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Autore: _KyRa_    01/09/2010    8 recensioni
Non appena le era stata comunicata l'orribile sorte che avevano dovuto affrontare i suoi cari, si era chiusa in un religioso e definitivo silenzio.
Tre anni senza fiatare; tre anni senza che una misera parola fosse uscita anche solo per sbaglio dalle sue labbra.
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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ciaociao


«Voglio sentirlo dalla tua voce.»




Poggiò sul tavolo della cucina il secondo pacchetto di patatine: da quando si era ritrovato a vivere da solo nella sua vasta casa, la sua dieta comprendeva meno cibo salutare di quanto non fosse abituato. Qualche insalata, qualche frutta e verdura... Ma tutto rigorosamente crudo o per lo meno che non implicasse l'uso dei fornelli; era una frana in materia.
Quando era piccolo, adorava cimentarsi in nuove invenzioni culinarie, caratterizzate di stravaganze, a volte anche eccessive, ma pur sempre di un bambino. Da qualche anno, quell'entusiasmo era lentamente scemato. Gli mancava il tempo o forse solamente la voglia.
«Adrianne, vieni a mangiare?» esclamò, sperando che la ragazza in questione – nonché sua sorellastra – l'avesse sentito. Non si sorprese nell'udire il silenzio come risposta. Da qualche anno, quella casa aveva assistito solamente a lunghi monologhi, tenuti pazientemente da lui, nella speranza che anche Adrianne vi prendesse parte, ma invano.
Tre anni prima, la ragazza aveva subito un forte trauma: aveva perso l'intera sua famiglia in un mostruoso incendio appiccatosi a casa loro. Adrianne era stata l'unica ad uscirne viva, seppur ferita. Non appena le era stata comunicata l'orribile sorte che avevano dovuto affrontare i suoi cari, si era chiusa in un religioso e definitivo silenzio.
Tre anni senza fiatare; tre anni senza che una misera parola fosse uscita anche solo per sbaglio dalle sue labbra. Tom aveva fatto di tutto – a partire dall'ospitarla a casa sua - e stava tutt'ora facendo l'impossibile per scovare l'animo della ragazza che vi era una volta in lei; eppure questo sembrava timido e cocciuto, ostinato a nascondersi nel profondo.
Il rumore dei passi di Adrianne annunciò al ragazzo che stava arrivando. Sistemò le posate affianco ai due piatti posizionati sul tavolo, uno di fronte all'altro, ed attese che la sua amata sorellina facesse il proprio ingresso in cucina. Non passò molto, prima che questo avvenne.
Tom si premurò di accoglierla con un radioso sorriso e le si avvicinò per stamparle un tenero bacio sulla fronte, al che la mora si illuminò.
«Oggi, pomodoro e mozzarella, ti va?» propose con l'entusiasmo di uno chef che presenta il proprio capolavoro di ostriche, astice o quant'altro ai clienti. Adrianne annuì sorridendo mestamente: le era sempre andata bene qualunque cosa avesse preparato Tom, perchè sapeva che lo faceva con amore, nonostante tutto. Si era prestata anche, molte volte, nel cucinare qualcosa di suo, ma purtroppo le capacità culinarie le aveva ereditate tutte da suo fratello.
Si sedettero a tavola e presero a mangiare ciò che i piatti offrivano. Dopotutto non era male: semplice ma buono. Inoltre, ormai, i loro stomaci vi avevano fatto tranquillamente l'abitudine.
«Com'è andata a scuola, oggi?» domandò improvvisamente Tom, con premura, pur essendo consapevole che non avrebbe mai ricevuto la risposta che desiderava. Per l'appunto, sua sorella annuì semplicemente, facendogli intendere che era andata bene. Nemmeno con quel tipo di domande riusciva a tirare fuori dalla sua bocca qualche parola più interessante di un semplice cenno con la testa.
Sua sorella aveva quattro anni in meno di lui: presto ne avrebbe compiuti diciotto e lui ventuno. Era iscritta al liceo artistico ed era anche molto brava.
Tom era stato a scuola per un colloquio con gli insegnanti: aveva dovuto spiegare – per forza di cose – la situazione che si era venuta a creare da qualche tempo; e per tutti quegli anni, Adrianne non seppe più cosa fosse un'interrogazione orale. Tutto rigorosamente riportato su carta... Ogni parola, ogni emozione, qualsiasi cosa.
Tom era dannatamente stufo di tutto quello: voleva risentire la voce della sua sorellastra e bearsene fino all'infinito. Voleva recuperare tutti quegli anni persi, parlando con lei senza sosta, tutto il giorno, tutta la notte, per poi riaffrontare un'ennesima lunga giornata assieme a lei. Voleva poter parlare di tutto con Adrianne, senza tralasciare nulla.
«Cosa vorresti fare per i tuoi diciotto anni, Adrianne?» chiese per l'ennesima volta, speranzoso che a quella domanda desse una risposta soddisfacente. La ragazza scosse la testa in segno di negazione, fissando cupa il suo piatto. «Non vuoi fare nulla? Ma scherzi? Sono i tuoi diciotto anni, arrivano una volta sola.» obiettò Tom piuttosto accigliato. Sapeva che da quando Adrianne aveva perso la sua famiglia, tutto era passato in secondo piano. Tutto aveva perso di importanza, eccetto lui che rappresentava un appiglio ancora stabile nella sua vita.
Adrianne scrollò le spalle evitando di sollevare gli occhi su di lui. Tom si rattristò e, senza proferire altra parola, riprese a mangiare in quella stanza immersa nel silenzio, spezzato solo dal lieve tintinnio delle posate.


