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Autore: Terre_del_Nord    07/09/2010    11 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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That Love is All There is
Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Storm in Heaven - III.005 - Per il Cuore, Per il Sangue (2)

III.005


Alshain Sherton
Herrengton Hill, Highlands - mar. 21 dicembre 1971

Al cenno di Fear, concentrai tutta la mia attenzione sull'ara e iniziammo a muoverla sopra le nostre teste con la Magia, mantenendo il suo equilibrio perfetto: eravamo alla guida della processione, tutti insieme stavamo lasciando la radura, inoltrandoci tra gli alberi per raggiungere il sentiero che, incuneato tra gli speroni di roccia e illuminato dalle fiaccole, scendeva lentamente fino alla spiaggia. Come da tradizione, a parte mia moglie e mia figlia che mi seguivano da vicino, tutte le altre donne rimasero nella radura, salmodiando, in un sussurro appena udibile, le antiche litanie, con cui, figlie della Luna, da millenni piegavano la Natura al proprio volere: era grazie a loro e alla loro Magia potente che, nel rigido inverno, la terra non si trasformava in pericolose lastre di ghiaccio sotto i nostri piedi, grazie a loro che la voce di Herrengton parlava alle nostre orecchie, rivelandoci il pericolo e salvandoci da morte certa. La loro forza, però, s’infrangeva da sempre sulla porzione di spiaggia sottostante. Nessuno sapeva il perché, i secoli avevano cancellato ogni memoria, ma per qualche arcana Maledizione la spiaggia antistante alla grotta di Salazar era da sempre a loro preclusa: qualunque Strega, comprese le Streghe del Nord, mettendo piede su quella spiaggia durante i Sabba, perdeva la propria potenza e molte di loro, addirittura, andavano incontro alla morte.
Alcune leggende dicevano che, in un remoto passato, la Luna avesse maledetto la spiaggia per gelosia e per necessità: evocando il suo potere in quella Terra Sacra durante i Sabba, infatti, le Streghe per secoli avevano accumulato una forza sempre più grande, diventando a mano a mano così superbe da considerarsi divine al pari della Madre Celeste, pretendere per sé l'adorazione che era dovuta all’Astro e istillare nel popolo l'idea che la Luna fosse solo una gelida roccia che loro stesse avevano innalzato e confinato in cielo, a dimostrazione delle proprie capacità. Un giorno, però, la Luna, proiettando il suo raggio, eresse attorno alla spiaggia di Herrengton una barriera di rocce che da quel momento limitò la Magia delle Streghe, impedendo di avvicinarsi a quel luogo influente e strappando loro le capacità concesse in passato. Fin da bambino, forte degli insegnamenti di mia madre, non avevo mai creduto a quelle leggende e, crescendo, avevo compreso come quella storia fosse una delle tante espressioni della misoginia che permeava, da sempre, la Confraternita, al pari del riconoscimento della sola discendenza maschile. Avevo sentito, però, forte, la curiosità di trovare delle risposte, soprattutto al fatto che, dopo il naufragio di Salazar Slytherin tra quegli scogli, alle Streghe della mia famiglia era stato concesso di partecipare ai Riti sulla spiaggia, senza riportare danni alla propria salute e alla propria Magia. Salazar doveva aver scoperto quale mistero si celasse davvero in quei luoghi e, senza condividere con altri le proprie conoscenze, aveva favorito i soli Sherton, restituendo loro anche quel potere, per ricompensarci dell'aiuto ricevuto. Forse, nascosto tra gli appunti dell'Anello di Salazar, c'era la spiegazione di questo enigma, ma pur avendo realizzato una copia del manoscritto, che stavo studiando con attenzione da mesi, non ero ancora arrivato a una soluzione. E, neppure, a un piano alternativo per salvare mio figlio e il resto della mia famiglia da una minaccia mortale, quale era Milord. Mi riscossi; per quanto cercassi di fissarmi su altri pensieri, finivo sempre lì: non riuscivo a non pensare a Mirzam, che affrontava di nuovo la foresta di Herrengton, stavolta senz'altra difesa che la propria mente, e a Sile, che rischiava di morire, aspettando, inerme, di essere salvata da lui.

