osservata era bruciante sulla mia nuca. Arrivai a pensare che Ginny mi avesse seguita, o che avesse mandato Harry per convincermi ad unirmi a loro nell'esima abbuffata dai Weasley... ma nessuno di loro due sarebbe venuto.
Ginny sapeva che niente avrebbe smosso la mia decisione. Ed Harry non riusciva a mettere piede a Privet Drive dopo tutto quello che era successo.
Strinsi con ancora più forza la catena un po' arrugginita che cigolava sotto le mie lievi spinte in punta di piedi, e timorosa di vedere alle mie spalle solo i fantasmi del mio passato, guardai con più insistenza la punta delle mie scarpe lucide che a mala pena toccavano il terreno.
Non so quanto tempo passò, ma chiusi gli occhi, stringendoli con quanta più forza riuscissi a racimolare, sperando che quando li avessi aperti quella sensazione bruciante sarebbe sparita...
Girai la testa lentamente e spalancai gli occhi. Immediatamente lasciai che i pugni chiusi sulle catene dell'altalena si aprissero per sfregare le mie palpebre sicuramente affette da allucinazioni. Pregai con tutta me stessa che non fosse reale e subito mi maledii per averlo fatto. Doveva essere reale. Doveva. Aprii di nuovo gli occhi e lo fissai. Biondo come sempre, rigido come sempre, odioso come sempre. Draco Malfoy mi fissava con la sua solita aria da superiorità. Non lo potevo sopportare.


Fu strano rivederla allora, dopo tutti quegli anni, seduta da sola senza la sfiancante presenza dei suoi compari. Erano il trio inseparabile, il trio salvatore del mondo magico. Vivevano di fama regressa facendo autografi. Anch'io ne avevo uno.
Vidi la confusione nel suo sguardo... fui capace di leggere i suoi pensieri anche senza l'uso della Legilimansia. 'Che diavolo ci fa qui, Malfoy?'. Con il suo tono da saccente so-tutto-io, sicuramente questa era la frase che il suo cervello aveva articolato.
Poi i suoi occhi brillarono di una luce che le avevo visto non poche volte. Rabbia. Furia. E non fu difficile capire ancora cosa stesse pensando. 'Draco Malfoy, il simbolo della guerra.'
E come darle torto? Fui io a puntare la bacchetta contro Silente. Io a far entrare i Mangiamorte ad Hogwarts. Io a scappare, codardo, da una fila all'altra. Io, capace persino di tradire la mia famiglia e i suoi ideali.


Sentivo la tristezza abbandonare il mio corpo. Tutti i pensieri, tutte le fantasie, tutti i ricordi si annullarono per focalizzare le mie energie su colui che avevo davanti. A pochi passi da me. A pochi passi dalla mia solitudine. A pochi passi dal mio dolore.
-Brutto... schifoso... bastardo...
In poche, lunghe falcate avevo raggiunto la siepe che ci divideva. Le mie dita, ormai abituate a chiudersi a pugno, strinsero convulsamente quel filo di ferro che mi obbligava a vedere la sua faccia a quadretti.
-Che ci fai qui? Che diavolo ci fai tu qui? Tu non sei degno di questo posto, tu non lo sai che significato ha. Ed è tutta colpa tua se questo posto ha un significato. Tua e dei tuoi luridi parenti. Perchè è così, no? Voi... puliti... purosangue... siete tutti parenti. È per questo che siete pazzi, non è vero? Pazzi e psicopatici. Pazzi e schifosi. Maledettamente schifosi.


