The nightmare
that will be true.
Grida. Grida disperate che si
susseguono finché la gola non arde come le fiamme.
«No! Non lo porterai via! Sta
lontano!» grida ancora.
Eppure è come se non esistesse,
come se le sue parole non avessero nessun effetto. Di fronte a lui la scena si
svolge senza cambiamenti.
«Dean, corri! Scappa. Va via!» lo
prega, ma suo fratello non gli dà ascolto, sta lì immobile di fronte a quel
qualcosa che Sam non può vedere.
Poi tutto diventa buio, mentre
nuove grida – stavolta del maggiore dei Winchester – riempiono l’aria. Sam si
muove, corre in direzione di quel suono, senza più scorgere la figura del
fratello. La paura lo investe, il respiro si fa pensate: no, Dean non è morto.
Sam gli ha promesso che stavolta sarebbe stato lui a salvarlo. Non può fallire.
Eppure il corpo di Dean non è da
nessuna parte. Anche il suo grido ormai si è spendo, dissolto nell’aria, ora
terribilmente fredda. Sam sente le forze fuggire dalle membra: improvvisamente
è così stanco… stanco della vita, di quell’interminabile caccia.
Capisce che ormai nulla ha più
senso.
Sam
sussultò, spalancando gli occhi nel buio della stanza di motel – l’ennesimo –
in cui stavano alloggiando. Il sudore, che gli imperlava la fronte pallida,
scese lento lungo la pelle, fino a bagnare i capelli ed il cuscino.
Era solo un incubo, solo un incubo tentò
di rassicurarsi, mentre i respiri affannati diventavano più regolari.
Si
mise seduto e rivolse lo sguardo verso il fratello che dormiva pochi centimetri
più in là. Fortunatamente non lo aveva sentito – le grida c’erano state solo
nella sua mente: non aveva alcuna voglia di parlare dell’accaduto con lui.
Sapeva cosa gli avrebbe detto Dean: era solo un incubo, sarebbe morto solamente
tra un anno e lui non doveva avere paura.
Certo,
come no? Lui non doveva avere paura se suo fratello spariva negli Inferi per
sempre. E non doveva avere paura neanche dei suoi incubi…
Sam
si prese la testa fra le mani: ogni volta quelle immagini erano sempre più
vivide, come se stessero succedendo per davvero. E si sarebbero svolte: di
questo era certo. Forse tra un anno, forse prima, ma quella scena sarebbe
accaduta, così come l’aveva vista e lui non avrebbe potuto fare nulla.
Avrebbe
fallito e sarebbe rimasto da solo.
Un
gelo improvviso lo fece rabbrividire. Prese le coperte e s’infilò sotto,
rimanendo comunque seduto: anche quella notte sarebbe passata in bianco - ormai
era un’abitudine.
***
La
luce dell’alba illuminava la stanza di motel con un tepore benigno, piacevole
se si consideravano i 15° gradi di quella mattina. Dean si svegliò
tranquillamente, come poche altre volte gli era successo e sbadigliando aprì
gli occhi: sentiva il corpo rilassato e riposato come non mai, mentre la lieve
adrenalina di quando ormai era a pochi passi dal demone, gli scorreva nelle
vene.
Mettendosi
pigramente a sedere, fece scorrere lo sguardo nella stanza alla ricerca del
fratello: il letto era vuoto, ma non rifatto e il giubbotto ancora sulla sedia.
Sam era in casa. Il rumore di un getto d’acqua che scorreva gli fece capire
subito che il ragazzo era sotto la doccia. Guardò l’orologio: sette e qualche
minuto. Ma a che diavolo di orario si era alzato quello svitato?
Sospirò.
Certe volte non lo capiva proprio.
Lasciando
perdere la questione, si alzò e dopo alcuni sbadigli, riuscì ad arrivare al
frigorifero e a prendere uova e bacon. Ah, sarebbe stata una colazione con i
fiocchi.
Dopo
alcuni minuti era tutto pronto in tavola e la fame di Dean si era svegliata al
solo sentire il buon profumo che giungeva dai piatti.
«Sammy!
La colazione! Hai intenzione di uscire trasparente da lì dentro?» lo canzonò
mettendosi a tavola.
Dal
bagno, tuttavia, non giunse nessuna risposta. Dean sospirò di nuovo: quel
ragazzo a volte era una vera seccatura.
«Sammy,
maledizione! Muoio di fame! Se non esci subito di lì, non troverai più nulla da
mangiare!» gridò tra il divertito e lo spazientito, eppure ancora una volta a
rispondere era solo il silenzio.
Stavolta
il maggiore cominciò a preoccuparsi. Il volto divenne serio e senza far rumore
si alzò dalla sedia e scivolò verso il bagno, pistola alla mano: non era da Sam
quel comportamento.
Abbassò
la maniglia lentamente; poi con un colpo secco spalancò la porta rivelando la
piccola stanza del bagno. All’interno nessuno se non l’incessante rumore
dell’acqua che scorreva.
«Sammy?»
chiamò, quasi sottovoce.
