Fictional Dream © 2010 (25 agosto 2010)
Tutti i personaggi di Supernatural appartengono alla Kripke Enterprises, Wonderland Sound and Vision, alla Warner Bros. Television e ai distributori internazionali che detengono i diritti sull’opera. Nessuna violazione dei diritti legalmente tutelati in merito ai succitati copyright si ritiene intesa. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell’autrice (Callie Stephanides - http://fictionaldream.iobloggo.com). Non ne è ammessa altrove la citazione totale né parziale, a meno che non sia stata autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.
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Il profeta avrebbe senz’altro qualcosa da obiettare sul
personaggio secondario che esce dalla pagina e reclama la sua trama e la
racconta inanellando aneddoti come palle in fila nella buca che conta; ma il
profeta è anche uno che deve pagare per vedere un po’ di fica e che ha
consegnato i suoi protagonisti a una sottotraccia omoerotica.
Il profeta è una fangirl con la barba, che deve pregare nella
fine del mondo perché Dean Winchester non gli faccia il culo. In caso contrario,
che lo faccia al fratello o a Castiel per pareggiare i conti con il fandom.
Non è tuttavia degli apocrifi del vangelo Winchester che
voglio parlare, né della follia che ha fatto di me, Ash il genio, solo una
comparsa destinata a svanire entro la seconda serie di una saga persino
mediocre. Il compito che mi è stato affidato, nei fatti, è quello di salvare
quanto resta dell’unico vero eroe del Paradiso: un angelo paraculo che sapeva
come vivere e, mi sia concesso, soprattutto come morire.
Era notte: una di quelle che solo l’America poteva inventare,
fosse solo per giustificare Johnny Cash e i drive-in. Era notte e pioveva. I
fanali dell’Impala illuminavano mesti la statale come fuochi fatui o sogni
esausti.
I fratelli Winchester non si rivolgevano la parola da ore,
perché la morte di Gabriel aveva reso purulenta la piaga sempre aperta della
paura.
La disturbata famiglia Padreterno avrebbe allestito una
simpatica Ultima Cena di cui non volevano essere protagonisti; che fosse morto o
perso nei meandri di un probabile alcolismo, Castiel non rispondeva ai loro
richiami. Come se non bastasse, il terzo fratello si era dimostrato uno zombie
psicopatico dall’umorismo peggiore di quello di Uriel, tant’è che l’ipotesi di
averlo perso per sempre non riusciva a toccarli come la consapevolezza che sì,
forse Dean si era fatto massacrare di botte per vedersi soffiare il posto di
superprotagonista da un colpo che il buon John aveva sparato per sbaglio.
Dean aveva tentato di superare l’imbarazzo di quello stallo
nell’unico modo che la natura gli avesse offerto, assieme a un pollice
opponibile e al complesso del padre: accendendo un antidiluviano impianto
stereo, sintonizzato in diretta con quanto di più bullo e tronfio gli anni
Ottanta avessero prodotto.
Mi sono sempre chiesto che sangue potessero davvero dividere
due che in comune avevano solo i Bon Jovi, ma dei tanti misteri che affollano
l’identità del profeta, forse quello del suo profilo last.fm è il più atroce di
tutti.
Passavano Heat of the moment degli Asia.
Se Lucifer in persona non gli avesse dato appuntamento a
Detroit – e se Samlicker81 non avesse reso canon il bollente hotel Arizona
– suppongo che Sam avrebbe preteso il culo del fratello in quell’unico istante
senza ritorno.
C’entrava un infernale martedì, ma anche una di quelle
canzoni che a risentirle venti anni dopo arrivi a chiederti come si eccitasse la
generazione che ha inventato l’AIDS.
Se Dean fosse stato un vero fan della saga o, se non altro,
se si fosse preso il disturbo di procurarsi uno spoiler via Wikipedia, forse
avrebbe compreso perché Sam, il suo mite fratello che esigenze di marketing e di
economia narrativa avevano spedito OOC un cliffhanger dopo l’altro, avesse
estratto quel residuato degli anni Settanta per lanciarlo oltre il finestrino;
ma Dean, dopo una fuggevole incursione nel mondo delle fanfiction, aveva deciso
di tenersi stretta la propria ignoranza, un’incrollabile fede nella sobrietà
degli angeli e, già che c’era, persino qualche dubbio sull’esistenza di Dio.
– No, dico... Ma sei scemo?
Dean non ha una grande intelligenza, come del resto è
inevitabile sospettare di chi Michael aspetta solo per farne un gigantesco
condom. Stupirsi per la stranezza di uno che è passato dal tamarindo al sangue
demoniaco, almeno, è come scandalizzarsi perché i demoni sono stronzi
doppiogiochisti che puzzano di scoreggia.