Sentii quell'unico brandello di anima che avevo tentato di far rimanere intero squarciarsi sotto la violenza di quelle parole urlate con rabbia. Il furore di Hermione Granger era destabilizzante. Vederla così rigida e altera dall'altra parte della siepe significava vedere il mondo con altri occhi... gli occhi dei buoni che avevano solo subito il dolore senza mai infliggerlo a nessuno.
Ma io non ero come la mia famiglia, non ero più come la mia famiglia. Non poteva accusare me di tutti i suoi mali, non poteva pugnalarmi ancora infliggendomi anche i sensi di colpa che non meritavo di avere.
Sentii la mia ira repressa crescere dentro me. Percepivo nelle dita la scarica forte di impulsività che mi spingeva a bloccare le sue mani di nuovo strette a pugno e urlarle in faccia che lei non era l'unica vittima, che anche io avevo perso qualcuno... che anche io avevo perso me stesso.
Ma un uomo panciuto dalla barba bianca e il cappello buffo attraversò i miei pensieri fuggenti, e a quella sua slitta mi appigliai, ascoltando ancora una volta quella frase che di me avrebbe fatto una persona migliore, forse. 'Uomo che ami parlare molto: ascolta e diventerai simile al saggio. L'inizio della saggezza è il silenzio'.
Non volevo diventare saggio, ma avrei ascoltato in silenzio tutti i suoi insulti.


-Ti odio Malfoy. Ti odio. Saresti dovuto morire tu al posto di tutti gli altri.
Sentii il mio respiro pesante, sfoderai la bacchetta e lo guardai negli occhi. Mi aspettavo di cogliervi un lampo di soddisfazione, o di sfida. Invece il nulla avvolse la mia vista e i miei sensi.
Fui incapace di reggere ancora, e con un flebile pop mi smaterializzai da quel luogo maledetto che aveva visto esplodere il mio dolore.
Camminai irrequieta per i corridoi del Ministero. Mi chiesi più volte perchè mi fossi materializzata proprio lì, ma non fui in grado di darmi alcuna risposta. Nella mia mente non c'era altro posto che per Lupin, e Tonks, e Malocchio, e Fred... e Ron ed Harry che non volevano pensarci invece. Ron ed Harry che si erano lasciati tutto alle spalle. Ron ed Harry che avevano ricominciato da capo, senza Lupin, senza Malocchio, senza Tonks, senza Fred... e ora anche senza di me. Perchè io ero morta con loro. Io nella guerra avevo perso me stessa.


La vidi svanire di fronte al mio sguardo affranto. Io avrei dovuto morire al posto di tutti gli altri... me l'ero ripetuto per mesi, senza mai avere il coraggio di puntare la mia stessa bacchetta contro di me. Ero un codardo. Infondo lo ero sempre stato.
Sentii il vento alzarsi impetuoso, come se volesse sottolineare la durezza di quelle parole urlate con rabbia, con dolore... con amore... e sentii la mia anima perdersi ancora più in profondità in quell'abisso di rabbia e dolore che mai aveva conosciuto l'amore.
Ma come poteva lei giudicarmi? Come poteva credere che io non sapessi cosa significava sopravvivere dopo la guerra? Come riusciva a pensare che la mia non fosse una vita fatta di solitudine e desolazione?
Maledii l'uomo dal vestito rosso per avermi costretto a tacere, e aspettai che fosse buio per tornare a casa. Sarei ritornato da lei. Sarei tornato per dirle che anch'io ero vittima di quel mondo barbaro.


-Che ci fai di nuovo qui?
-Sembrava mi stessi aspettando.
-Io non aspetto nessuno Malfoy. Soprattutto non aspetto te.
-Perchè mi odi?
-Perchè ti detesto.
-Detestare significa odiare.
-E allora ti odio. Ti odio con tutto il mio cuore.
-Io invece non ce l'ho più un cuore.
-No Malfoy, tu un cuore non ce l'hai mai avuto. Nessun Mangiamorte ha mai avuto un cuore.
-Non sono un Mangiamorte.
-Solo per il ministero. Per me rimarrai sempre lurida feccia.


Per la prima volta avevo oltrepassato la mia panchina senza realmente vederla. Ero andato oltre, fino a giungere a quella rete che divideva il suo mondo dal mio. I suoi pensieri dai miei.
-È lurida feccia che stavi aspettando con ansia, allora?
-Io non ti aspettavo con ansia.
-Bugiarda.
-Io. Non. Sono. Bugiarda.
E mi maledii per aver parlato a sproposito. Mi maledii per averla fatta scappare ancora.
Un miserabile pop, e quell'altalena aveva cominciato a muoversi sola, non più carica del peso di quei pensieri dolorosi che solo in aria trovavano libertà.


