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Autore: DazedAndConfused    29/08/2010    4 recensioni
“Non c’era mai niente che la scuotesse da quell’apatia che ormai era di routine, quella routine che aveva indotto lui a lasciarla, perché si annoiava. Ma voleva che nessuno venisse a scoprire la sua metamorfosi. Nessuno, tranne il fiume.”
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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signora Libertà, signorina Fantasia

 

L’unico momento di libertà che le era concesso era il venerdì sera, quando poteva finalmente togliersi le décollète e gettarle via, così come le era concesso sciogliersi lo chignon e lasciare i capelli liberi di sferzare il vento.

Non faceva altro che dormire, prendere il 77 delle 8, relegare i propri sogni dentro il secondo cassetto della vecchia scrivania metallica pseudo-futurista e buttare la chiave. Almeno, questo fino alle 20.30, quando poteva finalmente uscirsene da quel buco.

Poi un tassì preso al volo, una doccia veloce e una pizza surgelata che lasciava sempre a metà (gatto arancione ringrazia) e via, sotto le coperte.

Ma il venerdì sera era diverso: il giorno dopo non c’erano resoconti da stilare o caffè da portare al capo con un cucchiaino e mezzo di zucchero e un goccetto di whisky spruzzato di nascosto, ché il medico s’incazza se lo viene a sapere, no; il venerdì sera riprendeva in mano le redini della sua vita da ventiseienne frustrata.

Ordinava al tassista di andare fuori città e di fermarsi vicino alla vecchia fabbrica: da lì si snodava un sentierino sterrato che lei percorreva trotterellando, restando però sempre in chignon e décollète.

Era una tipa piuttosto abitudinaria: glielo rinfacciavano tutti, gliel’aveva rinfacciato lui, per primo.

Non c’era mai niente che la scuotesse da quell’apatia che ormai era di routine, quella routine che aveva indotto lui a lasciarla, perché si annoiava.

Ma voleva che nessuno venisse a scoprire la sua metamorfosi.

Nessuno, tranne il fiume.

Una volta arrivata lì, gettava la borsa capiente per terra e si sfilava veloce le scarpe, rimanendo intrappolata nei collant color carne.

Quanto avrebbe voluto fare un bel bagno, ma era novembre e non era il caso, ma era lei e non era il caso.

Così si limitava a disfarsi l’acconciatura e accomodarsi sul ponticello bianco in legno, lasciando le gambe libere di dondolare e beandosi di quella brezza leggera che le accarezzava il viso, come ormai non faceva più nessuno da anni.

 

Scosse le spalle e riprese ad annusare il vento, che profumava di libertà, quel profumo di cui avrebbe tanto voluto potersi impossessare e che desiderava ardentemente di poter imbottigliare, fossero state anche solo due misere gocce, per poterlo annusare ogni qualvolta lo volesse.

 

Ed ogni volta, alle 23, puntuale come un orologio svizzero, legava i capelli, infilava i tacchi e via, si avviava per il sentiero a passo rapido e deciso, arrivando alla fermata dopo circa otto minuti e prendendo l’ultimo bus al volo, felice di quelle ore trascorse in compagnia della libertà.

 

È vero, avrebbe potuto benissimo fare ritorno al fiume anche la serata seguente, ma si era convinta che il fiume fosse più bello il venerdì, dopo cinque giornate sfiancanti: il sabato mattina stava a letto fino a tardi e non si rendeva nemmeno bene conto di quello che le succedeva intorno.

 

~•~

 

La primavera era ormai arrivata da un pezzo, e i venerdì sera si susseguivano in un allegro girotondo, fatto di rami di salice piangente e di ciottoli lasciati rimbalzare a pelo d’acqua.

Era una pausa pranzo come le altre, però proprio di un venerdì, e fu proprio questo a convincerla che forse, dopotutto, era un segno del destino.

Primo errore.

Se ne stava al bancone, gambe accavallate, girando il cucchiaino nella tazza di caffè rigorosamente amaro e massaggiandosi la tempia sinistra, quando una voce la fece trasalire.

-Roberta!-

-Danilo?-

Si voltò tremante, il viso teso in un’espressione di pura speranza e incredulità.

-Sì, sono io! Avanti, che aspetti? Abbracciami!- le rispose, tendendole le braccia.

