TUTTO IN UNA NOTTE
Erano passate ormai parecchie ore dal
nostro incontro. Vagavo senza meta lungo le strade poco illuminate della città
di Londra, pronta a scattare a ogni minimo rumore estraneo. Dietro di me la
strada era deserta, nessuna traccia di Lui. Potevo aver immaginato tutto?
Girai l’angolo nella speranza di
trovare un posto sicuro, lontano dalla notte che non sembrava più così
spaventosa. Dinnanzi a me una nuova strada:buia, deserta, senza fine.
Quanto
sarebbe durata quella tortura? Avvertivo una forte pressione sulle tempie che
mi costringeva a tenere gli occhi socchiusi, la testa mi girava e il mio senso
dell’orientamento era andato perduto. Forse erano i sintomi di una qualsiasi
malattia che stava assalendo il mio corpo, lo speravo ardentemente, anche se
sapevo che una malattia non colpiva in quella maniera e con tanto desiderio. Ciò
che avevo era molto più grave; da quello non si poteva guarire.
Com’ero potuta essere stata cosi
stupida? Un errore del genere nel mio lavoro era inaccettabile.
Avevo passato parte della mia vita a
cercare e a distruggere gli esseri come Lui senza mai commettere errori. Ed era
stato proprio il sentimento, che per tanto tempo avevo rinnegato dopo la morte
di Joseph, a ingannarmi: l’amore. Solo in
me questo sentimento coincideva così perfettamente con quello del dolore.
Era inutile indugiare sul passato,
quando avevo un futuro assai poco chiaro davanti a me. Sapevo che Lui mi stava
cercando e che alla fine mi avrebbe trovato. Sapevo inoltre che mi rimanevano poche
ore prima che la trasformazione fosse completa. Prima che anch’io divenissi un “Revenant”.
Sarei diventata un mostro. Un essere
che non riesce a provare né piacere né dolore, costretta in eterno a vivere una
vita che non desideravo. Obbligata a nascondermi dalla luce del sole e ad
uscire di notte per soddisfare il mio ardente desiderio di sangue. Avrei ucciso
persone innocenti senza provare alcun rimorso. Cosa ne sarebbe stato della mia
anima e dei miei ricordi? Sarebbero spariti anche loro con la mia dignità?
In lontananza il campanile
dell’abbazia di Westminster rintoccò le due. Quante ore mancavano alla mia morte?
Quanti rimorsi avevo del mio passato?
La risposta mi tranquillizzò, non
rimpiangevo nulla della mia vita se non mio marito e la mia poca prudenza nelle
ultime settimane.
Mi sembrava fossero passati anni dal
mio trasloco in Inghilterra invece mi sbagliavo. Solo nove mesi prima vivevo tranquillamente
con Joseph nel nostro piccolo appartamento ad Amsterdam, senza preoccupazioni.
Ricordavo ancora la notte in cui ero
stata svegliata da alcuni rumori che provenivano dal piano inferiore. Mi ero
precipitata in cucina.
La realtà mi venne mostrata con molta
crudeltà: il mio Joseph era steso a terra, senza vita e senza sangue. La finestra
in fondo alla stanza era aperta, Lui si era voltato verso di me; i nostri occhi
si erano incrociati per quelli che mi erano sembrati due interminabili secondi e
poi era volato via.
Dopo la morte di Joseph cominciai a
fare delle ricerche per trovarLo e avere così la mia vendetta. Mi trasferii a
Londra dopo aver scoperto l’esistenza di una società chiamata “I vendicatori”,
uomini e donne che come me avevano perso tutto ciò che la vita gli aveva
offerto a causa dei Revenant e volevano la loro vendetta.
Arrivata in città, però furono loro a
trovarmi. Avevano studiato l’omicidio di mio marito e mi stavano tenendo
d’occhio perché ritenuta una delle possibili vittime.
