Fanfic su attori > Coppia Downey.Jr/Law
Ricorda la storia  |      
Autore: Scaramouche    28/08/2010    6 recensioni
Robert finisce in ospedale a causa di una grave malattia.
Gli serve subito un donatore disposto a dargli il suo polmone destro.
Ma se il donatore giusto fosse la persona sbagliata?
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Sweet Sacrifice

 

-Judsie- chiami, ma nessuno si degnava di rispondere.

-Ehi …Judsie-chiamai più forte dirigendomi verso la cucina e sperando di trovarmelo lì davanti con magari addosso un grembiule mentre ci preparava la colazione.

 

Eravamo venuti ad abitare a Londra dopo aver finito di girare il sequel di Sherlock Holmes, ovviamente su sua decisione o meglio su sua supplica, infatti si era letteralmente gettato ai miei piedi per convincermi di restare nella sua città e io ai suoi occhioni dolci non avevo saputo dire di no.

Lo so, ora vi starete chiedendo dov’è finita Susan e tutta la mia vita di prima ma, avevo fatto una scelta, e non mi va di raccontarvi tutta la storiella della separazione e quant’altro perché è stata dura anche per me all’inizio, ma Jude mi ha aiutato a superare anche quel momento, e adesso viviamo sorprendentemente insieme.

 

Quando varcai la porta che separava la cucina dal salotto la mia visione scomparve e venne sostituita dal

frigo che mi fissava e nessuna apparente forma di vita nella stanza…

 

Uscii ma mentre pensavo a dove potrebbe trovarsi ed eventualmente se stesse bene, la vista mi si annebbiò e piombai sul tappeto  come una mela matura cade dal ramo del suo albero.

Una forte  fitta al petto mi tolse il respiro e non ebbi bene la certezza che proprio in quel momento Jude avesse varcato la porta d’ingresso e si fosse precipitato ai miei piedi, perché gli occhi mi si chiusero in un senso di vertigine.

 

Quando mi risvegliai la luce bianca e penetrante del lampadario sopra il letto mi rese cechi gli occhi, e spostando lo sguardo riuscii solo a vedere una sagoma nera che si sporgeva verso di me e chiamava il mio nome all’infinito.

-Robert,Robert,Robert…- una cantilena che mi rimbombava nella orecchie e che mi aveva riportato sulla terra, e in quella che doveva essere la stanza di un ospedale, dato che quando anche il mio naso riprese conoscenza fu colmato dell’odore penetrante tipico degli ospedali.

-Ciao Jude…- dissi senza alcuna apparente difficoltà . Non avevo idea se fosse davvero lui, ma, da bravo Holmes, tirai ad indovinare e fortunatamente ci azzeccai.

-Rob…ti sei svegliato finalmente…ho aspettato tutta la mattina…mi hai fatto preoccupare…che diamine!...come ti è venuto in mente di svenire sul tappeto del salotto proprio mentre tornavo a casa con la colazione?!...Mi hai fatto rovesciare tutto sul pavimento…- nella sua voce non c’era la stessa calma che governava la mia, anzi, sembrava preoccupata , affannata e poi Jude aveva…aveva gli occhi lucidi!!!

-Cos…perché piangi Jude?!- gli risposi senza dar alcun peso alle domande, forse retoriche, che prima mi aveva rivolto.

 Dopo qualche minuto di silenzio, alzò lo sguardo e lo fissò nel mio -Forse non è il caso che te lo dica io…anzi non riuscirei…-

-Cosa?..-

-..a dirtelo in qualunque caso, vado a chiamare qualcun…-

-No…! Dove vai…aspetta, cosa devi dirmi? Preferisco che sia tu a darmi una cattiva notizia che un qualsiasi sconosciuto, insomma, se sono in ospedale, ci sarà un motivo…- la mia voce aveva cominciato ad incrinarsi e a precipitare in un tono molto più preoccupato e spaventato.

-Ok…è solo che non credo che riuscirò a tergiversare, insomma su questo non si può tergiversare…e…-

-Jude, dimmelo e basta!-

-…ti hanno diagnosticato un’insufficienza polmonare…- gli uscì tutto con un solo soffio, forte a tal punto che travolse anche me.

 

Mi mancò per un attimo il respiro, non avrei mai potuto pensare che davvero queste cose succedono,insomma,le vedi in quei telefilm alla TV e pensi che tanto a te non capiteranno mai, ma quando accade non sai bene cosa fare, cosa pensare, perché la maggior parte delle volte nelle puntate in cui qualcuno ha una malattia del genere ci lascia quasi sicuramente le penne. E  tutto ti cade addosso velocemente senza realizzare esattamente cosa sta accadendo , le responsabilità ti si allacciano tutte insieme ai piedi  come un’enorme zavorra : lavoro,casa,famiglia,amici,conoscenti ecc… e finisci per precipitare sempre più infondo dove nemmeno arriva le luce del Sole.  E la cosa più spaventosa è che succede tutto in meno di un battito di ciglia.

