Primo:
“Kaputt”
Ore 17.30
– 15 Ottobre 2005
La ragazza uscì dall’edificio,
giusto in tempo perché un macchina, che passava
troppo veloce per la strada piena di pozzanghere, sollevasse un’onda
d’acqua che, ovviamente, la colpì in pieno.
Ragazza: RAZZA DI!! FERMATI! TORNA SUBITO INDIETRO! BRUTTO!!
Uomo: Mettendo la testa fuori dall’edificio.
Oh,
Anne. Ricordi quello che divi fare quando sei
arrabbiata?
Anne: PICCHIARE CHI MI STA
DAVANTI! Mostrando i pugni con aria molto
(??) minacciosa.
Uomo: Sospirando. No… contare fino a
dieci… avanti, fallo!
Anne: Sigh… Prendendo il fiato. Uno, due, tre,quattro,cinque, sei, sette, otto, nove, dieci! Senza neppure prendere una pausa per
respirare. E ORA POSSO RIARRABBIARMI!! SE LO BECCO GIURO CHE LO…
Uomo: Questo tuo caratteraccio
ti causerò molti nemici…
Anne: E allora?
Uomo: Avere nemici non
è bello…
Anne: Seeh, va bene. Addio! Allontanandosi, ancora bagnata da capo a
piedi.
Uomo: Non mi ascolterà
mai…
E la ragazza, che da adesso in poi chiameremo Anne, non lo stava in effetti ascoltando. Non lo
aveva mia fatto e mai lo avrebbe fatto, non
perché fosse una ragazza particolarmente ribelle e, a parte il pessimo
carattere, la si poteva definire quasi tranquilla, ma semplicemente come
ripicca nei confronti del signor Hauffmann, meglio conosciuto da voi lettori
(perché ci siete, vero?) come “Uomo”, che, tanto aveva detto
e tanto aveva fatto, era riuscito a convincere sua madre ad iscriverla a quelle
noiosissime lezioni di piano. “Farà bene al tuo spirito e ti
rilasserà” aveva detto la donna, di fronte ad una
Anne semi- traumatizzata. D’accordo, lei era esagerata in queste
sue ripicche personali, dopotutto si trattava solo di un’ora la
settimana, ma da brava figlia unica di genitori iper- protettivi, aveva sempre
ottenuto e fatto ciò che più preferiva. Mai le era stato imposto
qualcosa, come quelle lezioni!
Si sistemò una ciocca di capelli
castani, guardando la sua immagine riflessa nella vetrina di un negozio di vestiti.
Vide una ragazza, che dimostrava quattordici anni, benché ne avesse già compiuti sedici, e che davanti agli
amici più grandi, spergiurava di averne diciassette, con un paio di
graziosi occhiali, sistemati sul nasino a punta, che nascondevano in parte gli
occhi neri, con un visetto pulito e l’uniforme scolastica ancora indosso.
Un’uniforme piuttosto ridicola, in effetti. La cravatta, stretta con un
nodo che assomigliava più ad uno da scarpe, di color fragola, un
maglioncino grigio- topo, che, se veniva a contatto anche una sola volta con l’acqua,
diventava una specie di palla informe, una camicetta bianca e una gonnellina a
pieghe grigia in stile “brava ragazza”, calze al ginocchio, di un decisamente poco fashion color lillà, e un paio di
scarpette nere semplici semplici e orrende orrende. Non vedeva quindi l’ora di arrivare a casa e
cambiarsi. Per questo, gettati indietro i capelli, stretti da una fascia
lillà, che detestava con tutto il cuore, ma che era l’alternativa più accettabile alle treccine
strette dagli elastici con attaccati dadi di peluches,
si avviò lungo il marciapiede, stando bene attenta, come diceva sua
madre, trattandola vagamente come una bambinetta di cinque anni, alle macchine
che passavano in strada. Dato che fino a poco prima pioveva, testimoni ne erano le numerose pozzanghere, in giro non c’era
assolutamente nessuno. Si voltò di scatto. No, nessuno. Strano, si
sentiva… come dire… seguita. Assurdo, lo sapeva. Scosse il capo.