Quella notte il temporale si era appropriato di Lipsia e Tom, rannicchiato nel suo letto, non riusciva a chiudere occhio. Aveva sempre odiato il rumore dei tuoni; non che gli incutesse paura, semplicemente non lo faceva dormire.
Sbuffò, per l'ennesima volta, voltandosi sul lato sinistro – dopo che aveva già sperimentato ogni tipo di posizione – e provò a chiudere gli occhi. Immaginò Adrianne dormire profondamente nel proprio letto, rifugiata nella stanza affianco alla sua: ricordava che, sin da piccola, i temporali – non sapeva come – l'avevano sempre rilassata, conciliandole il sonno. Sua sorella era un tipo alquanto strano, molto difficile da comprendere.
Aveva vissuto tutto con lei; l'aveva vista mentre sua madre le cambiava il pannolino; l'aveva vista piangere, ridere e urlare e lui le era sempre stato vicino, in tutto questo. Le era stato vicino il primo giorno in cui Adrianne aveva scoperto di essere venuta indisposta – momenti imbarazzanti ma anche terribilmente teneri –; le era stato vicino alla sua prima delusione d'amore e dopo aver vissuto la sua prima volta. Aveva assistito al suo esame di terza media, l'aveva aiutata a studiare – cosa che faceva tutt'ora -; l'aveva sempre sostenuta con grande amore. Adrianne lo aveva definito il suo “Angelo Custode” e ciò non poteva che renderlo felice.
Amava profondamente quella ragazza.
Improvvisamente le sue orecchie intercettarono il lieve rumore della porta della sua stanza che, con lentezza disarmante, si apriva emettendo un lieve cigolio. Il buio continuava ad invaderla, senza infastidirlo. Era voltato di spalle e non sapeva chi potesse essere, ma diede per scontato che si trattasse di sua sorella.
«Adrianne?» domandò in un sussurro, fino a che non sentì le coperte che giacevano sul suo corpo, scostarsi appena da esso. Si voltò nella direzione di quella presenza e subito riconobbe il profumo della ragazza. «Hey, piccola, non riesci a dormire?» domandò di nuovo, con dolcezza, mentre sentiva sua sorella sdraiarsi sotto le candide lenzuola, assieme a lui. Gli venne spontaneo sorridere, quando la mora gli si accoccolò al petto, stringendolo con forza da non farlo scappare e delicatezza per trasmettergli tutto l'affetto che provava, allo stesso tempo. Le circondò il corpo snello e piccolo rispetto al suo con le sue braccia possenti e le stampò un bacio sui capelli odoranti di pesca. «Strano, solitamente il temporale ti rila...» si bloccò istintivamente, quando sentì quel corpicino indifeso tremare appena. Sembrava stesse singhiozzando in silenzio. Il viso di Adrianne si rifugiò sul suo petto coperto di una semplice maglietta che sentì velocemente inumidirsi delle sue lacrime.
Era spiazzato: sua sorella non piangeva da tre lunghi anni, da quella maledetta tragedia. Aveva deciso di reprimere ogni tipo di sbalzo d'umore, aveva disperatamente cercato di rifugiarsi dietro una maschera fredda ed insensibile a tutto ciò che le accadeva attorno. Che avesse deciso, finalmente, di distruggerla?
Il silenzio era spezzato solamente dai respiri accelerati e strozzati della ragazza che riversava il proprio dolore sul suo petto caldo e rassicurante.
Il suo stomaco venne pervaso da degli strani crampi: provava infinita tenerezza nell'osservarla in quello stato, ma sapeva che le faceva bene. Troppa rabbia e dolore repressi e bisognosi di essere scaricati in qualche modo.
Non desistette dallo stringerla ancora di più a sé, cercando di farle capire che ci sarebbe sempre stato per lei e che avrebbe potuto sfogarsi tutta la notte lì con lui, senza porsi problemi.
«Sfogati, piccola mia. Sfogati...» le sussurrò, continuando a carezzarle la pelle liscia al di sotto della sua maglia e sfiorandole continuamente i capelli con caldi e rassicuranti baci.
Non l'avrebbe mai abbandonata; con lui era al sicuro.


