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Autore: kidwithashotgun    05/09/2010    4 recensioni
«Wilkins pensò di scorgere in quegli occhi di ghiaccio tristezza, comprensione, forse amore, o forse era solo l'ombra della morte che gli portava via per sempre il suo William.»
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Destroyed.

Cowpens, 17 gennaio 1781

James Wilkins cavalcava tra la polvere sollevata dagli sporadici colpi di cannone dell'artiglieria inglese; i britannici non si davano ancora per vinti, anche se ormai la battaglia era palesemente persa.
La sciabola di Wilkins era sguainata, splendente nel sole del mattino, ma il capitano teneva la guardia abbassata; non che gli fosse granché cara la vita in quel momento, con quella pesante sconfitta che gravava sull'esercito di Sua Maestà e ogni sogno di gloria ridotto in frantumi.
Nonostante questo, però, c'era ancora qualcosa che lo spingeva a spronare il cavallo a galoppare tra i corpi di connazionali e nemici massacrati.
Aveva visto il colonnello William Tavington alle prese con quell'americano, Benjamin Martin, e aveva sentito riecheggiare con chiarezza inquietante lo sparo che aveva trapassato un braccio a Tavington.
Aveva esitato un istante prima di far girare il cavallo per raggiungerlo, e fu sufficiente quell'attimo per trovarsi attaccato da un paio di volontari americani. Nient'altro che zotici contadini, almeno a quanto pensavano gli inglesi, ma capaci di dare del filo da torcere a Wilkins, quel tanto che bastò per fargli perdere di vista il colonnello.
Avrebbe potuto evitare il compiersi della vendetta di Martin; se Tavington fosse rimasto ucciso, sarebbe stata colpa sua e della sua stupida esitazione.
Adesso il capitano si sentiva in dovere di ritrovare Tavington in quella disfatta, vivo o morto che fosse.
Non gli importava nulla della divisa strappata e delle numerose ferite: lo avrebbe trovato, a costo di morire dissanguato nel tentativo.
Ora si muoveva al trotto, cercando con lo sguardo un qualsiasi indizio che gli segnalasse la presenza di un dragone verde.
Proprio quando stava per aggiungere un ennesimo fallimento personale al fallimento collettivo della battaglia, scorse poco distante Tavington, che tentava di strisciare tra la polvere e le sterpaglie per cercare rifugio tra i cespugli.
Wilkins smontò da cavallo, lasciando cadere la sciabola, e corse verso di lui, per trascinarlo al riparo nella macchia di vegetazione.
«W-wilkins...cosa state facendo? Non dovreste ...essere a combattere, hm? La battaglia non ...è finita...» disse il colonnello.
Un rivolo di sangue gli colava dalla bocca, imbrattando il colletto candido della camicia. Oltre al colpo al braccio, era stato infilzato con una baionetta all'altezza dello stomaco, vicino alla ferita da pallottola non ancora guarita, che aveva ripreso a sanguinare.
Poco tempo prima, infatti, il figlio maggiore di Martin gli aveva sparato; nonostante ciò Tavington era riuscito poi ad ucciderlo.
«C'è ben poco da fare là fuori, abbiamo perso ormai.»
L'urgenza fece rispondere Wilkins con un tono che non aveva mai usato prima con lui.
«E io...io mi sentivo in obbligo di salvarvi, colonnello.» confessò, iniziando a temere di aver parlato troppo.
«Non ho dato … l'ordine di ritirata!»
Tavington, nonostante fosse ferito, steso a terra e sorretto dal capitano, non sembrava aver perso il proprio temperamento. «R-riprendete... quella dannata spada... e quel maledetto cavallo...»
Per la prima volta da quando si era arruolato nei lealisti, Wilkins non voleva saperne di obbedire agli ordini di un superiore.
Si limitò a guardare negli occhi Tavington, incerto sul da farsi.
Non era nuovo a situazioni del genere, ma questa volta non aveva idea di come agire.
Voleva dire qualcosa, qualsiasi cosa pur di rompere quel silenzio che rischiava di far crollare i suoi fragili nervi.
«Stammi a sentire...»
Il colonnello lo precedette, abbandonando ogni formalità, e agguantò con una forza inattesa il bavero della giacca di Wilkins.
«Non puoi... fare nulla per me...io sono un uomo... morto. Martin... Martin tornerà a cercarmi... non ho la forza... di difendermi...»