 

Tutto quello che uscì come un suono strozzato dalla mia bocca fu un Oh che non riuscì a riempire il silenzio che era calato in quella piccola stanza d’ospedale con solo un letto e uno scaffale vicino all’enorme finestra coperta da tende color panna.

-Robert…- sapeva che non mi piaceva che usasse il mio nome per intero ma non ci diedi molto peso perché la mia mente era altrove.

Dagli occhi lucidi di Jude cominciarono a scendere alcune lacrime a stento trattenute dalle palpebre.

-Si può curare?...- dissi io con un tono tremante e che risultò poco convincente anche a me stesso.

-Cosa…?-

-Intendo, possono curarmi,potrò continuare a fare le cose di sempre o dovrò stare attaccato ad una macchina per il resto della vita, se ancora me ne resta…?- ironia sbagliata al momento sbagliato.

-Credo, credo di sì, forse, non ne sono sicuro…-

-Sì, la possiamo curare signor Downey-la voce del medico appoggiato allo stipite della porta ci fece scuotere entrambi e una scintilla di speranza mi illuminò temporaneamente gli occhi.

-Serve un donatore che sia disposto a darle il proprio polmone destro-

-Bè, mi sembra un inizio- la mia voce aveva riacquistato un po’ di colore perso pochi minuti prima.

-Ma…-

-Oh io odio i “ma”…- quella di Jude invece era ancora incrinata dal pianto.

-…è difficile trovare un donatore compatibile nel giro di poco tempo e, se devo essere franco, lei non ne ha ancora molto a disposizione-

-Ma non potete attaccarmi alle macchine fino a quando trovate questo donatore?...- risposi cercando un appiglio di speranza nelle parole del dottore.

-È  una soluzione temporanea che abbiamo già messo in pratica…- disse indicando il grande marchingegno che era appollaiato su di una mensola al lato del letto che io prima non avevo notato.

-…ma il suo polmone destro è collassato e la macchina non può ricoprire l’intera funzione respiratoria-

-Capisco- risposi dopo qualche attimo di silenzio con una voce che ormai non sembrava nemmeno la mia.

 -Noi ci attiveremo al meglio per trovarle il donatore, è fortunato, è posizionato pure in alto nella lista d’attesa…Le auguro una buona permanenza qui…- liquidò il discorso e se ne andò passando dalla porta che io restai a fissare per cinque minuti buoni.

-Robert…-mi chiamò Jude facendomi tornare finalmente in me.

-…non preoccuparti, te lo giuro, farò di tutto per trovare quel donatore, anche se dovessi girare il mondo in lungo e in largo per cinque volte- e ridacchiò piano, seguito da me, anche se io non ridevo per la sua battuta o per la sua strana dichiarazione di amicizia, ma ridevo perché non mi restava altro da fare, non avrei voluto morire triste e depresso, ma felice, o almeno allegro, con lui accanto.

-Lo so Jude, sono sicuro che tu faresti di tutto per me…- iniziai.

-Perché tu lo faresti per me!!- mi interruppe.

-…ma non voglio rovinare quel poco che mi resta, stai qui con me, non andartene, per favore.-

-No!...Non posso lasciare che tutto vada avanti senza neanche alzare un dito, insomma tu stai morendo e io non voglio, cioè tu non mi lasceresti morire e, anche se accadesse tu avresti fatto di tutto e…-

-Judsie…-

-…io avrei pianto e poi…-

-Jude!-

-…tu mi avresti abbracciato e…-

-JUDE!!-

-CHE C’è?!-

Non risposi, mi limitai ad abbracciarlo dolcemente, non come un amante, ma come un padre abbraccia suo figlio che ha appena perso la partita di pallacanestro.

-Io ti amo Jude…e, per una volta, smetti di blaterare cosa insensate nei momenti meno opportuni capito?!- e ci mettemmo a ridere tutti e due anche se sentivo chiaramente che il volto di Jude, poggiato al mio petto, era bagnato da nuove lacrime.

-Rob, io non voglio che tu te ne vada- disse dopo un po’, in preda ad un singhiozzo.

-non voglio rimanere solo, ho paura della solitudine…-

-Tranquillo Judsie, anche se me ne andrò tu mi avrai sempre qui- dissi scostandolo appena da me e poggiando una mano sul suo petto, in prossimità del cuore. Sentii perfettamente che anche il suo batteva smisuratamente forte e, forse in preda a una scarica di adrenalina, gli presi fra le mani il viso e poggiai dolcemente le mie labbra sulle sue.

Rispose subito al mio bacio con foga, stendendosi completamente sopra di me e cominciando a esplorarmi la bocca con la lingua che si muoveva a ritmo del nostro cuore, sempre più veloce, sempre più audace finché non poggiò sbadatamente la mano sul mio ventre, provocandomi un dolore acuto, così che disturbai il bacio con un gemito. Si staccò subito scusandosi in mille modi e dandomi un bacio, questa volta,sulla punta del naso.

In quel momento entrò il medico e io , imbarazzato fino alle orecchie mi scostai da Jude, che si alzò di scatto rischiando di urtare il carrello delle vivande.