Non se lo fece ripetere due volte.

Finì tra le sue braccia, mentre lui tuffò il viso nelle poche ciocche di un bel biondo miele che erano riuscite a scappare dalla stretta implacabile dello chignon.

-Dio, quanto mi sei mancata.-

Sussultò, ma si affrettò a rispondere un: -Anche tu, Danilo. Anche tu.-

E così in breve si ritrovarono a parlare del più e del meno, lui raccontandole dei frequenti cambiamenti di lavoro che aveva e degli innumerevoli viaggi che aveva compiuto, lei spiegandogli che non aveva ancora lasciato il suo di posto.

-Ma non hai ancora capito che non ne vale proprio la pena sacrificare te stessa e la tua felicità per quelli?- sputò l’ultima parola con disprezzo.

-Quelli, come li chiami tu, mi danno il pane per tirare avanti, Danilo.-

-Ma Roberta, lo sai benissimo anche tu che meriti di più…-

-Può darsi, ma nella vita ci si deve adattare, altrimenti è finita.-

-E i progetti che facevi, che facevamo, quando…-

-Non dire cazzate. Non c’è nessun progetto.- s’impietrì, salvo poi balbettare imbarazzata -Scusami, non so che mi sia preso…-

-No, scusami tu se mi sono impicciato. Reazione più che comprensibile.-

La ragazza gli sorrise grata, poi riprese a girare il cucchiaino nella tazza, stavolta vuota.

-Senti, stasera hai da fare?-

Scosse la testa, non prestando nemmeno attenzione a quello che le aveva chiesto e non prevedendo quello che stava per chiederle, cosa che sarebbe riuscita benissimo a fare, in un’altra situazione.

-Vorresti uscire con me?-

Quella domanda le arrivò dritta nello stomaco.

Libertà.Libertà.Libertà.

Questo era quello che le ronzava in testa in quel preciso istante, ma l’unica cosa che riuscì a rispondere fu un -sì.- con un sottile filo di voce.

Secondo errore.

-Perfetto, ci si vede qui fuori alle nove meno venti, ok? Ti porterò in un localino veramente carino, vedrai. Ci si vede, ciao!- le baciò veloce la guancia, scomparendo dal bar in un baleno.

-Aspetta, io…- tese la mano verso la porta, ormai tintinnante di campanelle, ormai chiusa.

Troppo tardi.

 

 

Erano le nove meno dieci e Roberta, stretta nella sua giacchetta a quadri scozzesi, attendeva pazientemente Danilo che, come al solito, era in ritardo.

Passarono altri cinque minuti prima che arrivasse, ma un suo sorriso e un rapido baciamano fecero sciamare in fretta la rabbia dal corpo della giovane.

Salirono sulla Multipla verde smeraldo e Danilo accese la radio sulla prima stazione che gli capitò a tiro.

-Non ci credo, hai ancora la Multipla?-

-Ebbene sì, a quanto pare…-

-Tempo fa mi ripetevi sempre che prima o poi l’avresti cambiata…- gli sorrise nostalgica.

-Sono anni che continuo a dirlo ma non mi decido mai a farlo.-

La ragazza carezzò malinconica un tratto del sedile, per poi appoggiare il gomito sulla sporgenza al lato destro e guardare fuori dal finestrino.

L’unico rumore che si sentiva era quello della radio, una vecchia canzone di Dylan, forse.

Danilo si accorse di essere stato un po’ troppo brusco e le poggiò una mano sulla coscia, facendola avvampare.

Ignorò totalmente quella reazione e, fissandola dritto negli occhi, si limitò a dirle: -Scusami, non volevo fare lo stronzo, credimi.-, per poi riprendere a guardare la strada.

Il resto della serata lo trascorsero a ricordare i bei tempi del liceo ormai andati e a scolare bicchierini di sakè in un sushi-bar semplice ma allo stesso accogliente.

 

 

Sotto le coperte ripensò alla bella serata appena trascorsa, ma la coscienza venne a farle visita.

Libertà.Tradita.Stronza.

Roberta cacciò la testa sotto il cuscino e se infischiò: il fiume poteva aspettare.

 

~•~

 

Il venerdì successivo la scena si ripeté tale e quale: la mano girava il cucchiaino nella tazza vuota in un automatismo da vero robot e lui, dopo averle raccontato il suo soggiorno a Bali, le ripropose la fatidica domanda.