Tavington allentò la presa. Si era reso conto che non valeva più la pena fingere di essere quello di sempre, quando era evidente che solo un miracolo avrebbe potuto salvarlo.
Stava lottando per conservare un minimo di lucidità: gli sembrava che fluisse via con il suo sangue, sempre di più ogni momento che passava.
«Vattene... dobbiamo... devi... combattere... tornerà... a uccidermi... vattene... vattene...»
Non riusciva più a catturare un singolo pensiero nella nebbia che gli oscurava la mente e gli occhi e si abbandonò privo di forze sulla spalla di Wilkins.
«No... no, no! Non me ne andrò neanche... neanche se mi punterete una pistola addosso!»
Wilkins scosse la testa; l'angoscia degli ultimi minuti era esplosa dentro di lui all'improvviso.
«Non mi muoverò di qui! Io... io morirei per voi... Ho tradito i miei vicini, li ho traditi tutti per voi! Non mi importa né di Re Giorgio né della dannata Inghilterra, ho combattuto per voi!»
Sentendo gli occhi riempirsi di lacrime, dimenticò ogni contegno.
“Ora o mai più, James.” pensò, “Ora o mai più.”
Non poteva lasciar morire il colonnello senza che sapesse cosa avesse guidato le sue azioni.
«Io... non so come sia possibile, ma... io vi amo, colonnello!»
Wilkins era riuscito finalmente a tradurre in parole quello che l'aveva tormentato per ogni singolo giorno dei lunghi mesi trascorsi dalla prima volta che aveva incontrato Tavington e gli sembrava l'unica cosa sensata che avesse mai fatto nella sua vita.
Tavington riaprì gli occhi e lo guardò con un'espressione indecifrabile.
Wilkins pensò di scorgere in quegli occhi di ghiaccio tristezza, comprensione, forse amore, o forse era solo l'ombra della morte che gli portava via per sempre il suo William.
Non avrebbe mai scoperto cosa significasse quello sguardo: il colonnello aveva esalato il suo ultimo respiro.
«Perdonatemi colonnello... non sono riuscito a salvarvi... perdonami, William.» mormorò tra i singhiozzi il capitano.
Era da quando era bambino che non piangeva così, ma non poteva e non voleva fare nulla per fermare le lacrime.
Credeva di essere ormai solo nella boscaglia, nel bel mezzo di una battaglia che non sentiva sua, combattuta per la persona che amava, strappatagli, per ironia della sorte, proprio da quella battaglia; tuttavia si accorse di non essere davvero solo, sentendo uno scricchiolio di passi nella sua direzione.
Si asciugò in fretta gli occhi e si alzò in piedi, al cospetto dell'ultima persona che si sarebbe aspettato di trovarsi davanti: Benjamin Martin.
Ripensò alle ultime parole di Tavington, “tornerà ad uccidermi”.
«James Wilkins?» chiese Martin.
«Sì, sono io.» rispose il capitano. «Sei qui per Tavington, vero?» pronunciando il nome del colonnello, la voce s'incrinò suo malgrado. «Beh... hai già compiuto la tua vendetta. È morto.» deglutì per soffocare il groppo in gola.
Martin sembrò restare interdetto e fece per andarsene.
«Dove credi di andare?» lo apostrofò Wilkins, con tutta l'arroganza che era riuscito a racimolare «Hai davanti un traditore, perché non mi uccidi?»
«Non c'è onore nell'uccidere un nemico sconfitto.» disse semplicemente l'americano.
«Ah sì? Ti dirò di più. Non vi ho solo traditi: io ho rivelato a Tavington dove erano rifugiati i tuoi figli. Potevo fingere di non sapere nulla, potevo tacere, ma non l'ho fatto. Io ho incendiato la chiesa di Pembroke. Indirettamente, io sono anche il colpevole della morte di Gabriel.» Wilkins sperava di riuscire a raggiungere il suo scopo, al più presto. «Uccidimi, prima che lo faccia io.» concluse, puntando la pistola contro Martin.
Questi era stato toccato su una ferita che sanguinava ancora; Wilkins aveva parlato decisamente troppo.
Martin premette il grilletto della sua pistola ed esplose un colpo, quello che era destinato a Tavington, che colpì il capitano dritto al cuore.
Wilkins non aveva la presunzione di voler continuare a vivere: non aveva potuto salvare la vita a Tavington, non voleva salvare la propria.
Cadde riverso, accanto l'uomo che amava, con il sorriso sul volto.

   
 
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