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Autore: Kikko96    03/09/2010    1 recensioni
NdAmministrazione: secondo il regolamento, l'introduzione deve contenere un accenno alla trama o una citazione significativa ripresa dalla storia. L'autore deve perciò provvedere a modificare questa introduzione (può contemporaneamente cancellare in autonomia questo messaggio)
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Voltri.......così si chiama in italiano, cittadina dell'estremo ponente genovese nota per il vento e per la sua ineguagliabile focaccia, chi ci vive dice che sia il posto più bello del mondo e chi ci è vissuto e ci sta ancora vivendo dice che le generazioni di oggi non si rendono conto di cosa stanno facendo a questo bel paese. Con Priano, Marinetta e tutti i negozi che rendono speciale il paesino, Voltri domina la parte occidentale della provincia di Genova e, confinante con le vicine Crevari (di cui parleremo più avanti) e Pra anima la vita di un ponente che altrimenti sarebbe spento e privo di alcun orgoglio....... Ma ora torniamo indietro nel tempo, quando Voltri era, parlando con le persone che la vivevano in prima persona, conosciuta come Utri: quando i nonni erano bambini, quando le botteghe sostituivano i mega supermercati e quando i caruggi Voltresi erano più popolati dei Champs Elysèès parigini, ma anche quando purtroppo la Germania di Hitler con il suo preoccupante  Nazismo in ascesa, stava dominando il mondo aiutato nella nostra patria da persone non degne di alcuna dignità chiamati Fascisti, capitanati dal peggior uomo che l'Italia abbia mai potuto vedere nella sua storia.....Benito Mussolini.
La nostra storia inizia proprio da qui, dal periodo nel quale l'Italia è in balia di Mussolini, nel 1935.
Ci immergiamo in una Voltri magica, con i suoi caruggi misteriosi tempestati di botteghe nelle quali i mercanti del Cerusa vendono le loro cianfrusaglie che ricavano dai viaggi su in montagna, verso Fabbriche,Fiorino, Sambugo e Chiale. Una Voltri ancora orfana dei palazzoni immensi che verranno costruiti in futuro, e una Voltri nella quale le strade sono polverose e popolate  dai bambini che si divertono giocando con quel poco che si sono costruiti con i poveri averi.
Prima di cominciare voglio anticipare che sono solo un ragazzino, e chiedo quindi scusa per eventuali ambientazioni errate che ci potranno essere o altre incoerenze nel mio racconto..... ma purtroppo non sono potuto vivere  in quell'epoca, e quindi chiedo scusa a tutte le persone anziane che leggendo questo mio racconto( che poi si basa sulla vita di un vostro coetaneo, nonché mio nonno ) si indigneranno perché “ in figgin cusci zuenu u l'ha scriitu coose cusci antighe”, scusate ancora.











Voltri, 1928
E' già notte quando in uno dei tanti caseggiati Voltresi nasce una vita nuova, nasce una persona molto speciale, di cui narrerò le vicende nel corso della storia che sta prendendo vita dalle mie mani.
 Nasce  Luigi Patrone detto “Gino”. Terzo di tre fratelli, Nicolò il più grande e Giovanni Battista l'intermediario, Gino fin da piccolo mostra le sue speciali caratteristiche, qualcuno potrebbe giudicarlo incosciente, ma noi preferiamo definirlo Speciale.
 Gino nasce da un' importante famiglia proveniente da Crevari, ma stabilitasi a Voltri da tempo, composta dal papà Andrea, grande omone di quasi 190 cm e Angela, sensibile ma audace donna di casa che cerca di dare una buona educazione ai tre figli. Di Gino sappiamo poco fino all'età di 6 anni..... punto dal quale inizio a narrare.
“Gino svegliati che sennò farai tardi !!” giunge la voce della mamma anche attraverso gli spessi muri della mia camera, non ho per niente voglia di alzarmi, e poi chi me lo fa fare di andare a scuola ? Preferirei centinaia di volte rimanere a giocare qui con tutti gli altri miei amici, ma la mamma vuole che faccia come Nicolò e Cincin, i miei fratelli più grandi...... e devo accontentarla.
