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Autore: Miki_TR    06/09/2010    6 recensioni
"Nessuna voragine spalancò il pavimento del dormitorio, a riprova che i desideri più sentiti di Sirius non si avveravano mai."
A volte c'è molto da guadagnare non essendo ambidestri...
Scritta per Chu e strettamente legata a "I Giorni del Ricordo".
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Remus/Sirius
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Giorni da Ricordare

 

-Sirius, che stai combinando?-

Sirius trasalì, e lasciò cadere la camicia che stava cercando, goffamente, di infilarsi con la mano destra, come un bambino sorpreso dalla madre a fare qualcosa di sbagliato, o proibito.
Il che era assurdo: primo, stava solo cercando di vestirsi, e secondo, la voce che lo aveva chiamato non era, grazie a Merlino, quella aspra e sferzante di sua madre, ma quella roca e gradevole di Remus Lupin, uno dei suoi migliori amici.
E poi, davvero, non è che stesse cercando di fare qualcosa che non doveva, pensò fra sé: voleva solo evadere dall'infermeria in cui era prigioniero da due noiosissimi giorni, cosa che Remus probabilmente capiva, visto che ben più spesso di lui era trattenuto a morire di inedia su uno di quegli infernali letti dalle grinfie della sollecita Madama Chips.

Così Sirius cercò di guardare storto Moony, che gli si stava avvicinando; ma molto naturalmente, la smorfia gli si aprì in un sorriso alla vista del suo lupo mannaro preferito, e Sirius agitò spavaldamente la mano sinistra in un gesto di saluto, rovinato spettacolarmente dal grosso gesso che la ricopriva dal gomito alla punta delle dita.
Remus sorrise a sua volta, accomodandosi tranquillamente sul bordo del letto.

-Che stavi facendo con quella camicia, Padfoot?- chiese di nuovo Remus.

-Cercavo di vestirmi-.

Remus inarcò un sopracciglio in un'espressione ironica e perplessa insieme.

-Per far cosa?- gli chiese.

Il sorriso di Sirius si spalancò in una sorta di ghigno.

-Per fuggire di qui. Moony, mi annoio-.

Remus rise.

-E come pensavi di riuscire a vestirti da solo? Con la destra non sei nemmeno mai stato capace di toccarti la punta del naso-.

Sirius gli fece una linguaccia. Sarebbe stato un buon momento per dimostrare a Remus che si sbagliava toccandosi effettivamente la punta del naso, ma purtroppo il rischio di cavarsi un occhio accidentalmente nel processo era alto: Sirius era completamente incapace di fare qualunque cosa con la destra, e non voleva assolutamente rischiare di dover passare altro tempo in infermeria. Remus aveva ragione: o Sirius evadeva in mutande, o gli sarebbe toccato rimanere confinato in quel letto fino a sera.
L'idea gli fece mettere un broncio così evidente da strappare a Remus un'altra risata di gusto.

-Prongs?- chiese Sirius, cambiando di colpo argomento. In realtà, si era appena reso conto che per andarsene di lì gli bastava un complice, e James l'avrebbe assecondato, ne era certo.

-Con Lily- gli rispose però Remus. -E' in biblioteca che le dimostra di essere responsabile abbastanza da studiare per la lezione di pozioni di domani-.

Sirius storse il naso: proprio nessuno poteva aiutarlo a fuggire di lì?
Con uno sbuffo si lasciò ricadere sui cuscini del letto: era condannato a dover aspettare di essere dimesso per lasciare l'infermeria. Almeno, pensò consolandosi, aveva il suo gesso al polso: era una cosa così babbana da farlo letteralmente impazzire.

