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Autore: Lau_McKagan    27/08/2010    12 recensioni
Milano, 2 giugno 2010. 'Fu allora che lo vide. O per lo meno gli sembrò di vederlo. Tirò una steccata, ma fortunatamente riparò subito e nessuno pare accorgersene. Un attimo di distrazione... forse era solo la stanchezza. Non poteva essere...'
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Esaltazione, adrenalina, estasi... ecco tutto quello che provava e che aveva sempre provato ogni volta che saliva sul palco con la sua chitarra. Se non altro questo non era cambiato. Solo quel cappello che una volta teneva giù i folti ricci a nascondergli il viso per celarsi ed isolarsi da tutto, ora era più un marchio di fabbrica che un buon nascondiglio. Non aveva più bisogno di nascondersi.

Andava alla grande, si sentiva carico e pieno di energie nonostante non fosse più un giovincello.  Il pubblico era a mille, era un idolo per loro e gli piaceva buttare di tanto in tanto lo sguardo su di loro dietro i Rayban scuri, e vedere sui loro volti la gioia di essere lì, per lui. Fu allora che lo vide. O per lo meno gli sembrò di vederlo. Tirò una steccata, ma fortunatamente riparò subito e nessuno pare accorgersene. Un attimo di distrazione... forse era solo la stanchezza. Non poteva essere. Si ritirarono dietro al palco per una breve pausa.

“Hey, hai visto qualche bella fan? Hai steccato su Rocket Queen!” scherzò Myles.

“Te ne sei accorto?”

“Certo... ma non preoccuparti, laggiù non ci avranno nemmeno fatto caso... e comunque saresti perdonato!” disse battendogli una pacca sulla spalla e prendendo la bottiglia d’acqua fresca per dissetarsi.

“Mi sono distratto un attimo... mi è parso di vedere una casa, ma... fanculo, lascia stare...” anche Slash tirò un lungo sorso.

Perla stava tenendo i bambini, si voltò a guardarla, e le sorrise. Lei le fece l’occhiolino, e un ‘ok’ con le dita. Spesso lo seguiva in tour, ma quella volta aveva insistito particolarmente, perchè era la prima volta per lei in Italia.

“Andiamo ragazzi, lo show continua” disse imbracciando la sua Les Paul e uscendo di nuovo sul palco, tra gli applausi e le urla della folla.

Tutto proseguì regolarmente, avevano messo giù una bella scaletta per quella sera, introducendo brani che portarono lì per la prima volta, come ‘Fall to pieces’ quel pezzo dei Velvet che tanto gli era piaciuto. Chissà che fine aveva fatto Scott... da un po’ non aveva sue notizie. Avrebbe dovuto chiamare Duff un giorno di quelli, forse lui sapeva qualcosa.

Su ‘Sweet chidl o’ mine’ il pubblicò andò in delirio. Come sempre. Lo sapeva, ma ogni volta si stupiva di quanto la gente amasse quel pezzo, e tutte le volte, dopo anni, aveva ancora una paura fottuta di sbagliare l’assolo. Ed eccolo, il suo momento...

Poi qualcosa gli finì addosso, non capì subito, successe tutto in fretta, e quando si rialzò la sua chitarra era rotta. Junior, uno dei suoi body-guard, aveva placcato un ragazzo che era salito sul palco, ed entrambi gli erano piombati addosso. Non era certo un pazzo omicida, probabilmente voleva solo abbracciare il suo idolo... ma che cazzo, proprio durante l’assolo di Sweet Child? Per un attimo pensò che il pubblico lo linciasse, talmente urlavano inferociti contro il ragazzo. Ma cercò di sedare gli animi in qualche modo, un po’ di air guitar per sdrammatizzare ed ecco una nuova chitarra tra le mani... ‘show must go on’, come diceva qualcuno... Anni prima se ne sarebbero andati tutti a casa con un bel ‘vaffanculo’, e sapeva anche per chi... ma perchè ci pensava poi? Forse perchè aveva avuto quell’impressione poco prima... ma si convinse che si era sbagliato, tutto frutto di quella fottuta immaginazione che lavorava sempre troppo.

A concerto finito dovettero rientrare sul palco per due volte, il pubblico lo chiamava a gran voce e lui non diceva mai di no... poi sapeva che l’aspettavano, l’avevano lasciata apposta per ultima, perchè di certo l’avrebbero richiesta a gran voce... ‘Paradise City!’ urlavano. E lui li accontentò, godendo come un dannato dalla carica che scaturì quando attaccò il famoso rif iniziale.