Finalmente mi alzo, e a  malavoglia  raggiungo la cucina, dove la mamma mi sta preparando la colazione...... sempre la solita, quel poco latte che i ci possiamo permettere e disgustose gallette di produzione Fascista...... veramente disgustose. Dopo la frugale colazione imbraccio la cartella di tela che mi ha costruito il papà e mi incammino verso la scuola. E' lunga la strada , e durante il cammino più di una volta mi pento della scelta di andare a scuola, ma poi mi viene in mente la mamma , e soprattutto il suo bastone  !  E quindi proseguo la via......... durante il tragitto incontro i miei inseparabili amici  Eugenio e Matteo, che insieme a me raggiungono la scuola. Questo per me è il primo anno e all'interno dell'antico e immenso edificio  mi sento alquanto spaesato. Il cortile è pieno di ragazzi dai 6 ai 12 anni, senza contare le eccezioni degli eterni ripetenti e quando finalmente suona la campana tutti si affrettano a raggiungere la propria classe; io, non sapendo dove andare mi affido alla folla, da qualche parte arriverò. Tra la massa di ragazzi che si affrettano a raggiungere senza la minima voglia la loro classe, ho la possibilità di visitare l'immenso edificio ottocentesco che ospita la mia scuola: è immenso, le classi sono situate in saloni enormi e antichissimi, i soffitti sono costellati di affreschi e le porte e tutti gli infissi sono rigorosamente di legno pregiato. I corridoi traspirano tutto il freddo del muro e danno un impressione molto imponente all'intero istiuto.
Finalmente, dopo un giro panoramico della scuola, arrivo alla mia classe......la prima. Sono in molto in ritardo e quindi appena entrato il maestro mi lancia un occhiataccia da sopra i suoi occhialetti da persona colta dicendomi “ Aaaah ! Ecco uno dei ritardatari! Anzi l'ultimo a giudicare dalla pienezza dei banchi ! Come ti chiami ?” il suo tono di voce mi giunge arcigno dall'alto della cattedra e mi affretto a rispondere “ Gino......”     “ Gino!!!!!!! sicuramente sarà un diminutivo ! Dimmi il tuo nome di battesimo figliolo!” i miei pensieri si offuscano, come posso vivere cinque anni in questo clima di ostilità e freddezza........questa non è una scuola elementare questa è una caserma militare. “ Rispondi figliolo altrimenti il mio bastone di ciliegio schioccherà molto presto !” e allora mi affretto a rispondere “ Luigi....” e lui “ E un'altra cosa mi raccomando ricordati che da ora in avanti tu mi dovrai chiamare con l'onorevole appellativo di Signor Maestro capito?!” e io “ si..........Signor Maestro!” “Ok molto bene ora siediti immediatamente, ci aspetta molto lavoro da fare e abbiamo già perso abbastanza tempo!”.
Il resto della giornata passa relativamente veloce, le lezioni si susseguirono e la mia attenzione vagò tra le strade di Voltri, là dova c'era la libertà, la dove ero vissuto liberamente per i miei primi 5 anni, la dove sarei tornato una volta finita questa nauseante giornata di scuola.
Una volta uscito ritrovo tutti i miei amici, Eugenio mi lancia un grido dal fondo della mandria di studenti “ Gino !!!!! Gino!!! Aspettami !” e mi raggiunse correndo a piedi scalzi, data la povertà della sua famiglia. Queste visioni mi intristivano, vedere la gente così povera, tormentata dalle insopportabili tasse e continuamente sfruttata dalle classi dominanti mi opprimeva; volevo fare qualcosa, ma non potevo. D'altra parte mi irritava terribilmente vedere tutta la gente ricca come il podestà e tutti i suoi fascisti collaboratori che gironzolavano facendo ben poco per le strade, fregandosene dell'altra gente e trattando senza la minima dignità tutte le persone che gli rivolgevano parola.