    “Hai fatto la scelta giusta, Alshain: tra poco più di un'ora saranno di nuovo tra noi, si sposeranno e avranno in dote un dono prezioso da Herrengton.”
    “Lo spero Fear, lo spero davvero! Lo spero per te! Perché se qualcosa andasse storto, non scorderò mai che sei tu il responsabile di questo folle piano! Tu e la tua dannata capacità di rendere un inferno la vita del prossimo!”
   
Il vecchio mi guardò con la consueta aria serafica, quella di chi ha già visto tutto e sa perfino cosa ci riserva il Futuro. Nella mia vita avevo incontrato solo un'altra persona che riusciva a mandarmi in bestia come lui, quando mi osservava con quell'espressione candida, tipica di chi cela un animo malevolo, capace di manipolare le persone sostenendo di farlo per il Bene Superiore ma, in realtà, facendo i propri interessi. Sollevai gli occhi verso la bilancia, i due piatti non erano più in equilibrio da quando avevo lanciato il getto di luce dorata verso il mare, per informare il Portatore della Sposa che il Rito aveva inizio. Ora, addirittura, entrambi i bracci si erano piegati e puntavano a terra. Tremai: anche mio figlio, adesso, non più solo Sile, era in pericolo ed io dovevo stare lì, ad aspettare, come un inutile fantoccio, senza poter fare nulla per nessuno dei due.

    “Tuo figlio è un uomo, Alshain: d'ora in poi lotterà per la sua famiglia, per coloro che ama, per coloro che vuole e che deve proteggere. Mirzam ormai è uscito dalla tua casa, ha smesso di essere solo un figlio e oggi diventerà come te, tanto nel potere quanto nelle responsabilità!”

Guardai Fear: sapevo che era così, anche se non ero ancora pronto ad accettarlo. Se fosse capitato loro qualcosa...  Se fosse capitato qualcosa al mio Mirzam... Per quanto “giuste” fossero le ragioni che ci avevano spinto a tanto, non me lo sarei perdonato mai.

***

Alshain Sherton
Morvah, Cornwall - 1 maggio 1971 (flashback)

Il sole stava tramontando rapidamente, irradiando il suo ultimo respiro tutto attorno a me, attraverso le antiche vetrate variopinte: osservavo la luce penetrare in quella penombra, fenderla, animarla dividendosi in molteplici raggi che scivolavano nell'angusta aula di nuda pietra, risalivano lungo il marmo liscio delle colonne snelle per restare intrappolati, infine, nelle orbite vuote dei mostri alati, che popolavano come incubi i bassorilievi dei capitelli. Nervoso e impaziente, avevo camminato a lungo lì dentro, assorto, seguendo i disegni dei mosaici sul pavimento, ruotando col pollice l'anello che portavo all'anulare destro e, a ogni giro completo, mi chiedevo di nuovo per quale ragione mi trovassi lì. Appena avevo sentito la voce attesa, mi ero voltato e, già vedendolo, tutti i tasselli avevano iniziato a disporsi nella giusta posizione, formando un disegno che non mi piaceva per niente, cercai tuttavia di non far trasparire subito i miei dubbi, avvicinandomi cordiale alla figura che era appena entrata, affascinato dal contrasto tra le vesti babbane che indossava per l'occasione e l'orgoglio di Purosangue che traspariva dai tratti austeri e dal disgusto trattenuto a stento per ciò che lo circondava. Mi era già sembrato bizzarro che mi avesse chiesto di non vederci a Herrengton né in qualche altra località delle Terre del Nord, ma scegliere addirittura una chiesa babbana per fissare un appuntamento! Vederlo in quel luogo, così inadatto a un individuo come lui, era a dir poco inquietante.

    “So che cosa ti stai chiedendo: che cosa ci facciamo qui? Come ti ho dimostrato in molte occasioni, le apparenze spesso ingannano, Alshain: questo luogo è molto di più di una semplice chiesa, guarda tu stesso che cosa c'è qui, sotto gli occhi di tutti!”

Seguii con lo sguardo la sua mano che accarezzava lieve, con la punta delle dita, una fila di blocchi di marmo rosa che correva tutto intorno all’aula a circa un metro e mezzo da terra, fino a raggiungerne uno di marmo bianco in mezzo alla parete nord: era rovinato dal tempo, consumato e fratturato agli spigoli, lacerato da una ferita profonda che lo tagliava da destra a sinistra, ma al centro si poteva ancora riconoscere un segno simile a una rudimentale croce ruotata, un segno forse male interpretato dai Babbani, tanto da indurli a non scartare la pietra, anzi a metterla in una posizione di rilievo. Il vecchio aveva sorriso trionfante, vedendo che iniziavo a intuire, con un cenno m’invitò ad avvicinarmi per studiare meglio quella che, lo vedevo da me, era una Runa antica.