Continuavo a sperare di non vederlo mai più, e continuavo a desiderare che arrivasse il prima possibile.
Aveva incassato i miei insulti senza mai ribattermi contro con la sua solita arroganza e cattiveria. 'Bugiarda' mi aveva chiamato il giorno prima, ma potevo realmente dargli torto? Io che avevo mentito anche a me stessa pur di restare aggrappata all'unico brandello di normalità che mi era rimasto. Io che avevo mentito a me stessa pur di non annegare nell'abisso della più tetra solitudine.
Poi lo vidi, poggiato di schiena alla rete con gli occhi fissi su di me.
-Perchè sei da questa parte del parco?
-Non mi piace vederti a scacchi.
-Ti piace vedermi in qualche modo?
Il suono scettico di quella domanda risuonò forte alle mie stesse orecchie.
-Mi piace vederti tutta d'un pezzo, come sei sempre stata.


Emise un flebile sospiro, poi lasciò che due grosse lacrime solcassero il suo viso.
-Malocchio è stato il primo, lo sai? Non siamo riusciti a salutarlo, a ringraziarlo, a... a... E poi Lupin, e Tonks, e Fred... nessuno di loro sapeva sarebbe morto. Nessuno di loro immaginava di lasciarsi dietro solo l'ombra di una vaga risata. Sapevi che gli volevo bene? Sapevi... tu sapevi che gliene voglio tuttora?
'Uomo che ami parlare molto: ascolta e diventerai simile al saggio. L'inizio della saggezza è il silenzio'. E allora continuai a tacere. Non per diventare simile al saggio, ma per ascoltare i suoi dolori.


-Erano belli, erano buoni, erano coraggiosi, erano forti, erano degni, erano amici. Ora sono solo cenere.
Appoggiato con finta disinvoltura alla rete alle sue spalle, mi guardava concentrato e serio. Non c'era scherno nel suo sorriso triste, non c'era ambiguità nei suoi occhi lucidi.
-Perchè non parli Malfoy?
-Non è ancora il mio turno.
-E quando sarà?
-Quando il tuo sarà finito.
-Credo di aver finito. Ciao Malfoy.
E per la terza volta me ne andai.
Solo quando mi ritrovai raggomitolata sotto le coperte e ripensai a quanto successo, mi accorsi che avevo finito davvero. Mi resi conto che per la prima volta, dalla fine della guerra, qualcuno aveva ascoltato tutto il mio sfogo senza interrompermi, lasciandomi svuotare l'agonia in poche semplici parole.
Perchè mai non l'avevano fatto i miei amici? Perchè mai, a liberarmi da quel peso opprimente, era stato il mio nemico?
Esistevano ancora nemici in quel desolante dopoguerra?


Ero arrivato in anticipo, lei non c'era ancora, e non fui capace di resistere all'impulso di avvicinarmi all'impronta del suo respiro.
Mi appoggiai lentamente all'altalena accanto alla sua, e aspettai con ansia il suo arrivo.
Mascherai la mia impazienza con qualche spinta fuorviante, e scongiurai la mia paura stringendo forte le dita intorno alle catene proprio come aveva fatto lei.
-Prima di venire qui ho incontrato una donna... l'ho aiutata ad attraversare la strada e le ho portato la spesa fin dentro casa. Ha provato a ringraziarmi ma non le ho dato il tempo di farlo.
-Perchè?
-Perchè da quando mi sono avvicinata a lei non ho fatto altro che parlare io, le ho raccomandato attenzione, le ho consigliato compagnia, le ho spiegato la richiesta di aiuto.
-E poi?
-Poi mi ha detto qualcosa e sono rimasta in silenzio.
-Uomo che ami parlare molto: ascolta e diventerai simile al saggio. L'inizio della saggezza è il silenzio.
-Donna.
-Come?
-Donna che ami parlare molto.
-Donna!