Proprio con la sua mania per i babbani era iniziata tutta quella storia: il Professor Rudford, che insegnava Babbanologia, aveva assegnato alla classe una relazione sulla lettura di un libro babbano e, per puro caso, in quello assegnato a Sirius c'era un'immagine irresistibile. Un ragazzino babbano di forse tredici anni che scendeva una lunga scala non gradino per gradino, come avrebbe fatto un suo coetaneo mago, ma lasciandosi scivolare sul corrimano. Chiaramente, Sirius aveva dovuto provare a fare altrettanto alla prima occasione, e la cosa si era rivelata così divertente che di lì in poi aveva continuato a fare le scale in quel modo. Nemmeno Silente, che lo aveva beccato e rimproverato, era riuscito a fargli cambiare idea.
Poi, proprio due giorni prima, Sirius si era bellamente dimenticato che la scala est del secondo piano girava a mezzogiorno del venerdì, precisa come una Ricordella, per permettere ai Tassorosso di scendere per il pranzo dopo la loro ora di Divinazione. Quando il meccanismo si era messo in moto, Sirius era in posizione precaria sul corrimano, come al solito. James era diversi gradini più in giù, Remus era dietro di lui e Peter, il più vicino, aveva cercato di afferrarlo, ma con scarso successo: Sirius era volato giù fino al pianerottolo, atterrando con un bel crack sopra il suo polso sinistro.

Ora, di norma, dopo un incidente come quello bastavano tre ore in infermeria per sistemare le ossa: ma Silente aveva avuto uno dei suoi attacchi di ironia, e aveva raccomandato a Madama Chips un trattamento puramente babbano della frattura, in modo che "il giovane Signor Black" sperimentasse un altro aspetto dell'essere privo di magia. Così la vecchia infermiera gli aveva ingessato il polso e lo aveva confinato a letto per due giorni, e solo quella mattina aveva accettato di dimetterlo in serata, a patto che la frattura stesse guarendo bene.
A Sirius nemmeno dispiaceva avere il gesso al polso: era se non altro una buona scusa per distrarsi in classe, dal momento che non poteva comunque prendere appunti; ma starsene a letto era seccante. E le tre settimane seguenti si prospettavano problematiche, perché con la mano destra Sirius era davvero un disastro.

Di nuovo, Padfoot sbuffò sonoramente. La Noia era la sua più acerrima nemica, e odiava doverle concedere una battaglia.

-Piantala- gli intimò Remus, dai piedi del letto. -Se fai così tante scene non ti aiuto a scappare-.

La minaccia ebbe l'effetto di elettrizzare Sirius: non si era aspettato che Remus infrangesse una regola, e Remus, come accadeva spesso, lo aveva sorpreso. Da bravo Malandrino.

-Grazie Moony!- strillò Sirius a pieni polmoni, saltando in piedi e gettandogli le braccia al collo, gesso e tutto. Remus rideva e Sirius gli piantò all'angolo della bocca un bacio che sembrava più una leccata di Padfoot, ad essere onesti. Remus alzò gli occhi al cielo e si asciugò platealmente la faccia con una manica.

-Sai che sei disgustoso, vero?- lo rimproverò, cercando di raccapezzarsi tra i vestiti dell'altro ragazzo che erano, in puro stile Sirius, ammucchiati disordinatamente ai piedi del letto.

-Sciocchezze- rispose Sirius, -metà Hogwarts vorrebbe essere baciata così da me, lo sai benissimo-.

-Purtroppo io sono nella metà che preferisce meno saliva-.

-La quantità era perfetta, Moony- concluse Sirius, -adesso zitto e mettimi quei pantaloni-.

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-Sirius, che stai combinando?-

Il terrore nella voce di Remus fece girare di scatto Sirius. L'asciugamano che il ragazzo portava attorno alla vita scivolò con quel movimento brusco, e istintivamente Sirius lo trattenne con l'unica mano non ingessata, lasciando cadere sul pavimento fradicio del bagno il rasoio babbano che aveva impugnato fino ad un attimo prima.

-Che c'è da urlare?- rispose.

-C'è che avevi un rasoio vicino alla faccia, ed era nella tua mano destra-.

-Oh. Volevo radermi, la barba mi pizzica-.

Accigliato, Remus entrò nel bagno del dormitorio, e raccolse da terra l'oggetto incriminato, rabbrividendo quando la lama affilata luccicò cogliendo il riflesso delle torce.

-Con tutto il parlare che fai del tuo naso perfetto, credevo ci tenessi di più-.

-Ah ah- rispose Sirius, tetro, -ancora questa storia che con la destra non so fare niente-. Remus inarcò un sopracciglio. Sirius sospirò. -Sono solo cinque giorni che ho questo coso e già mi sono stufato. Non posso fare un cavolo di incantesimo complicato perché non mi riescono i gesti, non posso mandare biglietti a Prongs nell'ora di Storia della Magia, e adesso non posso nemmeno farmi la barba. E' una palla, Moony-.