    “La riconosci, vero? In giro per la chiesa ce ne sono altre, ma non tutte visibili quanto questa. Comprendi ora in quale luogo sacro ci troviamo? Credo di averlo trovato, finalmente!”
    “È difficile affermare che si tratti proprio di una Runa, è troppo rovinata!”
    “Andiamo Alshain, è evidente che è Nyd! E di là, sulle altre pareti perimetrali, sono riconoscibili anche Os, Lagu e Wynn(1). Sai che cosa significa? Questa chiesa sorge sulle rovine di un antico tempio eretto dai nostri padri alla Triade, magari proprio quello in cui ha avuto origine la “Diaspora”(2)!”

Il mio cervello aveva subito iniziato a formulare obiezioni a quelle deduzioni ardite, ma non era contestare il legame tra la presunta Runa Nyd e la chiesa che mi premeva, quanto capire il senso ultimo della situazione.

    “Scendiamo nelle Catacombe, non avrai più dubbi, quando vedrai il Triskell (1) nascosto qua sotto! Basta confondere ancora per un po' i sensi del custode e…”
    “Perché siamo qui, Fear? Non dirmi “Per cercare i segni degli antichi dei”, non sono uno stupido!”
    “Possibile che non si possa mai fare una cordiale conversazione tra amici, con te? D'accordo, Alshain, vado al punto, visto che lo preferisci. Ti ho dimostrato che questo è uno dei nostri luoghi più sacri...”
    “Se lo dici tu!”

Mi guardò spazientito, come ogni volta che, da ragazzino, interrompevo le sue sulfuree lezioni di Arti Proibite con i miei interventi carichi di dubbi, domande e contestazioni.

    “È il luogo perfetto, quindi, per sancire un importante patto. Donovan Kelly si è addirittura commosso: era dove ti trovi adesso, quando mi ha dato il suo consenso ed io gli ho fatto la promessa di...”

S’interruppe, teatralmente, per guardarmi sibillino, consapevole di potersi aspettare da me, a quel punto, qualsiasi reazione: il senso di disagio che mi aveva accompagnato dal primo istante si trasformò subito in ira furibonda, sentii andarmi il sangue alla testa e un’irresistibile voglia di fargli del male accese la mia Magia, al punto che ebbi difficoltà a controllarla e a contenerla.

    “Che cosa? Mi stai dicendo che sei andato avanti con i tuoi progetti alle mie spalle? Ti avevo detto chiaramente che non ero interessato e che non ti avrei mai dato il mio consenso in quel piano folle!”
    “Posso farlo anche senza il tuo consenso, Alshain, anche senza alcun consenso. Se ho reso partecipi del mio piano te e Donovan, è solo perché potreste aiutare meglio di chiunque altro i vostri figli nei preparativi.  Se però tu preferisci restarne fuori, va bene, faremo tutto da soli.”
    “Se credi che mi limiterò a non aiutarti non mi conosci! Odio essere ingannato e odio chi cerca di ingannare i miei figli!”
    “Strano, detto da un uomo che non ha avuto remore a lanciare un “Imperius” sul proprio primogenito! Come ti sei giustificato all’epoca? Ah, sì… Era “per il suo bene”, ricordi?”
    “Ti avverto: sto per scordarmi di rispettare la sacralità di questo posto e qualsiasi Patto di Segretezza Magica!”
    “No, non sei più il tipo che si abbandona alla violenza, Alshain. Non lo faresti mai: potresti ancora rovinare un uomo, ma non lo uccideresti, nemmeno in un impeto di rabbia. Anche perché una parte di te sa che sono nel giusto e chiede il mio aiuto. Perché non si tratta di ingannare, quanto di proteggere, di omettere dettagli, non di mentire. Non farei mai a te e a Donovan una proposta simile, se aveste un piano alternativo: so che state cercando un modo per proteggere quei ragazzi da Milord, ma da soli non ci riuscite, mentre io ho trovato il modo di aiutarli e ve lo sto offrendo!”
    “Sofismi, Fear, i tuoi soliti sofismi: con sofismi simili, hai causato la morte di mia madre, quando le hai proposto la tua soluzione per annullare la Maledizione delle figlie femmine. Mio padre giustamente ti ha allontanato, io invece, come uno stupido, alla fine ti ho perdonato, e sono caduto di nuovo nelle tue trappole. Mi sono fidato ancora di te e cosa ho ottenuto? Vederti qui, di fronte a me, a perorare la tua folle idea di sottoporre quei ragazzi a un maledetto Rito di Magia Oscura! Sono suo padre, Fear, e sono a capo della Confraternita, non posso accettarlo! Se non rinunci con le buone, ti costringerò con la forza!”
    “Non sei stato molto attento ai miei insegnamenti, Alshain, altrimenti sapresti che non tutti i Riti di Sangue sono Magia Oscura!”
    “Smettila, Fear, non provare a rigirarla come tuo solito: sapresti far passare per un' opera nobile e giusta persino un sacrificio umano, ti conosco!”