-Scusatemi…se… per voi va bene… ripasso dopo- disse il dottore, anche lui visibilmente imbarazzato,facendo per andarsene.

-No no, non importa…aveva qualcosa da dirci?!- risposi senza aspettare il consenso di Jude.

-Veramente doveri parlare con lei signor Law…- indicandolo.

-Con me?!...-

-Può seguirmi fuori un attimo?-

-Certo, andiamo…- disse rivolto a me, che a quanto pare avevo assunto un’espressione preoccupata.

 

-Allora avete trovato un donatore compatibile?!- chiese speranzoso Jude appena furono fuori dalla porta.

-Era proprio di questo che volevo parlarle…- cominciò il medico con una faccia rassegnata.

-…abbiamo trovato parecchi donatori nei fascicoli degli obitori degli ospedali qui vicini, ma nessuno di compatibile, poi, non so come, ho trovato questa cartella, il polmone sarebbe compatibile ma…-disse porgendo la cartella gialla e Jude che lesse il nome di quello che lui, un giorno o l’altro avrebbe proposto per far santificare.

David Jude Law il suo nome compariva a chiare lettere nere su un etichetta in alto a destra della cartella.

-…quel donatore è lei- concluse il dottore aspettando una reazione dall’altro, che però, non sapeva cosa dire, fare, se parlare, tacere, scappare o restare. Aveva una tale confusione in testa che quasi svenne, ma fece in tempo a sorreggersi sullo schienale di una sedia evitando così una rovinosa caduta.

-Io…ma io…non sono morto…come…- cercò di dire, ma la sua mente era vuota, un unico pensiero la occupava, il pensiero che comunque uno di loro due sarebbe rimasto solo.

-Appunto per questo volevo parlarle, ho visto che ci tiene molto al suo amico e ho sentito che sarebbe disposto a tutto per salvarlo, io le ho dato una possibilità, sta a lei decidere cosa fare, non voglio assolutamente farle pressioni, ma io, personalmente, non saprei cos’altro fare.

Sarà praticamente indolore, si addormenterà dolcemente e noi poi faremo il resto-

Jude restituì la cartella e si girò per tornare da Robert, quando il medico lo fermò –è una sua scelta, non lo chieda al signor Downey, ma lo chieda a se stesso e mi faccia sapere cosa ha deciso, anche se fosse la scelta sbagliata, per lei deve essere quella giusta-

Finalmente lo lasciò e Jude si diresse verso la camera di Robert, entrò cercando di sfoggiare un sorriso soddisfatto, come faceva sempre nei suoi film, ma, sfortunatamente, questo non era un film.

 

-Jude cosa ti hanno detto?!-chiesi subito senza esitazione.

-Hanno trovato un donatore…- mi rispose senza guardarmi in faccia, con lo sguardo puntato a terra.

-E…non sei contento?! Potrò tornare a casa tra un po’…ma cos’è quella faccia Judsie?!- aveva alzato la testa così che potessi vedere che le lacrime avevano rigato, per la terza volta in una giornata, il suo volto perfetto.

Mi abbracciò senza dire una parola.

-Spero che quelle siano lacrime di gioia!-

-Rob…- cominciò, senza smettere di piangere e tenendo lo sguardo basso sulla mia camicia d’ospedale. 

-…quel donatore è…cioè, insomma…-

-Judsie te l’ho detto anche prima, smettila con i discorsi insensati-

-…sono io!- adesso mi guardava dritto negli occhi, in silenzio aveva smesso di piangere, tanto che quasi mi veniva voglia di prendere il suo posto e cominciare a frignare come un neonato, ma sarà stata quella notizia sconcertante, sarà stato il silenzio, non lo so, so solo che il sorriso che poco prima si era dipinto sulla mia faccia scomparve, e venne sostituito da una smorfia indecifrabile che pressappoco voleva dire CHE COSA?!?!

- Judsie, ma tu…tu non sei morto…come fai a donarmi un…- sbarrai gli occhi, la lampadina si era accesa finalmente nel mio cervello, se Jude non era morto, se era qui accanto a me, come poteva donarmi il suo polmone?

 Doveva forse morire?

 No, non potevo permetterlo, se avessi la possibilità di scegliere io sceglierei di lasciarmi morire e di non permettergli di fare la più grande cazzata di tutta la sua vita, ma questa volta non fu mia la scelta.

-Non ti sacrificare per me Jude, non valgo così tanto-

-Ormai ho deciso, devo solo dirlo al medico e poi verranno a prendermi- mi spiegò sempre con lo sguardo fisso nel mio, che dovetti abbassare per paura che davvero cominciassi a piangere a dirotto.

-Ma quando hai deciso?! Perché non mi hai detto niente?! Perché…insomma perché…-

-Non c’è altra scelta capisci Rob!! Che cazzo vuoi che faccia?!- questo disperato discorso stava prendendo una piega alquanto spiacevole, e poi il tono di voce di Jude si era alzato smisuratamente. I suoi occhi puntati di nuovo nei miei. Il suo sguardo faceva quasi paura.