Stavolta, però, la risposta fu un -no.- secco, forse anche troppo.

Terzo errore.

-Perché, hai impegni?-

Annuì con un cenno leggero del capo, continuando a mescolare un caffè inesistente che pareva non doversi mai raffreddare.

-…più importanti di me?-

Rialzò il capo rapidamente, come se qualcosa l’avesse punta e, fissandolo negli occhi chiari, disse asciutta: -Sì, più importanti di te.-

Quarto errore.

Riabbassò il capo e tornò alla sua tazza, rialzando la testa solo quando sentì tintinnare la porta.

Era vero che il fiume poteva aspettare, ma di certo non per l’eternità.

 

Quella sera il fiume sembrava scorrere più placido del solito, come se fosse assopito, ma Roberta non vi fece molto caso.

Si sfilò le scarpe e camminò a piedi nudi sulle assi bianche un po’ consumate, i capelli biondi ondeggianti sulla schiena.

-So che è tornato per me, e ne sono felice, credimi, ma…- si bloccò -…ma credo che non abbia mai capito come sono veramente.-

-Dici che debba farglielo capire? No, non mi… non mi va, ecco. Dovrebbe arrivarci da solo, no?-

-Cosa? Portarlo qui? No, assolutamente no, non se ne parla. Che senso avrebbe, scusa?- gettò un sasso tra i flutti.

-Beh, effettivamente portandolo qua forse capirebbe… Dopotutto non è un’idea così malvagia…-

Quinto errore.

Sfiorò l’acqua con l’indice destro, reggendosi al parapetto con l’altra mano.

-Ok, lo farò. Grazie, sei un amico.-

Se qualcuno fosse passato di lì in quel preciso istante avrebbe sentito solo quelle frasi, che parevano battute recitate da un copione, e gorgoglii sommessi. Inutile dire che avrebbe creduto che Roberta fosse pazza.

E forse lo era veramente.

O forse, semplicemente, era sola.

 

 

Tornò a casa soddisfatta della serata alquanto proficua, decisa a dare una svolta al suo rapporto con Danilo.

Libertà.Riavuta.Perdonata.

Si addormentò con il sorriso sulle labbra.

~•~

 

Un’altra settimana se n’era andata e di Danilo nessuna traccia: in genere ogni giorno, durante la pausa pranzo, si recava al bar per salutarla e scambiare quattro chiacchiere veloci, ma quella volta doveva essersela presa per come si era comportata con lui.

Ma lui non capiva.

Il fiume non poteva aspettare, non poteva aspettarla.

In fondo non era cambiato nulla, lui non riusciva ancora a capirla, lei non voleva farsi capire.

Ripensò ai consigli dell’amico fiume, e si rimangiò tutti i brutti pensieri che le erano appena venuti in mente: se voleva un cambiamento, la prima a dover fare qualcosa per ottenerlo doveva essere proprio lei.

Estrasse il cellulare da un taschino della borsa e digitò in fretta quei numeri che per tanto tempo aveva saputo a memoria e che ora si apprestava ad imparare nuovamente.

-Pronto?-

-Pronto, Danilo?-

-Roberta?!-

-Ehm, sì, ecco… volevo scusarmi con te per come mi sono comportata lo scorso venerdì, sono stata una vera cafona…-

-Tranquilla, è tutto ok.-

-…e mi volevo far perdonare. Stasera sei libero?-

Lo sentì sorridere dall’altro capo della cornetta.

-Sì, credo proprio di sì.-

-Ti andrebbe di uscire con me? Voglio farti vedere un posto speciale, a cui tengo veramente.-

-Con molto piacere. Verso che ora?-

-Fuori dal bar, solita ora. Ci si vede, bacio!-

-Ok, baci.-

Roberta fissò il telefono e si lasciò sfuggire un sorriso: il fiume non sbagliava mai.

Sesto errore.

 

 

Era uscita dal lavoro con un’ora d’anticipo e così aveva comprato La Repubblica e Il Venerdì, che lesse per strada, dirigendosi verso il bar.

Infatti l’edicola era dall’altra parte della cittadina e Roberta fu costretta a camminare a passi svelti per arrivare puntuale all’appuntamento, cosa che non successe.