Fear sorrise, non poteva negare: sapevo quale fosse la sua filosofia, qualunque azione non è buona o malvagia in sé, lo diventa sulla base dei risultati che vogliamo trarne; cresciuto con quegli insegnamenti, avevo commesso nefandezze per anni, solo accanto a Dei, l'influenza di Fear aveva smesso di agire su di me. Conoscendolo, non l'avrei mai fatto riavvicinare alla mia famiglia, ma ero stato costretto, quando Mirzam aveva intrapreso un percorso pericoloso, affascinato dalla figura di Milord e, a quel punto, avevo deciso di affidare la sua istruzione specifica nelle Arti Proibite al più potente Occlumante della Confraternita, l'unico capace di spiegare a mio figlio come difendersi da un vero Mago Oscuro, usando anche quella malvagità che né io, né sua madre saremmo mai stati in grado di trasmettergli.

    “Quello di cui stiamo parlando é un Rito di Sangue, vero, ma il Rito del Primo Sangue diventa Magia Oscura solo se è accompagnato da violenza, se chi lo subisce non è consenziente, o se si cerca di potenziare col Sangue di Vergine il proprio potere Oscuro. Capisci da solo che non è il loro caso, Alshain: Mirzam e Sile si sono consacrati l'uno all'altra per amore reciproco e incondizionato, senza immaginare di eseguire anche un Rito, né che fosse possibile sfruttare il potere di quell'unione a proprio vantaggio. Io vorrei soltanto chiudere, a Yule, quel Rito iniziato in una notte di Plenilunio di quattro anni fa, quando scambiandosi l’un l’altro il loro Primo Sangue, si sono amati per la loro prima e unica volta...”
    “L’unica, grazie a te, che hai raggirato Donovan, convincendolo a imporre per il fidanzamento delle condizioni assurde! Dovevo capirlo che era opera tua, malefico vecchio! Avevi già tutto in mente da tempo!”
    “Non lo nego! Ho capito al processo che quei due erano destinati a stare insieme e quando ho scoperto che era stata la prima volta per entrambi, ho spinto Donovan a tenerli separati finché non fosse stato il momento giusto! Me ne dovrei vergognare? Dovrei chiedere perdono? Con questo Rito, se l’Oscurità li attaccasse, la vita di entrambi sarebbe in salvo!”
    “E a che prezzo, Fear? Come diavolo sei riuscito a convincere Donovan a mettere sua figlia in pericolo, lui che per Sile si butterebbe nel fuoco? Cosa gli hai promesso?”
    “La certezza della salvezza, se dovessero affrontare un pericolo mortale!”
    “Per loro, l'unico vero pericolo mortale sei tu, tu e questa tua brillante trovata!”
    “Nel futuro di tutto il mondo magico c'è l'Oscurità, Alshain, lo leggi da anni nelle Pietre Veggenti e non dormi cercando un sistema per mettere al sicuro la tua famiglia: io per ora so come salvare Mirzam, so che Herrengton può proteggerlo! Non rinunciare a questa preziosa opportunità per paura!”
    “Paura? Se sapesse la verità, se sapesse qual è il vero prezzo, Mirzam non accetterebbe mai questo patto!”
    “Se è questo che ti turba, allora sei un ipocrita! Non posso credere che lo preferiresti morto! E comunque… qualunque fosse il prezzo, per Mirzam non sarebbe un sacrificio, perché in cima ai suoi pensieri c’è Sile, per lei rinuncerebbe a tutto! Lui è proprio come eri tu, che per Deidra eri disposto a rinunciare a ogni cosa! Quanto a Sile, quando ha deciso di sposarlo, ha accettato i rischi che ne conseguivano, nemmeno un'orda di Dissennatori di Azkaban riuscirebbe a tenerla lontano da lui! Hanno già dimostrato che cosa vogliono, Alshain, ora lascia che Herrengton li protegga!”
    “Se fossi così sicuro delle loro reazioni, avresti il coraggio di affrontarli e dire loro, senza inganni, per quale vero motivo vorresti che affrontassero un Rito rischioso come il Matrimonio Tradizionale, cosa intendi fare davvero, nascondendo tra i tanti Rituali previsti anche quello che completa un Rito del Primo Sangue e soprattutto, che cosa si deve pagare a Herrengton in cambio della salvezza che pensi di offrire loro! Lasciali decidere da soli, in piena consapevolezza: non puoi essere tu, io o qualcun altro a scegliere al loro posto qualcosa che cambierà per sempre la loro vita!”
    “Lo farei, ma se sapessero, il Rito non funzionerebbe a dovere: la Magia deve sgorgare da loro pura e incondizionata, senza la mediazione della Ragione.”