Fui sicura che non mi avesse letto nella mente perchè nessuna intrusione era avvenuta. Ero una strega abbastanza brava da riuscire a percepire certe cose... e lui non l'aveva fatto. E non me ne sorpresi. Avevo capito che il Malfoy che avevo davanti non era lo stesso ragazzino di Hogwarts che si divertiva a chiamarmi Sporca Mezzosangue. Questo Malfoy sapeva ascoltare, e forse, era più simile a me di quanto mai avremmo potuto immaginare.


Non restai meravigliato né sorpreso. Poi respirai profondamente.
-Ho capito di sbagliare prima di commettere l'errore.
-Uccidere Silente?
-Già. E poi le cose sono precipitate. Ho capito che non ne valeva la pena, che gli ideali in cui avevo sempre creduto non erano altro che scuse per raggiungere il potere. Ancora prima della sua fine tutte le parole avevano perso valore. Era rimasto solo un tonfo sordo in mezzo al petto che richiamava il battito del cuore di mia madre.
Guardai i suoi occhi attenti che per la prima volta non mi guardavano con astio, e nella profondità della sua anima trovai il coraggio di continuare.
-Lei fu la prima a morire. Poi mio padre la seguì a distanza di pochi mesi. Non ho versato neanche una lacrima, e mi sono odiato per questo. Ma non provare dolore... sentire al posto della sofferenza solo uno strano sollievo... quella sensazione ha fatto di me un uomo infausto, indegno e umiliato.


Le sue parole scorrevano sulla mia pelle lasciando tracce di lava incandescente. Il tono della sua voce, come un suono perforante e maledettamente doloroso, scavò l'interno della mia anima già dilaniata costringendola a sanguinare ancora.
Lo strappo finale, il taglio decisivo.
Vergognosa di mostrarmi debole di fronte alla grandezza del suo pentimento, abbassai la testa e mi dileguai in un altro dei miei flebili pop.
Piansi in ginocchio davanti al camino. Quando poi i primi raggi della nuova alba illuminarono di poco l'ambiente che mi circondava, con una forte determinazione mi concentrai sull'altalena... e lì fui in poco meno di un secondo.
La sua assenza pesava più di qualunque altra assenza.
La sua assenza pesava più di qualunque altra presenza.
E con il cuore a brandelli tornai a rifugiarmi nel placido silenzio che il mio desolato appartamento mi regalava.


Aspettai tutto il giorno seduto sull'altalena. Ma la sera arrivò, e di lei non vidi traccia.
Con il cuore a brandelli tornai a rifugiarmi nel placido silenzio che il mio desolato appartamento mi regalava.
Non avevo la forza di stendermi. Non avevo la forza di camminare. Non avevo la forza di muovermi. E allora poggiai la mano sulla parete di fronte a me... per sorreggermi, per farmi forza. Ed ebbi come la sensazione che qualcuno, dall'altra parte, stesse facendo la stessa cosa.


-Hermione!
-Ciao Ginny. Come stai?
La mia amica di sempre mi guardò sorpresa, poi sorrise.
-Tutto bene. E tu?
-Oh.. anch'io tutto bene.
-È un mese che non ci vediamo...
-Già, ma ora bisogna recuperare.
-Verrai domenica alla Tana per pranzo?
-Certo, porterò il dolce.
-Sono contenta Herm...
-Anch'io Gin, anch'io.
E l'abbracciai, di slancio, perchè anche se non mi aveva capita, anche se non aveva percepito la grandezza del mio dolore, lei restava pur sempre la mia amica vera, e io avevo bisogno di lei.


Un mese. Era passato un maledettissimo mese, e io non ero più stato alla mia panchina, in quel silenziosissimo parco babbano. Non avevo più visto uomini panciuti vestiti di rosso e non avevo più sentito forti sensi di colpa.
Era passato un mese, e il suo viso triste non mi aveva abbandonato nelle giornate vuote e nelle notti solitarie. Un mese, e il pensiero di lei era sempre fisso nella mia mente.
Un mese, e il bisogno di vederla ancora era diventato insopportabile.
Un mese, e il bisogno di vederla felice era diventato insostenibile.


