Devo
ringraziare Primo per non aver ancora aggiustato quella porta: è il suo cigolio
ad avvertirmi che qualcuno sta entrando. Alzo lo sguardo, e incontro i tuoi
occhi. Chiudi la porta e fai qualche passo verso di me.
“Tenente,
che cosa ci fate qui?”
“Sono venuto
con il capitano Loya, per le indagini sull’omicidio di Lucrezia Van Necker”
rispondi con indifferenza, con un sorriso che farebbe sciogliere anche il cuore
più duro.
“Intendevo
qui in cucina.”
“Volevo
salutarti.”
“Non
dovreste essere qui. Se vi vede Primo sono guai.”
“Beh, se
non ti interesso, allora...” Lasci in sospeso la frase, mentre ti avvicini alla
porta. Sai che ti chiamerò indietro.
“Tenente,
voi lo sapete com’è la storia. Noi e voi, Piemonte e Francia, e ora con la
morte della marchesa Van Necker... Se Primo ci vede insieme, perde la testa!”
“E basta
con questa storia di Primo! E c’è Primo, e non c’è Primo… ma lo vuoi capire che
io ti amo?”
Lo so,
tenente Aldo Corsini. Lo so che mi ami. Te lo leggo negli occhi ogni volta che
ti vedo, ogni volta che il tuo sguardo è così vicino al mio… come adesso. Sarò
anche una semplice ragazza di campagna che non sa niente della vita, ma che mi
ami l’ho capito. Sono sicura che non si tratti soltanto di un capriccio, perché
in tal caso avresti già cercato di rendermi tua in qualche modo, anche con la
forza. E invece no. Trattenerti ti pesa, lo sento, ma ti sforzi. E lo fai per
me. Per me, che non sono nessuno, e
che resterò nessuno per tutta la vita.
Sento un
rumore. Sembrano passi. Sono costretta a mandarti via. Mio fratello non è il
solo che non deve vederti qui.
“Tenente,
ora dovete andare. potrebbero…”
“…vederci,
sì, lo so. Dorina, dove possiamo vederci senza essere disturbati?”
Ti volto
le spalle, mentre penso a un posto dove Primo non potrebbe trovarci. Quando mi
volto per risponderti, ti trovo sorprendentemente vicino. Troppo vicino.
“D-domani.
Alla vecchia fonte” balbetto, mentre riesco a vedere il mio riflesso nei tuoi
occhi.
Sei
troppo vicino. Troppo, troppo vicino. E all’improvviso le tue mani mi afferrano
per le spalle, e le tue labbra sono sulle mie. All’improvviso, e con veemenza,
ma senza essere violento.
E poi
finisce. Finisce troppo presto. Ti allontani, mentre cerco di fissare nella
mente quel ricordo. Il mio primo bacio. Non te ne andare, Aldo. Resta qui.
Resta per sempre a Rivombrosa.
Sento
ancora un rumore. Sono passi, e si avvicinano. Qualcuno sta scendendo nelle
cucine.
“Vai” ti
sussurro.
La porta
si richiude proprio mentre Bianca entra in cucina. “Dorina? Ah, sei qui.”
“Mi
cercavi?”
“No,
andavo per funghi” mi prende in giro, con un sorriso. “La contessina Agnese ha
bisogno di te.”
“Vado
subito da lei.”
Mentre
le passo accanto, Bianca mi trattiene dolcemente per un braccio. “Dorina, ti
senti bene?”
“Io?
Benissimo, perché?”
“Hai gli
occhi lucidi. Non avrai la febbre?”
“No, è
che prima ho sbucciato delle cipolle” mento. Non ho intenzione di raccontare a
nessuno quello che è appena successo.
“Dorina…
se ci fosse qualcosa che non va me lo diresti, vero?”
“Bianca…
tu e Giannina mi avete fatto da mamme e sorelle quando io e Primo siamo rimasti
soli. Sareste le prime a saperlo, se ci fosse qualcosa che non va. Ora scusa,
ma non devo far aspettare la contessina. Ne ha già passate tante, poverina…”
Lascio
la cucina e imbocco tre corridoi sbagliati, prima di raggiungere la stanza
della contessina Agnese. Non riesco a levarmi dalla testa l’incontro di domani.