Gli diedi le spalle, deciso a non ascoltare altro e andarmene: avevamo già fatto quel discorso un paio di settimane prima, quando era stata diffusa la notizia del fidanzamento e Fear mi aveva chiesto di incontrarci per parlarmi di un sistema sicuro per proteggere Sile e mio figlio anche fuori delle Terre del Nord, anche da nemici che fossero dei Purosangue.

    “Per quanto vuoi continuare, Alshain? Non credi di aver già fatto danni a sufficienza con questa tua dannata fissazione per la libertà? Sono ventuno anni che lo lasci libero di rompersi la testa come vuole! Quali sono i risultati? Ha commesso errori su errori, si è esposto a pericoli e ricatti, ha messo a repentaglio se stesso e coloro che ama! Se l'avessi istruito al Dovere, certe cose non sarebbero successe, se gli avessi imposto di dedicarsi solo alla Confraternita, il Male non l'avrebbe toccato mai!”
    “Questo non possiamo saperlo!”
    “Di questo, nel profondo del tuo cuore, sei convinto anche tu! Con gli altri tuoi figli sei ancora in tempo, ma con questo, ormai... Se lo amassi come dici, ammetteresti i tuoi sbagli e cercheresti di porvi rimedio, facendo quello che va fatto!”
    “Ti sbagli, Fear… sono ancora in tempo anche con lui!”

Fear aveva sempre saputo colpire dove faceva più male e, anche stavolta, non aveva mancato il bersaglio. Era vero, da anni mi sentivo responsabile: ogni volta che vedevo mio figlio commettere errori o muoversi nell’incertezza, avevo la dimostrazione di essere stato un pessimo esempio, di essere imperfetto, incerto, dubbioso e di aver trasmesso queste debolezze ai miei figli, facendoli crescere pieni di domande, in un mondo in cui, per sopravvivere, era necessario avere fede in qualcosa, una fede magari mal riposta, ma che fosse solida e assoluta.

    “Non so che cos’altro dirti per convincerti, Alshain, tu sei libero di non aiutarmi, ma sappi che non puoi fare più nulla per impedirmelo: stanotte, mentre si festeggiava Beltane in pieno Novilunio, Jarvis Warrington ha accettato di aiutarmi e laggiù, nelle Catacombe, nell'istante esatto in cui si è levata Aldebaran unita al Sole, ha pronunciato di fronte a me e Donovan il “Voto Infrangibile” con cui si è impegnato a vestire i panni del “Portatore della Sposa”. La Magia di questo Tempio ha sancito il patto, nessuno può opporsi alla sua missione. Ora, mentre siamo qui, sta parlando a tuo figlio del potere della Tradizione Antica, gli suggerirà di sposarsi secondo un Matrimonio Tradizionale, e incuriosito, Mirzam chiederà a lui, non a Rodolphus Lestrange, di fargli da testimone.”
    “Anche Warrington! Salazar! Di quanti martiri hai bisogno stavolta, Fear?”