Danilo la vide arrivare a grandi falcate, come una bersagliera, e non poté fare a meno di ridacchiare sotto i baffi, stando ben attento a non farsi scoprire.

Roberta sapeva essere piuttosto permalosa, quando ci si metteva.

-Siamo in ritardo, a quanto pare!- la canzonò scherzoso.

-Le grandi star devono saper farsi attendere, e desiderare.- ribatté lei, avvicinandosi e dandogli tre baci sulle guance.

-Da quando in qua miss Orologio Svizzero ha adottato questa nuova filosofia di vita?-

-Da ora.-

-Per me?- le si avvicinò, cingendole la vita e sfiorandole il collo con le labbra.

-Può essere.- sgusciò via dalla sua presa, sorridendogli.

È un segno del cambiamento che sta per esserci, ci metto una mano sul fuoco.

-Occhio a non bruciarti.- le sussurrò il fiume, ma lei era troppo impegnata a ridere ad una battuta scema di Danilo per starlo a sentire.

Settimo errore.

 

 

Scesero dalla Multipla parcheggiata sul ciglio della strada e Roberta incominciò a trotterellare sul sentiero polveroso, che ora era circondato da sterpaglie secche e violacciocche.

-Roberta, aspetta!- le urlò dietro Danilo, ma lei parve non sentirlo.

Sentiva già il profumo della libertà fare a pugni con tutti gli altri odori per potersi impossessare dei suoi polmoni.

Danilo l’afferrò per un braccio con dolcezza, costringendola a voltarsi e ad incrociare i suoi occhi azzurri.

La ragazza lo fissò con un’aria perplessa e anche contrariata, un’espressione sul viso che sembrava volergli dire: -Beh, che c’è?-

Danilo le porse una rosa gialla e una rossa, aggiungendo: -Per te.-

-Che belle! Ma non dovevi… Grazie!- gli sorrise lei piacevolmente stupita, schioccandogli un bacio sulla guancia.

-Puoi tenermele un attimo?- si affrettò a chiedergli, dopo un minuto.

Il ragazzo le prese i fiori dalle mani, e lei fece l’imprevedibile: si sciolse lo chignon e si sfilò le scarpe, cominciando a correre contro vento lungo il sentiero.

Ottavo errore.

-Roberta, ti farai male, così!-

-Chi se ne frega!- urlò lei -Fallo anche tu, avanti!-

Ma il ragazzo si limitò a seguirla camminando a grandi falcate, le rose nella mano destra.

 

Il vento sferzava i lunghi capelli biondi e la gonna del tailleur grigio fumo di Roberta, mentre lei procedeva quasi volando. D’improvviso si bloccò e tornò da Danilo, prendendolo per mano.

Lui la guardò: i capelli sciolti persi tra il vento, quella gonna fumosa veleggiare, le scarpe e i giornali nella mano sinistra, nell’altra la sua mano, era bellissima.

Raggiunsero il fiume dopo dieci minuti, e Roberta non esitò a lanciare le scarpe in giro e correre verso le rive.

Danilo arrivò lì e la trovò sul ponticello, in bocca il petalo di un iris che ogni tanto succhiava, lasciando che quel sapore dolciastro le invadesse la bocca.

Accortasi della sua presenza, con una mano batté di fianco a lei, facendogli cenno di sederglisi accanto.

-Guarda, ha squame di ramarro e occhi d’oro colato…- sussurrò, il petalo ancora tra le labbra, indicando il colore dell’acqua e i riflessi che provocava il Sole baciando i ciottoli tra i flutti.

-È davvero stupendo, Roberta. Come te.-

La ragazza si voltò a guardarlo un po’ stupita, per poi scoppiare a ridere, profondamente divertita.

Cominciò poi a canticchiare allegra un motivetto che suo nonno le suonava con l’armonica quand’era piccola, e sfiorò l’acqua con i piedi, per poi immergerveli del tutto.

Oggi rischio: bagno ai piedi e, perché no?, magari ci sta pure un tuffo!

Nono errore.

Si alzò in piedi di scatto e cominciò a saltellare sui massi tondi che stavano in riva, cercando di mantenere l’equilibrio, mentre lui la seguì silenziosamente, senza staccarle gli occhi di dosso, nemmeno un attimo, nemmeno un momento.

