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Autore: Meli_mao    29/08/2010    10 recensioni
Terza classificata al contest indetto da hotaru.,"Il Cielo sopra Berlino [Multifandom e Originali]- 1° edizione".
“Ma quello sguardo cambiò. Si addolcì, si riempì di sorpresa. Inaspettatamente divenne esigente.
Lui voleva accertasi non fosse una visione, voleva assicurarsi che fosse davvero lei.
Poco importava il luogo o la situazione.
La persona che aveva di fronte era la sua compagna, la sua amica, la sua navigatrice.
Era Nami. E lui non poteva restare indifferente a quello”.
Una One-shot come ai vecchi tempi, in onore della mia coppia preferita.
Una buona lettura a chi avrà da dedicargli qualche minuto. Dedicata a tutti i fan delle Runami
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Monkey D. Rufy, Nami
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Autore: Meli_mao
Titolo: Egoisti
Fandom scelto: One Piece
Frase scelta:
Finalmente pazza, finalmente non più sola. Finalmente pazza, finalmente libera. Finalmente tranquilla. Finalmente amata. Finalmente una luce interiore”.
Personaggi: Nami, Monkey D. Rufy, Boa Hancock, Silvers Rayleigh.
Rating: Verde
Genere: Sentimentale, introspettivo, malinconico.
Avvertimenti: One-shot, What… if?, forse vagamente OOC.
Introduzione: Ma quello sguardo cambiò. Si addolcì, si riempì di sorpresa. Inaspettatamente divenne esigente.

Lui voleva accertasi non fosse una visione, voleva assicurarsi che fosse davvero lei.
Poco importava il luogo o la situazione.
La persona che aveva di fronte era la sua compagna, la sua amica, la sua navigatrice.
Era Nami. E lui non poteva restare indifferente a quello”.

Una One-shot come ai vecchi tempi, in onore della mia coppia preferita.
Una buona lettura a chi avrà da dedicargli qualche minuto.

Note dell'Autore: Il titolo non è a caso. Entrambi, in questa storia, hanno una parte di egocentrismo notevole: Nami perché vuole rivederlo, essenzialmente per farsi forza (che tradotto sta per “Sé stessa”), E Rufy perché vuole essere più forte.
Il problema resta che nessuno dei due può essere migliore senza l’altro. Quindi spero che questo sia evidente.
Per la frase scelta, è stata di profondo spunto!
C’è il sola, c’è il libera, c’è la tranquillità di un equilibrio precario ed infine c’è il ricambiarsi a vicenda che li rende veramente amati, liberi e che li riscalda.
È una cosa un po’ a tappe.
Ci tengo comunque a dire che questa storia nasce in un periodo in cui la mia ispirazione vacilla e scrivo incipit senza un seguito che rimangono nel computer a riempire la memoria. Quindi, per me, averla conclusa, è già un grande risultato.
Inoltre è da molto molto tempo che voglio una Runami nuova, non scontata, un po’ diversa e che non scada nell’OCC più totale. Spero di esserci riuscita.
Ho comunque messo OCC tra le note perché il nuovo Rufy mi appare ancora sfuggevole, e non sono sicura del suo attuale temperamento. Nami invece, si, credo che piangere e fingersi forte per nascondere una forte fragilità sia da lei. Oddio… la pensi come me vero? Se no è tragica.
Volevo spiegare una cosa su Boa Hancock e poi concludo. L’ho inserita per un motivo: non la sopporto! Quindi farla assistere alla scena in modo che finalmente possa comprendere come lei, in confronto a Nami, non sarà mai abbastanza, mi pareva il minimo.
Per questo mi scuso!
In conclusione ti auguro un Buona Lettura, che sia per lo meno piacevole e che non ti faccia schifo.
Ciao ciao.

 

Egoisti

 
Finalmente pazza, finalmente non più sola.
Finalmente pazza, finalmente libera.
Finalmente tranquilla.
Finalmente amata.
Finalmente una luce interiore.