Remus ridacchiò. -Non dirlo a me. Devo seguirti anche in bagno per evitare che tu ti faccia del male!-

Distrattamente, col rasoio ancora in mano, Remus si mise a frugare tra le cose da bagno sullo scaffale di Sirius.

-Prima o poi riuscirò a sfuggirti, mentre dormi, e a radermi, lo sai. Non puoi guardarmi a vista per sempre-.

Remus sbuffò dal naso. -Siediti, sciocco- disse, indicando la grossa cesta in cui mettevano i panni che gli elfi domestici dovevano lavare. -Te la faccio io la barba-.

Sirius, sconcertato da quella proposta per lo meno inusuale, guardò un attimo il suo amico licantropo, che con aria di amichevole sopportazione, impugnava il suo rasoio e la sua schiuma da barba. Poi fece un gran sorriso. Aveva temuto che Remus stesse parlando dell'incantesimo che i maghi usavano comunemente per sbarbarsi, ma Moony si ricordava, evidentemente, quanto lui lo odiasse: aveva tutta l'intenzione di fare alla maniera babbana. Quindi obbedì e si sedette sul cestone, e chiuse gli occhi, in attesa.

Era una cosa piuttosto rilassante, e Remus aveva la mano ferma e sicura, come se non facesse altro che andare in giro a fare la barba a tutti gli amici. Sirius di solito si tagliava una volta sì e una no, ma Remus era decisamente più bravo e Sirius si sentiva tranquillo al punto che si mise a canticchiare.

-Fermo- lo sgridò Remus.

Sirius ghignò. -Ho detto fermo! Che hai da sorridere come un cretino, Padfoot? Vuoi che ti faccia male?-

Sirius aprì gli occhi, guardando da sotto in su il suo barbiere-lupo mannaro. Accarezzò per un attimo l'idea di rispondere con un "sì, per favore" molto lascivo e vedere se riusciva a mettere in imbarazzo Moony, ma lasciò perdere, perché probabilmente avrebbe avuto in cambio solo uno scappellotto. Remus si era spostato alle sue spalle e gli aveva tirato la testa indietro fino a fargliela appoggiare contro la sua pancia, ma anche al contrario Sirius poteva apprezzare sia l'espressione concentrata che lo sguardo paziente e divertito di Moony, una combinazione sulla faccia del suo amico che gli era sempre piaciuta molto. Magari non male, ma gli sarebbe piaciuto che Moony gli facesse qualcosa... Ma non era il momento per pensieri come quelli. Pazientemente, attese che l'altro finisse il suo lavoro. Quando Remus decretò che era tutto a posto, Sirius si rialzò stiracchiandosi. -Sono bello?- chiese ridendo.

Remus si unì alla risata. -Come sempre. Adesso andiamo a cena, che ne dici?-

-Dico di sì. Così potrai tagliarmi l'arrosto e versarmi il succo di zucca-.

Remus scosse la testa, seguendo Padfoot nel dormitorio. -Viziato- sussurrò affettuosamente.

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-Sirius, che stai combinando?-

Beccato! pensò Sirius. Come al solito, Remus aveva un vero e proprio sesto senso per le malandrinate, per organizzare al meglio quelle in cui era coinvolto, e per scoprire quelle fatte alle sue spalle.

-Vado a volare un po'- rispose, indicando la scopa che stringeva in pugno, come se fosse la cosa più normale del mondo. -C'è ancora abbastanza luce...-

In due passi, Remus gli si affiancò e gli tolse di mano la sua fedele Stellafreccia, rimettendola nel baule. -Non se ne parla, non con quel polso-.

Sirius fece un grosso respiro, per calmarsi prima di fare un gesto inconsulto: non gli piaceva particolarmente essere badato come un bambino. -Se continui a starmi così dietro, Moony, sarò costretto a chiamarti mamma- lo minacciò, serissimo. Remus fece una smorfia. Pensare di essere paragonato alla signora Black era tutto tranne che piacevole. Però evidentemente si era ripromesso di tenere Sirius al sicuro, perché nonostante la terribile minaccia, non desistette.