-Mi scusi.
-Oh, mi scusi lei...
-Da quando mi dai del lei, Granger?
-E tu da quando ti scusi, Malfoy?
Un sorriso. Leggero, fugace, allegro. Un sorriso bellissimo.
E non riuscii a fare altro che ricambiare.
Con un sorriso vero, sentito, desiderato. Un sorriso felice.
Capii che dopo un mese, prima di tornare alla Tana, dovevo tornare al mio parco per dire addio al mio passato.


-Come mai sei in piedi?
-Non mi andava di dondolare.
-Potremmo sederci alla mia panchina, allora.
-La tua?
-Certo, la mia!
E camminammo in silenzio, aggirando le altalene e scavalcando la siepe. L'erba umida sotto i nostri piedi attutiva il peso dei nostri passi sincronizzati, e il vento tra i rami impediva ai battiti furiosi del mio cuore di imperversare indisturbati fino alle sue orecchie.
Avevo un cuore? Me lo chiesi di scatto, portando con foga la mano sul petto. Là, proprio dove sentivo il maglione scostarsi ad ogni battito.
E lei poggiò la sua mano sulla mia, così, senza preavviso, senza pensarci.
-Batte forte.
-Già.
-Anche il mio.
-Posso?
-Certo.
E poggiai la mia mano libera sul suo cuore che batteva furioso come il mio.
-Battono insieme.
-Battono all'unisono.
E senza aspettare altro tempo, con la mano ancora intrecciata alla sua, in un fragoroso pop mi smaterializzai insieme a lei nel mio appartamento non più tetro e buio, ma luminoso e caldo.


Mi guardai attorno stupita. Avevo sempre associato al suo nome ricchezza e magnificenza. Quella casa, invece, era simile alla mia: le stesse dimensioni, gli stessi colori, persino gli stessi divani.
-Dove siamo?
-Da me.
-Ma dove?
-Privet Drive, numero ventotto.
Sgranai le palpebre ed uscii di corsa dalla sua porta. Lo sentii seguirmi sconvolto, e arrestarsi sorpreso alle mie spalle davanti ad un'altra porta.
-Privet Drive, numero ventinove.
-Che significa?
-Questa è casa mia.


Quella sensazione bruciante di averla avuta sempre accanto si concretizzò all'altezza del cuore e mi spinse ad agire d'istinto.
'Uomo che ami parlare molto: ascolta e diventerai simile al saggio. L'inizio della saggezza è il silenzio'.
E per merito dell'uomo panciuto non diedi voce ai sentimenti che improvvisi mi avevano inondato le viscere, ma senza dire altra parola, la baciai.
Fu un bacio lento, delicato, quasi timoroso.
Poi le sue labbra si staccarono dalle mie con una dolcezza infinita.
-Entriamo dentro, qui fuori fa freddo.
E per la prima volta varcai la soglia del mio appartamento con la gioia nel cuore.


-Come mai questo colore forte?
-Non ti piace?
-Non ho detto questo.
-Ti piace allora?
Erano passati sei anni, avevo imparato a conoscere ogni lato del suo carattere, eppure riusciva sempre a incastrarmi, in un modo o nell'altro. Ma chissà per quale ragione, ne ero solamente felice.
-Il blu è un bellissimo colore.
-Per questo i divani sono blu, e le tende sono blu...
-...e le mattonelle della camera da letto sono blu.
-Mi da l'impressione di essere al mare.
-E tu sei Dio che cammina sulle acque?
-Chi?
-Lascia stare.
E senza dargli il tempo di ribattere, mi avvicinai a lui languida e sensuale e lo baciai ancora. Di nuovo. Per l'ennesima volta.
Le mie mani trovavano rifugio nelle sue spalle larghe, e le mie labbra, secche e screpolate per troppo tempo, avevano trovato la dolcezza di cui avevano bisogno.
Ci staccammo ansanti al suono della teiera che fischiava e il sorriso che si estese sulle labbra di entrambi fu la risposta al nostro silenzio.
-E se facessi un incantesimo alla tua testa e ti colorassi i capelli di blu?
-Credo che il biondo mi stia meglio, ma se piace a te fa pure...
-Lo faresti davvero per me?
-No. Lascerei a te la libertà di farlo per te stessa.
Trattenni il respiro per quella sua ennesima, strana, dimostrazione d'amore e poi risi allegra.
-Probabilmente Harry e Ron ti prenderebbero in giro fino allo sfinimento domenica a pranzo.