Probabilmente era solo una sua impressione. Doveva smettere di guardare quei
film dell’orrore… Splash. Eh, no. Il
rumore di qualcuno che finisce in una pozzanghera non
è decisamente un segno della sua immaginazione. Si voltò di scatto, pronta a colpire il “nemico” con uno
dei suoi calci…
Anne: YAAAAAAHHHHH!!! Voltandosi di
scatto.
Vecchia
Signora: Urlando. Piccola screanzata!
Cercavi di farmi morire?
Anne: Ops… ehm,
no… voglio dire… io credevo che lei…
oh… niente. Non importa.
Vecchia
Signora: Aprendo la porta di
casa ed entrando. Razza
di giovinastri… ai miei tempi…
Anne: Grandioso… ecco
chi era il mio terribile inseguitore…
Scosse il capo. Stava davvero diventando una
sottospecie di donnetta isterica, pronta ad urlare davanti a tutto. Almeno,
adesso, era solo una sottospecie di donnetta isterica pronta ad urlare davanti
a tutto ciò che aveva più di due gambe, ringhiasse,
fosse sporco, mordesse… beh, la lista continuava. E
per parecchio.
La ragazza cominciò a camminare
nuovamente, ancora imbarazzata per l’incontro fatto. Il paese era
relativamente piccolo e, lo avrebbe scommesso, in meno di due giorni avrebbe guadagnato la fama di “terrorizzatrice
di povere vecchiette innocenti”. Passò davanti al bar più
conosciuto, nonché unico, della cittadina. Da
notare l’aggettivo conosciuto. Non di certo perché era un posto alla moda, anzi, proprio
perché non lo era. Nessuna delle persone “giuste”,
come dicevano nelle vecchie repliche di ancor più vecchi telefilm, ci avrebbe lavorato. Nulla la attirava particolarmente. Tranne quelle squisite torte… torte. Avrebbe potuto
fermarsi… un momentino solo. Si sarebbe anche
asciugata gli abiti, ancora bagnati dopo “L’incidente
auto”. Massì, tanto aveva ricevuto la paghetta da poco.
Aprì la porta, che la accolse con uno scampanellio allegro.
All’interno, solo il signor Jordan, ovvero il
proprietario, il vecchio signor Hansel, che praticamente viveva lì ed il
figlio maggiore del proprietario, Courtney Jordan. Era più grande di lei
di un paio d’anni e per niente male, anzi. Occhi verde mare, tanto che
molti credevano erroneamente fossero lenti a contatto,
e capelli neri. La cosa che veramente colpiva, però, era il modo in cui
indossava qualunque cosa. Che fossero i jeans
più alla moda, o la bizzarra uniforme del bar di suo padre, sorrideva
sempre, sembrava a suo agio, come se nulla potesse preoccuparlo o infastidirlo.
Come lui era sua sorella Ashley Jordan, che, anche se meno graziosa, aveva un
carattere solare e veniva apprezzata proprio per
questo. In quel momento non c’era, nel bar, ma la sua presenza si poteva intuire
grazie alla foto dietro al bancone, che la ritraeva nel giorno in cui aveva
vinto la coppa per il terzo posto della gara di equitazione.
Courtney:
Ehi,
Anne, come va?
Anne: Bene. Quelle torte in
vetrina… potrei rovinarle prendendone una fetta!
I due si scambiarono uno sguardo.
Courtney:
Torte?
Anne: Certo… al
cioccolato, se è possibile!
Signor
Jordan: Forse
hai confuso il negozio… in vetrina, questa settimana, ho messo la coppa di Ashley…
Anne: Oh… Confusa Bene… io…
allora… vado! Arriveder…
Voce: Non
lasciare che le loro menzogne soffochino la verità…
Anne: Eh?
Voce: Tu hai un
dono che loro non possiedono… tu vedi qualcosa che loro non possono
ammirare… e quindi credono che non esista e sia falsa… sei tu ad essere pazza ammettendo che esiste, o loro, che la
negano?