Poi i saluti dovuti e le luci si spensero, un’altra serata era giunta al termine.

Perla lo raggiunse subito portandogli un’asciugamano che gli mise dietro al collo “Accidenti! Ti sei fatto male?!” domandò apprensiva.

“No, sto bene”

“Cazzo! Mi è venuto un colpo, quel folle...”

“Perla stai calma, non è successo niente... fa parte dello show, è fottuto rock n’ roll...”

“Potevi farti male sul serio... Junior ha battuto la testa!”

“Ha la testa dura, starà bene... andiamo, non preoccuparti, sono i rischi del mestiere... e poi da tanto non mi capitava una cosa del genere, è stato... fico!”

“Fico... sei sempre il solito...” scosse la testa sorridendolo e baciandolo velocemente sulle labbra.

Il piccolo Cash gli corse incontro saltandogli in braccio “Papàààààà” urlò.

“Oh piano giovanotto, vieni qua...” lo prese in bracco “ti è piaciuto?”

“Si!”

“Dovè London? Hey, piccolo furfante, vieni un po’ qua!” anche il primo figlio lo raggiunse sorridente, stringendo furbo tra le mani la chitarra rotta durante il concerto “e quella?”

“Kit ha detto che la posso tenere perchè tanto ormai è un pezzo da discarica!”

“Che?! KIIIIIIIIIIT!!!” urlò chiamando il tecnico... una delle sue chitarre in discarica? Non se ne parlava proprio “Dopo mi sente, in discarica, figurati... qualche lavoretto e sarà come nuova...”

London spintonò Myles che si era avvicinato sorridendo “Il cappello! Mi avevi promesso il tuo cappello!”

“Hey piccola peste! Tieni...” disse lui mettendogli in testa il cappello che aveva tenuto per parte dello show, forse un po’ troppo grande per quel piccolo bambino a cui si era affezionato “Tutto ok Slash? Junior sta bene, e quel tizio l’hanno buttato fuori”

“Si tutto ok, cazzo che roba... fottutamente rock, non trovi?”

“Sì, anche se poteva succedere di peggio... fortunatamente si è risolto tutto”

Uno degli organizzatori entrò quasi correndo, visibilmente agitato “Slash”

“Hey”

“C’è una persona... c’è una persona che insiste per vederti...”

“Chi è?”

“Ecco...”

“Hey Slasher...”

A quella voce gli si smorzò il respiro... possibile? No... non poteva essere... eppure... non era stata solo la sua immaginazione, l’aveva visto davvero in fondo alle gradinate, di fronte a lui... ed era strano come dopo quell’attimo di sgomento iniziale, non si stupì più di tanto nel vederlo apparire... come se lo stesse aspettando.

Gli scappò un sorriso, che contenne subito, forse con un po’ di fatica, assumendo un’espressione impassibile. Ma chi voleva fregare poi? Non era mai stato bravo a nascondere le sue emozioni. Aveva passato anni cercando di superare certe cose, tentando in tutti i modi di nascondere i ricordi, le parole, di celare i suoi sentimenti per quella persona... ed era tutto tornava a galla travolgendolo.

Eccolo, di fronte a lui finalmente... con i soliti capelli rossi, gli occhiali scuri e il cappello a tesa larga. Giusto con qualche chilo in più, ma dopo tutto anche lui ne aveva messi su un po’ ultimamente. Cosa celavano poi quegli occhiali? Avrebbe voluto vedere i suoi occhi in quel momento, se li ricordava ancora quei glaciali occhi verdi... ‘Perchè cazzo ti nascondi dietro quegli occhiali, fammi vedere i tuoi occhi!’ avrebbe voluto urlargli... perchè era sicuro che qualche emozione doveva trapelare anche da lui. Ma dalla sua bocca non uscì niente. Quanto tempo era passato? Quanto tempo aveva aspettato? Rimasero così a guardarsi per lunghi attimi silenzio.

“Non dici niente?” la sua voce... la ricordava bene... così roca e penetrante...

“Non ho molto da dire”

“Non sembri sorpreso di vedermi”

“Forse perchè sapevo che prima o poi saresti venuto”

“Forse... ciao Perla” disse con un leggero sorriso.

“Ciao...” salutò lei, rimasta sorpresa di vederlo forse più del marito.