-No, ti prego, sono io quello malato, tu sei in salute, non puoi, non puoi davvero- infine anche le lacrime scivolarono fuori dalle mie palpebre, rigandomi il viso e lasciandosi dietro una scia bruciante.

-Devi fare tante cose ancora nella vita, i tuoi sogni, e i tuoi progetti, ma poi, non hai chiesto consulenza a nessuno, cosa dirò ai tuoi parenti, agli amici…cazzo Jude è troppo non puoi farti questo!...- iniziai a singhiozzare e abbassai ancora una volta lo sguardo per sfuggire al suo, glaciale, fermo.

-…Comunque- continuai, incerto su qualsiasi cosa -sei tu quello a posto, io ho fatto di tutto al mio corpo, la droga, l’alcool, no ti prego…no…- non riuscii a finire la frase. Tirai forte su col naso e Jude, ancora che mi fissava, mi prese il mento e mi alzò la testa costringendomi a guardarlo, poi mi baciò, un bacio lungo e dolce, che però aveva il sapore della paura, quella che provava Jude la potevo sentire anche io con quel bacio.

-Tutti i miei sogni e i miei progetti sono stesi accanto a me su questo letto d’ospedale ed è mio dovere salvarli- mi sussurrò piano all’orecchio, ma non capii se quelle parole servivano a dare forza a me o a lui.

Si staccò da me e con un dito mi asciugò le lacrime che ancora non si erano fermate e io, come un gatto, mi strusciai contro la sua mano, per assaporare forse l’ultimo di quegli stupendi attimi.

-Ti prego non lo fare…-

-Non hai il potere di farmi cambiare idea, sono adulto e, al momento, consenziente- la sua voce sembrava aver riacquistato un po’ di quel colore perso nel nostro bacio.

D’un tratto si alzò dal letto facendolo muovere e si avviò verso la porta, verso quella che poteva essere una dolce condanna.

 

-Mi scusi- chiamò il dottore che subito si girò verso di lui.

-Allora, ha deciso signor Law?-

-Sì, lo voglio fare, prima di cambiare idea, lo voglio fare-

-Ne è assolutamente sicuro? Da qui non si torna indietro, lo sa bene questo…-

-Certo, sono pronto-

-Ci ha riflettuto? È sicuro di aver fatto la scelta giusta, o almeno, quella che lei riteneva giusta?-

-Senta, è già tanto che io sia qui e non sia scappato, per cui, per favore, facciamolo e basta-

-Come vuole, prima però deve firmare delle carte dove dichiara di aver preso lei questa decisione, la opereremo domani mattina, ora può andare a salutare il signor Downey se vuole-

Annuendo quasi impercettibilmente Jude si girò e si avviò di nuovo verso la stanza di Robert .

 

-Quindi è fatta…- fu la mia voce a rompere il silenzio per prima, come di consuetudine. Dopo essere tornato Jude non aveva fiatato, si era seduto su una sedia accanto al letto e aveva guardato il pavimento per dieci minuti buoni.

-…quindi, ti fai uccidere per me…-

-Cazzo Rob, è difficile anche per me, anzi credo che sia difficile solo per me!- me lo sputò letteralmente addosso, puntando quel suo sguardo glaciale su di me, la paura e la frustrazione si facevano sentire. Cazzo, stai per morire, anche io avrei paura, anzi ce l’ho avuta, proprio quella mattina, quando mi avevano detto che di lì a poco avrei smesso di respirare. In fondo lo capivo, forse avevo anche paura di restare solo, era un pensiero del tutto egoista ma era l’unico che al momento mi tormentava.

-Judsie…- abbassai di nuovo lo sguardo sulla tunica d’ospedale color del cielo nei giorni uggiosi.

-Scusami Jude, hai ragione, sono un fottuto egoista…-

-No Rob è che, ho paura…-

Mi si gettò al collo stringendomi forte in un abbraccio da togliermi il fiato, versando le ultime lacrime della giornata e forse della vita.

 

-Pensavo di dormire qui stanotte- disse quando si fu ripreso dallo sfogo momentaneo.

-Jude non lo devi fare per forza…-

-Mi farò dare una brandina o magari potrei dormire sul tuo letto- mi sfuggì una risata che venne accompagnata da quella di Jude.

-No, non intendevo questo…-ripresi con voce convinta e rassicurante come quella di un padre che parla a suo figlio.

-…non ti devi sacrificare per me-

-Robert, io morirei volentieri al posto tuo- quella rivelazione mi aprì in due, questo, morire al posto mio. Lui avrebbe avuto le palle per farlo, ma io?

-Tu probabilmente sì ma io non credo che ne sarei capace-

-Non importa, non importa, a me basta così- mi aveva preso la mano e adesso era la sua voce quella che lo faceva sembrare un padre che rassicura il figlio.

-Ma come diavolo fai a stare così Jude, io mi sarei buttato dalla finestra al tuo posto, come fai a stare così calmo-

-Continuo a pensare che tra poche settimane tu potrai correre in giro per i set di chissà quale film, contento e felice mentre io…- la sua voce si incrinò un attimo, per poi tornare subito calma e misurata-…ti guarderò da lassù- mi rivelò infine puntando un dito verso il cielo.