La guardai scettico, e ridussi gli occhi a due fessure.
-Vuoi forse dirmi che ti diverte vedere i tuoi amici che prendono in giro il tuo fidanzato?
-Oh si... è molto, molto divertente.
Con il cuore leggero, l'anima legata alla sua, e la mente concentrata solo sulla felicità che la sua presenza nella mia vita mi regalava, feci il finto arrabbiato e la guardai fintamente furioso.
-Ti conviene scappare.
-Sennò?
-Sennò ti mangio!
E cominciammo a correre. Lei preda e io predatore. Ma furba come nessun altro, a un palmo dalla mia mano tesa si smaterializzò impedendomi di afferrarla.
-Amore mi sa che sei invecchiato...
E girandomi la trovai comodamente poggiata al tavolo della nostra cucina.
-Vuoi una dimostrazione della mia giovinezza?
La malizia delle mie parole fu subito percepita dalle sue scaltre orecchie, e prima che potessi pensare a qualcos'altro mi si smaterializzò addosso, facendo finire entrambi sul divano alle mie spalle.


-Hermione!
-Ciao Ginny... scusa l'intrusione nel tuo camino...
-Oh, figurati cara... dimmi pure!
-Oggi io e Draco non possiamo venire a pranzo alla Tana.
-È dalla vostra luna di miele che non saltate un pranzo alla Tana... avete intenzione di partire ancora?
-Oh no, questa volta staremo a casa.
Vidi Ginny, inginocchiata davanti a me sul tappeto del suo salotto, guardarmi curiosa. Risi della sua espressione e poi mi affrettai a spiegare.
-Devo parlargli di una cosa importante... e vorrei restare da sola con lui per il resto della giornata.
-Devo preoccuparmi, Herm?
-Oh no, non ce n'è bisogno. Giuro che manderò un gufo alla Tana il prima possibile.
-Perchè dovresti mandare un gufo?
-Lo capirai quando arriverà.
-Uhm... ok!
-Ciao Ginny, salutami Harry.
-Ciao Mione, salutami Draco.


Vestito di tutto punto ero pronto ad uscire di casa. Hermione adorava passeggiare nella natura, e per questo motivo ogni domenica ci smaterializzavamo a un paio di chilometri dalla Tana e la raggiungevamo camminando, sempre mano nella mano. Per questo motivo mi sorprese vederla ancora in pigiama... lei detestava arrivare in ritardo...
-Amore? Perchè non sei ancora pronta? E che ci fai inginocchiata davanti al camino?
-Stavo parlando con Ginny.
-E cosa dovevi dirle di tanto urgente da non poter aspettare un paio d'ore?
-Le ho detto che oggi non andiamo alla Tana.
-E perchè?
-Devo dirti una cosa importante, e voglio farlo qui, nella nostra casa, da soli.
Una strana ansia mi attanagliò lo stomaco ma non ebbi il tempo di domandare spiegazioni perchè con grazia si alzò e mi venne vicino.
-Sediamoci sul divano, ti va?
Annuii, incapace di articolare parola. Perchè ero così agitato? Avevo come la sensazione che la mia vita stesse per cambiare per sempre, e vedere la mia dolce mogliettina che si tormentava le mani non faceva che minare al mio già precario autocontrollo.
-Hermione, ti prego... dimmi di che si tratta prima che io impazzisca.
-Ma no, non impazzire... è una cosa bella... o almeno credo... io...
Le presi una mano e la strinsi forte, infondendole calma e pace.
-Se è una cosa bella, allora dov'è il problema?
-Ehm... non è un problema... anzi... è un dono!
-Un regalo?
-Più o meno...
-Hermione?!?
-Sono incinta.
Boccheggiai in cerca d'aria... fissai il suo sguardo improvvisamente ansioso e nelle sue iridi color dell'oro trovai la forza che mi serviva a esternare a parole l'emozione che sentivo nel cuore.
-Ti amo.


