Alla Miku
e alla Palli.
Egoist
Ci siamo
trasferite in una calma
città di periferia, conviviamo ormai da due anni. Abbiamo
entrambe finito i
nostri studi ed io ho già trovato un lavoro
nell’istituto stesso. Nagisa ha
rifiutato, dice che non è in grado di fare un lavoro a
contatto con la scuola.
Nonostante pensi l’opposto, non l’ho certo
obbligata ad accettare il posto che
c’era stato offerto.
Come lavoro temporaneo
ha scelto
di fare la baby-sitter; questo luogo è pieno di bambini
piccoli e di genitori
impegnati. Certe volte sono proprio i bambini che anche quando i
genitori sono
a casa dal lavoro, vengono nella nostra piccola casetta a cercarla.
Ormai mi sono abituata a
vedere
testoline arruffate che chiamano Nagisa, con i genitori al cancello che
chiedono umilmente se possono lasciarle la propria peste.
E lei sorride come al
solito,
così felice e bella, mentre prende per la mano il bambino e
saluta il genitore.
Anche adesso è laggiù, in fondo al nostro piccolo
giardino della nostra piccola
casa.
Si rotola
nell’erba come un
gattino assieme ad una bambina dai boccoli biondi; e ridono per ogni
piccola
cosa. Lei ama i bambini, lo so ed io, per quanto l’ami, non
potrò mai
dargliene.
A volte mi sono chiesta
se non
fosse giusto che io la lasciassi, cosicché si possa trovare
un uomo, amarlo e
mettere su una famiglia tradizionale, quella che tutte le ragazze
sognano da
piccole.
So anche
però, che se lei sapesse
di questo mio pensiero si infurierebbe, forse ferita, forse amareggiata.
Mi sono messa a fissarle
senza
rendermene conto, sono belle; è bella.
Se ne accorge, cattura i
miei
occhi che sono così vivi da quando sto con lei. Mi tende la
mano, ridendo
radiosa, vuole che io vada da loro, vuole che io partecipi a quello
scintillante momento che la rende così felice.
Quel suo sorriso, quella
sua
voce, quei suoi occhi mi attirano come calamite.
Chiudo il libro e vado
da lei,
come sempre in fondo, e l’abbraccio mentre ancora
è stesa sull’erba, con poco
distante la bambina.
Vorrei baciarla,
accarezzarla,
amarla, ma ci guardano due occhietti vispi che non devono sapere di
questo
rapporto proibito. Mi limito così a stringerla a me, nel
disperato tentativo di
calmare il mio cuore che batte. Le mani si intrecciano, i respiri
accelerano.
Sorrido.
Sono troppo
egoista per
lasciarla andare.