“Questi sono i tuoi figli?”

“Sì... Cash e London...”

“Ti assomigliano”

“Lo so”

Il piccolo Cash ancora in braccio, gli domandò a bassa voce chi fosse quell’uomo che non aveva mai visto prima.

“Lui è...” cosa? ‘Un amico...’ pensò... “una persona che ha lavorato con me tanto tempo fa” si limitò a dire.

Il piccolo Cash lo guardò sorridendo e mormorando un timido ciao.

“Ciao piccolo...” rispose il rosso con voce strozzata.

Cos’era quella? Invidia? Si, invidia... guardava il vecchio amico e vedeva quello che aveva ottenuto... non tanto in fatto di carriera, di quello non poteva certo lamentarsi,  ma sul piano personale... Slash aveva quello che lui non aveva mai avuto, una famiglia... e forse non ne avrebbe mai avuta una. L’unica vera famiglia che aveva avuto si era disgregata anni prima ed ora era tutto diverso. Era solo. Era forse per questo che si era deciso ad andare da lui? No... fottuto orgoglio, non l’avrebbe mai fatto... in tanti gli davano del nostalgico, ma lui negava sempre, non l’avrebbe mai ammesso.

“Andiamo bambini...” Perla prese Cash dalle braccia del marito e prese per mano London che ancora se ne stava attaccato a Myles. Guardò Slash con occhi carichi di amore e comprensione, nessuno meglio di lei sapeva cosa bruciava in quel momento dentro all’uomo. Solo Duff forse, se ci fosse stato... ma non c’era. E come l’avrebbe voluto al suo fianco in quel momento, un appoggio, un sostegno... qualcuno che come lui capisse cosa voleva dire “Addio Axl”  sussurrò.

“Arrivederci... sei sempre meravigliosa”

“E tu sei sempre un paraculo”

Non aveva scordato la pungente ironia della donna. L’aveva ammirata per questo.

Sorrise “Non sei cambiata”

“Neanche tu” sorrise anche lei, poi li lasciò soli.

“Ha sempre la solita grinta”

“Non le è mai mancata”

Myles toccò il braccio dell’amico “Slash vi lascio soli” lo guardò un po’ preoccupato.

Non aveva mai parlato con Slash di quello che era successo, lui non ne aveva mai fatto parola e di certo Myles non era tipo da fare domande. Sapeva di loro quello che sapeva il resto del mondo, cioè praticamente un cazzo di niente. Non aveva mia incontrato Axl Rose, lo stimava come artista, l’aveva sempre fatto, ma la sua personalità lo metteva a disagio in quel momento, e poi si sentiva di troppo. Quei due avevano bisogno di starsene da soli.

“Aspetta” la voce di Axl lo fermò.

Inaspettatamente fece qualche passo verso di lui e gli tese la mano.

Myles osservò il suo braccio disteso con stupore, cosa significava quel gesto? Piano allungò il suo e glie la strinse. Era fredda...

“Complimenti, sei bravo”

“Grazie...” si ritrasse, guardò Slash facendogli un cenno del capo e si allontanò.

Per qualche istante rimasero soli e in silenzio. Un silenzio che forse valeva più di mille parole.

“Perchè sei venuto?” 

“E’ una visita di cortesia”

“Ma per favore...” sbuffò scocciato il riccio.

“Sono qui per un sopralluogo sulla location per il mio prossimo concerto”

“Si, ne ho sentito parlare”

“A settembre... sapevo che eri qui stasera... e sono passato”

“Bene”

“Non mi sembri felice di vedermi?”

“Dovrei esserlo?” Eppure lo era...

“Forse no... vedo che il tuo tour sta andando bene”

“Si”

“Anche il Chinese Democracy non sta andando affatto male...” si vantò. A sentire quel nome Slash sobbalzò senza nemmeno accorgersene “l’hai ascoltato?”

“Qualcosa”

“E cosa ne pensi?” perchè glie lo chiedeva? A Slash sembrava un discorso assurdo, gli sembrava di vivere una situazione irreale.

“Tu cosa pensi del mio?”

“Mi rispondi c un’altra domanda?”

“Perchè la risposta è la stessa... ti conosco, sei troppo pignolo per buttare fuori una merda... quindi lo sai, quel disco è un buon lavoro... ma ‘il mio è meglio del tuo’, non è così?”

“Già... almeno su qualcosa siamo d’accordo...” rispose ironico “Quel Myles ha talento però”

“Hai trovato uno degno di te?”