 

  

Fu una cosa rapida. Scese lesta dalla scaletta di corda, appoggiò i piedi avvolti dagli stivali alti sul traballante molo in legno e si voltò agilmente.
Con un sospiro tranquillizzò il suo umore e ritrovò quell’equilibrio emotivo di cui sentiva il bisogno. Di certo però l’ondeggiante attracco su cui stava ferma in piedi non era d’aiuto  a questo fine.
Così, procedendo un passo dopo l’altro, raggiunse la terra ferma, senza sentire il bisogno di voltarsi a dare un’occhiata al vecchio accompagnatore che si era portata dietro.
Non era la solita isola. Era piccola, silenzioso, calma.
Non c’era segno di vita o di movimento in nessun punto lei posasse lo sguardo. Ma sapeva che era quella giusta.
Lei lo sapeva, da sempre.
La gonna corta ondeggiò al vento caldo inebriandole i sensi con un profumo di erba tagliata di fresco. Era uno dei suoi preferiti, quell’odore.
Si sentì libera, aperta, infinita.
Con uno scatto portò la mano fin ai capelli, sciogliendo la coda alta che si era fatta. Lasciò che i fili color mandarino ciondolassero sopra le spalle e si sparpagliassero sulla sua fronte seguendo la corrente della brezza estiva.
Libera, esatto. Per la prima volta dopo così tanto tempo, non riusciva a fare a meno di sentirsi così.
Non indugiò oltre.
Gli stiletti picchiettarono contro il sentiero stretto e ripido, inoltrandosi in una piccola foresta dall’aria insolita.
Gli alberi nascondevano al viandante la via in diversi punti, ma una navigatrice del suo calibro non aveva di certo problemi con questi particolari.
Procedette a passo più spedito, facendosi compagnia solo con i suoi pensieri e con quell’ansia crescente che raramente aveva conosciuto.
E poi eccolo, un portone rossastro dall’aria antica, a sbarrarle la strada.
Osservò insicura gli intagli neri vicino alla serratura e lesse senza capire un’iscrizione più piccola a margine.
Spingerlo era fuori questione. Quel legno non si sarebbe spostato di certo nemmeno con tutta la sua buona volontà. Studiò attentamente l’altezza e la posizione di alcuni alberi cresciuti li accanto, scrutando anche le mura che si disperdevano nella fitta vegetazione dai due lati dell’entrata.
Un’idea balenò nella sua mente e da lì a metterla in atto il passaggio fu semplice.
Afferrò un ramo dopo l’altro, si sospinse con le ginocchia e cercò ogni più piccolo appiglio sicuro disponibile. Si sbucciò le ginocchia e si strappò anche la camicetta nuova. Si maledisse per non aver raccolto di nuovo i capelli, che ora le offuscavano la visuale, ma infine ce la fece. Raggiunse l’altezza giusta, osservò inspirando profondamente il muro di fronte a lei, senza intravederne la fine, e prese la decisione migliore: saltare.
Si morse un labbro, balbettò parole poco gentili, bofonchiò maledizioni, ed infine spinse con tutta se stessa il suo corpo verso il vuoto.
Fu un salto incerto, ma andò a buon fine.
Con le braccia si attaccò alla parete ripida di mattoni, issandosi con tutte le forze rimastole.
Quando fu a cavalcioni, sorrise soddisfatta.
Si godette per un attimo il riposo dovuto, si risistemò i capelli e, con maggior determinazione, si lasciò scivolare dall’altro lato.

 

