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Autore: lady hawke    06/09/2010    5 recensioni
Remus non si era mai fatto alcuna illusione su quella che sarebbe stata la sua vita scolastica a Hogwarts; una vita il più possibile schiva e riservata, per evitare seri guai a sé e agli altri.
Che fare dunque, ora che il suo segreto è stato scoperto? Non aveva tenuto conto dell’eventualità che avrebbe potuto farsi degli amici, né che questi sarebbero stati con lui gentili, complici e indulgenti nei riguardi delle sue fantasiose scuse
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Note: Ho scritto questa storia in breve tempo. E' il genere di storia che avrei voluto scrivere da un sacco, ma si sa, l'ispirazione arriva quando arriva... A voi ^^


Remus non si era mai fatto alcuna illusione su quella che sarebbe stata la sua vita scolastica a Hogwarts; una vita il più possibile schiva e riservata, per evitare seri guai a sé e agli altri. Non aveva tenuto conto dell’eventualità che avrebbe potuto farsi degli amici, né che questi sarebbero stati con lui gentili, complici e indulgenti nei riguardi delle sue fantasiose scuse.
Ogni mese, per due anni e mezzo, aveva inscenato le ipotesi più improbabili e più assurde per potersi assentare dalla sala comune e dal dormitorio per qualche giorno. La salute cagionevole oltre l’umanamente concepibile era diventato il suo cavallo di battaglia: d’altra parte la cera che aveva quando tornava a farsi vedere, dopo la degenza in Infermeria, lasciava ben pochi dubbi. Ma non poteva nascondere i graffi, i lividi e tutte le contusioni non attribuibili ad un corpo fragile. Aveva degli amici svegli e intelligenti: inutile illudersi.
Quando alla fine dovette rendersi conto che loro avevano compreso gli era crollato il peso del cielo addosso. Non gliel’avevano detto apertamente; per la verità non si parlavano dalla luna piena dei due giorni precedenti, dopo la quale nessuno era passato a trovarlo come al solito. Era ormai tempo di tornare nella torre di Grifondoro, ma Remus non riusciva a trovare il coraggio di andarsene.
- Signor Lupin. – gli disse improvvisamente la Chips con il suo cipiglio un po’ burbero. – Non c’è più alcun motivo che la trattenga qui, può andarsene dai suoi amici.
Parole che generalmente l’avrebbero reso molto felice, ma che quel pomeriggio assumevano il tono di una condanna. Non avrebbe però potuto nascondersi ancora a lungo. Remus si fece sfuggire un sospiro che somigliava più ad un gemito, e si mise in marcia per i corridoi affollati. Le lezioni erano finite da più di un’ora, e benché tutti avessero dei compiti da fare, la gran parte degli studenti era in giro a ciondolare. Remus avrebbe preferito che non ci fosse nessuno; faticava a nascondere la paura che sentiva e che montava come un’onda ogni volta che ripensava a quello che avrebbe potuto sentirsi dire da James, Sirius e Peter.
Arrivò davanti al ritratto della Signora Grassa poco dopo, e quasi si sorprese di aver fatto tanta strada. Le sue gambe avevano continuato a muoversi per una sorta di consuetudine acquisita nel corso di oltre due anni. La strada che portava dalla Sala Comune all’Infermeria gli era tristemente nota. Balbettò a fatica la parola d’ordine ed entrò. La stanza era affollata, e Lupin si guardò intorno quasi trattenendo il fiato, come un animale braccato: nessuno fece caso a lui, e sulle prime non vide nessuno dei suoi amici. Si accorse solo in un secondo momento della sagoma di Peter scivolare quasi di corsa verso le camere. L’aveva evitato di proposito, e a quel pensiero sentì salirgli un groppo in gola. D’altronde questa era la normale reazione della gente nei confronti di uno come lui. Perché stupirsi?