Il vecchio mi guardò intensamente, una nota di sfida sul volto segnato dal tempo.

    “Nessun martire! Alshain, con il tuo aiuto possiamo limitare al massimo i rischi che correranno e nessuno saprà mai niente, rendendo ancora più efficace il Rituale: nessuno dei Maghi in vita ha mai visto un vero Matrimonio Tradizionale, possiamo completare il Rito del Primo Sangue, durante la Cerimonia, senza che nessuno si renda conto di cosa sto facendo, e sfruttando tutto il potere della Confraternita che ne sarà inconsapevole testimone! Ti prego. Ho fiducia in Mirzam e in Sile, nelle loro capacità e nel loro amore. E ho fiducia in te: so che alla fine farai la cosa giusta. Ti chiedo solo di credere anche tu in tutto questo e accettare l'aiuto di Herrengton.”
    “Io credo in mio figlio, in Sile, nel loro amore e credo in me, nel fatto che troverò il modo di aiutarli. È di te che non mi fido, Fear, e comunque vada a finire questa storia, sappi che non mi fiderò mai più!”
    “Mi dispiace che la pensi così, ma conto che tu possa ancora cambiare idea, c'è tempo. Anzi, ti faccio una promessa, a dimostrazione della mia buona fede: se riuscirai a trovare un altro modo per salvarli dall’Oscurità, entro Yule, io mi farò da parte. Se non ci riuscirai, invece, io rispetterò il patto che ho stretto con Donovan e farò tutto ciò che è in mio potere, che tu lo voglia o no, per aiutarli: non ostacolarmi. In un modo o nell'altro, conto di ritrovarci ancora fianco a fianco, Alshain, perché il nostro è un fine comune!”

Annuii, poco convinto, solo per non sentire ancora quelle patetiche suppliche: sapevo quanto fossero false, un uomo come Fear, non supplicava mai, se non per ingannare ancora di più il prossimo. Al vecchio parve bastare, mi diede la mano, sollevato, e se ne andò, salutandomi con un cenno del capo, silenzioso come quando era entrato. Appena rimasi solo, il custode della chiesa si risvegliò, confuso e turbato per essersi addormentato al lavoro, mi guardò, diede una rapida occhiata attorno a sé e vedendo che era tutto in ordine, mi salutò impacciato, mentre io, serio e imperturbabile, mettevo mano al panciotto ed estraevo un piccolo rotolo di banconote, che lasciai come offerta, poi uscii nel fresco della sera. Avrei fatto di tutto per impedire a Fear di mettere nei guai mio figlio: avevo già un piano, da mesi, di cui non avevo parlato a nessun altro che a Orion e a Mirzam; appena raggiunsi un parco, m’incamminai tra gli alberi e lì mi smaterializzai, deciso a raggiungere Grimmauld Place e organizzare, con il mio migliore amico, lo scambio degli anelli ai danni di Roland Lestrange.