“Non ho detto questo... ma è bravo... dopotutto anche io ti conosco, e so che non avresti mai scelto uno non degno”

Era vero, aveva scelto Myles non solo perchè amava la sua voce e il suo modo di cantare, ma perchè col tempo era diventato suo amico. E lui ben sapeva che questo contava molto all’interno di una band. Axl d’altro canto apprezzava davvero le doti artistiche del ragazzo, e apprezzava ancora di più il fatto che mantenesse il suo stile senza cercare a tutti i costi di imitarlo quando sovente doveva cantare quelli che considerava ancora i suoi pezzi. Aveva disprezzato Scott per questo. Loro due erano molto simili i quanto a stile, ma trovava che negli ultimi tempi, quando i Velvet portavano in tour quelle che erano state le canzoni dei Guns, Weiland ostentasse un po’ troppo certi atteggiamenti che lo rendevano estremamente simile a lui.

“Tu invece? Con i tuoi...” le parole gli si smorzarono in gola.

“Non riesci nemmeno a dirlo?”

“Non riesco nemmeno a pensarci se è per quello”

“Voi mi avete lasciato i diritti sul nome, quindi non dovresti avercela con me perchè lo uso”

“Fai come ti pare... non ne parliamo più”  ‘si, te li abbiamo lasciati noi... siamo stati stupidi, ma all’epoca non ce ne fregava più un cazzo dei Guns... invece ora... maledetta nostalgia!’

“Come preferisci. Come sta Duff?”

“Dovresti chiederlo a lui” ghignò.

“Magari un giorno lo farò”

“Ha una bella famiglia”

“Questo lo so, ho visto” ‘Come te... voi avete una famiglia...’ “e per il resto?”

“Sta bene, più magro, fissato con l’attività fisica e astemio... ma sta bene”

“Mi fa piacere”

“Axl falla finita, che cosa vuoi?” iniziava a spazientirsi,sentiva la tensione crescere dentro di se, e ancora peggio sentiva una terribile voglia di abbracciarlo, come ai vecchi tempi. Strinse i pugni.

“Niente, non voglio niente... ero solo di passaggio”

’Dillo dannazione, dillo! Fottuto idiota! Dillo che ti sono mancato, dillo che ti dispiace e che vorresti... o dovrei dirlo io a te... ma nessuno di noi lo farà, vero? Fanculo...’  “Spero almeno che ti sia goduto lo spettacolo"

“La gente ti ama, ti osanna... guarda il tuo pubblico... dovresti essere soddisfatto"

“Mi amano sì... e mi odiano... mi danno del montato, del venduto... dicono che sono sopravvalutato... fanculo...”

“E a me danno dello stronzo, del coglione egocentrico e psicopatico... dicono che non ho più la stessa voce, che i miei Guns non sono più i Guns...”

“Ne avranno sempre una da dire... su tutti... ma noi sappiamo, non è forse vero?

Noi sappiamo quello che è stato... la realtà...

“Niente tornerà come prima”

“Non ho mai detto di volerlo”

“Sei sicuro?” Slash si avvicinò ancora di più e con un gesto veloce gli tolse gli occhiali dal viso. Eccoli... quegli occhi...

“Cosa pensavi di vedere? Lacrime forse?”

“No... ma volevo guardarti negli occhi, fottuto coglione...”

Axl rise mesto “Non mi chiamavi così da tanto! Coglione...”

Anche la carnosa bocca del riccio si inarcò in un amaro sorriso “Siamo tutti dei coglioni Rose...”

“Lo siamo stati tutti...”

“Dal primo all’ultimo...”

Era incredibile come le loro frasi si completassero l’una con l’altra... nelle loro menti passavano gli stessi pensieri, ora come allora. Ma inevitabilmente ormai troppe cose erano cambiate. Axl prese dalle mani di quello che era stato un fratello i suoi occhiali e se li rinfilò. Appena in tempo per nascondere quel sottile velo di lucidò che gli impermeava lo sguardo, e per il quale in quel momento si odiava.

“Addio Saul...” disse voltandosi e allontanandosi da lui.

“Arrivederci William...”

Il rosso sorrise, e a tradimento una lacrima rigò il suo volto.

 

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Bene, ecco questa one-shot venuta così dal nulla... senza lode e senza infamia... come sempre graze a chi leggerà! Lau

   
 
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