La matematica era sempre stata il suo forte e di questo ne andava fiero. Il poter aiutare sua sorella in quella materia, che la mandava letteralmente fuori di testa, lo faceva sentire ancora più importante per lei.
Tom si era fermato molte volte a pensare ad un possibile nome da affibbiare a quel profondo legame e a quello strano sentimento che aveva instaurato con la ragazza, da anni, eppure non riusciva a venirne a capo. Sapeva solamente che non era semplice affetto. A chiunque, ai suoi amici, ai semplici conoscenti aveva sempre detto di amare sua sorella. Ma era un amore diverso; era strano, particolare. Era un qualcosa impossibile da spiegare. Era dipendente da lei; qualunque cosa facesse, le voleva sempre stare accanto. Si era spaventato, a volte, degli strani pensieri che gli attraversavano spesso la mente. Aveva paura di dover andare in contro ad una realtà piuttosto scomoda. Più che per lui, per la gente attorno.
Improvvisamente Adrianne gli allungò un bigliettino sulla scrivania, mentre lui era intento a spiegarle come si risolvesse un sistema.


Fermati un secondo. Non ci sto capendo niente.”


Si voltò a guardarla e le sorrise.
«Cosa non hai capito?» le domandò. La mora si accinse a scrivere la risposta sul foglietto.


Un po' di tutto. Faccio prima a dirti l'unica cosa che ho capito.”


«E qual'è?» indagò sempre più curioso di sapere cos'avesse finalmente appreso sua sorella della matematica. Quando gli allungò di nuovo il foglietto, il suo cuore perse un battito.


Che mi sono innamorata di te.”