-Non ti lascerò salire su una scopa, col rischio che ti spacchi quello stupido collo, Padfoot. Quando avrai sessant'anni e sarai ancora in grado di camminare, mi ringrazierai.-

Sirius sfoderò il suo sorriso più malandrino.

-Ma se non mi lasci andare adesso, sarò costretto a sgattaiolare fuori di notte, e al buio chissà cosa potrebbe succedermi...-

Remus sembrò ponderare un attimo la questione, poi scosse le spalle. -Va bene,- cominciò, e Sirius sentì in bocca il dolce sapore della vittoria, -da stanotte dormi nel mio letto- concluse però il lupo mannaro. -Così ti terrò d'occhio-.

Sirius era allibito. Remus sembrava molto soddisfatto di sé. Quel mezzo sorriso compiaciuto faceva venire a Sirius voglia di rispondere per le rime o di fare un capriccio dei suoi, ma in quel momento in realtà il ragazzo era troppo distratto dalla prospettiva di dormire nel letto di Remus. Non che non l'avesse già fatto. Erano almeno un paio d'anni che Sirius dormiva spesso con il suo amico, a volte per tenere lontani i brutti sogni, altre perché, tra una chiacchiera e l'altra fatte a tarda notte, uno di loro due crollava, e infine spesso solo perché gli girava così, e basta. Ma mai Remus lo aveva invitato: in genere si limitava a sopportarlo con buona grazia, come se Sirius non potesse ormai fare più nulla di così strano da stupirlo.
Gli piaceva, quell'invito. Lo faceva sentire bene. E non era nella sua natura chiedersi dettagliatamente il perché, quindi si limitò a rispondere con un "OK" piuttosto stridulo, in verità, perché la sua voce tendeva a perdere forma quando era colto di sorpresa.

Remus gli sorrise di nuovo.

-Da bravo, ora, Padfoot,- gli disse, con quel suo tono da adulto fin troppo serio, e fin troppo finto, -mettiamoci a finire i compiti di Trasfigurazione, e se ti impegnerai, ti leggerò la favola della buona notte-.

-Una favola babbana?- chiese Sirius, speranzoso. C'erano poche cose più interessanti che sentire Remus leggere una storia di mostri e fantasmi e chissà che altro da quel suo grosso libro tutto consumato, proprietà della famiglia Lupin da secoli. Be', sì, c'erano cose più interessanti, gli scherzi, il Quidditch, le moto, ma non erano cose che si potessero fare con quel gesso al polso e un lupo mannaro come baby sitter. E Remus era davvero bravo, riusciva a inchiodarlo ad ascoltare solo modulando il tono della voce, e qualche volta persino a mettergli quasi paura, con quelle storie inquietanti. E poi era una cosa che avevano fatto spesso i primi anni di scuola, quella di leggere insieme tra le coperte, quando il dormitorio era troppo freddo per dormire ciascuno nel proprio letto, o qualcosa li turbava ed era necessario un po' di conforto.

Remus sospirò. -Mi chiederai ogni cinque minuti se i babbani davvero credono nei folletti?- domandò in risposta.

Sirius ci pensò su un attimo.

-Solo se la storia parla di folletti- rispose, con un sorriso esagerato. Remus gli passò un braccio sulle spalle con fare rassegnato.

-Sai, Sirius, a volte penso che sarebbe stato più comodo per tutti se tu fossi stato un Purosangue snob come gli altri-.

Sirius rise, senza prendersela per quel commento. Forse era vero che la sua mania per i babbani era un po' esagerata, ma lui non era come il resto della sua famiglia, e ci teneva alquanto a rimarcare il concetto. E poi il mondo dei babbani era affascinante, il modo in cui vivevano senza magia e il fatto che si rifiutassero di credere a cose assolutamente reali, come appunto i folletti.

-Pensa che spreco, Moony. Non avresti dovuto fare da balia a nessuno, e chissà come ti saresti annoiato, senza di me-.

Remus gli strinse la spalla, appena un poco.

-Avrei già finito di fare i compiti di Trasfigurazione, probabilmente- puntualizzò, ma sorrise a Sirius e non diceva sul serio. Sirius ne fu stranamente confortato.