Courtney:
Avvicinandosi e sfiorandole un braccio. Annie…
tutto… tutto bene?
Anne: L’avete…
l’avete sentita anche voi?
Signor
Jordan: Anne,
sei certa di stare bene?
Signor
Hansel: Sentire
le voci non è mai un buon segno.
Anne: Io… io non sento
le voci!
I tre uomini si scambiarono uno sguardo.
Anne: Penso… penso che sia meglio io vada… Uscendo in fretta.
Courtney:
Si
comporta sempre in modo strano… ma mai così strano…
Signor
Jordan: Sarà
l’età… Stringendosi
nelle spalle. Ma soprattutto non sono affari
nostri. Torna al lavoro, ragazzo!
Anne era confusa. Aveva sentito qualcosa. Di
questo era certa.
Camminava a testa bassa, tormentandosi le
mani.
Ma cosa? Magari stava
impazzendo…
Il vento freddo sembrava improvvisamente
spirare più forte e lei rabbrividiva, gli abiti ancora umidi.
Avrebbe dovuto parlarne a qualcuno? No, ci
avrebbero già pensato i Jordan più
Hansel…
Tutti avrebbero pensato che era
pazza…
…
sei tu ad essere pazza ammettendo che esiste, o loro
che la negano…?
No, basta pensare a quelle cose senza senso!
Sentiva di nuovo quella
spiacevole sensazione… probabilmente era un’altra vecchietta
scesa in strada per la passeggiata pomeridiana…
Non si girò neppure
quando le sembrò, o stava immaginando ancora?, di sentire dei
passi.
Passi? Non dire sciocchezze, Anne! Hai davvero
bisogno di un po’ di riposo!
E poi non può
esserci nessuno dietro di…
Il colpo arrivò inaspettato, tanto che,
all’inizio, la ragazza non si rese neppure conto di cosa era accaduto.
Inciampò nei suoi piedi, cadendo a
terra.
Il suo sangue colorò le pozzanghere di
rosso.
Provò ad alzare la testa, ma era
stanca… così stanca…
Tutto si fece confuso.
E poi, il buio.
Altrove,
in un luogo dove il tempo non conta.
Anne: La… mia…
testa…
Voce: Bensvegliata!
La ragazza spalancò gli occhi. Di
fronte a lei un ragazzo decisamente bizzarro. Grandi occhioni, che apparivano stranamente opachi e lontani, di un
raro grigio, simile alla nebbia mattutina, e lunghi capelli color fuoco,
stretti in una coda da un nastro verde, che anche lei si sarebbe vergognata a
portare. I suoi abiti, erano però anche più atipici. Una maglia verde smeraldo, le cui maniche erano staccate dal resto
dell’indumento, e guanti privi di dita bianchi. Pantaloni dello
stesso colore, stretti in vita da una cintura nera. Era seduto, a gambe
incrociate, davanti a lei.
Anne: Eh?
Ragazzo: Bensvegliata, ho detto.
Inclinò il capo, facendo
tintinnare i due orecchini che portava al lobo destro.
Anne: Tu chi sei… ma soprattutto, chi ti ha dato quei vestiti? Sono
una cosa ridicola…
Ragazzo: Che bello vedere che
esistono ancora ragazzi con le giuste priorità… Sarcastico.
Anne: Si, ma la domanda
resta.
Ragazzo: Beh, io sono…
Anne: Intendevo la seconda
domanda…
Ragazzo: Io sono… Ignorandola. Sanuye.
Anne: … e allora?
Sanuye: Alzandosi in piedi. Dimmi, qual è l’ultima cosa
che ricordi…
Anne: Mmm… sono entrata
in un bar… poi mi sentivo seguita e… occavolo!
Sanuye: Meglio tardi che
mai…
Anne: Sono caduta in una
pozzanghera! Avrò il vestito tutto rovinato… per
fortuna era solo la divisa…
Sanuye: Mi sbagliavo… comunque, perché sei caduta?
Anne: Non… non lo
so…
Sanuye: Ti do un indizio…
inizia per “M”…
Anne: M… M…
M… quante lettere?
