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Autore: Flaminia_Kennedy    30/08/2010    1 recensioni
Ambientato dopo Dirge of Cerberus, ma mantenute alcune cose del gioco originale. La mano rimasta umana prese un pacchetto scuro dalla tasca poco sopra la fondina della pistola, aprendola con uno scatto e rivelare cinque spugnette candide, in fila, accanto a un accendino a scatto, di metallo placcato come il braccio. Ma si, ancora una, dopotutto la mancanza era tanta, doveva tamponare la ferita con qualcosa di diverso e meno vergognoso delle lacrime.
Pairing: CidxVincent
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cid Highwind, Un po' tutti, Vincent Valentine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dirge of Cerberus
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Se mai avessi la forza di dire qualcosa, in questo momento, direi che sei un deficiente.
Se mai avessi il coraggio di dirti quel qualcosa, direi che nonostante tu sia così ostinato, io ti amo.
Se mai, se mai, se mai.
Tutti se nella mia testa, mentre ho un buco nel petto.
E in questo momento vorrei morire, solo per quello sguardo che mi gela il cuore che non ho.

Un’ombra scura sostava con eleganza sul tetto dell’edificio, svolazzante come se fosse stata di fumo, pochi brillii a tradire la presenza di qualcosa di più concreto che pura oscurità.

Metallo placcato, sulla pelle e sugli stivali, lucidato a dovere durante le lunghe ore di noia.

Era partito per un viaggio rivelatore, a suo dire, salutando tutti nel suo modo particolare: sparendo senza far sapere nulla a nessuno.

Contava che nessuno lo avrebbe cercato, dopotutto sapevano come si comportava, com’era il suo modo di pensare e sperava solo che nessuno spendesse il proprio prezioso tempo a cercarlo e chiedere spiegazioni.

Anche perché non sarebbe stato mai capace di dare spiegazioni.

Perché era partito? Per scoprire qualcosa di sé? No, quelle informazioni le aveva fatte sue da almeno un anno e mezzo.

Per diventare più forte in battaglia, affrontando nuovi mostri? No, anche perché forse più forte di così non sarebbe mai potuto diventare.

Era partito per non poter vedere le persone a lui più care allontanarsi nonostante rimanessero in contatto.

Aveva tagliato i ponti prima che crollassero sotto il peso di una parola: amore.

L’amore lo avrebbe rovinato ancora, come aveva fatto in passato: Cloud e Tifa avevano creato la loro famiglia tutta speciale, con Denzel;
Barrett e Marlene sembravano due cose a sé stanti, quasi da pensare di poter andare a vivere a Kalm;
Yuffie si era trovato un bel ragazzo originario di Wutai, ripudiando però il trono che le spettava essendo figlia del capo villaggio.

Reeve aveva inaspettatamente trovato qualcosa più profondo dell’amicizia nella nuova alleata Shelke, lasciando tutti di stucco mentre Caith Sith lanciava coriandoli a destra e a manca al loro scioccante annuncio.

E Cid…beh lui era ritornato dalla sua assistente, doveva ancora riuscire ad andare nello spazio, il suo sogno d’infanzia, e con tutta probabilità aveva accantonato tutti i loro trascorsi.

Quella era la verità che faceva più male, quella che quella particolare persona pareva esser sparita dalla sua vita.

L’uomo si alzò dalla sua posizione accovacciata e la luna illuminò d’argento il braccio metallico, prima che sparisse sotto il mantello e un lumicino rossastro cadde dall’ovale pallido del viso, mentre un piede lo spegneva schiacciandolo.

L’unica cosa che gli era rimasta di lui era il fumo, il ricordo di quelle infinite sigarette che parevano non finire mai.

Aveva preso quella caratteristica e l’aveva fatta sua, per non sentirsi completamente solo.

Gli occhi sanguigni si chiusero per alcuni secondi, il tempo necessario a porsi una domanda: ancora una?
La mano rimasta umana prese un pacchetto scuro dalla tasca poco sopra la fondina della pistola, aprendola con uno scatto e rivelare cinque spugnette candide, in fila, accanto a un accendino a scatto, di metallo placcato come il braccio.
Ma si, ancora una, dopotutto la mancanza era tanta, doveva tamponare la ferita con qualcosa di diverso e meno vergognoso delle lacrime.