Lo definirei ridondante, ecco.
Sam inarcò un sopracciglio, scuotendo teatrale il capo, prima
di strascicare supponente tutte le vocali del nome fraterno con il chiaro
intento di minarne la stabilità emotiva.
– Dean? Gabriel è morto, – pontificò con qualcosa di simile a
uno ieratico compatimento, – non credo che sia il clima più adatto per ascoltare
un pugno di stupide canzoncine degli anni Ottanta.
Dean aprì la bocca, cercando nella propria inesistente
dialettica una valida replica da opporgli, salvo derogare ben presto all’unica
risorsa sia offerta a chi, come lui, la natura ha dotato di labbra pornografiche
dimenticando l’essenziale collegamento al cervello: sterzò di colpo.
– Punto primo: chiedi scusa agli Asia. Punto secondo: cos’è
che dovremmo fare? Chiamare Cass, farci dare il prefisso di Dio e poi rivolgerci
all’ufficio reclami?
Sam trasse un profondo sospiro. – Dimentichi un dettaglio
fondamentale: Dio è scappato con l’idraulico abbandonando il figlio
caratteriale. E gli Asia fanno schifo al cazzo!
Dean boccheggiò, indeciso se lamentare con il profeta quel
guizzo OOC, oppure spiare nelle profondità della propria discografia per dirsi
che sì, salvo quelle due o tre canzoni, non era senza un perché ai cocainomani
degli anni Ottanta si fossero sostituiti i boscaioli depressi di Seattle.
Dean strabuzzò gli occhi, arricciò la boccuccia da porno,
sollevò critico l’indice e tentò una disperata difesa della propria posizione. –
Gli Asia non...
Ma di suo fratello, chissà perché, già non c’era più traccia.
La notte americana può essere spaventosa, sapete?
Non è che le leggende urbane nascano solo da un eccesso di
birra e di poesia; c’è che la solitudine fa paura, a maggior ragione la
disperata e disperante immensità di spazi che dilatano le tue percezioni solo
per riempirle di fumo.
Dean fissava il niente oltre il lunotto, mentre la pioggia
cadeva con ritmica insistenza. Anche a voler organizzare un pensiero che non ti
trascinasse a fondo, non avanzava abbastanza materia prima per seghe tanto
fisiche che mentali.
Cosa fa un uomo in braccio al nulla, in una notte americana
di silenzio e pioggia?
No, di norma non si preoccupa di cercare il fratello, a meno
di non avere qualche controverso rapporto di codipendenza, ma poiché il profeta
li ha scelti maledetti, menagrami e complessati, Dean fece proprio quello:
schiantò lo sportello dell’Impala e precipitò nel fangoso pantano che si era
frattanto aperto sotto i suoi piedi.
– Oh, meraviglioso! – bestemmiò, prima di risalire lungo il
ciglio della strada e guardarsi attorno. Sam si era volatilizzato, perché non
una delle sue probabili impronte segnava l’asfalto lucidato dall’acqua. –
D’accordo. Il capobarzellettiere del Paradiso è morto, Zack è morto e Cass è
disperso. Pensavo che i rompicoglioni celesti fossero finiti, ma a quanto
pare... Ehi? C’è nessuno? Dico a voi, Lassù?
Gli avrei risposto volentieri, lo ammetto, ma mi stavo
servendo un daiquiri alla banana con Pamela e non mi sembrava proprio il caso di
abbandonare la mia postazione. Quanto a Jo, che forse avrebbe potuto, era ancora
troppo forte il risentimento per essere stata insultata come solo una donna non
può perdonarti. Basta-che-respiri-Dean, un uomo in grado di accoppiarsi con
qualunque creatura dotata di fessura pubica, si era, infatti, sempre rifiutato
di considerla qualcosa di diverso da una sorella. Per consolarla, le avevo
persino procurato il bestseller di Samlicker81 – un fantasma chiamato
desiderio – che chiosava l’aggettivo fraterno in casa Winchester, ma
tutto quel che ero riuscito a fare, in effetti, era stato disgustarla come non
dovrebbe mai capitare a una creatura del Paradiso.
Dean, dunque, zuppo come un cane, restava disperso in mezzo
al nulla, senza neppure la consolazione di un angelo custode che, nel suo caso,
avrebbe piuttosto attentato all’ultima verginità che gli restava.
– Ci deve essere una spiegazione a tutto questo, – mugugnò,
mentre la pioggia s’infittiva e la notte si faceva ancora più buia.