Secondo loro i Revenant, soprattutto
il clan di Lui, non uccidevano senza consapevolezza dell’identità delle loro
prede ma le sceglievano in base alle
loro relazioni. Cioè il loro scopo era far soffrire le persone amate dalle
vittime. Perché? Che cosa avevo fatto di male perché mi fosse tolta l’unica
cosa che mi era rimasta di caro?
Insieme a questa cruenta verità mi
mostrarono l’albero genealogico della famiglia Van Helsing. Scrutai confusa il
foglio di pergamena finché non arrivai all’ultima riga. Scritto con una
calligrafia più recente rispetto al resto, c’era il mio cognome: Van Tor.
Come
i miei antenati prima di me decisi di diventare una vendicatrice.
All’inizio mi furono affidati pochi
incarichi soprattutto nel campo della ricerca, ma in seguito, cominciai la
cosiddetta pratica. Capii presto che uccidere mi faceva sentire bene; avevo
sete di vendetta e sapevo che Lui un giorno mi avrebbe cercato perché ritenuta
una minaccia per la sua specie.
I Revenant erano delle creature
tornate dal regno dei morti. Ce ne erano di
diversi tipi. Lui faceva parte del clan dei
vampiri, il più numeroso e il più potente.
La sua discendenza era più antica
della mia. Si diceva che suo nonno fosse il conte Dracula e che da lui avesse
ereditato i poteri più pericolosi che un vampiro potesse avere. Le nostre
famiglie si odiavano da secoli e si uccidevano a vicenda. Era questa la ragione
che lo spingeva a uccidere, la vendetta?
Che cosa avevo tralasciato allora? Che
cosa avevo di così speciale per diventare sua moglie? La parola che avevo
appena pronunciato mi fece tremare. In quel momento avrei preferito non sapere
nulla sui Revenant. Sapevo, infatti, che il creatore e la creatura sarebbero
diventati un tutt'uno dopo la trasformazione di quest’ultima. Sarei rimasta
legata in eterno all’essere che più odiavo a questo mondo. Colui che mi aveva
tolto la felicità e ora anche la vita. Come avrei potuto amarlo?
Un forte dolore mi fece cadere sulle
ginocchia. Non avevo più forza per rialzarmi, per combattere. Mi sedetti sui
talloni, il viso chino e le mani poggiate sul duro asfalto vicino a una
pozzanghera. Un nuovo dolore mi obbligò a tenermi la testa fra le mani. La
sentivo scoppiare e riempirsi di voci confuse. Ricordi? Stavano svanendo? Poi
vidi un susseguirsi di visi: mia madre, mio padre, i miei amici, il mio Joseph.
Poi l’oscurità e il silenzio …
Aprii gli occhi. Ero seduta nel bel
mezzo di un vicolo buio e deserto. Davanti a me una pozzanghera. Mi protesi in
avanti e guardai l’immagine che vi rifletteva: era quella di una giovane donna,
con la pelle molto chiara, i capelli rossi lunghi fino al seno e con un
bellissimo sorriso dal quale spuntavano due denti più appuntiti rispetto agli
altri.
Sentii una voce calda e amorevole che
chiamava ripetutamente un nome. Mi voltai verso Lui che mi stava tendendo la
mano. La afferrai in modo che potesse aiutarmi ad alzarmi da terra. Ero come
sicura di conoscerlo da sempre, di potermi fidare di lui, forse addirittura di
amarlo. Mi stava fissando e sorrideva. Mi prese per i fianchi e mi attirò verso
di se, il suo corpo divenne un tutt’uno con il mio. Alzai lo sguardo in direzione
del suo, Lui si protese verso di me e spinse le sue bellissime labbra contro le
mie, con tanto desiderio e amore che mi colse di sorpresa. In quel momento capii
che noi ci appartenevamo e che lo amavo più di me stessa. Poi si staccò velocemente, mi rivolse un
sorriso malizioso e mi sussurrò nell’orecchio: «Pronta per la tua prima battuta
di caccia?». Gli sorrisi, lo presi per mano e ci avviammo per quella che sarebbe
stata la mia nuova vita.