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Autore: Feel Good Inc    01/09/2010    5 recensioni
Allo Spaventapasseri, Dorothy piaceva molto. Gli piaceva il suo odore: era un odore diverso da quello del contadino che lo aveva creato; lei non sapeva di orti e di fatica, ma di fiori e di spazi aperti, un po’ come lui. Gli piaceva il fatto che non si spazientisse mai quando lui cadeva lungo disteso perché la sua men che scarsa intelligenza gli impediva di saltare le buche tra i mattoni gialli – ma che anzi lo aiutasse ogni volta a rialzarsi, disponibile e gentile; e gli piaceva il fatto che, quando lo toccava, le sue mani erano consistenti, non fragili come le sue, e calde e morbide – così diverse dai suoi guanti di stoffa grezza. Soprattutto gli piaceva il suo sorriso, che lo convinceva che forse anche lui piaceva un pochino a lei, anche se non era intelligente, anche se non aveva un cervello, e anche se senza di lei non sarebbe mai stato in grado di scendere dal palo e di mettersi in cammino per andare ad ovviare a quella mancanza chiedendo aiuto al Mago di Oz.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dorothy Gale, Spaventapasseri , Totò
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Follow the yellow brick road'
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Girasoli ~

 

 

 

 

 

 

{ then perhaps I’ll deserve you and be even worthy of you, if I only had a brain }

 

 

 

Lo Spaventapasseri considerò questa cosa nuova che era lo stare seduto.

Non aveva che tre giorni di vita, e in tutto quel tempo se n’era sempre stato in piedi, appeso al palo nel campo di grano del contadino. Non che la cosa lo stancasse. Lui non era fatto di carne e sangue come il contadino e la sua famiglia e la sua gente; lui era soltanto un guscio ripieno di paglia, perciò non c’era nulla che potesse recargli stanchezza o dolore fisico – l’unico pericolo era rappresentato dal fuoco, che fortunatamente non aveva ancora avuto modo di trovarsi a fronteggiare.

Proprio per questa sua diversità non aveva neanche alcun bisogno di sedersi. Durante il giorno avevano camminato molto – beh, Dorothy e Totò avevano camminato; lui più che altro era ruzzolato continuamente sui mattoni gialli, ma gli stava bene così – e ad ogni sosta che il corpicino della sua piccola nuova amica richiedeva, lui era rimasto sempre in piedi ad attendere pazientemente che lei e il suo buffo compagno a quattro zampe si riposassero a sufficienza. Anzi, aveva spesso approfittato di quei momenti per arrampicarsi su un qualche albero da frutto o intrufolarsi in un qualche cespuglio di more, incurante di rovi e spine, per poter loro procurare qualcosa d’altro da mangiare; perché Dorothy diceva che il suo panierino di provviste non sarebbe bastato fino alla Città di Smeraldo – e, anche se lui non aveva bisogno neppure di cibo, lo Spaventapasseri non voleva che Dorothy arrivasse alla meta stanca ed affamata. Dopotutto era stata Dorothy a farlo scendere dal palo. Meritava almeno qualcosa in cambio.

E quindi lo Spaventapasseri non si era mai seduto. Ma quel pomeriggio, mentre il sole scendeva sempre più basso nel cielo e lo tingeva di rosso e d’arancio, si erano ritrovati a passare davanti a quel campo di girasoli, e lo Spaventapasseri aveva guardato l’espressione raggiante di Dorothy e si era reso conto che questa volta la pausa sarebbe durata molto di più.

Pur con qualche perplessità aveva raccolto il suo invito a sedersi ad aspettarla. Mentre lei correva via insieme a Totò, ridendo allegra tra i fiori alti e gialli rivolti verso il sole, aveva guardato per un attimo la bassa staccionata che avevano scavalcato e si era infine deciso a sistemarsi lì – e dopo un po’ si era abituato e aveva iniziato a muovere le gambe su e giù, portandole alternativamente all’altezza dello sguardo, divertito da quella novità che era il guardarsi i piedi impagliati così da vicino. Gli erano sembrati lontani, sul palo, ed era quasi strano ritrovarseli invece attaccati al corpo mediante la stessa paglia che lo teneva tutto unito.

Era in qualche modo piacevole, starsene lì a non far nulla al di là di dondolare le gambe e guardare Dorothy e Totò nel campo di girasoli.