Draco era solito mostrarmi il suo amore e il bisogno quasi disperato che aveva di me, proprio uguale a quello che io avevo di lui. Ma erano poche, pochissime, le volte in cui esternava i suoi sentimenti a parole.
L'aveva fatto il giorno in cui, dopo qualche mese, avevo detto ad Harry e Ron che lui era il mio fidanzato. L'aveva fatto il giorno in cui avevamo annunciato il nostro fidanzamento all'intero mondo magico. L'aveva fatto il giorno del nostro matrimonio. L'aveva fatto quando gli dissi di essere rimasta incinta.
-Ti amo Hermione.
L'aveva ripetuto quando, per la prima volta, avevamo sentito il pianto della nostra bambina appena nata.
-Vi amo entrambe.
E il mio cuore sembrò impazzire frenetico per la gioia pura, infinita ed eterea che ormai provava da più di dieci anni.
-Ti amo Draco. Più della mia stessa vita.
Ci guardammo negli occhi e non ci fu bisogno di dire altro.
Avevamo imparato, grazie a un vecchio Babbo Natale e ad una buffa Befana che i nostri silenzi esprimevano più di qualsiasi discorso.


-Come sono teneri.
-Non avrei mai pensato di considerare tenero Draco Malfoy.
-Eddai Ron, sono dieci anni ormai che lo vedi tenero.
-E non avrei mai pensato di sentire Harry Potter parlare teneramente di Draco Malfoy.
-Eddai Ron, sono dieci anni ormai che sono amici.
-Ginny, non mettertici anche tu.
-Eddai Ron, smettila di esternare così le tue emozioni. Lo sappiamo tutti che sei felice.
-Certo che sono felice, la mia migliore amica ha appena sfornato un moccioso.
-Weasel, chiama ancora mia figlia 'moccioso' e ti schianto.
-Eddai Malfoy, stavo scherzando.
E ricambiando la stretta fraterna in cui il rosso mi strinse, mi sentii l'uomo più felice del mondo.


Vedere dalla porta socchiusa mio marito e i miei testimoni di nozze continuare a scherzare come ragazzini mi fece sorridere contenta. Ma vedere mio marito abbracciare con affetto i miei testimoni di nozze mi fece sentire la donna più felice del mondo.
Quando si girarono tutti a guardarmi, serena come forse non lo ero mai stata, li guardai in silenzio... e silenziosamente sorrisi ancora, con la certezza che quel sorriso non avrebbe mai più abbandonato le mie labbra...


Me ne stavo seduto placidamente sulla mia poltrona preferita, davanti al camino scoppiettante e affianco all'enorme albero di Natale che insieme ad Hermione e alla nostra piccola Cissy Jean avevamo addobbato.
-Papà?
-Si, tesoro?
-Una volta mi hai detto i primi cinque ricordi più belli della tua vita... ora sono abbastanza grande per sapere anche gli altri cinque?
Hermione, dalla cucina, smise di fare qualunque cosa stesse facendo e si avvicinò a noi.
-Si amore, credi di poterli dire anche a me questi altri cinque ricordi più belli?
Scossi la testa divertito, e poi sorrisi.
-Cissy Jean, da ieri ad oggi non sei cresciuta poi molto!
-Eddai papà, è Natale!
-Si amore... è Natale!
Guardai Hermione negli occhi e senza distogliere lo sguardo portai il pollice della mia mano sinistra davanti al suo viso.
-Il sesto ricordo felice è stato capire che io e te non eravamo poi così diversi come pensavamo.
Un bacio sulla fronte come premio.
Allora guardai la mia bambina che mi fissava attenta, e con l'indice le sfiorai il nasino.
-Il settimo ricordo felice è stato essere perdonato e accettato per quello che ero. La tua mamma ha preso di me ogni piccola parte, e se oggi sono quello che sono lo devo a lei.
Un altro bacio come premio.
-L'ottavo ricordo felice è stato sentirmi libero insieme a te, Hermione. Perchè mai, mai prima di allora, avevo capito cosa significasse amare. E quando ho capito di amarti, il mio mondo è diventato più bello.
Un carezza sul braccio, un sorriso accennato e una lacrima ribelle sul viso del mio angelo, come premio. Gliela asciugai con un dito, e poi lo portai sulle mie labbra. Di lei avrei preso sempre tutto, anche il sale delle sue lacrime.
Carezzai Cissy Jean, e poi le mostrai il quarto dito, l'anulare... con la fede nuziale che mi legava a sua madre per l'eternità.
-Il nono ricordo felice, Cis, è stato vedere tua madre avanzare tremante lungo la navata della chiesa. È stato fremere di attesa per quei secondi che sembravano infiniti in cui il suo sguardo commosso si legava indissolubilmente al mio. È stato sentire il parroco che ci dichiarava marito e moglie. È stato baciare le sue labbra e sapere che nessun altro le avrebbe mai potute baciare.
Il brivido che mi corse lungo la schiena, fui sicuro fosse lo stesso di quello che corse lungo la schiena di Hermione, ma senza girarmi nella sua direzione continuai a parlare.
-E il decimo, amore mio, il decimo ricordo felice sei tu. Il giorno in cui sei nata è stato il più bello della mia vita. Il più bello e importante delle nostre vite... e da li in poi non esistono ricordi tristi, perchè tu sei il nostro dono perenne della felicità.