Finalmente dopo un'estenuante corsa Eugenio mi raggiunge “Oh eccomi Gino ! Grazie. Dai andiamo a casa che muoio di fame..... ma anche oggi mi toccherà la solita porzione di patate lesse.....ma almeno riempono la pancia!Ahahahahahah”. Questo era quello che mi piaceva di più del mio migliore amico, sapeva trovare il lato positivo in tutte le cose anche, come in questo caso, nelle situazioni più tristi e deprimenti. Percorriamo l'ultimo tratto di strada insieme, poi, superato il ponte del torrente Leira, lui mi saluta con un cenno della mano e comincia a correre per la contrada che va parallela alla strada principale per raggiungere casa. L'ultima parte di tragitto è sempre quella più triste, devo percorrere da solo un lungo pezzo di via principale e le mie piccole e striminzite gambe non reggono la camminata sotto il sole di inizio Giugno; guardo impotente le osterie con tutta quell'aranciata che viene venduta a fiumi alla gente benestante, ma quello non potrà mai fare per me, non mi potrò mai permettere un bicchiere stracolmo di aranciata dopo scuola, o almeno non adesso. Queste sono le situazioni che odio di più, stare con il naso schiacciato contro il vetro dei negozi a vedere tutti i ricchi che si servono in gran allegria e non poter entrare a soddisfare anche io le mie voglie....... ma questi sono solo sogni, e in tempo di guerra per i sogni non c'è posto, devo immediatamente tornare a casa. Non faccio in tempo a staccare la faccia dalla vetrina che sento uno schiocco sul mio didietro “STACK!!!!!!” seguito da un immenso dolore, subito mi giro, e mi trovo faccia a faccia con una camicia nera, le gambe mi tremano come stalattiti da ghiaccio al sole e immediatamente la guardia urla” Cosa ci fai qui moccioso!!! Ormai il tempo per il ritorno a casa è finito !Dovresti essere già a casa non a mendicare alle vetrine dei negozi!” sento le sue parole trapanarmi il cervello come il più affilato dei coltelli, i suoi urli mi offendono, e subito una lacrima sgorga senza che ci fosse la minima possibilità di trattenerla e mi ritrovo a correre per strada piangendo in cerca del portone di casa.




Gli anni successivi sono la copia esatta di quanto mi è successo nel primo, litigate con il maestro, punizioni durissime, corse per i carruggi, passeggiate per le campagne di Crevari e dintorni e solite giornate all'aria aperta d'estate. Ma c'è ancora un episodio degno di nota negli anni delle elementari, la prima comunione.
La mia famiglia è sempre stata molto religiosa, la mamma tutte le Domeniche mattina va sempre in chiesa e papà, quando non deve lavorare anche il fine settimana per mantenere la famiglia la segue a ruota per partecipare alla funzione religiosa nella vicina chiesa dei SS Nicolò ed Erasmo.
Per questo, durante i primi anni delle scuole elementari, tutti i Martedì pomeriggio, a mio malgrado, invece di giocare per strada con i miei inseparabili amici, la mamma mi ha mandato alla dottrina, il catechismo, o  comunque lo vogliate chiamare. Le lezioni di catechismo si svolgono in una sala antistante la parrocchia e il parroco stesso, ci insegna i dogmi, i comandamenti, la storia della Bibbia, i Vangeli, gli Atti, la Messa e tutti gli strumenti che servono per il suo svolgimento corretto. Devo ammettere, anche commettendo peccato, che le lezioni di Don Giuseppe sono tremendamente noiose e tristi, prima di tutto perché il suo tono di voce quando spiega è assolutamente troppo basso anche per le acute orecchie di noi ragazzi e poi perché, durante le sue lezioni, si intrattiene in lunghi e tristi flashback della sua infanzia, i quali interessano molto alle vecchiette che dicono il rosario contemporaneamente al nostro catechismo, ma intristiscono i nostri cuori già fin troppo cupi a causa della guerra.