I cacciatori sono le uniche creature al mondo votate alle
domande retoriche: quel che si chiedono, nei fatti, è sempre l’ultima cosa che
vorrebbero sapere. Nel caso di Dean, la risposta arrivò dopo un paio di
chilometri di solitarie recriminazioni, sotto le sembianze dell’unico colpo in
canna che abbia sparato per rendersi immortale.
Ben Braeden, sfuggente nell’oscurità, eppure riconoscibile,
gli tagliò di punto in bianco la strada, rifugiandosi nella spettrale densità di
una di quelle foreste che la retorica dei film horror ha reso in qualche modo
topiche.
– Ma che...
Dean si sentì subito in dovere di seguirne le tracce, per
chiarire una volta per tutte la questione di un controverso DNA; anche ad avere
la complessità emotiva di una palla di pongo, del resto – e Dean potrebbe
passare per una palla rotolante del deserto – la storia di Lisa non possedeva
senz’altro il formidabile potere persuasivo dei puppy-eyes di Sam Winchester.
– Ben?
La voce di Dean si perse nell’oscurità, mentre risaliva la
china accidentata di una collinetta che la fanghiglia rendeva impraticabile.
Ora sarebbe fin troppo facile osservare come nessun
cacciatore degno di questo nome possa accettare d’imbarcarsi in un’impresa con
un coefficiente di mortalità pari a nove punto nove, ma stiamo pur sempre
parlando del condom di un arcangelo con parecchi problemi irrisolti.
Dean, dunque, incurante del buonsenso e del pericolo macinò
il clivo, si asciugò più volte le palpebre poi, dopo un tonante ‘porca merda’
cadde in un buco abbastanza profondo da fargli dimenticare la vista del cielo.
Anche a non chiamare in conto improbabili traumi, un maschio
medio potrebbe cagarsi in mano per molto meno; se ti hanno torturato sulla gran
bistecchiera di Satana per un cinquantennio o due, però...
– D’accordo. Adesso basta. Adesso la facciamo finita tutti
quanti e...
E davanti ai suoi occhi, in quello sparuto buco di culo di
terra, gli si palesò un hamburger triplo bacon ancora caldo di griglia.
Ci sono uomini che la fame rende disperati; altri,
aggressivi.
Dean regredisce allo stato larvale della tenia: ne ha lo
stesso spessore psicologico ed emotivo, almeno.
Una tenia, ovviamente, non sa leggere; se il nostro l’avesse
fatto, però, si sarebbe trovato davanti il cartiglio: ‘sono un concentrato di
grassi saturi che ti ucciderà prima della fine del mondo. Perciò mangiami.’
– Non sei male, – grugnì soddisfatto il maggiore dei
Winchester – ma se credi di comprarmi con tanto poco, chiunque tu sia...
Un’imprevista lama di luce sfolgorò lungo i fianchi madidi di
una budd gelata.
– ... Potrei farci un pensiero!
Fu a quel punto che sulla parete di terra apparentemente
compatta e impermeabile si aprì un piccolo uscio.
Dean inghiottì l’ultimo boccone, prima di sbirciare oltre
l’apertura.
Il panorama ricordava le aiuole del giardiniere di Dio, con
l’aggravante che i colori erano quelli di un trip acido dei Beatles.
– E sia. Visto che siamo in ballo...
Dean si cacciò le mani in tasca e cominciò a guardarsi
intorno, per capire chi fosse il genio che avrebbe dovuto ringraziare in
quell’occasione: se un angelo, un demone o Dio in persona.
– Meraviglioso. Se questa è la tua proposta per un primo
appuntamento, Michael, fattelo dire: morirai vergine.
– Tecnicamente è tautologico, – tuonò una voce che gli
sembrava proprio di aver già sentito.
– Tauto–che?
Prima apparve un lembo d’impermeabile, poi un occhio dalla
fissità inquietante. Il fatto che non si fosse materializzata anche una
fiaschetta di Johnny Walker invitava almeno a scommettere sull’utilità di un
angelo poco o nulla rappresentativo.
– Cass! Credevo che...
Il losco figuro si sistemò il bavero e lo guardò malissimo. –
Io sono lo StreCastiel e sono colui che ha già afferrato le tue chiappe
per trascinarle fuori dall’Inferno!
Dean roteò gli occhi. – Per quanto ancora conti di
rinfacciarmelo? Anch’io ti ho quasi fatto perdere la verginità, no? Poi ti sei
messo a giocare al piccolo psicanalista psicopatico e... Diavolo! Questa
conversazione non ha senso.