Sanuye: Guardati un po’
intorno e capirai cos’è successo!
In effetti, tutto intorno a loro, era bianco.
Bianco sopra, sotto, fino all’orizzonte. Anche
loro sembravano fluttuare nel vuoto.
Anne: M… M…
M… Scuote il capo. Nah, non mi
viene in mente niente…
Sanuye: SEI MORTA!! KAPUTT, ANDATA, FINITA!!
Anne: NON TI HA DETTO NESSUNO
CHE CERTE NOTIZIE BISOGNEREBBE DARLE CON UN PO’ DI… un… un
momento. Morta? E allora che ci faccio qui?
Sanuye: Vedi…
Anne: Io… io non voglio
morire! Devo ancora sposarmi, avere dei figli, diventare ricca…
Sanuye: Io…
Anne: … diventare la ragazza più bella del mondo,
scoprire l’elisir di lunga vita…
Sanuye: Credo che!
Anne: Diventare la prima
donna Presidente, sposarmi, ah no, questo l’ho
già detto…
Sanuye: MI LASCERESTI PARLARE!!?
Anne: Siamo un po’
egocentrici, eh?
Sanuye: Ora devo parlarti della
tua morte.
Anne: Un pazzo egocentrico mi
parla della mia morte… e io che credevo di aver toccato il fondo con
l’incidente della macchina…
Sanuye: Vedi… tu avevi un
grande futuro davanti a te… una famiglia…
e i tuoi figli avevano un destino già scritto…
Anne: Figli? Io credo di
essere un po’ troppo giovane per…
Sanuye: Ora, però, con
la tua morte, tutto è stato cancellato…
Anne: Credi che a me faccia
piacere essere morta?
Sanuye: Spero di no…
perché ho intenzione di aiutarti a farti tornare in vita…
Anne: Non voglio diventare
uno zombie!
Sanuye: Non come zombie!
Anne: E allora come…?
Sanuye: Un piccolo salto spazio- temporale, così minimo che non
intaccherà neppure il Continuum
temporale…
Anne: Sbattendo le palpebre, senza capire un’acca. …
Sanuye: Torni nel passato e
cerchi di evitare di essere ammazzata…
Anne: Oh. Ok, ci sto. Quando me ne posso andare da questo… coso bianco?
Sanuye: E’ un limbo, ma comunque non è finita…
Anne: Mi sembrava tutto
troppo facile…
Sanuye: Qualcuno ha cercato di
ucciderti… e temo che riproverà! Devi fare
attenzione…
Anne: Beh, non ci volava un
genio per darmi questo consiglio…
Sanuye: Se non la pianti subito
di lamentarti…
Anne: Non mi sto lamentando!
Allora, quando posso andarmene da qui?
Sanuye: Aspetta, tieni
questo…
Le vi avvicinò, ancora fluttuando,
porgendole una specie di grosso orologio da taschino d’oro, le cui
lancette si potevano spostare manualmente, poiché non c’era alcun
vetro di protezione. Si poteva anche cambiare la data e l’anno, con una, scomoda, manovella.
Anne: Un orologio digitale
no, eh?
Sanuye: Accontentati! Con
questo potrai tornare indietro nel tempo…
Anne: Forte!
Sanuye: Ma fa
attenzione! Se non stai attenta…
Anne: Si, si, ci vediamo
Coso! Sorrise, girando le lancette. 17.
45
Sanuye: Ti prego, fa
atten…
Il resto della frase si perse nel Vuoto. La
ragazza fu circondata da un arcobaleno di colori e scomparve.
--- by
La
Chi di voi ha giocato a “Shadow
of Memory” troverà che ho preso molti
spunti (praticamente tutta la storia di lei che muore e viene aiutata a tornare
in vita da un qualcuno molto misterioso) da questo splendido gioco per PS.
Non vi preoccupate, sono solo spunti, da qui in poi la
trama cambierà completamente!
Beh, non c’è molto da dire… spero che vi
piaccia!
Baci
La