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-Sirius, che stai combinando?-

Fortunatamente, pensò Sirius sentendo la voce di Remus, il dormitorio a quell'ora di notte era molto buio. Fortunatamente, perché la sua faccia doveva essere all'incirca del colore dei capelli della Evans, e soprattutto perché Sirius non era proprio del tutto vestito sotto le coperte che divideva con Moony.

Il fatto, purtroppo, era che aveva il gesso da dieci giorni, ormai, e per quanto non poter usare la sua unica mano buona fosse di norma una seccatura, per lo più, quando la questione riguardava certe esigenze tipicamente maschili e abbastanza personali, la seccatura prendeva le proporzioni di un problema gigantesco. E a peggiorare la situazione già... dura di per sé, Sirius dormiva da cinque giorni nel letto della sua balia mannara, dove, evidentemente, non poteva nemmeno sfogare la sua frustrazione prendendo a gessate il materasso senza svegliare Moony.

-Hai avuto un incubo?- chiese Remus. La mancanza di risposta di Sirius aveva cambiato il suo tono da infastidito a preoccupato, e Sirius avrebbe potuto facilmente aggrapparsi alla scusa di uno dei suoi sogni terribili e uscire da quella situazione imbarazzante. Solo che naturalmente, con tutta quella vicinanza obbligata, non è che Remus non si fosse già accorto del problema. Probabilmente (e Sirius rabbrividiva solo al pensiero) se ne era accorta persino la McGranitt. Magari a scuola si favoleggiava di come i recenti picchi di malumore di Sirius Black fossero correlati alla sua terribile incapacità di farsi una sega con la mano destra. Non che non ci avesse provato.

-Lumos- sussurrò intanto Remus, e la provvidenziale oscurità del dormitorio andò a farsi benedire di botto. Sirius passò istantaneamente dallo scarlatto al rosso grifondoro più acceso, perdendo di colpo la già flebile speranza che Remus non capisse che cosa stava combinando davvero.

-Dieci giorni, Moony- biascicò a titolo di scusa, con la sua voce più lamentosa. Sperava in una reazione di pietà, e non di rabbia o peggio di disgusto, a quel punto.

-Dieci giorni?- ripeté Remus, senza capire. Sirius chiuse gli occhi molto stretti, sperando contro ogni logica che se lui non poteva vedere Remus, Remus non potesse accorgersi dello stato rivelatore in cui era. Rosso in viso, sudato e mezzo svestito. Non poteva volerci molto. -Oh- disse infatti Remus, realizzando improvvisamente.

Nessuna voragine spalancò il pavimento del dormitorio, a riprova che i desideri più sentiti di Sirius non si avveravano mai. Perché per quanto Padfoot fosse essenzialmente uno che non si vergognava di nulla, un conto era vantarsi della sua virilità, un altro era essere beccato nel letto di uno dei suoi migliori amici con la suddetta virilità in bella mostra.
Remus sembrava a corto di parole. Sirius non aveva la minima intenzione di aprire gli occhi. Per qualche istante tra le pareti di stoffa del letto non si mosse una foglia.

Poi Remus rise.

Sirius, che aveva più o meno previsto di ritrovarsi scaraventato fuori dal letto prima di riuscire a dire Quidditch, spalancò gli occhi e guardò Moony, che gli sorrideva e ridacchiava e non sembrava per nulla turbato all'idea di essere a pochi pollici da un amico con la mano nei pantaloni.

-Non riesci?- chiese Remus, molto semplicemente.

-Neanche lontanamente. Non ce la faccio più.-

-E' un bel problema-.

-Enorme- rispose Sirius, e realizzò quanto aveva detto solo quando sentì Remus ridere di nuovo, decisamente più rumorosamente e di gusto di prima.

-Bravo,- lo sgridò Sirius, seppellendo la faccia ancora scarlatta nel cuscino, -per favore, sveglia pure anche James e Peter e ridiamone tutti insieme-.

Remus abbassò decisamente il volume delle risate, anche se sghignazzava ancora di brutto. Sirius, che normalmente, davvero, amava far ridere Remus facendo il buffone, in quel momento proprio non era dell'umore. -Piantala- sibilò, e solo allora Moony si calmò. La sua espressione si fece seria, solo leggermente malandrina ai lati degli occhi e della bocca, come quando aveva quella piccola idea che trasformava un piano banale in una trovata grandiosa. Una delle facce che Sirius preferiva, a dirla tutta.