Lo StreCastiel, d’altra parte, non sembrava coinvolto dal
dramma di una logica rovesciata, il che stava a dire che avesse trovato Dio e
fosse stato customizzato con uno straccio di senso dell’umorismo.
Ma anche no, stando all’espressione fissa con cui continuava
a scrutarlo.
– Ehi, Cass, sul serio! Noi due ci conosciamo, no?
L’angelo inarcò perplesso un sopracciglio. – Sono una potenza
angelica. Mi sembra ovvio che ti conosca!
– Quello che intendevo dire... Insomma... Ma dai, mi hai
capito!
– Se intendi secondo la semantica biblica, è un errore degli
apocrifi!
– Apocrifi?
– Castdean78. Che l’Onnipotente la bruci all’Inferno.
– Che... Che cosa?
– Triste è il tempo in cui profetizzano le slasher. Mi chiedo
come avrebbero spinoffato il Nuovo Testamento.
Dean si massaggiò inquieto la nuca. – Senti, Cass... Che ne
dici di rivolgerti agli Alcolisti Angelici? Sei stressato, fai discorsi strani e
mi sembra anche abbastanza ovvio che tu abbia una cotta per me. E ne sono
lusingato, sul serio, solo che io non sono abbastanza frocio e tu non sei
abbastanza fornito e...
– Sulla prima, non ci scommetterei, – tuonò lo StreCastiel,
prima di dissolversi in un lampo di luce accecante.
– Come sulla prima... Ma vaffanculo! – grugnì Dean,
decidendo di affidarsi all’istinto, sarebbe a dire, nelle sue intenzioni,
proseguire in linea retta finché qualcuno non avesse tentato di ucciderlo. Fu
anche così che trovò il Bobbruco, mitologica creatura metà larva,
appunto, e metà sfasciacarrozze alcolizzato in gilet multitasche.
– Bobby! – esclamò incredulo e sollevato Dean. – Finalmente
qualcuno in grado di...
– Frena gli entusiasmi, Little Miss Sunshine, e
smettila di fissarmi in quel modo. Potrei imbarazzarmi, sai?
Dean seguì quella sua sospetta coazione all’abbraccio che lo
folgora ogniqualvolta si trovi davanti qualcuno che potrebbe essere suo padre.
Il Bobbruco, per tutta risposta, estroflesse dal gilet un
rosario ferrato che poteva appartenere solo a un monaco picchiatore del
Pugnus Dei, per colpirlo in mezzo agli occhi.
– Ma sei impazzito? – piagnucolò Dean. – Mi hai fatto
malissimo!
Il Bobbruco roteò gli occhi. – Quante scene, Principessa!
Almeno ti avessi dato fuoco!
– E perché avresti dovuto farlo?
– Perché di questi tempi non puoi più fidarti di nessuno!
Prendi il Cappellaio Diabolico: ti fissa con quegli occhioni da cucciolo e poi
ti trasforma in una flebo!
Questo mi ricorda qualcosa, pensò Dean.
– Be’, io sono uno normale, okay? Ascolto gli AC/DC, guido
una Chevrolet del 67, mi piacciono le donne e gli hamburger con il doppio bacon.
Il Bobbruco inarcò un sopracciglio. – Questo non vuol dire
essere normali. Questo vuol dire essere uno stereotipo.
Dean esalò un sospiro sconfitto. – Non conosco abbastanza
parole per offendermi... Comunque, se mi dici dov’è che posso trovare questo
Cappellaio Diabolico...
Il Bobbruco bevve una lunga sorsata dalla propria fiaschetta,
prima d’indicargli l’inconfondibile spirale gommata di un alimentatore. – Segui
il suo laptop, mi sembra ovvio.
– E che ci farebbe con un laptop?
– Che ci farebbe con un laptop, – gli rifece il verso
il Bobbruco – Controlla il suo indice di gradimento su Facebook, mi pare ovvio.
Che dovresti farci con un computer?
Dio, ora so perché ogni tanto ti avanza un po’ di pioggia di
zolfo, rantolò tra sé Dean, seguendo nondimeno l’indicazione.
Il Cappellaio Diabolico somigliava a Sam, si muoveva
come Sam e, al pari di suo fratello, aveva un debole per sataniste troie e
demoni femmina.
A differenza di suo fratello, però, non conosceva il senso di
colpa, né quelle rovinose seghe mentali che avevano permesso a Chuck di spendere
tanto a lungo l’agonia del loro vangelo: quando era arrivato nella radura
occupata dal suo tavolo chirurgico, almeno, Sam si era già scolato sei o sette
rottami dell’Inferno.
