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Autore: admelioraquotidie    02/09/2010    1 recensioni
Inserire accenno alla trama della storia (breve riassunto o anticipazione) e/o citazione dal testo. No HTML, No linguaggio SMS, No spoiler, No spazi bianchi!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Immaginate di ricevere un regalo. È il giorno del vostro compleanno anzi, no, è il giorno di Natale, perché al vostro compleanno di solito è difficile ricevere un regalo che non riuscite a capire o a condividere. Si, a Natale si è tutti più buoni, così si dice, ed allora ognuno si sente in dovere non solo di fare regali, ma anche di non lamentarsi troppo anche se quello che ha ricevuto non è proprio quello che si aspettava, passata la fase della lettera a Gesù Bambino o a Babbo Natale; al compleanno sono invece solo i vostri amici e i vostri cari che vi fanno i regali e di solito sanno bene cosa scegliere e cosa volete, così da non lasciarvi con l’amaro in bocca.Quindi siamo a Natale, sotto l’albero ci sono tanti pacchetti e pacchettini, impacchettati e nastrati a più colori, ognuno con il suo nome già scritto sopra, già definito. Li prendete, li scartate uno ad uno e iniziate a tirar fuori maglioni, giocattoli, dolci, bottiglie e spesso, si spesso, peccato non sempre, anche libri.Quindi, ricapitoliamo la situazione, siete ancora mezzi addormentati e con la bocca mezza piena di panettone e caffellatte, avete scartato due maglioni, un paio di pantaloni, un pigiama, due candele, una bella bottiglia di amaro e vi capita sotto le mani un bel pacchetto mezza misura, abbastanza rigido per non essere una scatola di dolci, sentite che sotto la carta tradisce tre lati abbastanza compatti e uno come se fosse vuoto, provate magari a piegarlo e sentite che un po’ flette ma non abbastanza e questo vi fa ritrovare la pace interiore: “finalmente ho ricevuto l’ultimo libro del professor Pozzo che è appena uscito e che mi aspettavo di leggere!” pensate fra voi. Vi accingete a strappare la carta, o a tagliarla se chi vi ha fatto il dono ha pensato bene di farselo sigillare in libreria con quelle confezioni regalo precotte senza un minimo di personalità.Eccovi solo un lieve strato di carta o simil plastica vi separa da un qualche ora in compagnia del vostro libro. Siete pronti, scartate e rimanete allibiti.”Un attimo di sospiro, tanto per riprendere fiato e per lasciare crescere negli ascoltatori un poco di attesa, poi riprese: “Un libro bianco, interamente bianco, di quelli con la copertina rigida e la sovraccoperta bianca, tutte le pagine bianche, nemmeno il “finito di stampare” in quarta o qualcun altro segno pubblicitario, assolutamente niente. Una trovata pubblicitaria? Un divertente scherzo? No, niente di tutto questo, solo la sterilità asettica di chi vi ha regalato un libro, un’opera viva, ma ve lo ha donato senza nessun sentimento. Ecco, questo è più o meno il sentimento che provo quando i miei libri mi ritornano senza nemmeno essere scalfiti, quasi che dal momento in cui le mie mani lo hanno lasciato nelle mani del destinatario del prestito, sia stato tutto asettico, quasi da camera operatoria, anzi con l’attenzione che si usa normalmente per i preziosi più delicati, per i cristalli o le porcellane fini, ma non per i libri.I libri esigono che chi li consulta, chi li legge, non solo prenda da loro, che mirabili oggetti pronti a arricchire le nostre conoscenze, ma lasci qualcosa, qualche segno del suo passaggio. Ormai presto libri da dieci anni e l’emozione più grande è l’aprire il volume quando mi viene restituito, per cercare le tracce del passaggio di chi, oltre a me, l’ha letto e l’ha voluto far suo.Che gioia quando vedo i segnalibri dimenticati, che gioia vedere le lacrime che hanno creato un piccolo alone sulle righe, che splendida emozione vedere la pagina stropicciata nel punto in cui anche io ho provato agitazione, o i mei paladini soffrivano o erano in pericolo e io stavo lì, quasi per gridare:- attento!- ma rimanevo rinchiuso nel mondo reale mentre la fantasia disegnava sotto i mei occhi e per la mia mente splendidi scenari tropicali, montagne innevate, mari tempestosi o una piccola città di campagna dove semplicemente si passeggiava sottobraccio alla domenica.”Il professor Giuseppe Pozzo si era finalmente calmato, aveva davanti ai suoi occhi, come sempre, le dieci paia di occhi che lo fissavano zitti e attenti, pronti a cogliere ogni parola che usciva dalla sua bocca. Come al solito, però, c’erano un paio di occhi in più, un paio di occhi che sfuggivano dalla tipologia consueta dello studente nullafacente, politicante e infervorato di desideri ma consapevole di non aver nulla da sperare dalla sua vita oltre che un lavoro d’ufficio e una famiglia borghese. Quegli occhi erano diversi, erano gli occhi che lo avevano spinto, qualche mese fa a tenere quei suoi corsi di letteratura nell’ufficio della biblioteca. Erano gli occhi di Emma Ripamonti, una ragazza di vent’anni che da qualche tempo aveva iniziato a farsi venire a consigliare le sue letture dal professore. Era l’unica che ogni tanto si dimenticava qualche segnalibro, o un foglietto su cui annotava qualche passo. Anche lei però sembrava trattare i libri coi guanti bianchi, sembrava volare sulle pagine come uno zefiro. All’inizio il professore aveva pensato che anche lei fosse sterile alle sue letture, anche lei non riuscisse ad entrare in contatto con i sentimenti che lui riusciva a provare per i libri; ora però aveva capito che non era così, ora era riuscito finalmente a capirla, a vedere nei suoi occhi e sul suo blog dove inseriva le citazioni preferite, le sue stesse emozioni, però espresse sul piano dei sentimenti del cuore e non, come lui, sul piano della fisicità. Aveva capito che il suo modo di leggere, il suo sentire la letteratura e i libri, non erano l’unico modo, anche se era quello con cui lui riusciva ad entrare in contatto con i personaggi, con le emozioni, con la vita stessa dell’autore, anche se era il modo con cui lui sentiva la scrittura e le emozioni, anche se era l’unico tratto che lo spingeva a mettere un libro nella lista dei “prestabili”.Era per questo che, ancora una volta si era innamorato di lei.“Anche per oggi abbiamo finito, ci vediamo la prossima settimana, parleremo di affetto e devozione nella letteratura inglese del seicento.”Gli arrivederci arrivarono da più voci ma non da quella di Emma che si era già alzata e mentre riavvolgeva la sciarpa intorno al collo aveva incontrato gli occhi di David.Lo raggiunse, lo abbracciò e lo baciò, uscendo con lui sottobraccio.Il professore per un attimo provò la solita fitta di gelosia, provò il gelo, il dolore e il vuoto. Subito dopo si rimise seduto e ricercò con gli occhi Raskol’ nikov, mentre vagava nella notte Pietroburghese.
  
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