Dopo quattro lunghi anni di dottrina finalmente giunge per noi ragazzi del 1928 il momento tanto atteso, la prima comunione, le famiglie dei ragazzi in questo periodo sono in festa, e per le case e le strade aleggia un clima di grandi festeggiamenti. I conoscenti si scambiano molteplici regali, e per le vie del paese è pieno pi persone che si scambiano, con aria allegra, felicissimi auguri sinceri o meno sinceri.
La Domenica della mia prima comunione inizia nel migliore dei modi, mi alzo da letto e la brezza mattutina di Maggio inebria i miei sensi, gli alberi sono fioriti e il loro profumo pervade le strade e le case, appena alzato mi si avventa mia madre, con una spugna in mano dicendo” Ben svegliato!!! Oggi è il grande giorno, ma ora vieni qui, sei tutto sporco a furia di giocare per la strada come un pezzente, forza vieni subito qui che ti do una bella strigliata.” questo è  tipico della mamma, tiene moltissimo al mio aspetto e alla mia pulizia, soprattutto per le giornate più importanti della mia vita.
Mi trascina in bagno con la forza e  gettandomi nella vasca di acqua gelida posata sul pavimento in  piastrelle, mi striglia con la spugna agitandola con molta forza e premendo con veemenza sulla mia bianca pelle che immediatamente diventa rossa. L'acqua è troppo fredda, e, quando balzo in alto al contatto con essa, finisco per infradiciare la mamma, che subito mi rigetta a mollo nella vasca facendomi congelare come un ghiacciolo per punizione.
Dopo un accurato lavaggio del mio corpo da cima a fondo la mamma incomincia a profumarmi da capo a piedi con uno spruzza profumo dall'odore nauseante di pesca  misto a miele, decisamente troppo dolce per i miei gusti. Il profumo finisce per farmi diventare una gigante caramella, ma tutto sommato non è così male e quindi acconsento alla volontà della mamma di spruzzarmi la sostanza addosso.
Contemporaneamente arriva a casa mio fratello Nicolò, che non si lascia sfuggire una simile occasione per deridermi, e ridacchiando a denti stretti inizia a vestirmi con una leggera camicia di lino primaverile e un paio di pantaloni bianchi di stoffa pregiata, il tutto contornato da una giacca bianca lucida, con cravatta dello stesso colore. Ma quello che mi colpisce di più sono le scarpe, da una scatola di cartone escono un paio di fantastiche scarpe di cuoio bianco, lussuose ma alla moda al tempo stesso, dei finissimi lacci le chiudono nella parte superiore e conferiscono alle calzature un'aria molto raffinata. Rabbrividisco solo all'idea della quantità di lavoro che papà avrà dovuto eseguire per poter permettersi queste scarpe, e mi sento involontariamente in colpa, non mi sembra giusto che solo per una stupida festa papà abbia dovuto triplicare la quantità di lavoro in officina, ma lui è fatto così, per lui l'immagine conta molto, il prestigio di una persona, secondo lui, si vede dai vestiti che porta e dalle azioni che compie, in parte sono d'accordo.......in parte no...... come su tutti gli argomenti. Su alcuni argomenti siamo perfettamente d'accordo, da tutti i punti di vista, mentre in altri le nostre opinioni sono completamente differenti, per esempio siamo tutti e due d'accordo che le persone dovrebbero essere trattate a pari livello e con eguali diritti indipendentemente dal loro colore, religione, sesso e razza ; mentre siamo completamente discordanti sulle cose che contano nella vita. Per me basta essere originali e credere in quello che si fa, mentre per lui bisogna essere sempre attenti a come ci si presenta e a quello che si dice....specialmente quando si è in compagnia di gente o più anziana o più importante socialmente......tutte balle per me, ognuno deve far valere la sua opinione sempre, sia con un barbone, sia anche con Mussolini stesso !