Allo Spaventapasseri, Dorothy piaceva molto. Gli piaceva il suo odore: era un odore diverso da quello del contadino che lo aveva creato; lei non sapeva di orti e di fatica, ma di fiori e di spazi aperti, un po’ come lui. Gli piaceva il fatto che non si spazientisse mai quando lui cadeva lungo disteso perché la sua men che scarsa intelligenza gli impediva di saltare le buche tra i mattoni gialli – ma che anzi lo aiutasse ogni volta a rialzarsi, disponibile e gentile; e gli piaceva il fatto che, quando lo toccava, le sue mani erano consistenti, non fragili come le sue, e calde e morbide – così diverse dai suoi guanti di stoffa grezza. Soprattutto gli piaceva il suo sorriso, che lo convinceva che forse anche lui piaceva un pochino a lei, anche se non era intelligente, anche se non aveva un cervello, e anche se senza di lei non sarebbe mai stato in grado di scendere dal palo e di mettersi in cammino per andare ad ovviare a quella mancanza chiedendo aiuto al Mago di Oz.

Sì, allo Spaventapasseri piaceva molto Dorothy e tutto ciò che faceva o diceva. Era contento di averla incontrata.

Però c’erano di lei anche delle cose che – stupido com’era – non riusciva proprio a comprendere.

Proprio come ciò che stava facendo adesso, in quel campo di girasoli, mentre Totò saltellava entusiasta intorno alle sue scarpette d’argento.

Lo Spaventapasseri le aveva lasciato parecchio tempo per comportarsi a suo piacimento in quel modo così bizzarro, ma ora non riusciva più a trattenere la curiosità.

« Dorothy, perché strappi i fiori da terra? »

Al suono della sua voce la ragazzina si fermò, china tra i lunghi steli e le foglie verdi, e alzò su di lui uno sguardo innocente e un po’ sorpreso.

« È una strana domanda, Spaventapasseri. »

Lui smise di far dondolare le gambe e ricambiò il suo sguardo con altrettanto stupore.

« È piuttosto il tuo ad essere uno strano comportamento. I fiori muoiono senza la terra; credo sia l’unica cosa che io sappia, pur senza avere un cervello come te. Dunque perché vuoi uccidere quei fiori? »

Dorothy sembrò quasi turbata – come se lui avesse detto qualcosa cui lei non aveva pensato. Ma questo non era certo possibile; era lei ad avere il cervello, tra loro, no? Persino Totò doveva sapere più cose del misero Spaventapasseri! Eppure Dorothy sembrava veramente colpita. Dopo un lungo silenzio, abbassò lo sguardo sui girasoli che stringeva tra le braccia, contro il vestitino azzurro, e sembrò intristirsi.

« Tu hai ragione » mormorò poi, « ma questi fiori sono così belli che mi è venuta una gran voglia di portarli con me… »

Lo Spaventapasseri la guardò ancora, sempre più confuso. Anche Dorothy era bella; quindi forse lui avrebbe dovuto portarla in braccio lungo la strada di mattoni gialli? Oh, se solo avesse avuto un cervello – avrebbe certo capito queste cose, e lei non avrebbe avuto bisogno di dargli spiegazioni di nulla.

Dorothy alzò lo sguardo e gli sorrise, come per scusarsi. « Non so come sia qui nel regno di Oz, ma nel mio mondo siamo un po’ egoisti con la natura, Spaventapasseri. Fiori come questi – ma anche rose, margherite, tulipani, gigli – noi li utilizziamo spesso per abbellire le nostre case. Oppure, quando una persona si ammala, è con un fiore che noi portiamo loro un augurio di pronta guarigione. E solitamente è con dei fiori che un giovane uomo esprime a una fanciulla il proprio affetto… »

Lo Spaventapasseri saltò giù dallo steccato su cui senza alcuna necessità si era seduto, guardando la ragazza con costernazione.

« Perdonami, Dorothy; come sono ignorante. Non avevo idea che i fiori potessero rivestire tanti significati per le persone! »

Dorothy rise. « È perché non hai il cervello » gli ricordò, come faceva spesso, anche se poi lei non sembrava credere tanto a ciò che gli diceva.

Lo Spaventapasseri sorrise, felice di rivederla felice. La vide chinarsi di nuovo accanto a Totò e continuare a cogliere girasoli, che si teneva avvolti nel grembiulino come un tesoro prezioso; senza indugi si avvicinò per aiutarla. Forse quei fiori sarebbero morti senza la terra, ma se servivano a far sorridere Dorothy, allora non gli dispiaceva così tanto ucciderli. Di campi di girasoli ce ne sarebbero stati tanti. Di Dorothy, lui ne aveva una sola.