***

Mirzam Sherton
Herrengton Hill, Highlands - mar. 21 dicembre 1971

Quando ripresi conoscenza, chissà quanto tempo dopo, mi sembrò di galleggiare in un buio catramoso, che mi soffocava e avvolgeva, impedendomi di muovermi e di respirare: era una sensazione della mente, lo capii subito, perché se mi concentravo su me stesso, non sentivo nulla sotto o intorno a me. Forzai le mie dita perché scorressero sul mio corpo, ma non sapevo se avessero risposto all'ordine, non sentii alcun contatto, ogni centimetro del mio corpo sembrava non esistere, era insensibile, privo di coscienza di se stesso. Avevo provato una sensazione simile alle gambe quando, dopo che il tetto rovente della Cancelleria di Doire ci era caduto addosso, ero rimasto in coma per giorni e, in seguito, paralizzato per settimane. La paura folle che, stavolta, cadendo tra le rocce, mi si fosse realmente spezzata la schiena, mi riempì le vene di adrenalina: volevo reagire, fare qualcosa che mi dimostrasse che non era così, che c'era ancora speranza, ma per quanto mi concentrassi e cercassi di riprendere il controllo di me stesso, non riuscivo in nessun modo a cambiare la situazione. Chiusi e riaprii gli occhi, continuava a essere tutto buio, mi accorsi di non sentire nemmeno i suoni della natura che di certo mi circondava ancora, una cappa ovattata mi rendeva completamente sordo.  Ero forse finito sotto metri e metri di terra? O avevo ferite tali che non percepivo più nulla? Pregai che fosse solo uno dei dannati trabocchetti mentali di Herrengton, che tutto quello che provavo, anzi che non provavo, facesse parte della proiezione delle mie paure più profonde, ma non riuscivo a trasformare quella speranza in consapevolezza, non riuscivo a spezzare l'illusione. E se non fosse stata solo un'illusione? In passato erano accadute veramente delle disgrazie simili, me ne aveva parlato lo stesso Jarvis, per farmi riflettere bene su quel Rito Antico di cui mi ero subito appassionato perché avrebbe consacrato in Habarcat i sentimenti che legavano Sile e me. Era quindi possibile che, anche per me, fosse tutto reale, che la mia vita si stesse spegnendo in un pozzo oscuro, mentre i minuti scorrevano via senza che potessi fare più nulla nemmeno per Sile, lasciando che anche la sua vita andasse perduta. Se fosse finita così, se fosse davvero finita così... Era colpa mia, solo colpa mia, della mia incapacità di affrontare con umiltà e razionalità una qualsiasi situazione. Sì, era sempre colpa mia.

    “È colpa tua, è vero, Mirzam Sherton, eppure, lo sai, puoi ancora fare qualcosa! Seguimi, vieni con me, affidami la tua vita! Io non ti tradirò mai, io non ti tradirò come stanno facendo la tua Terra e la tua gente. Se vuoi, ti propongo un patto... ”

Riconobbi all’istante quella voce serpentesca che sibilava nella mia mente, che superava la barriera del vuoto e del buio: i miei occhi si aprirono, ciechi, nelle tenebre, cercando il Mostro che si stava rivolgendo a me, non sapevo se stavano implorando la salvezza, o cercavano di capire dove fosse il Male, solo per cercarne scampo. Non c'era altro che Oscurità, l'Oscurità che faceva parte di me. Fu allora che la ben nota sensazione di gelo mi prese allo stomaco e affondò ancora più profondamente nella mia anima.

    “... un patto equo e interessante, Mirzam Sherton, molto interessante...”

Mi sentii estrarre dal vuoto, sollevare, i piedi percepirono di nuovo la terra sottostante, il mio corpo, pateticamente nudo, proprio come quando avevo lasciato il Cerchio del Sole, era schiaffeggiato dal gelido vento del Nord, carico di gocce salate strappate dal mare che ululava, feroce, sotto di me. Ero sullo sperone di roccia, di nuovo all'inizio del sentiero, il Signore Oscuro, con i suoi occhi fiammeggianti, torreggiava di fronte a me, mi fissava, bramoso di strapparmi l’anima, e ghermiva con le sue mani lordate di sangue due figure inermi, incappucciate: nel suo sorriso malefico, lessi la ferma volontà di gettarle di sotto, senza pietà, tra le rocce acuminate e i flutti.

    “Scegli chi dei due devo consegnare alla Morte, poi potrai continuare per la tua strada!”
    “NO! Tu non hai alcun potere su di me! Sei solo una patetica proiezione delle mie paure! Sei una prova, l’ultima prova, che devo affrontare: chiunque siano, loro non sono qui, tu non hai alcuna influenza su nessuno di noi! L'unica cosa che conta è che io riprenda la discesa!”
    “Ne sei sicuro, Mirzam Sherton? E se fossi un sogno? Se fossi uno di quei sogni che, in questa Terra potente, spesso vi baciano, permettendovi di guardare nei meandri del tempo? Se fossi un sogno destinato a prendere forma, a diventare realtà?”
    “No! Tu sei qui solo per farmi perdere tempo! Vattene! Non hai alcun potere su di me!”
    “Il mio potere è metterti di fronte alla scelta che più temi. Perché… Io sono te, la tua coscienza…”

Lo guardai e con orrore vidi il suo volto trasfigurarsi nel mio, guardavo me stesso, avevo l'osceno Marchio Nero sull’avambraccio sinistro, lo sguardo vuoto e l'espressione stravolta e perduta di chi ha ceduto al Male la propria anima.