Il giorno della mia comunione inizia nel migliore dei modi, dopo essere stato tirato a lucido giunge per me il momento di presentarmi e ricevere i parenti; esco dalla mia camera con il profumo della lacca ancora nelle narici, e mi dirigo verso al salotto attraversando il corridoio, le scarpe che tonfano sul pavimento in pietra grezza. Quando arrivo in salotto tutti mi aspettano, per primo mi si para davanti mio fratello Giovanni Battista, che mi lancia un occhiatina e a denti stretti lancia una frase” E ora viene il bello! Divertiti Gino!” e scoppiando in una fragorosa risata dice a Nicolò “ Scommettiamo diecimila lire che non ne esce vivo ?” ma immediatamente tutti e due vengono presi per le orecchie da papà che li riprende dicendo “ Scommettiamo che vi gonfio di bastonate ?”. Tipico di papà, minaccia molto, ma non sarebbe capace di toccare una mosca, figuriamoci i suoi figli. Durante l'ora di ricevimento si susseguono zie e vari parenti che mi tengono con le loro manotte cicciotte e mi baciano più volte augurandomi tante belle cose. Dopo un'ora esatta vengo salvato dalla mamma che mi afferra per il bavero della giacca e mi trascina in auto urlando ai parenti “ Avanti è tardi Gino deve andare! Ci vediamo in chiesa !” immediatamente la ringrazio “ Grazie mamma ancora un minuto li in mezzo e sarei morto, giuro” lei replica” Di niente Gino ma avanti si un po più elegante nel portamento !”.
Dopo cinque minuti arriviamo in chiesa, l'entrata è affollatissima, e ci facciamo a fatica largo tra la folla che si affretta per prendere un posto nelle panche gremite di invitati. Finalmente giungo al posto riservatomi per l'evento e, disposto a semicerchio insieme ai miei coetanei, prendo parte alla cerimonia. Essa si svolge in modo lento e soporifero ( tipico di Don Giuseppe) e dopo una lunga ora di funzione religiosa finalmente arriva il momento tanto atteso, il ricevimento dell'Eucarestia; Don  Giuseppe si avvicina lentamente a ognuno di noi e con  le sue vecchie mani rugose e raggrinzite porge a ognuno di noi l'Ostia, pronunciando la frase “ Il corpo di Dio” e tutti noi uno alla volta rispondiamo “ Amen” e subito ingeriamo la tanto attesa Ostia. Per me è una sensazione magica, la piccola Ostia mi si attacca alla lingua e, mangiandola sento come un brivido, come se Dio fosse davvero entrato dentro di me, come fino ad allora mi avevano detto, ma io non ci avevo naturalmente mai creduto.
Questo episodio mi cambia la vita, da qui in poi diventerò un grande devoto del Signore e vivrò sempre sotto il suo insegnamento, come mai avevo fatto prima.









Ottobre 1943
Il freddo mi congela le dita e pure cavolo, è solo Ottobre. Cerco di coprirmi di più con la misera giacca autunnale che ho indosso, ma finisco per scoprirmi i fianchi, che gemono al contatto con l'aria gelida e allora lascio perdere, continuo a incamminarmi per la campagna, zaino in spalla e fucile imbracciato. Mi sono arruolato nei partigiani, non posso più stare a vedere la mia gente che soffre senza fare niente, ho deciso di fare la mia parte, anche a soli 15 anni, ovviamente la mamma non sa niente, lei non lo permetterebbe mai una cosa simile ma la cosa più triste è che infondo so che ha ragione. I Partigiani certo sono ben organizzati, ma ora come ora, la potenza tedesca opprime il mondo, e non sarà certo un gruppo di giovani guerriglieri campagnoli a mettere fine ad una tale dominazione. Però dal mio punto di vista ogni cosa è raggiungibile se uno la vuole, e noi faremo di tutto per scacciare questi crucchi invasori dal nostro territorio.
Le condizioni quassù sono pessime, mi trovo sulle immediate alture di Voltri, sto risalendo il torrente Leira e strada quassù e piuttosto dissestata. La mia è solo una missione di perlustrazione ed essendo ancora troppo giovane sono accompagnato da uno dei più vecchi ( in senso di esperienza) e bravi partigiani, Angelo Ratto, o meglio sono io che accompagno lui. Angelo è una grande persona, prima che un ottimo partigiano, i ricci neri gli danno un'aria sconvolta, quasi spaesata,e il fisico alto ma gracile per via della fame che tutti noi patiamo gli conferisce un espressione misteriosa.