Ne avevano raccolti molti quando Dorothy rise di nuovo la sua risata allegra e disse che così poteva bastare. Si rialzò in piedi, chiamò Totò e si incamminò di nuovo verso la strada da cui si erano allontanati, e che ora la luce del crepuscolo rendeva di un colore più scuro e caldo, di un oro che era quasi ambra.

Lo Spaventapasseri seguì docilmente l’amica e si accorse che un fiore più piccolo degli altri le era scivolato via dalle braccia. Si chinò, lo raccolse e in due passi le si pose davanti, porgendoglielo con un sorriso.

Non gli erano sfuggite quelle parole: nel mondo di Dorothy, gli uomini esprimevano il loro affetto alle fanciulle donando loro dei fiori.

Era sicuro che lei avrebbe capito. In fondo, tra loro, era Dorothy ad avere il cervello.

E Dorothy lo guardò e sembrò capire davvero. Le sue guance si accesero stranamente di rosso mentre sorrideva e gli prendeva con delicatezza il girasole dalle dita, ed il « Grazie » che gli sussurrò sembrò allo Spaventapasseri il suono più dolce del mondo, più dei canti degli usignoli, più del vento tra le spighe di grano.

E lo Spaventapasseri non sapeva, davvero non sapeva cosa significasse quel suo rossore o quel leggerissimo contatto delle sue labbra morbide sulla propria guancia ruvida – ma ugualmente, quando seguì di nuovo Dorothy e Totò sulla strada di mattoni gialli, si sentì felice.

Perché era libero. Perché stava imparando tante cose – a camminare ed anche a stare seduto. Perché stava andando a procurarsi un cervello. Ma soprattutto perché era con Dorothy.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Festeggio la creazione di una categoria con la pubblicazione di una nuova fic! ^-^

Ma quanto amo questo pairing? Troppo, immagino. Ormai sono ossessionata da Dorothy e dallo Spaventapasseri. Lo ero anche durante l’infanzia, a dirla tutta, ma ora che ho preso il via a scrivere di loro non riesco più a fermarmi – per vostra grande sfortuna. xD

L’idea per questa shot mi è venuta grazie a due fonti d’ispirazione: la prima è stata questa fanart puccerrima su DeviantART *-* La seconda è stata l’aver scoperto che, nel film, la canzone If I only had a brain cantata dallo Spaventapasseri (Ray Bolger) subito dopo il suo primo incontro con Dorothy (Judy Garland) è stata mutilata di un epilogo che, a mio avviso, sarebbe stato a dir poco perfetto, perché esprimeva benissimo ciò che lo Spaventapasseri avrebbe sentito da allora in poi nei confronti di Dorothy – e questo suo stato d’animo è evidente soprattutto nel romanzo, come mostrato dal brano all’inizio del capitolo XVI:

 

L’indomani mattina lo Spaventapasseri disse ai suoi amici:

«Rallegratevi con me: vado dal Grande Oz a farmi dare finalmente il cervello. Quando sarò di ritorno, sarò uguale a tutti gli altri uomini.»

«Io ti ho sempre voluto bene così come sei,» gli dichiarò la piccola Dorothy con semplicità.

«È molto gentile da parte tua voler bene a uno Spaventapasseri,» egli rispose. «Ma sono certo che ti farai di me un’opinione migliore quando sentirai i formidabili ragionamenti che il mio nuovo cervello saprà formulare.»

[…]

                                                                                                    

I versi che nella canzone sono stati tagliati, e che ho utilizzato all’inizio della shot – “allora forse io ti meriterei, sarei persino degno di te, se solo avessi un cervello”: andiamo, potete ancora dire che questi due insieme non costituiscono un pairing?! *-* – uniti alle suddette parole di Lyman Frank Baum sono stati dunque la mia seconda fonte d’ispirazione per scrivere questa nuova storia.

Che spero vi sia piaciuta. :)

Ringrazio vivamente in anticipo chiunque deciderà di leggerla ed eventualmente commentarla. May God bless you all. <3


Nota: se ho usato un linguaggio di tipo un po’ arcaico non è perché sono impazzita – almeno voglio sperarlo .__. – ma perché Il meraviglioso mago di Oz è stato pubblicato esattamente nel 1900, e per una volta avevo voglia di mantenere uno stile conforme a quello di Baum. Tutto qui; giuro che non ho inalato sostanze strane, e che nella vita di tutti i giorni parlo molto più come una camionista che non come scrivo. xD

   
 
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