-Ma come farò ad essere felice senza te Judsie?-

-Io mi fido di te- e con questo si accoccolò vicino a me nel letto, poggiando la sua testa sul mio petto, che a differenza del solito, non si moveva regolarmente.

 

Come avevo previsto nessuno dei due riuscì a dormire, ma restammo in silenzio per tutta la notte, assaporando come meglio potevamo quei momenti che tra qualche ora mi sarebbero mancati da morire.

Qualche volta gli accarezzavo i capelli e lui si moveva piano sotto il mio tocco gentile, altre volte alzava la testa per vedere se ero ancora sveglio e puntualmente mi trovava con gli occhi puntati su di lui, così si avvicinava e mi lasciava un bacio sulla guancia per poi tornare ad appoggiarsi a me.

 

Ma perché questo dannato tempo scorre, perché non si ferma, mi maledico per aver chiesto tante volte in cui mi annoiavo di far passare il tempo che non passava mai. Rivivrei anche quei momenti se necessario purché questo tempo si fermi adesso, adesso che ho ancora Jude qui accanto a me, che non dorme, ma che ha deciso di restare accanto a me lo stesso prima di andarsene. Il mio angelo custode. Ecco cos’era, un bellissimo angelo che qualcuno ha fatto la grazia di donarmi, ma davvero me ne sarei meritato uno?!

 

Più la luce si faceva intensa fuori dalla finestra, più Jude si stringeva a me.

 Circa verso le sette di mattina lo sentii tremare, ma fu solo un momento.

 Poi dal nulla si alzò, quasi spaventandomi, andò verso il bagno e si lavò il viso. Poi, insieme attendemmo che il medico aprisse la porta. Momento che sfortunatamente non tardò ad arrivare.

Quando vennero a chiamare Jude per avvisarlo che erano pronti gli concedettero un ultimo quarto d’ora.

 

-Bhe, mi sembra arrivato il momento di dirsi addio, Rob- a quelle sue prime parole gli occhi cominciarono a venirmi lucidi.

-No, ti prego no!- la scorsa notte non sembrava  una tragedia di quelle proporzioni ma adesso, che era arrivato quello strafottutissimo momento mi sembrava una di quelle rapprsentazione drammatiche che vedi a teatro, accompagnata in sottofondo dal Dies Irae del Requiem di Mozart.

Era ancora seduto vicino a me, gli presi un braccio e lo tirai più vicino, e poi, in un momento che si perse tra l’interminabile e l’immediato*, gli catturai le labbra fa le mie,ancora in un bacio che si bagnò delle mie lacrime.

Quando ci staccammo lui si avvicinò al mio orecchio e, dapprima non disse niente, ma poi il suono distinto della sua voce mi perforò il timpano e mi fece fischiare le orecchie, anche se quello che mi disse era solo un sussurro “ti Amo anch’io ”. Il mio cuore perse un battito, ma poi una profonda rabbia mi attanagliò il petto . No cazzo, no, non puoi dirmelo adesso, fottuto ipocrita!!! Le lacrime che nemmeno prima si erano fermate ricominciarono a scorrere più copiose sulle mie guance.

Si allontanò ma io gli afferrai una mano –No non voglio che tu vada, non farlo, Jude torna in te cazzo!-  

Ma senza dire un parola si liberò dalla mia stretta, troppo debole, e varcò la porta.

Fottuta macchina di merda, devo corrergli dietro come cazzo si fa a staccarti!!! In un impeto di follia saltai giù dal letto staccando il tubo che mi aiutava a respirare, e lo inseguii al di là della porta. Stavo per mettermi a correre e raggiungerlo quando mi mancò il respiro e mi assalirono le stesse sensazioni che avevo provato la mattina in cui venni portato in ospedale. Caddi a terra sbattendo la testa, l’unica cosa che mi ricordo è Jude che corre verso di me urlando qualcosa che però io non sentii perché giacevo già svenuto sul pavimento lucido.

 

 -Che ne dici di andare al parco, Rob?- mi chiese in uno di quei pomeriggi  d’estate vuoti e afosi.

-Ma non fa un po’ caldo?!-risposi io con un’altra domanda.

-Vedrai, che con un gelato ti passerà il caldo- e dicendo così mi cinse la vita con un braccio, avvicinandomi a sé. Eravamo seduti sul divano bianco del salotto e io ne approfittai per poggiare la testa sulla sua spalla e stendermi lungo tutti i candidi cuscini per esprimere il mio disappunto riguardo quella passeggiata.

-Non ho voglia di alzarmi, dai Judsie!- gli dissi dopo essermi sistemato ancora più comodo.

-Eddai! Ho voglia di uscire! È da due giorni che sono chiuso in casa con te!- con un colpetto della spalla mi fece alzare la testa.

-Non mi sembra che ti sia dispiaciuto!- ribattei io poi sfoggiando un sorrisetto malizioso.

-Deficiente!- mi rispose tirandomi “gentilmente” un pugno sulla mia di spalla.

