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Autore: Stray cat Eyes     24/08/2010    1 recensioni
[Galahad/Mordred]
... ma non rischiò di lasciargli i polsi per gettargli le braccia al collo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Mordred
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'It's playing on repeat (just like when we would meet)'
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(Da leggere in coda alle altre storie della serie)
Sembra proprio che io non riesca più a mettere insieme un unico brano. Magari - di tanto in tanto, eh, mica sempre - anche scorrevole ed omogeneo. Non so perché, ma ormai mi diverto a scrivere in miiiicroscooopici brani. Non è che così mi risultino più carini, è proprio che non mi riesce di fare altrimenti. XD
Sciocchezze a parte, l’ultima (più probabilmente penultima) parte della serie.
Spero possiate gradirla! (Dio, quanto mi vergogno...)











Quelle cose che il vento e che il mare, e poi...



(Aspetti)


Il mare era calmo, quel giorno; piatto come una tavola.
Anche Mordred, in realtà, avrebbe voluto essere ancora piatto come una tavola - ma il destino era stato crudele e in quel caso, da buon simpaticone, l’aveva benedetto col dono di due floride, tonde ghiandole mammarie.
E lui - lei era da quando aveva tre anni - e abbastanza consapevolezza di sé da capire di non essere un maschietto - che mandava maledizioni in diverse lingue, più o meno arcaiche. D’altra parte, uno dei pochi vantaggi del nascere e rinascere a ripetizione in luoghi e tempi diversi, generalmente, era proprio il ricordarselo.

Ma quel giorno poco importavano, i seni.
Poco importava il vento, il fastidio della sabbia nelle scarpe e sulla gonna, e ancora meno contavano le onde chete e il cielo terso.
L’unica cosa essenziale era alle sue spalle, ma Mordred non si curò di voltarsi a guardarla; anzi, tenne gli occhi chiusi, anche quando la cosa - appena arrivata, in verità - le si sedette accanto, sulla sabbia asciutta.
Lei non fece che tirarsi le ginocchia contro; poi, semplicemente attese di riuscire ad arrabbiarsi.




(Suppergiù duecent’anni)


“Oggi è così bello, il mare. Come mai non lo guardi?”
Lei strinse le palpebre, cocciuta più delle sue stesse mani, che continuavano a tremare senz’ordine.
“Ci vivo, al mare. Solo nell’ultima settimana l’avrò visto quattrocentottanta volte, il mare.” Senza preavviso, il suo labbro inferiore si sporse a raccogliere un po’ di salsedine. “E comunque, potresti degnarti di dirmi ciao e di presentarti, prima di sparare melensaggini a caso.”
Sentì la sua risata leggera, ma si rifiutò ancora di guardare la bocca da cui proveniva.
“Non ci conosciamo già?”
“Non in questa vita.” Sbottò. “Qui non so neanche di che colore hai gli occhi...” Dovette schiarirsi la gola. “... o i capelli. E di mani quante ne hai? Due, tre? Cosa ne so, io?! Non ti conosco!”
Malgrado la prorompente isteria, lui riuscì a ridere ancora.
“Due. Di mani ne ho sempre due.”
E, tanto per dimostrarglielo, le usò per coprirle le guance fredde. A quel punto, lei avrebbe tanto voluto districarsi - insieme al cuore - dalle sue dita dolci, ma quello restò un desiderio inespresso e indesiderato.




(E alla fine)


“E se magari sei un vecchio decrepito e hai solo la voce giovane? Potrei considerarti un pedofilo, sai?!”
Se voleva essere una minaccia, lui non si spaventò.
E tuttavia smise di ridere.
“Ventitré anni il mese prossimo. E tu sei maggiorenne, vero?”
Mordred sentì che si era spostato, che ora le stava davanti. Riusciva a distinguere le sue ginocchia contro le caviglie, e questo la fece tremare.
“E se per caso hai qualche strana malattia, rara e mortale?” Insinuò, tanto per distrarsi dalla sensazione delle sue mani sul viso.
“Sono sano.” Rispose lui. “E non intendo morire prima degli ottant’anni. Anzi, facciamo novanta.”
Però lei volle opporsi ancora, strenuamente.
“E come fai ad essere sicuro che sia io...?”
Oh, se rise, stavolta.
Rise e rise e si appoggiò con la fronte alla sua, ancora ridendo.
“Se non ne fossi stato certo io, me l’avresti appena confermato tu.”
Probabilmente sorrideva, in quel momento, ma Mordred non lo seppe mai con certezza. Piuttosto, percepì un suo sospiro caderle dritto sulle labbra, e si disse che doveva per forza averlo fatto di proposito. Forse aveva addirittura preso la mira. Brutto manigoldo.




(Vince sempre...)


“Adesso li apri, gli occhi?”
“No!” Mordred scosse la testa, giusto per rafforzare il diniego. “Non se ne parla!”
“Perché?”
“Perché sei brutto e non ti voglio vedere!”
“Come fai a sapere che sono brutto, se non mi guardi?!”
“Lo so e basta!”
“Sai anche che da anni giro in tondo nella speranza di trovarti da qualche parte? E lo sai che ti ho sognato, l’altra notte - sai anche questo?”
Era ancora dolce. Era ancora poco più che un bisbiglio, perché lui non sapeva arrabbiarsi e gridare per davvero, ma l’aveva lasciato senza fiato. Lei, poi, già da un po’ aveva perso il ritmo di battiti e respiro, e non contava di recuperarlo entro breve.
“Se apro gli occhi e te ne vai...” Era davvero una minaccia, adesso, ma fu letteralmente travolta da tutto il resto.
“Eri una donna!” Esclamazione, imposizione, sussurro o borbottio - sembrava che nessuno dei due riuscisse più a capirci nulla. “Eri una donna, come lo sei ora, e lo sai cos’ho pensato? Ho pensato, voglio avere tanti figli con lei!”
Sentì che rideva, e finalmente riuscì a muoversi - ad aggrapparsi ai suoi polsi con le dita sporche di sabbia.
“Tu non li vuoi, tanti figli con me?”
Mordred cercò di non piangere, ma le lacrime erano già scese per conto proprio. Così, una promenade tra guancia e mento, per nascondersi sotto i palmi di lui. Persino un singhiozzo l’aveva trovata tanto antipatica da scappar via.
“Solo... solo se sei tu a partorire!”
Glielo disse come fosse un’accusa, e un momento dopo capì che erano in due a piangere.
Allora aprì gli occhi, come sfinita.
Galahad era lì.




(... lui.)


Baciare Galahad era sempre stato così - strano e folle, quel qualcosa di buono che come tutte le cose buone potrebbe facilmente rivelarsi deleterio per la tua salute (mentale).
Baciare Galahad era ancora così. Era ancora come un bagno nel latte caldo - ancora come versarsi un po’ di miele sul cuore. Sembrava non fossero trascorsi duecentosedici anni e tre vite, dall’ultima volta che gli era stato concesso farlo.
Allora - come se tra una considerazione assurda e l’altra vi fosse la minima continuità - Mordred lo baciò e si lasciò baciare, come non ci fosse domani - perché di domani, a ben vedere, ce n’erano stati troppi. Troppi Domani, troppi baci posticipati in troppi tempi in cui La prossima volta diventava l’unica via.
Mordred lo baciò e si lasciò baciare, ma non rischiò di lasciargli i polsi per gettargli le braccia al collo.











  
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