Mi ricordo ancora il nostro primo incontro: la nostra base era super affollata, come al solito i più grandi discutevano intorno ad una mappa sulle prossime missioni da effettuare e in giro per il locale c'era chi fumava da grandi pipe di legno marrone, e chi scambiava parole con gli amici, o i più fortunati, con alcune ragazze conosciute o a scuola o in fabbrica. Appena sono entrato mi si è avvicinato Andrea, un mio amico di famiglia qualche anno più grande di me, che aveva già parecchia esperienza nei partigiani e allora mi indirizza verso Angelo presentandomi così  “ Angelo, ho una persona da presentarti” lui risponde “ Dai non ho tempo ora per queste sciocchezze, con tutto il lavoro da fare che c'è tu mi vieni a presentare un moccioso ????? Ti credevo più furbo Andre”.
Questa fu la sua reazione, io immediatamente me la presi con me stesso: non dovevo assolutamente venire qui, sapevo che non era un bell'ambiente e soprattutto sapevo che, anche se mi avessero accettato, sarei stato trattato come il marmocchio del gruppo. La mia reazione fu istantanea, mi avvicinai a lui e, ribaltando il tavolo che ci separava con una forza inaudita, mi misi faccia a faccia con lui sfidandolo e dicendo” Io non sono un moccioso, sono solo un adolescente che vuole salvare la sua gente e il suo paese e ti assicuro che ho le idee molto chiare e non mi faccio spaventare da un liceale troppo cresciuto che crede di poter fare il capo nella sua banda di briganti!”. Queste parole convinsero a pieno Angelo che rispose “ Mi hai convinto moccioso, voglio vedere cosa sai fare, mi piace il tuo modo di fare e a quanto vedo hai fegato da vendere, ma non una buona testa sulle spalle, ti devi rendere conto che non esisti solo tu, la base straripa di ragazzi vogliosi come te, e allo stesso modo qui molti muoiono. Ti voglio dare un'opportunità, essa comporterà alcuni rischi ma se tu la sfrutterai al meglio alla fine diventerai un ottimo partigiano.
Fu così che entrai a far parte della prima brigata di partigiani Voltresi, tutti molto giovani e tutti decisissimi a vendere cara la pelle al nemico invasore.

Il vento gelido mi ferisce il volto e mi risveglia dai miei pensieri, Angelo, appollaiato su una pietra, scruta verso il basso dicendomi “ Guarda guarda cos'abbiamo qui!” io mi scapicollo e la visione mi giunge arcigna. Un folto gruppo di ragazzi poco più grandi di me è riunito intorno ad una radio, non riusciamo a sentire fino a loro, ma a giudicare dall'abbigliamento e dal comportamento io e Angelo capiamo subito : Fascisti. Non appena li vedo il mio cuore va in fiamme, arde di un fuoco che non si placherà fino a quando non avrò quei farabutti traditori tra le mie mani, ma Angelo se ne accorge e calma la mia ira tenendomi per le braccia e sussurrando “ No Gino, non farlo, sono in superiorità e anche se siamo nel nostro territorio loro sono più forti, hanno famiglie prestigiose alle spalle, sono tutti figli di borghesi fascisti, per ora dobbiamo starcene buoni, ma ti prometto che organizzeremo una missione.”
Purtroppo ha ragione, ora come ora sarebbe un suicidio attaccarli, e poi con quale scopo, no, ora non ha senso, ma giuro a me stesso che, anche se fosse l'ultima cosa che faccio, devo avere quei bastardi tra le mie mani.
Durante il ritorno alla base nessuno di noi parla, siamo sconvolti, com'è possibile che un gruppo così folto di fascisti fosse nel nostro territorio ? Con quale scopo ? Era forse una provocazione? Troppe domande che attanagliano le nostre menti e che finora sono prive di risposta.