-Ahio!...Eh va bene, okay, andiamo a fare questa passeggiata…- mi stiracchiai, ma poi abbassai subito le braccia            -…anche se ho una strana sensazione-

La sua espressione era mutata da quella compiaciuta di un bambino che riceve un giocattolo nuovo, a quella di quando il bambino perde il suo giocattolo, non piange, perché sa che forse lo ritroverà, ma è lo stesso preoccupato e spaventato.

-Bà!! Non sarà niente, andiamo dai, prima che cambi di nuovo idea!- liquidai il discorso accompagnato da un’ampia gesticolazione che fece ritornare il sorriso sulle labbra di Jude. Molto meglio così, pensai.

Acchiappai le chiavi e in un momento fummo già sulla porta, pronti ad uscire.

 

La meta l’aveva decisa lui, una passeggiata nei pressi dell’Hyde Park che, d’estate, raggiunge il picco del suo splendore.

-Allora Rob, ti sei convinto che Londra è meglio di New York?!- fu Jude per primo a parlare, dopo aver finito il gelato. Cosa strana, di solito ero sempre io quello che rompeva il silenzio nei momenti meno opportuni.

-Londra è meglio di New York?! Ma tu l’hai mai vista New York?!  Qui è solo Big Bang, cabine telefoniche e “Dio salvi la Regina”!!!- scoppiammo a ridere entrambi e ci fermammo proprio davanti a Backingam Palace, neanche farlo apposta.

-Dai Jude, vieni, andiamo a rompere le palle alle guardie, mi diverto troppo a prenderli per il culo!- gli avevo lasciato la mano e mi ero avvicinato alla strada, non  guardai neanche per attraversare, anzi forse lo feci, ma dalla parte sbagliata, dannata guida a destra!!!! Fatto sta che mentre attraversavo mi girai verso Jude che, chissà per quale motivo, aveva il viso contratto in una smorfia di paura e correva verso di me.

Che cazzo sta facendo questo?! Pensai, ma non ebbi nemmeno il tempo di finire la frase nella mia testa, che sentii delle mani poggiarsi violentemente sul mio petto, un violento spintone e l’asfalto che mi graffiava la faccia. Odore di bruciato, sapore di sangue, non il mio, e poi…buio…

 

-JUDE!!!- mi svegliai urlando, ero sudato fradicio e respiravo a fatica.

Era un incubo, grazie al cielo, solo un incubo, perché adesso mi giro e Jude è lì seduto che legge, dorme, o fa qualcos’altro per occupare il  tempo.

Mi girai, ma il mio sguardo fu accolto solo dalla sedia vuota e dal suo tessuto blu, in tono con il resto dell’ospedale.

 -Infermiera! Infermiera! – chiamai, non potevo scendere dal letto, e non potevo cercare Jude, ma nel momento in cui la ragazza dal vestito bianco entrò, trafelata per la corsa, il mio cervello cominciò a snebbiarsi.

Lentamente tutto stava tornando al suo posto, un tassello alla volta, fino ad arrivare a Jude. Jude, quel ricordo arrivò tutto in un momento, come un pugno alla bocca dello stomaco, e faceva male.

-Mi dica! Ha qualche problema?- diceva intanto l’infermiera, ma io non l’ascoltavo, avevo o sguardo perso nel vuoto, un volto inespressivo.

Cazzo no! Pensai , non può essere andato via senza salutarmi come si deve!! Bastardo… e già sentivo le lacrime che salivano e che minacciavano di rigarmi il viso, e una strana rabbia montare, ma era davvero rabbia? O un cupo senso di colpa? Nemmeno ora so rispondere a queste domande.

-Ehi! Mi ha chiamato?! Ha qualche problema signore? Ehi signore!-  la ragazza mi sventolava le mani davanti al viso con visibile preoccupazione.

Poi  mi risvegliai come da un’ipnosi –Che ore sono?!- forse sembravo un pazzo agli occhi di quella gentile ragazza che era corsa qui, sentendo le mie urla.

-Le…le dieci e un quarto del mattino signore…- mi rispose stupita e leggermente spaventata dalla mia reazione.

A che ora ci aveva detto il medico per l’operazione di Jude? Le dieci e mezza!!!!...Magari faccio ancora in tempo!!

-Mi aiuti ad alzarmi!-

-Ma come signore, lei non può, ha visto cosa è successo prima!- la mia caduta, giusto, avevo sbattuto la testa ed ero svenuto.

-Devo andare in sala operatoria, cazzo!! Mi aiuti ad alzarmi!!!-

Dopo la mia ennesima intimidazione, prese velocemente il carrello delle vivande e insieme, con molta fatica,ci poggiammo sopra la macchina che mi faceva respirare.

-Grazie…grazie davvero…- e schizzai via verso la reception dell’ospedale.

 

-A quale numero stanno per operare il signor Law?!- respiravo a fatica, ma non sarebbe stato certo quello a fermarmi!

-Cosa fa lei qui?!...Dovrebbe essere a letto!!!- mi girai, una voce familiare aveva destato la mia attenzione, era il mio medico.