Non aveva idea di come avrebbe dovuto comportarsi da quel momento in avanti, ma in un rigurgito di coraggio decise di salire ed affrontare quello che doveva. Attraversò la stanza, incurante del vociare, e salì le scale. Aprì la porta della camera sentendo in sottofondo la voce di Peter bisbigliare un “sta arrivando” che lo mortificò e lo fece arrossire di vergogna. James e Sirius erano nella stanza, seduti sul letto di Potter: stavano facendo i compiti, o almeno questa era l’impressione che volevano dare. Peter si stava accomodando accanto a loro goffamente.
- Bentornato. – lo salutò Sirius con un tono amichevole, ma senza prestargli attenzione. Cosa rara per lui, non aveva nemmeno alzato lo sguardo dal suo libro.
Remus Lupin rimase interdetto, il cuore batteva all’impazzata. Non fece un passo per avvicinarsi, non si mosse. Si sentiva paralizzato. – Inutile fingere. – esordì con voce incolore. – Vi ho visti l’altra notte, mentre la Chips mi riportava al castello.
- Già, perché fingere? – fece eco James, fissandolo negli occhi, a differenza di quanto fatto dall’amico. Con orrore il ragazzo vide che la pergamena che Potter teneva in mano altro non era che un calendario lunare.
- Potevi dircelo. – disse Peter.
- Io… - Remus tentò di articolare un suono, ma si accorse che la paura e la vergogna gli impedivano quasi di parlare. – Io… - tentò di nuovo – Avevo promesso al preside che non ne avrei fatto parola con nessuno.
- Ma noi siamo i tuoi amici. – lo interruppe Sirius, approfittando di una delle sue lunghe pause.
– Stiamo sempre insieme.
- Hai passato due anni a inventarti storie e a raccontarci bugie. – continuò James.
- Bugie così assurde che era impossibile crederti. – aggiunse Peter.
Il ragazzo chinò il capo, accerchiato. C’era qualcosa di pacato nel tono di tutti e tre, ma forse questo era peggio di ogni sua più cupa previsione. Non sapeva che dire o che fare. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e fece uno sforzo sovraumano per non farle scendere sulle guance. Il gelo era calato nella camera.
Peter, che più di tutti era rimasto impressionato e spaventato dalla scoperta, si ritrovò incapace di sopportare l’aria così abbattuta dell’amico, e abbassò a sua volta lo sguardo.
Sirius, disabituato ad essere clemente, e più infastidito dalle bugie che dall’aver fatto i compiti con un lupo mannaro per due anni, si voltò verso James, che aveva l’aria di qualcuno a cui era sfuggita di mano la situazione. Nessuno di loro metteva in dubbio la loro amicizia, ma si erano sentiti ingannati: non li aveva ritenuti degni della sua fiducia. E mentre pensava a ciò, non riuscì a trattenersi dal porre un’ulteriore domanda.
- Sei giovane per essere un mannaro. Com’è successo?
Remus percepì quella domanda come un insulto. – A che ti serve saperlo? Per raccontarlo in giro e farmi cacciare da scuola? – urlò, sfogando tutta in una volta la rabbia, la tensione e la paura.
- Il preside ha permesso che tu venissi a scuola, deve avere i suoi buoni motivi. – intervenne Sirius. – A noi dispiace solo che tu ce l’abbia nascosto.
- Se ve l’avessi detto mi avreste trattato come un appestato, e non sareste più stati miei amici.
– proruppe Remus, confuso.
- Noi vogliamo essere i tuoi amici come prima. Lupo mannaro o meno.
- Ma l’altra notte siete fuggiti, vi ho visto.
- Volevamo fermarci, - spiegò Sirius, - ma tu non stavi bene, e la Chips continuava a stare in mezzo ai piedi girandoti intorno: non volevamo orecchie indiscrete all’ascolto.
Lupin sbattè le palpebre, incredulo. Era stato così certo, così sicuro di perderli.