Poi
– non che avesse ricevuto risposta – scorse una figura nera oltre la tendina
della doccia. Sembrava seduta, rannicchiata…
Senza
perdere tempo, scostò con movimento secco quel sottile strato di plastica per
capire chi fosse e i suoi occhi si posarono, allibiti, sulla tremante figura
del fratello che, rannicchiato con le ginocchia al petto e le braccia intorno
ad esse, se ne stava, vestito, sotto il getto d’acqua che lo colpiva proprio
sulla testa. Dean non riusciva a capire cosa stesse succedendo: gli schizzi che
gli giungevano era gelati. Che Sam fosse improvvisamente impazzito?
«Sammy…
che diavolo stai facendo sotto la doccia fredda e per giunta vestito?» chiese
ancora titubante.
Il
minore dei Winchester alzò la testa ed ora il getto d’acqua gli bagnava il viso
pallido.
«La
testa… era in fiamme…» balbettò.
Solo
allora Dean parve rendersi conto che lì sotto il ragazzo stava congelando. Chiuse
immediatamente la doccia e aiutò Sam ad alzarsi avvolgendogli la testa ed il
busto in un grosso asciugamano.
«Vieni
fuori: stai congelando» gli sussurrò protettivo per poi condurlo quasi di peso
fino al suo letto e adagiarlo sotto le coperte, incurante del fatto che
bagnasse qualunque cosa.
Quando
Sam smise di tremare e parve riprendere un po’ di calore – a contrario del
colorito che rimaneva cinereo – Dean gli pose fra le mani una tazza di latte
caldo, con la speranza che servisse a riscaldarlo ulteriormente e soprattutto
che gli sciogliesse un po’ la lingua: era almeno la quinta volta che gli
chiedeva cosa gli fosse passato per la testa o cosa diavolo fosse successo
senza ottenere risposta. Sam si limitava a tenere lo sguardo basso e fissare il
vuoto. Anche ora se ne stava lì con la tazza in mano, senza realmente vederla.
«Sammy,
insomma, che ti succede?» chiese per l’ennesima volta Dean, ormai spazientito,
con un tono di voce più alto e serio.
L’altro
alzò finalmente lo sguardo su di lui.
«Ti
odio» sussurrò convinto.
Il
maggiore lo guardo sorpreso. Che stava blaterando adesso?
«Cosa..?»
chiese come se non avesse capito.
«TI
ODIO, DEAN!» ripeté Sam, stavolta urlando e per poco non
rovesciò la tazza di latte che poi posò, prudente, sul mobile alla sua destra.
«Sai»
riprese «Io le ricordo ancora le tue parole: è come se fossero stampate nella
mia mente senza possibilità di dimenticarle. Mi hai detto che non potevi vivere
sapendolo, che il pensiero di papà
agli Inferi al posto tuo…»
«È
di questo che si tratta, allora…» lo interruppe Dean, capendo finalmente cosa
affliggesse tanto suo fratello «Non ne avevamo già parlato?»
«Certo,
come no? Perché a te basta parlarne una volta giusto? Ora, visto che ne abbiamo
parlato, è tutto risolto, non è così?» e Sam non sapeva dire se c’era più
rabbia o più disperazione in quelle parole.
Dean
lo guardava confuso.
«Ti
avevo scongiurato di non arrabbiarti per quello che avevo fatto, Sammy» gli
ricordò.
«Credi
che non ci abbia provato, eh Dean? Mi sono detto: l’ha fatto per me, dovrei
esserne fiero. Arrabbiarmi non serve a nulla e poi… sarei un ingrato. Mi ha
salvato la vita… Eppure ogni volta che chiudo gli occhi, ogni volta che mi
addormento… rivedo la tua morte. E so che non ce la farò, che non ti salverò…
Tu non hai idea di quello che sto passando, del dolore che sto provando. Non ne hai idea!»
Ormai
le parole di Sam erano impastate dal pianto. Nuove lacrime scendevano sulle
guance pallide, nuovo dolore che veniva sputato fuori. Dean lo guardava senza
sapere cosa dire o cosa fare.
«Credi
che io non soffra?» chiese in un sussurro «Che non abbia paura?»
«Eppure
sembri fregartene! Fai come se la cosa non ti riguardasse: te ne stai lì, come
se nulla fosse a cercare e uccidere un demone dopo l’altro, con quella tua
maledetta aria da uomo invincibile ed intoccabile… Non lo sopporto!»
«Preferiresti
che mi mettessi a frignare come stai facendo tu in questo momento? A cosa servirebbe?»
chiese il maggiore, sperando tuttavia che non suonasse così tanto il disprezzo
con cui aveva caricato, senza riflettere, quelle parole.
Sam
lo guardò. No: avrebbe voluto solo che apparisse più umano.
«A
quell’uomo che salvammo dal suo patto col diavolo dicesti che era stato mosso
solo da egoismo, che l’aveva fatto per non restare solo e che avrebbe dovuto
mettersi per qualche istante nei panni della moglie… Dimmi Dean… tu per che
cosa l’hai fatto?»