Sgranò gli occhi, leggendo e rileggendo quella frase, per paura di non aver inteso bene. Il suo stomaco si stava contorcendo in quanti più modi possibili potesse. Una strana sensazione di calore pervase il suo corpo e d'improvviso sentì il bisogno di prendere una boccata d'aria.
Quando sollevò gli occhi su sua sorella, vide che anche lei lo stava osservando. Gli sorrise teneramente, donandogli una carezza sul viso, per poi alzarsi dalla sedia ed uscire dalla stanza del ragazzo, lasciandolo solo con i suoi pensieri.
Sentì il fiato accelerato ed automaticamente si portò una mano al cuore: scalpitava furioso.
Senza pensarci due volte, si alzò velocemente dalla sedia e spiccò una corsa al di fuori della camera. Arrivato davanti alla porta della stanza di sua sorella, la spalancò, senza prima chiedere il permesso: sapeva che sarebbe sempre stata aperta per lui.
Adrianne si voltò quasi di scatto: era accanto al suo letto.
«Dimmelo.» quella richiesta era uscita dalle sue labbra senza che questo fosse stato comandato dal suo cervello. Era l'istinto a parlare. Il fiato gli si stava smorzando sempre di più e, non appena vide sua sorella desistere, le si avvicinò lentamente di qualche passo. «Dimmelo, ti prego.» ripetè in poco più di un sussurro. Allungò una mano verso il suo viso e la avvicinò a sé, con gentilezza. Anche l'altra mano era andata a posarsi sulla sua guancia e la sua fronte premette delicatamente su quella di Adrianne. Il loro respiri si mischiavano, così come i loro corpi venivano scossi da comuni tremolii; risultato di un'emozione a loro del tutto nuova. «Voglio sentirlo dalla tua voce.» soffiò di nuovo Tom, sulle sue labbra. Voleva sentire sua sorella tornare a parlare. Voleva sentire quelle due paroline magiche, che mai nessuno gli aveva detto, da quella voce, il cui ricordo era rimasto scolpito nel suo cervello e nel suo cuore, trovandolo dannatamente dolce e melodico.
Quasi senza accorgersene, le loro labbra si unirono in un bacio casto e delicato. Aveva sempre immaginato che le labbra di sua sorella fossero dannatamente morbide, ma il brivido che ciò gli causò non aveva mai raggiunto il suo cuore, prima di allora. Le sue mani vagarono fameliche – ma al contempo delicate – lungo il corpo della ragazza. La conosceva come conosceva se stesso... L'aveva vista nascere e crescere, ma aveva un soffocante bisogno di scoprirla più intimamente possibile; sempre di più.
Quando la fece sdraiare sul letto, la sovrastò con il proprio corpo, mentre la sua bocca esplorava la chiara e profumata pelle del suo collo. Risalì con le labbra lungo la sua guancia liscia, fino a sfiorarle le palpebre semichiuse e tornare a saggiare quella bocca così perfetta ed invitante.
«Fammi risentire la tua voce, ti prego, ne ho disperatamente bisogno.» sussurrò con voce roca, mentre scendeva lungo il suo collo con baci umidi e teneri. Le sue mani si erano insinuate sotto la sua maglietta e si stavano da un po' beando di quella pelle così liscia e bollente. Sentiva i sospiri di sua sorella, ma ancora nessun suono gli concedeva di essere udito.
Lentamente, le sollevò la maglietta, sino a gettarla a terra e scoprire quel corpo fragile ed indifeso. Cercò di non pesarle addosso, reggendosi sui gomiti, mentre con la bocca tornava a tracciarle disegni irregolari sul collo. Sentiva le piccole mani timorose e più inesperte di Adrianne che gli percorrevano la pelle liscia della sua schiena lievemente abbronzata, al di sotto della maglia. Ben presto, anche quella andò a fare compagnia a quella precedentemente gettata a terra.
