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Autore: SLAPPYplatypus    07/09/2010    4 recensioni
"Lei non era più una vera persona. Voleva solo sentirsi uguale, in fondo, per dimenticarsi o per cambiarsi."
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non tutte le storie finiscono bene, ma solo una minima, fortunata percentuale. Il resto finisce per essere dimenticato, giudicato banale, troppo triste o semplicemente troppo triste per essere ricordato. Eppure, la maggior parte delle storie finisce così, o almeno la maggior parte delle storie che ho sentito, delle storie che ho vissuto. Qualcuno dovrebbe davvero scrivere un manuale della vita, un manuale per vivere. Per sopravvivere senza essere schiacciato, dagli altri o da sé stessi. Perchè farcela non è sempre scontato.

Se vi aspettate una storia su star fighissime e strapagate, o giovani e stupide ereditiere, beh, mi dispiace deludervi. Questa storia vuole essere dalla parte degli sfigati, della minoranza, di quella minima parte, presente ovunque ed in ogni cultura, di persone di cui ci si vergogna, che vengono ignorati e dimenticati in un angolo, sperando che il problema si risolva da sé. Ma questo non capita mai.

Non è capitato a me, non è capitato a Fiona, e non è capitato a Kurt, come non è capitato a lei. Sheena. L'unica differenza, è che Sheena era piccola, solo una ragazzina. Una sedicenne condannata soffrire per gli errori di qualcun altro, morire per mano di sconosciuti.

Sheena non voleva morire, voleva solo una vita diversa dalla propria, così rubava la vita alla gente. Lei non era più una vera persona, era identificabile con un'entità astratta, costituita solo da Converse, vestiti stropicciati e libri: i suoi libri preferiti erano quelli di altra gente, e le sue canzoni preferite erano quelle che non sceglieva lei. Voleva solo sentirsi uguale, in fondo, per dimenticarsi o per cambiarsi.

Sheena non è sempre stata così, Sheena era felice, prima. Prima che suo padre non la lasciasse tra le braccia di una donna che non era in grado di prendersi cura di lei, anche se era un'infermiera. Prima che sua madre diventasse critica e piena di pregiudizi. E annoiata, tanto annoiata da cercare qualcosa che non riguardasse la figlia, la sua piccolina. Prima che la migliore amica scomparisse, sollevando solo un pochino di polvere ed un debole puff. Tutte le tragedie iniziano così, in fondo: un semplice errore di distrazione.

Merda, le chiavi. Sapevo che stavo dimenticando qualcosa. Lo sentivo.

«Eccoti, signorinella. Dove sei stata? Hai la vaga idea di che ore siano?» Tipico. Tipico, della madre peggiore. «Credi che io mi diverta? Credi che sia divertente per me, cercare di essere una buona madre? Credi di essere la figlia più facile del mondo?», quella donna aveva dei problemi. No, io non credevo di essere la figlia più facile del mondo. Io sapevo di essere la persona più difficile del mondo.

Tutto era difficile. Parlare, vestirsi, camminare, mangiare. Pensare non era difficile, quello era solo doloroso. Tanto, e ogni pensiero si collegava a lei, niente richiamava la mia attenzione su altri punti. Lei era ovunque, mi guardava, a volte mi parlava. Mi chiedeva perchè non la cercassi, si avvicinava e mi sussurrava che ero l'amica peggiore del mondo. Io piangevo e lei mi diceva che era solo quello che mi meritavo, io urlavo e lei mi guardava. Era come un circolo vizioso.

E uscirne era impossibile.

   
 
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