Non
sapeva perché lo avesse chiesto. Era quasi come se si fosse reso conto della
domanda solo dopo averla pronunciata. Tuttavia sentiva il bisogno di conoscere
quella risposta. E la rabbia, la rabbia che fin’ora aveva animato le sue parole,
stavolta fece breccia nel cuore di Dean. Come poteva parlare in quel modo?
«Oh,
no, Sam. No! Non puoi accusarmi di questo! NO! L’ho fatto perché da sempre il
mio compito, l’unico, è quello di proteggerti. L’ho fatto perché non avrei
potuto vivere un giorno di più con il rimorso di aver fallito. Sai che
preferirei marcire all’Inferno piuttosto che vederti soffrire…»
A
quelle parole, Sam incrociò di nuovo gli occhi del fratello che poche volte
aveva visto umidi come in quel momento.
«Fallirò…
e non ti avrò più con me… Non è giusto che tu vada via ed io non possa fare nulla
per fermarti…»
«Non
puoi saperlo, Sam» tentò di rassicurarlo il maggiore sedendosi accanto a lui
«Non puoi sapere già da ora che fallirai…»
«L’ho
visto!» e tanto bastava ad affermare una condanna per Sam «E non dirmi che è
solo un brutto sogno, che è troppo presto perché io abbia una visione. So che è così. So come finirà»
«Risolveremo
la questione in tempo, fidati di me: ce la farai. Non mi hai mai deluso,
fratellino» lo rassicurò.
Poi
si alzò, spostandosi verso la tavola: con tutte quelle chiacchiere non aveva
ancora fatto colazione. Sam rimase lì, sul letto, senza toccare cibo: ancora
una volta era stato Dean a consolarlo e non il contrario, ancora una volta era
stato lui a proteggerlo, a salvarlo. E si odiava per questo: quella era una
debolezza che non lo avrebbe abbandonato mai.
***
Il corpo giace per terra: ora può
vederlo. Resta lì, immobile e per quanto lui speri che si rialzi e gli dica che
va tutto bene, la scena non cambia mentre gli istanti passano, l’uno dopo l’altro,
terribilmente veloci.
Perché sorprendersi? In fondo non
lo sapeva dall’inizio? Non aveva capito sin da subito che non sarebbe riuscito
a fermare nulla? Aveva provato in tutti i modi, aveva cercato ovunque una
soluzione, ma la verità è che sin dal primo momento, sin da quando aveva fatto
quella promessa a Dean, una parte di lui, interna e silenziosa, sapeva che
avrebbe visto quella scena.
La carne dilaniata da quel mostro
infernale perde ancora sangue. È uno spettacolo macabro a cui Sam non può sottrarsi,
né lo vuole. È la sua punizione, ciò che merita per aver fallito.
Troverò
il modo di portarti indietro grida il suo
orgoglio ferito, i suoi sentimenti calpestati dal destino che ancora sperano in
un minimo di bene per loro in questo mondo.
Eppure, rintanata nel suo profondo
antro, quella piccola parte di lui che la prima volta aveva previsto il
fallimento, anche ora sa già come andrà.
Sì, perché lui sarà sempre il
piccolo, inutile Sammy, quello che tutti devono proteggere e confortare. Quello
che il grande Dean deve sempre tenere con sé, come una palla al piede.
Il piccolo, ingrato Sammy che non
sa fare altro che deludere il prossimo.
“Non
mi hai mai deluso, fratellino”. Quelle
parole ora gli rimbombano assordanti nella testa.
Ti
sbagli Dean. L’ho appena fatto.
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Va
bene, prima che qualcuno di voi mi linci (ammettendo che qualcuno sia giunto
alla fine di questa schifezza) vi voglio avvisare che questa pubblicazione è
stata autorizzata da TanyaCullen quindi ogni responsabilità per malori derivata
dalla suddetta lettura è da dividere con lei.
Ok.
A parte gli scherzi, questa è la prima volta che mi cimento in una shot su Dean
e Sam quindi vi chiedo perdono per tutti gli eventuali OOC o i temi, già troppo
usati, presenti in questa shot. Più che altro è stato istintivo scriverla
quando ho visto l’episodio “Patto col Diavolo”: le parole di Dean, pur per un
verso così vere, sono così in contrasto con il sacrificio che compie a fine
serie, che non ho potuto non scriverla.
A
fine scrittura, per essere certa che non fosse così orribile, l’ho fatta
leggere alla carissima TanyaCullen che mi ha dato l’ok per la pubblicazione,
dicendo che il tema, seppur era stato trattato nella terza serie, non era mai
stato approfondito fino a questo punto e che quindi dovevo pubblicarla.
Ci
tengo solo a precisare che se il primo pezzo in corsivo è un incubo di Sam, l’ultimo,
sempre in corsivo è un flash in avanti in quello che è il finale della terza
serie ^^
Ringrazio
coloro che leggeranno e in particolare chi recensirà, la inserirà fra le
preferite o da ricordare (il che sarebbe un miracolo)
Alla
prossima (ma chi ti vuole più vedere!!! Ntd lettori)
Un
bacio…
Alchimista ~
♥