«Brutto ignorante di prima categoria!! Stupido figlio di puttana con la tintarella di luna!!»

Si svegliò nuovamente, il fiato lievemente più pesante del normale per il sogno che lo aveva costretto a ritornare alla realtà.

Non si era svegliato per le grida che aveva avvertito nel cervello, ma perché il ricordo di esse era troppo doloroso, sentirle sarebbe stato come ammettere che non c’era, lì con lui.

Avrebbe dato parecchie cose che reputava importanti, per risentire ancora quel dizionario di parolacce ambulante, senza che si stesse riferendo alla sua assistente.

Quella notte aveva sognato la prima volta che gli aveva tolto dalle labbra la perenne sigaretta, ricevendo una scarica di insulti degna di quel nome, appena lui aveva parlato di salute che se ne andava.

Al pensiero aveva riso, ma in quel momento il pacchetto scuro sul comodino della stanza d’hotel sembrò ingigantirsi fino a opprimerlo.

Si alzò e si accese una sigaretta, per poi cominciare a vestirsi: doveva pagare la notte passata quasi insonne e andarsene dalla cittadina, troppo calma e amichevole.

Si era fermato a Gongaga qualche giorno, non di più, per poi pensare di arrivare fino alle distese poco lontane dal Gold Saucer dove avrebbe bivaccato qualche altra notte.

Stava pensando di stare lontano il più possibile dalla NeoMidgar, dove per l’appunto i coniugi Strife abitavano con parecchi bambini, e magari evitare anche Kalm, dato che l’omone con cui aveva condiviso le proprie avventure aveva preso casa proprio là.

Magari sarebbe entrato nel grande parco divertimenti e avrebbe chiesto di venir assunto, gli veniva bene la parte del vampiro, ma poi liquidò il pensiero con la possibilità che qualcuno avrebbe potuto riconoscerlo.

I soldi che aveva guadagnato durante le ultime battaglie stavano finendo, a forza di pagarsi gli alberghi e le tende erano assai rare nei negozi, non poteva permettersi di comprarne più di un paio.

Il nuovo lavoro come cacciatore di taglie non era ancora decollato e i mostri che uccideva gli davano compensi miseri, rispetto alle sue uscite.

Avrebbe stretto i denti, dormire all’aperto non gli dava molti problemi, doveva solo trovare un posto dove i mostri non lo avrebbero ucciso nel sonno e sarebbe stato a posto.

Nelle piane attorno al Gold Saucer i nemici non erano molti, forse sarebbe potuto restare lì per le prossime notti «grazie, arrivederci» disse la dolce anziana padrona dell’inn, quando le diede i guil richiesti per il pernottamento, ma non le lasciò il tempo di dire altro, uscì dall’edificio e si inoltrò nella fitta foresta attorno al villaggio, dirigendosi verso nord attraverso una pianura sconfinata e priva di strade.
Potè vedere le montagne innevate all’orizzonte, quelle accanto alla sottile striscia di terra che gli avrebbe permesso di raggiungere la propria meta.

I nemici che lo sfidavano perivano in pochi istanti, quelli più forti riuscivano solo a fargli un leggero danno che poteva sostenere.

Il peso più incombente su di lui era il pacchetto di sigarette ormai agli sgoccioli: gli rimanevano due cilindri di carta e tabacco e quelle due porzioni di nicotina non sarebbero bastate a sfamare la sua voglia frustrante per una intera giornata, se non due.

Stava già iniziando a progettare una sosta al primo villaggio per comprarsele -purtroppo Gongaga era troppo salutare per poter vendere sigarette- ma a parte il parco dei divertimenti l’unico paese disponibile era North Corel, non proprio un bijou come luogo per farsi notare.

Non poteva di certo farsi sorprendere nicotinomane a Nibelheim per due specifici motivi: i genitori Strife avevano la brutta abitudine di far incontrare i nonni coi nipoti parecchie volte all’anno e con la sua solita fortuna probabilmente sarebbe arrivato proprio sotto il periodo di visite.

Come città, però, non gli dava bei ricordi a causa della ShinRa Mansion, fredda e cupa com’era rimasta nella sua mente.

Con un sospiro deviò la propria direzione per andare fino a North Corel e sarebbe arrivato prima di sera, se solo a metà strada non fosse stato praticamente travolto da una moto che aveva riconosciuto subito.