Nami non era mai stata una donna coraggiosa oltre ogni limite.  Sapeva battersi, vinceva, era furba, e proprio per questo era in grado di capire benissimo quando il tempo per apparire era meno propizio. Così, quando senti un urlo insolito riecheggiare nell’aria, la sua sicurezza vacillò non poco.
Quella voce era familiare certo, ma stranamente non riuscì ad esserne sicura.
Per un attimo si osservò le mani sporche di terra e il polso su cui ancora troneggiava il log-pose e si diede della sciocca.
Se quello era davvero Rufy aveva ben poca importanza il modo in cui lei si fosse presentata. L’importante sarebbe stato rivederlo, magari tirargli un pugno e poi abbracciarlo per trasmettergli il calore di cui, era sicura, lui aveva bisogno.
Ma, nonostante fosse pienamente convinta di ciò, la vista del suo fisico così provato e sfinito la immobilizzò sul posto.
Cosa avrebbe detto il suo capitano rivedendola?
Era stata precipitosa. Lui aveva chiaramente lanciato loro il messaggio di attendere, che i tempi non erano ancora venuti per il loro ritrovo. Ma lei, cocciuta, non aveva voluto accettarlo.
Egoista, così lo aveva definito. Un perfetto egocentrico.
Ma nonostante la stizza di quel pensiero, le lacrime che le bagnarono il viso erano più che sincere.
Aveva molto da imparare dopotutto.
Non voleva essere una compagna mediocre, destinata ad appoggiarsi sempre e solo sugli altri.
Non voleva e non poteva farlo. Lo doveva a lui, prima di tutto, che stava combattendo contro un dolore così grande da sembrare insormontabile. Lei lo conosceva bene.
E poi lo doveva agli altri, anche loro dispersi chissà dove a farsi forza per affrontare una situazione apparentemente senza fine.
Però – e lei sentì che non poteva fare a meno di pensarlo – rivederlo per qualche secondo le avrebbe fatto solo che bene.
Non chiedeva tanto. Un’occhiata, una constatazione. Voleva solo essere certa che stesse bene, che ce la stesse mettendo tutta anche lui.
Solo quello, almeno per una volta. Poi avrebbe atteso.
I suoi passi successivi furono spontanei.
Più sicuri e più silenziosi. Ora aveva un obbiettivo: non farsi notare.
Il terreno lasciò spazio a un vialetto in ciottoli e ben presto si trovò acquattata dietro ad una pietra affacciata su quella che un tempo era stata un’arena.
Percorse con lo sguardo l’intera struttura. Era enorme…
Una donna dall’aria elegante e solenne, con un sorriso tenero sulle labbra, sedeva non troppo lontano da lei, avvolta da uno strano serpente.
Nami ne fu gelosa.
Una di quelle gelosie infantili, senza senso, essenzialmente legate al fatto che “quella poteva vederlo liberamente”, mentre “lei si doveva
nascondere nella fanghiglia”.
Ma il suo cuore si calmò alla vista del vecchio Rayleigh.
Stava al centro della struttura, fermo e concentrato. Non capiva quello che  diceva, ma dallo sguardo che  Rufy aveva, intuì fossero parole importanti.
E certo, Rufy era lì, di fronte a lui, la fronte fasciata e la braccia lungo i fianchi.
Lo vide socchiudere gli occhi e prendere un respiro profondo.
Lo vide stringere i pugni con rabbia, e poi rilassarsi appena.
Il suo cappello di paglia era terribilmente messo male.
Nami provò l’improvviso desiderio di afferrarlo e fare ciò che lui le chiedeva sempre: rimetterlo apposto.
Questa volta lo avrebbe fatto senza bisogno che glielo chiedesse. Sapeva che quello era il minimo, che non era niente. E sentiva che se ciò fosse bastato a strappagli un sorriso, non sarebbe riuscita a non farlo.
Fu forse quel sentimento a tradirla.
Il suo piede scivolò appena, obbligandola a far pressione con una mano sul terreno per non cadere.
Quella donna non se ne accorse, ma Rufy, così concentrato, lo notò subito.
Fu uno sguardo rapido, selvaggio, a penetrarla tanto da metterle paura.
Si chiese davvero se quello fosse ancora il suo capitano, perché non aveva mai provato una paura simile si fronte a lui. Mai.
Ma quello sguardo cambiò. Si addolcì, si riempì di sorpresa. Inaspettatamente divenne esigente.
Lui voleva accertarsi non fosse una visione, voleva assicurarsi che fosse davvero lei.
Poco importava il luogo o la situazione.
La persona che aveva di fronte era la sua compagna, la sua amica, la sua navigatrice.
Era Nami. E lui non poteva restare indifferente a quello.
Ray aveva captato la presenza di un intruso con la stessa facilità con cui si sente la pioggia sulla propria pelle.
Però non aveva voluto interferire. Si era seduto incrociando le gambe, ben cosciente di dover solo attendere, e si stampò in faccia un sorrisetto tranquillo.
Chissà perché, era sicuro che l’apparizione di quella ragazza  avrebbe solo giovato al loro allenamento. Aveva compreso subito che l’incapacità di Rufy di concentrarsi era dovuta alla sua turbolente anima, traviata dal dolore, e aveva sperato – nonché quasi pregato – che qualcuno o qualcosa riuscisse a dargli pace.
Forse esisteva davvero un Dio da qualche parte che ascoltava le sue preghiere.
Fu così che Nami uscì allo scoperto.
Il cuore batteva, gli occhi piangevano, le parole non uscivano.
Si portò una mano sulle labbra, nel vano tentativo di trattenere un singhiozzo.
Le sue gambe stanche ressero a malapena il suo peso, quando si decise ad alzarsi per mostrasi completamente.
Si sentì rigenerata solo quando scorse quel sorriso infantile aleggiare sul volto di lui. Non apparve completamente, semplicemente affiorò e poi scomparve, ma ciò bastò per farle comprendere come il Rufy bambino esisteva ancora.
Due occhi la fissarono con veniale curiosità. Quella donna si era alzata, indispettita da quella apparizione non gradita.
Ma non aveva saputo far altro che fissare la scena senza capire.
Fu il nome “Nami”, pronunciato con un’enfasi incredibile dalla voce del moro, a immobilizzarla.
Aveva già sentito quella parola.
“Nami!” ripeté tra sé e sé.
E i suoi occhi si accesero di amara gelosia.
Non osò aprir bocca, quando la vide avanzare piangendo verso il centro dell’arena.
E non seppe cosa fare o semplicemente come respirare, quando loro due furono a pochi passi l’uno dall’altra.
Fu stupore puro di fronte al primo gesto che quella “Nami” fece.
Aveva preso il cappello di paglia sfilandolo dalla testa di Rufy. Con delicatezza aveva slacciato l’elastico sotto il suo collo. L’aveva stretto fra le mani con un amore impalpabile.
E poi, senza trattenere un versetto stridulo legato al pianto, aveva detto solo una piccola frase.
“Sei così egoista da non interessarti nemmeno al tuo tesoro?”
Ed era stato un colpo di fulmine. Un sorriso triste si era risvegliato sulle labbra di lui. Un sorriso al quale lei aveva risposto con un abbraccio improvviso.
“Idiota” balbettava.
Lui, semplicemente, non l’aveva fermata.
Ed inaspettatamente Rufy cappello di paglia aveva afferrato il suo “Tesoro” dalle mani della rossa, lo aveva appoggiato con sicurezza sulla testa color mandarino di lei, e si era aggrappato ad entrambi.
Non una parola, non un cambio d’espressione.
I suoi due tesori, ora insieme, gli avrebbero dato la forza.