-Dove operano Jude?! La prego, ho bisogno di vederlo!-

-Ѐ tardi per andare ora, è gia entrato in sala-

-La prego, devo vederlo lo stesso- stavo usando un tono assolutamente a me sconosciuto, un tono supplichevole, avevo mai supplicato davvero qualcuno?! Beh, adesso sì.

-Non le assicuro niente, ma…mi segua…- e ci incamminammo anzi, corremmo, verso la sala dove, probabilmente, avrei visto Jude per l’ultima volta.

 

-Eccoci, è questa!- disse il dottore additando una porta che aveva un’oblo per poter guardare all’interno.

Mi avvicinai piano, trascinando il carrello, e mi accostai alla finestrella.

-Vi lascio soli…- e il medico si dileguò dietro l’angolo.

Guardai dentro, vedevo solo uomini che indossava lunghe tuniche azzurre, chinati su di un altro uomo, anch’egli vestito di una tunica blu, e tutt’attorno una luce candida, penetrante.

Riuscivo a scorgere solo un ciuffo dorato dei capelli di Jude. Se non avessi saputo cosa stavano facendo l’avrei creduto il paradiso, ma quale paradiso, era un inferno!

Le ginocchia mi cedettero e io scivolai sulla porta fino a sedermi per terra. Mi presi il volto fra le mani e piansi. Non so per quanto rimasi lì seduto, appoggiato allo stipite della porta finché un uomo alto uscì dalla sala, e trovandomi lì seduto mi riportò in camera. Dovevo avere un aspetto orribile perché tutti quanti mi dedicavano una marea di attenzioni, per me inutili, adesso che ero orfano di quelle che davvero mi sarebbero servite.

 

Mi ritrovarono ubriaco fradicio, con una bottiglia di vodka mezza vuota in mano e una completamente vuota riversa sul pavimento.

-Che cosa sta facendo?! Chi le ha dato quella bottiglia?!- mi urlò addosso il medico, ma io ero inibito dalla spropositata quantità d’alcool che feci parecchia fatica a mettere insieme delle parole di senso compiuto.

 -…l’inf…l’infermiera…- mi misi a ridere in una maniera oscena, destando un profondo ribrezzo nei medici che erano entrati nella mia stanza.

-Lo sa che non può bere! Deve prepararsi ad un’operazione impegnativa!!-

-Cosa vuole che me ne importi!!!...io non la voglio fare…-ed ecco la sbornia triste, cominciai a lamentarmi e a piagnucolare come un neonato in fasce.

-Non dica stupidaggini e metta via la bottiglia…-la voce del medico era mutata e il suo tono non era più severo e ammonitore, ma quasi rincuorante alle mie orecchie.

-No! Ho detto che non voglio che mi operiate!!- il mio invece era tutt’altro che amichevole mentre gridavo.

-Potete lasciarci soli un momento- disse rivolgendosi al personale che si era precipitato nella mia stanza.

-Robert, posso darle del tu?- un cenno del mio capo lo invitò a continuare- senti Robert, posso capire che ti senti sperduto e completamente abbandonato, ma il signor Law si fidava, e non si sarebbe mai sacrificato se non avesse saputo della sua grande forza di spirito. Ma deve accettare l’operazione, o Jude sarebbe morto invano- ero arrivato anche io a quelle conclusioni, ma sentirmelo dire da qualcuno che non era la mia coscienza era troppo il dolore che provavo in quel momento, e con nessuna operazione avrei potuto curarlo, ma il medico aveva ragione, Jude sarebbe morto invano, e non mi sembrava giusto nei suoi confronti aggravare l’accaduto, anche se la cosa mi riuscì incredibilmente difficile.

-Quindi, cosa vuole fare?-

-Penso…penso che…-la mia voce si incrinò al pensiero- che accetterò…- una lacrima, forse l’ultima mi sfiorò la pelle mentre scendeva.

-Bene, non beva più, d’accordo?- un ampio sorriso era apparso sul viso del dottore, che prendendomi la bottiglia dalle mani uscì dalla stanza.

 

 Passai le ore seguenti a vomitare, non so se più per la sbornia o per il rimorso che mi opprimeva le viscere, e quando finalmente mi addormentai, non sognai niente, solo il buio, spaventoso e accogliente buio dove di nuovo ero precipitato.

 

Mi avevano detto di contare fino a dieci, ma io non riuscii ad arrivare nemmeno al quattro quando un anestesista mi poggiò sulla faccia il respiratore.

Era fatta, ero in sala operatoria e tra qualche ora avrei potuto di nuovo respirare da solo, che cosa magnifica…sì proprio magnifica. E mentre pensavo, il mio entusiasmo svaniva ad ogni lettera che chiara appariva nella mia mente durante il sonno.

 

DUE ANNI DOPO

 

Sono ritornato a vivere con Susan e mio figlio, a New York ma non siamo ritornati insieme, io vivo qui e basta, lei mi ha aiutato quando, dopo essere uscito dall’ospedale sono caduto in depressione e ci mancava poco che non ricominciassi a drogarmi. Mi ha fatto risalire dal buio e per ora conduco una vita praticamente normale, lavoro, faccio sport, anche se a volte quando mi affatico troppo respiro a fatica, il mio pensiero vola subito a Jude, e alla parte di lui che ho dentro di me.