Concordai con Draco su ogni ricordo felice. E felicemente sorrisi della nostra felicità.
-Adesso a nanna Cissy Jean, è tardi.
-Ma mamma, è ancora presto.
-No tesoro, è tardi... e la mamma e il papà devono parlare di una cosa importante... da soli.
-Tu e papà parlate troppo.
'Uomo che ami parlare molto: ascolta e diventerai simile al saggio. L'inizio della saggezza è il silenzio'.
Sorrisi dell'ingenuità di mia figlia e guardai mio marito con sguardo complice.
-Si tesoro, dobbiamo parlare dell'arrivo di un nuovo fratellino.
E ridendo maliziosa l'accompagnai sotto le coperte.
-Buonanotte amore.
-Buonanotte mamma. Di a papà che lo amo.


-Ti amiamo entrambe, infinitamente.
-Donna che ami parlare molto: ascolta e diventerai simile al saggio. L'inizio della saggezza è il silenzio!
E baciai mia moglie con tutta la passione, il desiderio e l'amore che nutrivo per lei.
-Abbandonati a me.
-Sempre, mio tesoro.
-Sempre, mio amore.




Ecco il giudizio della GiudiciA Only_Me

- ross_ana@, Amore senza un titolo:
>/b>- Originalità: 9/10;
- Grammatica: 9/10;
- Forma: 8/10;
- Caratterizzazione personaggi: 10/10;
- Attinenza al tema: 9.5/10;
- Gradimento personale: 5/5;
- Punto bonus: 2/4.
Totale: 52.5/59.

Commento: che tenera ** mi è piaciuta molto, sì ** se non fosse stato per alcune cosine quasi insignificanti avresti avuto il massimo nel gradimento, sicuramente.
Ora.. originalità molto alta, nonostante il pairing scelto, perché quello che hai raccontato è nuovo e innovativo, oltre che emozionante.
A causa dell'ultimo dialogo botta-e-risposta, ho abbassato di un punto il punteggio della grammatica; alcuni passaggi non sono chiari, non si capisce chi stia parlando. Parecchi spazi dove non erano richiesti hanno abbassato quello della forma, invece.
I personaggi.. ah, i personaggi! Cosa dire? Sono perfettamente caratterizzati, vivi, palpabili e veri. I ricordi di Draco sono bellissimi, sia i primi cinque che gli ultimi, la rabbia, la tristezza e la frustrazione di Hermione sono più che comprensibili.. e Babbo Natale, poi! Un'entrata in scena davvero magnifica xD
Due punti bonus, quelli relativi al luogo e alla citazione; di conseguenza, mezzo punto in meno nell'attinenza.
Devo dire altro? Ripeto che la tua storia mi è piaciuta davvero molto **
complimenti!




   
 
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