-Vuoi una mano?- chiese Remus, semplicemente, come se non facesse altro da mattina a sera che offrire favori sessuali ai compagni di dormitorio.
Ovviamente scherzava.

-Sì- rispose Sirius, -la mia mano sinistra, grazie-. Remus si allungò verso di lui e gli regalò uno scappellotto.

-Cretino. Dicevo sul serio-.

Oh. Ovviamente non scherzava.

Per un attimo, solo un brevissimo attimo, Sirius considerò i pro e i contro della situazione. L'imbarazzo, in quel momento e il giorno dopo, il fatto che fosse una cosa Non Normale tra amici e l'idea di quel che sarebbe successo se qualcuno l'avesse scoperto, pesavano dalla parte dei contro. Ma dall'altro lato, c'erano decisamente più fattori. Sirius avrebbe dato qualunque cosa in quel momento per ridurre quella tensione insopportabile. L'idea di poter venire, finalmente, dopo quell'attesa, era paradisiaca. E poi stava parlando con Remus, e c'era sempre stata in lui una mezza tentazione di provare qualcosa del genere con il licantropo, da che si ricordava. Qualcosa nell'aria, tra loro, un residuo di vecchi scherzi e baci giocosi e abbracci più o meno motivati. E poi l'odore di Remus che gli era sempre piaciuto un sacco.

Sirius scostò un poco le coperte. Un piccolo invito. Sarebbe stato troppo imbarazzante esprimersi a parole.
Moony, evidentemente, era molto più sfacciato di quel che si sarebbe detto a prima vista.

-E' un sì?- chiese. Aveva un sorriso molto molto bello, in quel momento.

Sirius sbuffò. -Serve un permesso scritto?- tentò di sdrammatizzare, ma anche alle sue orecchie sembrava un pulcino bagnato.

Remus, con uno dei suoi rari gesti di tenerezza, gli scostò i capelli dal viso, probabilmente ustionandosi una mano contro la sua guancia bollente.

-Rilassati, dai- gli disse piano, con un tono di voce non più divertito, ma basso e roco e, improvvisamente, molto seducente, in qualche modo.

In quel momento il mondo di Sirius si capovolse, anche se lui non avrebbe saputo dire con certezza perché.

Remus lo fece sdraiare su un fianco, in modo che gli desse le spalle, e si avvicinò a lui quasi fino a posare il torace contro la sua schiena.

-Questa manovra?- chiese Sirius, già piuttosto distratto dalle mani di Remus che con molta sicurezza spostavano i suoi vestiti malamente scomposti.

-Non l'ho mai fatto a qualcuno di fronte, sciocco- rispose Remus. Buffo, pensò Sirius. Gli aveva detto la stessa cosa qualche mattina prima, allacciandogli la cravatta.

In un'altra occasione forse avrebbe riso, ma non in quel momento. Improvvisamente le mani di Remus trovarono la sua pelle e gli passò qualsiasi voglia di scherzare.
Remus non esitava certo nei movimenti. Era di sicuro in qualche modo più emozionante che fare la stessa cosa da solo, ma c'era di più. Le mani di Remus. Leggere e forti, decise, presero subito un ritmo piacevole e il viso di Sirius finalmente passò ad una tonalità più normale, mentre tutto il sangue migrava altrove.
Non riusciva a stare fermo. I suoi fianchi presero a muoversi andando incontro alla mano di Remus, a quel ritmo leggermente diverso da quello solito di Sirius, ma così appagante da farlo impazzire. Senza quasi rendersene conto, Sirius si appoggiò un poco di più contro Remus, rilassandosi, e si lasciò sfuggire un gemito.

-Va bene così?- gli chiese Remus all'orecchio, di nuovo con quel tono seducente che Sirius sentiva come un brivido caldo nella schiena.

-Più veloce- grugnì, rendendosi conto di colpo che non sarebbe durato abbastanza da vantarsene. Remus obbedì, accelerando un po' i movimenti, e contemporaneamente facendo scivolare la mano libera tra il materasso e il corpo di Sirius, posandogliela sulla pancia. La lasciò lì, premendo un poco e disegnando con il pollice piccoli cerchi sulla pelle di Sirius, che gemette di nuovo senza capire come mai trovasse così eccitante quel contatto innocente.