Eccola, la sua solita fortuna «Vincent!» chiamò il biondo ancora in sella al bolide e spense il motore mentre con uno scatto metteva giù il cavalletto «quanto tempo! È stato brutto sapere che eri andato via» aggiunse e lui sospirò «è stato brutto anche per me, ma non potevo restare» disse, la voce profonda non era cambiata.

Cloud sembrò confuso, ma non diede poi molto peso alle parole dell’altro: era sempre stato misterioso, faceva parte della sua natura «beh, sei diretto a North Corel? Ti do un passaggio» disse, un sorriso che non gli si addiceva, almeno nei suoi ricordi.

Quel viso sempre serio e corrucciato improvvisamente illuminato di felicità non sembrava il Cloud che aveva conosciuto, si ritrovò ad essere un po’ contento per vederlo così rilassato «va bene, accetto. Grazie» rispose allora il corvino, avvicinandosi alla moto mentre l’ex Soldier riaccendeva il motore e si preparava a partire.

Lui saltò in sella con eleganza, assicurandosi che il mantello rosso e un po’ frusto non toccasse nella ruota posteriore della moto e afferrò con la mano sinistra la maniglia per il passeggero, mentre la destra appesantita dal metallo rimase lungo il suo fianco.

Ci misero poco ad arrivare nel paesello e Vincent saltò giù dal bolide con la stessa leggerezza con cui vi era montato, dando una veloce manata al mantello per liberarlo da ogni appiglio sulla moto.

Cloud scese e alzò il sellino, per prendere da uno scomparto un pacchetto «Cloud» chiamò Vincent «non dire a nessuno del nostro incontro, non credo capirebbero» disse, serio e composto come suo solito, anche se dentro sentiva alcune spine trafiggerlo dove quella strana materia metteva a riposo il demone dentro di lui.

Forse avrebbe dovuto chiamarlo cuore.

Il biondo lo guardò con i suoi occhi mako, corrucciandosi «per favore» aggiunse Vincent, nessun cambiamento nell’inflessione della voce, mentre l’altro sospirava e si metteva il pacco sottobraccio «va bene Vincent, non dirò a nessuno di averti visto» disse rassegnato e dopo averlo salutato con un gesto della mano andò a consegnare ciò che doveva.

Lui rimase qualche secondo accanto alla moto bollente, poi voltò le spalle a quello squarcio di passato e camminò fino al centro del paese, ormai case di cemento e mattoni avevano sostituito le tende da terremotati e i cittadini sembravano più contenti «buongiorno» lo salutò un commesso mentre lui buttava con non-chalance due pacchetti scuri sul bancone.

L’altro lo guardò stranito, nessuno comprava quel tipo di sigarette, ma rimase contento di venir pagato senza troppe storie «arrivederci» disse mentre Vincent prendeva e usciva dal negozio.

Appena si ritrovò nella piazzetta non potè resistere alla tentazione e tirò fuori l’ultima sigaretta dal pacchetto vuoto e mentre la accendeva con attenzione per non ferirsi con la mano destra, buttò la confezione vuota nell’unico bidone dell’immondizia.

Il fumo caldo della prima boccata si infiltrò nei suoi polmoni e lo riempì come una ventata di tranquillità, mentre la sua mente smetteva per un attimo di macchinare le sue prossime mosse.

Fu la voce di Cloud a fargli aprire gli occhi «allora quando tornerai?» chiese, mentre guardava con aria corrucciata la sigaretta ancora nelle sue labbra.

Vincent espirò il fumo, rigirandosi il cilindro acceso tra le dita della mano umana «non so se tornerò, stavolta» disse, la voce profonda era rimasta inflessibile, come i suoi occhi e il suo viso si scontrarono contro quelli delusi di Cloud «oh, beh speravo di poterti avere in casa qualche volta» aggiunse facendo leggermente spallucce «ma almeno hai un posto dove stare?» chiese e il corvino si domandò se poteva riferire come la sua vita stava prendendo una piega abbastanza negativa «sicuro» rispose allora, prima di voltargli la schiena e allontanarsi da North Corel verso nord, per inoltrarsi nelle montagne nevose alle spalle del paese.

Sarebbe rimasto in quel luogo sperduto almeno due giorni, per far perdere nuovamente le proprie tracce a tutta la banda.
   
 
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