– Porca puttana! – esordì Dean, spendendo per la milionesima
volta la più inflazionata delle sue imprecazioni. – Quali erano i patti, Sam?
– Niente sesso prima della caccia o prima del matrimonio?
Scusa, ma non riesco mai a ricordarmi il terzo comandamento del fanon. O era...
Dean aprì la bocca, dimenticando di chiuderla per un
inquietante lasso di tempo.
– Cioè, adesso staremmo discutendo, no? – proseguì
indisturbato il minore dei Winchester, cominciando a sbottonarsi la camicia.
– Scusa... Ma cosa staresti facendo?
Sam si limitò a sollevare le spalle. – In Luna di Sangue
ti sodomizzo e poi ti resuscito con il sangue demoniaco, ma se preferisci, c’è
anche la variante romantica di Deangirl85, in cui Castiel ti salva
teletrasportandoti nel monolocale in cui si mantiene come ragioniere.
– Tu non stai parlando sul serio, vero? – rantolò Dean, salvo
realizzare che il fratello, ormai senza camicia, era passato a concentrare la
propria attenzione sulla patta dei jeans.
– Certo, c’è stata la questione del plagio ai danni di
Samlicker81, ma, diavolo, se hai una buona occasione per una scopata, voglio
dire, perché dovresti...
Dean non è mai stato un atleta, ma, concedetemelo, in quella
circostanza prese davvero alla lettera l’espressione ‘far mangiare la polvere’.
Per restare sempre entro il trito recinto dei luoghi comuni, d’altra parte,
suonava senz’altro meglio di ‘prenderla nel culo’.
– D’accordo. Di assurdità in vita mia ne ho viste tante e non
c’è bisogno di farsi prendere dal panico, o forse sì, ma non sarebbe la
soluzione corretta, – rantolò con un filo di fiato, cercando la protezione di un
grosso albero dall’aspetto spettrale. – Vediamo di capire com’è cominciata.
Abbiamo visto il video di Gabriel. Poi siamo entrati in auto. Io ho cominciato a
guidare e...
– L’abbiamo trovato!
Dean sollevò il capo di scatto. Ammantata di una palandrana
rossa che faceva pendant con i folti capelli, Anna Milton lo fissava con occhi
fiammeggianti.
– Ma non eri crepata?
– Ti sarebbe piaciuto, eh? – rintuzzò lei, puntandogli alla
gola un appuntito stiletto. – Pensavi davvero che ti avrei lasciato Castiel
senza combattere?
Dean strabuzzò gli occhi.
– Speravi che l’ira dell’angelo rosso non ti raggiungesse?
– Ehi! Se il comunismo ha fallito, sarebbe colpa mia?
– Zitto, blasfemo idiota in odore d’incesto!
– Piano con le parole! Che significherebbe l’ultima
allusione?
Anna gli scoccò un’occhiata carica di sarcasmo. – Che tutte
le tue donne sono una copertura pietosa e, fattelo dire, anche molto abusata.
Per la milionesima volta in quella notte spaventosa, Dean
aprì la bocca per non dire proprio niente.
– Cliché. Quello duro-ma-tenero e quello
tenero-ma-spietato. Cos’è che abbiamo? Avete trasformato il Vangelo di Chuck in
una Brokeback Mountain spiritica. Dovremmo uccidervi anche solo per
quello.
E Dean, in un rigurgito di autentico eroismo, offrì il petto.
– Procedi pure. Non farebbe altrettanto male nemmeno se fosse Alastair a
occuparsene.
A quelle parole, tuttavia, lo scenario psichedelico si
dissolse, per riconsegnare Dean al comodo sedile della propria Impala e al
notturno della tenebra americana.
– Ti sei svegliato? – gli fece Sam, che stava ascoltando
qualcosa dei Dashboard Confessional – il che rendeva ragione del suo incubo.
Dean si strofinò il viso. – Spero di sì.
– Be’?
– Ho fatto un sogno assurdo. Con un’inquietante sottotraccia
omoerotica.
Sam sollevò ironico un sopracciglio, prima di tornare a
guardare la strada.
– Tu non hai visto o sentito niente?
– Avrei dovuto?
Dean si stirò un poco. – Potrebbe anche essere un ultimo tiro
di quello stronzo di arcangelo.
– E perché?
– Tipo Vietnam. T’imbottivano di droga e tu morivi contento,
no?
– Scusa, ma non ti seguo.
Dean trasse un profondo sospiro, cercando la notte oltre il
finestrino.
– Se avessi passato una serata come la mia, credimi: la fine
del mondo non ti sembrerebbe più niente di tanto eclatante.