 

E Boa Hancock comprese di non avere speranza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un grazie alla giudice, Hotaru., e al suo giudizio.
E soprattutto un ringraziamento speciale a chi mi farà sapere cosa ne pensa!

 

3° CLASSIFICATA

"Egoisti" di meli_mao

Grammatica e lessico: 18
Stile: 19
Trattazione della frase: 20
Originalità: 18
Opinione personale del giudice: 4,5
Totale: 79,5

Sei fortunata. La penso esattamente come te. Ovviamente, come da bando, non ci sarebbe stato alcun giudizio sui pairing scelti, ma devo ammettere che mi ha fatto piacere leggere qualcosa su quello che in effetti è il pairing che preferisco in "One Piece". ^^
Ho tolto due punti alla grammatica solo per gli errori di battitura e qualche virgola di troppo all'inizio. Potrà sembrarti un giudizio severo, ma trattandosi di tre sole pagine sarebbe bastato poco per individuarli: in particolari ti segnalo "rimastele" e "constatazione". Sono comunque sicura che una semplice rilettura prima della pubblicazione la renderà perfetta.
Sono del parere che non ci fosse frase, in tutta la lista che vi ho dato, più adatta a Nami: la tua scelta è più che azzeccata, e la one-shot ha uno stile fluido che descrive un momento semplice ma molto intenso. Soprattutto il ruolo del "tesoro" è molto simbolico.
Sostieni di essere scivolata un po' nell'OOC- può darsi- ma come dicevo non lo giudico, e di certo non mi ha fatto apprezzare di meno questa piccola perla fra i due. Spero ne scriverai altre. ^^

   
 
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