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Autore: Eclair    24/08/2010    2 recensioni
Il sole riflette in modo accecante sulla superficie bianca e tagliente del coltello, mentre incido il tuo nome a chiare lettere su quell'albero, come farei sulla mia carne, come è già inciso nel mio cuore.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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no
Brown.
Avanzo lentamente, un passo dietro l'altro, tra lo scricchiolio dei pezzi di rami e le pigne che spezzo con le mie converse, senza curarmene.
Adoro il rumore del legno che si spezza, è meraviglioso, non ho mai sentito nulla di più puro e cristallino.
Arrivo quasi al limitare, respirando a pieni polmoni il profumo di aghi di pino, il profumo con cui sono cresciuta, tra un ginocchio sbucciato e una corsa in bici.
E' quì, tra questi alberi spessi ed altissimi, che mi sento a casa mia.
Amici fedeli, mai riveleranno i segreti visti negli anni, che custodiscono gelosamente con il silenzio di una tomba, da sempre e per sempre.
Appena li vedo farsi più fitti, appena il tetto di fronde metri e metri sopra la mia testa si fa più impenetrabile, mi fermo.
Un solo raggio di sole evince quella barriera, andando ad illuminare uno scorcio di albero, neppure un centesimo della sua area totale: sarà lui. Mi avvicino lentamente, tracciando linee con le dita nella sua corteccia proprio dove è illuminata dal sole,
tastandone la consistenza e cercando il punto più consono.
Finalmente lo trovo, con un colpo secco stacco un pezzo di corteccia, scoprendo la sua chiara reale natura sottostante, sporcandomi le dita di resina appiccicosa, quella resina che da piccola odiavo, che non andava via neppure con il sapone, ma che ora adoro con tutta me stessa.
Finisco in ginocchio, mi riempio i palmi di terra scura per farla appiccicare alla resina in modo che non mi dia troppo fastidio dopo.

Cosa faresti, se la tua terra ti fosse portata via?
Non tenteresti di non farla andare,
aggrappandoti al terreno, riempendotene i palmi,
 baciandola nella speranza di trattenere con lei tutti i ricordi a essa legata?


Mi alzo in piedi, esco dalla tasca il mio coltello e lo apro, quello regalatomi all'età di sette anni da mio padre, quello che avevo promesso di portare sempre in tasca con me, come un portafortuna. Forse non era la cosa migliore con cui far giocare una bambina.
Il sole riflette in modo accecante sulla superficie bianca e tagliente del coltello, mentre incido il tuo nome a chiare lettere su quell'albero, come farei sulla mia carne, come è già inciso nel mio cuore. Quattro lettere, solo quattro, i pini unici silenziosi testimoni della mia debolezza.
Mi allontano con il vento freddo di agosto tra i capelli, lasciando quel punto che forse dimenticherò, che forse è importante per qualcuno,
che forse ha visto la mia me più vera.
















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Magari non ha un senso, o magari sì, è qualcosa che ho fatto ieri.
Spero vi sia piacuta un minimo (?)
Dimenticavo, la storia del coltello è una balla, ho perso quel coltello da anni, però ne voglio un altro.













  
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