Poi la già poca coerenza dei pensieri di Sirius sparì di botto. Le pure sensazioni presero il posto di tutto il resto, il ritmo che cresceva velocemente, la tensione che si accumulava in un unico punto, la litania mentale che ricordava a Sirius che quella pressione e quel piacere veniva da Remus, Remus, Remus...

Sirius morse il cuscino mentre veniva. Era normale, lo faceva quasi sempre, per non svegliare gli altri, ma ugualmente quella volta gli sfuggì un gemito piuttosto rumoroso. La mano libera di Remus lasciò la sua pancia e di nuovo gli scostò i capelli dal viso, e Sirius, dopo che lo shock dell'orgasmo si fu calmato un attimo, si accorse che Remus lo guardava piuttosto intensamente, sereno ma concentrato, accarezzandogli i capelli e il viso. Sirius lo guardò negli occhi, realizzando poco a poco, mentre il respiro rallentava, quanto era successo, cosa aveva fatto Remus per lui e come. Quante emozioni lo avevano toccato in quei momenti, così tante che gli ci sarebbero probabilmente voluti anni per capirle tutte.

Poi si voltò e baciò Remus sulla bocca.
Non era il loro primo bacio e nemmeno il loro primo bacio vero, con la lingua e tutto il resto, denti inclusi, se si baciava Remus. Ma era un bacio di un tipo nuovo e parecchio sconosciuto, serio, senza la tensione del ripasso per i G.U.F.O., senza troppo alcol, senza una scommessa dietro e senza James che faceva il tifo. Un bacio che diceva grazie e ti voglio bene e probabilmente altro, ma Sirius non parlava la lingua dei baci di Remus, non ancora. Ma se qualcosa era davvero cambiato, quella notte, forse un giorno l'avrebbe imparata.

Remus lo stava ancora abbracciando, piuttosto forte. A giudicare dalla pressione contro la gamba di Sirius, non era indifferente a quello che era successo poco prima in quel letto, e Sirius, che pagava i suoi debiti e le sue scommesse per principio, non si sentiva di lasciar correre.

-Vuoi che...?- chiese, incerto su come mettere a parole quel che avevano appena fatto.

Remus rise e lo baciò di nuovo.

-Con quale mano? No, grazie, ci tengo a tutti i miei pezzi. Terrò il conto e ti farò sapere quanto mi devi quando toglierai il gesso-

Sirius rise, e Remus gli risistemò i vestiti e le coperte, abbracciandolo in un modo più comodo che permettesse ad entrambi di dormire. Per un po' non parlarono. Poi, mentre stava per scivolare nel sonno, Sirius comprese che l'ultima frase di Remus implicava che ci fossero altre notti come quella.

-Non vedo l'ora- bofonchiò, e poi si addormentò.

*************************

-Sirius, che stai combinando?-

Sirius non ha sentito Moony entrare in casa, tanto era concentrato. Ancora non è facile evocare i ricordi con precisione. Ci sono dei buchi, certe parti le ricorda come un racconto lontano; le sensazioni sono chiare, alle volte, e in altri punti degli stessi episodi, confuse e troppo mescolate perché lui riesca a comprenderle. Ma se le ricorda, ed è già tantissimo, davvero.
Sorride a Remus che gli si avvicina e gli posa una mano sulla schiena. Sirius è appoggiato casualmente contro lo stipite della finestra e sta guardando fuori. Stava giusto tentando di ricostruire l'inizio della storia tra di loro, e gli sembra di esserci riuscito piuttosto bene, anche se di sicuro manca qualcosa.

-Che stagione era?- chiede distrattamente a Remus, perso nel filo dei suoi pensieri, dei suoi ricordi. Che bella sensazione poter dire "i suoi ricordi", ricacciare Azkaban abbastanza indietro da avere di nuovo la capacità di ridere.

-Quando, Sirius?- gli chiede a sua volta Remus, sempre disposto a spiegare e ad aiutarlo a ricostruire. Anni prima Sirius lo dava per scontato. Adesso è di nuovo una sensazione di calore che gli si diffonde dentro, e si appoggia un po' di più all'indietro contro Remus, che fa scivolare un braccio a cingergli la vita e gli bacia piano la nuca.