Sentiva il fiato mozzarsi sempre di più, mentre il suo cuore minacciava di sfondargli la cassa toracica. Le sue orecchie erano perennemente in allerta, pronte a captare qualsiasi piccolo verso o sospiro della ragazza, cercando di coglierne l'essenza. Si nutriva di tutto quello, di tutte quelle emozioni che stavano entrando a capofitto nel suo cuore, come mai era successo prima di allora.
Quando le sganciò il reggiseno, fu sicuro di percepire il corpo della sorella fremere. Forse anche lei aveva paura di quello che stava per succedere tra loro due. E non dell'atto in sé, ma di ciò che avrebbe comportato. Eppure, entrambi sembravano non pensarci e godersi il momento a pieno.
Dopo che si fu occupato con infinita dolcezza del suo seno, scese sul suo ventre, cospargendolo di baci leggeri, mentre le sue mani andavano a slacciare – quasi in una lenta agonia – ogni singolo bottone dei jeans attillati che la mora indossava.
«Piccola, ti voglio sentire parlare.» sussurrò con voce roca il ragazzo, con la bocca sulla sua pelle rovente. Non perdeva la speranza. Voleva convincersi che non sarebbe rimasta muta per l'eternità. Solo il pensiero lo faceva sprofondare nell'oblio più profondo.
Si inginocchiò sul materasso, mentre le sfilava i jeans dalle gambe. Successivamente, si slacciò i suoi e li gettò in un luogo sconosciuto della stanza, assieme a tutti gli altri indumenti. Tornò a sovrastare il corpo di sua sorella con il proprio e le sorrise appena, posando di nuovo le labbra sulle sue.
«Tu sei importante per me, ma voglio sentire dalla tua voce che anche io lo sono per te.» soffiò appena, accarezzandole il viso, mentre con una mano liberava la parte più intima di lei. Notò le sue gote arrossarsi repentinamente, nel guardarlo negli occhi. Una pioggia di baci cadde su quel viso delicato, mentre Tom si preoccupava di sfilarsi l'ultimo indumento divenuto di troppo.
La loro unione fu dolce e calma; il ragazzo si sentì scosso da delle forti scariche elettriche, accentuate nel momento in cui si guardarono. Il suo volto così rilassato, così estasiato, lo mandava fuori di testa.
I suoi movimenti erano lenti e gentili, mentre le sue dita si insinuavano fra i capelli neri di Adrianne, la quale sospirava pesantemente al suo orecchio.
Se lei non glielo avesse sussurrato in quel preciso istante, sarebbe impazzito. Desiderava con tutto il cuore che ciò accadesse e pregava mentalmente per un miracolo. La strinse forte a sé, mentre la loro passione continuava ad essere espressa con infinita premura e infinito amore. Tom non aveva mai provato nulla di simile e, quando arrivarono entrambi all'apice di quella danza amorosa, le mordicchiò una spalla, confessandole ciò che il suo cuore provava da tanto ma si era sempre rifiutato di ammettere: «Anch'io mi sono innamorato di te.»
Sentì le mani della ragazza accarezzargli delicate la schiena umida ed un sospiro intriso di tante preoccupazioni al suo orecchio.
«Ti amo.»
Un sussurro, una scarica elettrica. Gli occhi di Tom si sgranarono in pochi secondi e si posarono su quelli sinceri e quasi spauriti di sua sorella. Aveva parlato? Se l'era immaginato?
Il suo cuore prese a battergli ferocemente in petto.
«Ripetilo.» chiese con voce tremante, implorandola con lo sguardo, ma dalle labbra di Adrianne non fuoriuscì più nessun suono. Voleva risentirlo, voleva convincersi di non essersi immaginato tutto quanto. Voleva che glielo dicesse mentre lo guardava negli occhi e soprattutto che continuasse a farlo ogni giorno. Ma nulla.
Le lacrime gli inondarono presto gli occhi e non passò molto prima che il ragazzo si lasciò andare in un pianto liberatorio e disperato, nascondendo il viso nell'incavo della spalla di sua sorella.
Quel giorno fu l'ultimo in cui Tom poté risentire la voce di Adrianne.


  
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