 

Sto camminando per un affollatissimo marciapiede della città più caotica del mondo, e mi sono fermato solo un momento per riprendere un po’ di aria che è venuta a mancarmi per la fatica.

Mi guardo attorno e vedo solo milioni di teste che scompaiono una dietro l’altra velocemente, quasi giocassero a nascondino tra di loro. Quando un ciuffo color dell’oro attira la mia attenzione in mezzo alla gente, sta fermo là, e improvvisamente una fitta al cuore mi colpisce. Jude…    è da tanto che non ho più le visioni, ma questa mi sembra incredibilmente reale. A dispetto di tutte le raccomandazione del mio psicanalista riguardo al non seguire le visioni mi avvicino a quella figura definita tra la folla, a ogni passo il contorno del suo viso diventa sempre più nitido e riconoscibile, ad una certa distanza riesco a vedere che un ampio sorriso ne modifica il profilo, un sorriso beato, degno di qualsiasi icona religiosa.

Mi fermo a qualche passo, la mia voce è rimasta là dove sono partito, ed è lui il primo a parlare.

-Vedo che ti ricordi ancora chi sono Robert…- è rimasto uguale a come me lo ricordavo sotto le luci della sala operatoria dell’ospedale.

-Ju..Jude…- non so perché l’ho detto, non mi capacito che sia soltanto la mia immaginazione perché voglio che sia reale, per una volta. Ed ecco la parte peggiore, in cui sempre mi accorgo che invece non lo è. Allungo una mano a sfiorare il suo viso ma, inevitabilmente le mie dita vanno ad afferrare l’aria.

-Sei sempre la mia visione…-e intristito abbasso lo sguardo dai suoi occhi così brutalmente reali, e faccio per andarmene quando una stretta sicura mi afferra il braccio.

Mi giro piano quasi guidato da una forza soprannaturale, e me lo ritrovo lì, con il braccio teso ad afferrare il mio, e sempre quel bellissimo sorriso sulle labbra.

-Questa volta no…- i miei sensi a volte mi tradivano e come prova allungo di nuovo la mano verso il suo viso, e le mie dita sfiorarono la soffice carne delle sue guancie, così, preso da un’incontenibile gioia, annullo la distanza che ci separa con un abbraccio, quanto avrei voluto riabbracciarlo in questi due anni, e anche se tutto questo è un sogno, non mi importa, perché allora è un sogno bellissimo. Mi cinge le spalle con un braccio e mi stringe forte, affondo la testa nel suo petto e mi inebrio del suo odore. Quanto vorrei che qualcuno ci pietrificasse così come siamo adesso, per non staccarci mai. L’emozione ha il sopravvento e le mie lacrime vanno a bagnare i suoi vestiti.

-Stai piangendo Rob- mi dice lui senza interrompere il contatto.

-Non m’importa, queste sono lacrime di gioia…- tiro su la faccia e incontro il suo sguardo, mi è mancato così tanto.

-Mi sei mancato Jude, mi sei mancato da morire- e mi riappoggio a lui, per un momento cala il silenzio, come se non ci fosse nessuno intorno a noi, e sento i suoi respiri regolari che mi cullano e mi rassicurano più di qualsiasi parola.

-Non mi è concesso restare qui troppo a lungo Robert- dice Jude appena ci stacchiamo un poco.

-Cosa vuoi dire, io non…non capisco…- Non puoi lasciarmi un’altra volta, bastardo! Mi passa un dito sul viso ancora umido.

-Non ti preoccupare se adesso tutto questo ti sa di mistero, quando giungerà il momento, ti sarà data la possibilità di capire- e mi in un attimo mi ritrovo le sue labbra sulle mie, in un bacio pieno di passione repressa, il suo sapore mi invade di nuovo la bocca e mi si allarga il cuore di felicità, la mia lingua cerca la sua con ossessione e Jude si concede a me per l’ultima volta.

Ho il fiato corto quando, di malavoglia, ci stacchiamo.

-Arrivederci Robert…sapevo che avrei fatto la scelta giusta…mi fido ancora di te…- mi lascia un dolce bacio tra i capelli mentre mi priva del suo contatto, e io resto lì in piedi, incantato da quella visione mentre lo vedo scomparire tra la folla.

Dai Robert, corri, raggiungilo. Ma il mio corpo non risponde più agli impulsi che gli mando e proprio quando, rassegnato, mi preparo ad andarmene, una luce che si riflette sui grandi grattacieli di New York cattura la mia attenzione.  È  troppo forte perché io possa vedere i contorni della figura evanescente che la emana,  ma un ciuffo dorato si definisce in quella luce e adesso sono sicuro. Una piuma candida mi cade ai piedi,  la raccolgo e non ho più nessun dubbio ad ammettere che anche io ho un angelo che mi protegge da lassù. Sorrido al nulla. Non mi hai mai lasciato davvero.  

testo.

   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Coppia Downey.Jr/Law / Vai alla pagina dell'autore: Scaramouche