Arriviamo alla base completamente congelati, e appena i nostri passi giungono nel vialetto d'entrata Sandra, una delle poche ragazze che frequenta la nostra base, ci viene incontro con delle coperte dicendo “ Avanti ragazzi copritevi con queste! Dentro abbiamo acceso il fuoco e vi scalderete con una bella tazza di te fumante.” Noi la ringraziamo, ma teniamo per noi le nostre preoccupazioni, non vogliamo rivelare tutto così su due piedi, e non così congelati.
Le nostre membra gioiscono al contatto con il calore della base e del te, mentre ci rifocilliamo gli altri partigiani si stringono intorno a noi, e Andrea, il partigiano più vicino a me dice “ Angelo, io e i ragazzi ci stiamo chiedendo cos'è successo sul Leira, siete così abbattuti, e avete l'aria di due cadaveri “ Angelo risponde “ Sulle sponde del torrente io e Gino abbiamo visto un piccolo accampamento di Fascisti armati e dotati di radio con la quale ascoltavano Mussolini, siamo molto preoccupati “. La sua dichiarazione scatena un putiferio di voci che si interrogano sull'accaduto ma Angelo continua “ Chiamo a raccolta i membri più anziani!!! Assemblea generale ! Vieni anche tu Gino, hai visto con i tuoi occhi, potrai fornirci importanti considerazioni.”
L'emozione mi investe, le assemblee generali sono sempre state tabù per noi giovani, ma oggi avrei avuto la possibilità di parteciparvi, per me è un onore, sono super emozionato, sarò all'altezza ???
“ Gino! Sveglia! Dai che l'assemblea inizia....” la voce di Angelo mi risveglia dai miei pensieri, che stupido, sono rimasto sovrappensiero per una buona parte di tempo, tanto che i membri più anziani della Brigata hanno avuto il tempo di disporsi in cerchio, aspettando solo la mia presenza mentale.
Perfetto, un inizio da vero deficiente, per la stanza si disperdono risolini e battutine sul mio stato di trance, vorrei scomparire, mi sento piccolo, e finalmente la voce di Angelo mi salva un'altra volta “ Compagni, oggi siamo qui riuniti per parlare di un grave fatto avvenuto nelle nostre campagne! Nei nostri territori!” le sue urla caricano di entusiasmo l'assemblea che applaude sotto le sue incitazioni “ Un gruppo di giovani fascisti, più o meno la cui età si aggira intorno ai vent'anni, si è insediato questo pomeriggio nei boschi della Villa Duchessa di Galliera dotato di armi e di una radio portatile con la quale ascoltavano i discorsi di Mussolini, io lo ritengo un oltraggio! E propongo una missione punitiva nei confronti di questi cani!” la base esplode, tutti i presenti urlano a più non posso sventolando le sciarpe e i fucili, ma l'entusiasmo viene frenato da un ragazzo basso e piuttosto tarchiato, sulla ventina, con folti capelli biondi corti e occhi di un nero freddissimo, impenetrabile  con la bocca leggermente storta. Il tale si alza, e traendo lunghi sospiri di fumo dal suo sigaro comincia a passeggiare per la stanza innervosendo Angelo, che dice” E tu cosa vuoi?” il tipo risponde “ Per quelli che non lo sapessero io sono Franco, la mia famiglia è borghese, ma ho rinnegato anche loro perché odio quanto voi i fascisti, ma vi chiedo di frenare : questa potrebbe essere  una trappola, quel gruppo che avete visto potrebbe funzionare solo da esca, i fascisti ci vogliono catturare tutti, in noi vedono una crescente minaccia, noi siamo la loro spina nel fianco ! Compagni per piacere non roviniamoci con le nostre stesse mani vi prego!” Angelo ribatte “ Sentite chi parla! Il Signor Fascista! Avanti sappiamo tutti della tua simpatia verso i cani vestiti di nero! Non venire a parlarci di ciò che è meglio per noi!!!! Torna tra i tuoi veri compagni, i fascisti!”
  
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