-Quando avevo il gesso-.

-Autunno- risponde Remus, e non si fa pregare per aggiungere dettagli. -Faceva già parecchio freddo, in realtà. Ti sei rotto il braccio poco dopo Halloween, e uno degli ultimi giorni prima che ti togliessero il gesso ha nevicato. Non è stato facile tenerti dentro il castello-.

Sirius digerisce un istante l'informazione, e poi si ricorda.

-Non è vero che non è stato facile- risponde, e Merlino, come ha potuto dimenticare quel dettaglio? -Ho solo dovuto insistere finché non mi hai proposto l'alternativa giusta-.

Remus ride. Sirius si ricorda anche quella stessa risata, un po' più giovane e squillante, mescolata a quegli stessi ricordi. -Ero molto soddisfatto di aver scoperto come farti fare quello che volevo- ammette Remus, e Sirius si volta e lo guarda in viso, perché ancora dopo tanti anni Remus che ride è una delle sue visioni preferite.

Parlano ancora un poco in quel modo, Sirius alla ricerca di dettagli perduti, Remus ironico e collaborativo, che lo prende in giro come ha sempre fatto, più sereno e più felice di com'era solo pochi giorni prima, quando Sirius è arrivato da lui.
Chiudono fuori per qualche ora la guerra, le preoccupazioni e i brutti ricordi, persi piacevolmente nei loro diciassette anni, finché molto naturalmente arriva il momento di crearne di nuovi, dei loro ricordi, un pezzetto nuovo della loro storia, come allora.
Ed è ancora proprio mentre fanno l'amore che Sirius ritrova e comprende le sensazioni confuse di quei giorni da ricordare, più complesse e chiare per l'adulto che per il ragazzo, ma sempre le stesse. E di nuovo, come allora, Sirius ci si perde dentro, si aggrappa a Remus e si sente felice. Lo bacia e questa volta conosce il significato di quel bacio, che dice grazie di essere qui, e ti amo, e sa bene che anche Remus lo capisce perché in fondo Remus l'ha sempre capito.

E questa volta nulla gli impedirà di tenersi quel ricordo per tutta la vita.

 


Sono quasi sicura che lo "stupido collo" di Sirius all'inizio sia una citazione dello Shoebox, mi ci gioco le orecchie, ma lo Shoebox è lungo e non mi ricordo da dove viene, ed è un'espressione che uso nella vita quotidiana quindi non è che sia facile ricostruire dal contesto.
Comunque, di sicuro, è assolutamente un omaggio alla più grande opera Wolfstar di tutti i tempi, e sono certa che qualcuno all'ascolto si ricorderà esattamente anche il punto.
Invece, a proposito di citazioni, credo che sia la prima volta che ne faccio una da uno dei film: "prima di riuscire a dire Quidditch" credo sia l'espressione che l'insegnante di volo usa nel primo film, più o meno. Carino come modo di dire, ci stava.

E queste erano le note tecniche. In generale, chiaramente questa fic va in coppia con "I giorni del ricordo". Ok, quella è di secoli orsono, e sempre secoli orsono Chu mi aveva chiesto la versione di Sirius, ma Sirius proprio non ce la poteva fare a parlare di quei giorni con Azkaban così incombente, quindi si è concentrato decisamente sulla parte più divertente della faccenda, che è quella in cui ha un braccio rotto. Il che è deprimente, a ben pensarci.
Oh, be', speriamo che Chu gradisca.

Ultima cosa. Sentite uno strano rumore? Credo siano tutti i miei insegnanti di italiano che urlano (tranne quella di terza media che non capisce dove stia il problema). Avete presente quante volte ripetevano che non si può passare dal passato al presente nello stesso testo? Ho sempre sognato di avere una buona scusa per farlo impunemente. Dedicato, quindi, alle mie prof, tranne che a quella di terza media che giurerei non se n'era nemmeno accorta. Ma del resto è quella che ha ammesso di non aver capito il primo libro di Harry Potter, e non sto nemmeno scherzando.

Ok, basta ciance. A voi. Che ne dite?

Miki

 

  
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