-Danilo, balliamo!- saltò giù da un masso rischiando di rompersi l’osso del collo ma il ragazzo la prese al volo, accontentando la sua richiesta.

-Tararirarà, un-due-tré, tararararì, quattr-cinq-seì!- continuava a cantare, volteggiando tra l’erba e i fiori.

E, non si sa come, sull’erba ci finirono proprio: Danilo sopra a Roberta, e le labbra di lui sempre più vicine a quelle di lei, sfiorandole e dandole un bacio tenero e lei ci sta, e allora lui decide di approfondire il bacio ma lei si scosta e, continuando a ridere, si rialza e fa per andare di nuovo al ponticello.

Ma la voce di lui la bloccò.

-Sono tornato per te, Roberta.-

La ragazza si voltò per guardarlo negli occhi: aveva capito che stava per dirle qualcosa di veramente importante.

-Ho capito di aver fatto una stronzata colossale, lasciandoti. Per questo sono tornato. Per stare con te sempre, per sempre. Io, io sono disposto a smetterla con la mia vita da vagabondo e a trovarmi un posto fisso e a mettere la testa a posto ma tu… Tu cosa sei disposta a fare, per me?-

La ragazza socchiuse gli occhi, inspirando l’aria pura a pieni polmoni, poi si decise ad espirare e disse seria: -Non lo so, Danilo. Veramente, non lo so.-

Si diresse verso il ponticello e da lontano gli giunse una domanda, posta con il tono di chi sa che le proprie speranze stanno per essere infrante.

-Ma tu mi ami, vero?-

Il silenzio che ricevette come risposta mentre lei si sedeva sul ponticello lo angosciò.

-…Vero?- gridò, la voce rotta.

 

 

Roberta fissava il suo riflesso nell’acqua e lanciava sassolini distante, cercando di colpire chissà quale bersaglio.

-Sì, amico fiume, ho finalmente capito di non amarlo più. Mi ha fatto piacere rivedere Danilo, ma per lui non provo più nulla, se non un’amicizia fraterna che…-

I pensieri della ragazza vennero interrotti da un fruscio vicino.

-Danilo…- cominciò, senza distogliere lo sguardo dal torrente -So che per te forse sarà difficile, ma credimi, lo è…-

-E così non mi vuoi, e così hai scelto la libertà, eh? Sei sempre stata così: non te n’è mai fregato niente di come stavano gli altri, sempre in cerca della tua cazzo di libertà, sempre…- scoppiò in singulti.

-Danilo, io…- gli tese la mano per carezzarlo, ma il giovane si scostò.

-No Roberta, Danilo un cazzo! Hai rovinato tutto, tutto!- iniziò a piangere e si allontanò.

La ragazza non lo seguì, convinta che lasciarlo sfogare fosse la soluzione migliore.

Decimo errore.

 

 

Restò lì a rimirare il proprio riflesso, ma quando Danilo le ritornò accanto silenzioso, per lo spavento il sasso le sfuggì di mano e andò ad increspare l’acqua proprio dove c’era il volto del ragazzo.

-Danilo… Sei tornato…-

-Sì, Roberta… Ti ho dato del tempo per pensare… Hai cambiato idea, vero?- la fissò speranzoso.

Roberta sorrise di nascosto: Danilo era sempre stato così… così bambino, ma era stato proprio quel suo lato insolito a farla innamorare di lui, otto anni prima, e la loro era una storia che si era protratta per cinque anni, fino a quando lui le aveva detto che stare con lei l’aveva stancato, per cui ti mollo.

Aveva notato qualche suo atteggiamento strano durante quel periodo, ma non vi aveva mai fatto molto caso.

Undicesimo errore.

-Mi dispiace, ma io sì ti voglio bene, però come amico. O come fratello, ma non so se questo ti basti.-

Stavolta fu lui a chiudersi nel più assoluto dei mutismi, e la ragazza rispettò la sua decisione.

Se ne andò di nuovo.

 

 

Un altro fruscio le fece rialzare la testa.