- Siete sicuri? – domandò, perplesso, appoggiando la schiena al legno della porta.
- Stai forse dicendo che non vuoi essere amico nostro? – chiese a sua volta Black con un’aria sconvolta così falsa che Peter cominciò a ridacchiare. – Ehi, James, l’hai sentito? Anche tu Peter, ma vi rendete conto? Noi lavoriamo giorni per lui e lui non ci vuole.
- Che vorresti dire? – Remus era sempre più sorpreso dal comportamento degli altri, faticava a seguirli.
Sirius gli fece segno di salire sul letto e lui si avvicinò, titubante, passandosi una mano sulla faccia, come a scacciare dal viso i terribili cinque minuti appena trascorsi.
- Ci dispiace, non volevamo farti preoccupare. – si scusò James, che aveva notato il gesto dell’amico. Una sorta di riserbo e di imbarazzo impedì agli altri di parlare del fatto di aver visto Remus così in difficoltà, ma erano pronti a farsi perdonare. Peter gli mise in mano un po’ di Api Frizzole sparse sul copriletto, mentre James si accingeva a spiegare.
- Abbiamo guardato il calendario lunare tra ieri e oggi, e abbiamo ventotto giorni prima della luna piena.
L’interessato annuì con un gemito. – Purtroppo.
- Non è un sacco di tempo, ma qualcosa si può fare…
- Fare che?
- Fallo finire! Intendeva dire venire con te al Platano Picchiatore. – intervenne Sirius con l’aria di chi spiega ovvietà.
- E’ impossibile! – esclamò Remus. – Ed è pericoloso, per voi come per me. Non sono in grado di riconoscervi con la luna piena, potrei aggredirvi! E poi il Platano copre soltanto il passaggio verso la Stamberga Strillante; è là dentro che sto tutta la notte. L’ha deciso il professor Silente per evitare che facessi del male a qualcuno.
- La Stamberga è un posto deprimente per starci soli. – commentò Peter.
- Dimentichi il mantello di mio padre. I lupi mannari non vedono le persone nascoste da un mantello dell’invisibilità, e se non ci vedi non puoi farci del male.
- Ma sentirei il vostro odore. Non è consigliabile che voi mi seguiate, l’olfatto è perfino più preciso della vista. – spiegò, trovandosi nella buffa situazione di essere paragonabile ad un insegnante che spiega una lezione.
- D’accordo, professorino, non ti scaldare. – fece James.
- C’è un’alternativa. – suggerì Peter.
- Abbiamo anche studiato, tralasciando i compiti per te, pensa. – aveva detto Sirius con un sorriso obliquo. – E abbiamo scoperto che i mannari non aggrediscono gli animali.
- Lo so, però…
- Per cui ve fossimo degli animali potremmo stare con te. Se fossimo Animagi, come la McGranitt, potremmo farti compagnia tutta la notte senza pericolo.
- Come vedi… - concluse James – non è una cosa insormontabile…
- James, devi essere maggiorenne e avere l’autorizzazione del Ministero per diventare un Animagus, è difficile e molto pericoloso!
- Abbiamo sempre O in Trasfigurazione, si può fare. – obiettò Sirius.
- E non possiamo permetterci di aspettare anni, scartoffie, autorizzazioni di impiegati boriosi… - elencò James. – In fondo è solo un piccolo problema peloso.
- Che noi risolveremo con altrettanti piccoli problemi pelosi per farti compagnia.
Remus Lupin si rese conto in quel momento di cosa stavano discutendo e della follia del piano dei suoi amici. Ma si bloccò: - Piccolo problema peloso, lo chiami? – disse scoppiando a ridere.
Fu un guizzo azzeccato, da parte di James, perché da allora si riferirono sempre alla licantropia di Remus con quel termine. E Remus stesso, anche dopo anni, si ritrovò a sorridere con tenerezza per quella dimostrazione di affetto che era stata l’inizio del periodo più felice della sua vita.
  
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