-Senti Danilo, io ti voglio bene, ma non è che tornando ogni mezz’ora la situazione cambia, eh?-

-Rosa rossa, rosa gialla, la verità viene a galla…-

La ragazza aggrottò le sopracciglia ed esclamò, divertita: -Cos’è che stai farfugliando, scusa?-

-Rosa gialla, rosa rossa, puoi pure scavarti la fossa.-

Il sangue le si gelò nelle vene: se la prima strofa l’aveva biascicata con un fil di voce, la seconda invece l’aveva scandita per bene.

E quella filastrocca non l’aveva mai sentita.

 

-Ehi, non trovi che faccia freddo? Che ne dici di tornarcene a casa?- balzò in piedi, cercando di non pensare ai brividi che la stavano attanagliando, che di certo non erano causati dal freddo.

Non ricevendo alcuna risposta lo guardò negli occhi, scoprendoli vitrei.

-Danilo? Che…?-

Lo sguardo era abbastanza eloquente, così Roberta non ci pensò due volte a raccogliere borsa e scarpe e darsela a gambe, ma aveva scordato qualcosa.

Capelli.Lunghi.Sciolti.

 

Acciuffarla e trascinarla per la chioma fu uno scherzetto per Danilo, che non s’impietosì nemmeno davanti ai singhiozzi e alle grida e alle lacrime di Roberta.

Le carezze furono quelle di un animale, così come sembravano di una povera bestia le urla strozzate che riecheggiavano da sponda a sponda, da sasso a sasso.

 

 

Nessuno vide la Multipla verde smeraldo andarsene, e nessuno vide il giovane al volante imbrattato di sangue. Non suo.

 

~•~

 

Dieci errori erano concessi in un gioco, e Roberta ne aveva commesso ben uno in più, infrangendo le regole.

La sua pedina doveva ripartire dalla prima casella, volente o nolente.

 

 

“Ma il fiume mi aveva detto…”

“Sono anch’io una creatura di Dio, e posso sbagliare anch’io, suvvia.”

“Ma…”

“Consolati con il fatto che ora hai finalmente trovato il profumo della libertà, e non potrai più separartene, perché ora sei fatta di quello.”

 

 

Due settimane dopo un addetto del Comune rinvenne un’ampia borsa vicino al fiume, il cui manico era trattenuto da due dita mozzate, presumibilmente da donna.

Nessuno sapeva dire a chi appartenessero.

 

~•~

 

Se qualche volta vi capita di andare al fiume, ricordatevi di sciogliervi i capelli e di togliervi le scarpe solamente quando sarete arrivate al ponticello bianco.

E prestate bene attenzione alla brezza che scuote i rami del salice piangente: tra l’ululare del vento potreste sentire una voce femminile sussurrare qualcosa, come Libertà.Ottenuta.Eternità.

 

 

Liberamente ispirata da Se Ti Tagliassero a Pezzetti di Fabrizio de André.

 

 

Se ancora non conoscete Se Ti Tagliassero a Pezzetti di Fabrizio de André, andate qui e prestate bene attenzione al testo.

 

Questa storia nasce un po’ dalle parole di Faber e un po’ dal mio desiderio di raccontare una storia che, se non era vera, perlomeno ci si poteva avvicinare abbastanza.

E l’occasione l’ho colta al volo, in questo periodo in cui ogni giorno c’è sempre una ragazza dai capelli e dal nome sempre diversi, che ha però in comune con tutte le altre ragazze la stessa, pietosa fine.

La violenza sulle donne è un reato su cui c’è troppa omertà e su cui non sempre si fa totale chiarezza.

Il più delle volte i carnefici sono proprio i ragazzi che le hanno amate fino a poco tempo prima.

Cosa scatta nella testa di questi ragazzi, cos’è scattato nella testa di Danilo?

Per il personaggio di questo racconto ho voluto solo accennare a qualche suo comportamento strano, non specificando meglio i suoi problemi.

Per tutti gli altri posso solamente dire che la gelosia è una brutta bestia, in quanto è spesso lei la scintilla che fa scattare questi raptus di follia.

Ho dato un nome a tutte quelle povere ragazze che hanno fatto questa fine: Roberta è un po’ di tutte loro, a suo modo.

Ed è a loro che è dedicata questa storia: a loro, e a tutte le Roberta che ci sono state e che, purtroppo, verranno ancora.

E che spero abbiano trovato finalmente un po’ di pace e la tanto agognata libertà.

 

Dazed;

   
 
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