    “Con le tue azioni, trasformerai questa illusione in realtà, è solo questione di tempo, lo sai. Arriverà il giorno in cui dovrai implorare la protezione di Herrengton e non ti sarà concessa, a meno di dare la morte all'uno per salvare l'altro!”

Il Signore Oscuro riprese le proprie sembianze, ma non era ancora pienamente se stesso, aveva qualcosa di sconvolgente, di familiare, era la personificazione di tutte le mie più spaventose paure; di fronte a me, con gesti secchi strappò via il cappuccio alle sue vittime, facendomi riconoscere Sile alla sua destra e mia sorella Meissa alla sua sinistra. Sapevo che era tutto illusorio, ma a quella vista non riuscii a mantenermi lucido, sentii un brivido di paura e disperazione, incrociando gli occhi vuoti delle persone che più amavo, terrorizzate come me al pensiero della Morte.

    “Chi sceglierai, quando il Destino chiederà in pegno, per la tua salvezza, la vita di una delle due? Chi sacrificherai per la tua vita e i tuoi sbagli? Potrai proseguire solo dopo aver fatto un patto con te stesso!”
    “Dici di essere me, la mia coscienza, dovresti sapere allora che io non offrirò mai la vita di una delle due, per salvare la mia! Sacrificherò me stesso, piuttosto! Farò di tutto per strappare la vita di coloro che amo dal Male che rappresenti! E ora sparisci, fammi passare!”

Mi misi a correre, lui mollò la presa su Meissa e Sile, lasciandole cadere a terra, ma non riuscì a spingerle nel baratro, impegnato com'era a cercare di trattenermi, io lo travolsi, mi aggrappai a lui, lo trascinai con me nell'abisso, nel vuoto che si apriva alle sue spalle. Chiusi gli occhi, era solo una visione, certo, ma mentre volavo di sotto, sentivo forte il terrore che fosse tutto vero e mi preparai all'impatto del mio corpo che si sfracellava tra i flutti e le rocce. La caduta fu… eterna. Alla fine sentii l'acqua gelata, il freddo pungente che mi ottenebrava, l'aria che, dolorosa, usciva dai miei polmoni in fiamme, vidi la luminosità del cielo che si chiudeva e spariva sopra di me, mentre io sprofondavo sempre più giù, tra i flutti gelidi che sarebbero presto diventati la mia tomba.

    Sile... perdonami… non sono riuscito a...

Affondai sempre di più, perdendo a ogni istante le ultime briciole della mia forza, fino a toccare il fondo; avevo il corpo pesante di dolore, di stanchezza, di rassegnazione, non riuscivo a concentrarmi per provare a combattere ancora, una spossatezza che non avevo provato mai mi spingeva a lasciarmi andare, ed io non riuscivo a contrastarla… Anche se desideravo scoprire cosa fosse la luce azzurrognola che, apparsa improvvisa tra le ombre oscure, sembrava volesse attirare la mia attenzione… La luce nuotava in cerchio attorno a un punto, poi si allontanava in linea retta quindi tornava da me; cercai di forzare la vista nell'oscurità quasi completa, rischiarata appena da quella luce mobile, lì doveva esserci qualcosa di vitale e importante, ma quando provai a muovere i piedi e le braccia per avvicinarmi, il mio corpo non rispose. Affinai ancora lo sguardo, e alla fine riconobbi in lontananza il profilo di uno scafo. Sentii le lacrime, calde, bagnarmi il volto nel gelo che mi circondava: ero arrivato a un passo! Ero arrivato a un passo dal salvare Sile e non c'ero riuscito! Sile era lì, poco lontano da me, stesa nella barca che dovevo raggiungere, quella che ci avrebbe portati in salvo.

    E invece... Ormai non ho più forze nel mio corpo, non ho più...

La luce si avvicinò di nuovo a me, stavolta fin quasi a toccarmi, mentre gli occhi stavano per chiudersi, pesanti, per sempre: in quella luminosità potente e accecante, all'improvviso, percepii un volto simile a quello di un angelo babbano. Un angelo dagli occhi chiari e i capelli corvini. Un angelo con la Runa di Herrengton marchiata sul collo. Il bambino, il mio bambino, mi sorrise e tese verso di me la mano, voleva la prendessi. Con il mio ultimo respiro allungai il braccio, toccai quella mano, lui strinse la mia: era fatta di carne, aveva un calore capace di ridarmi energia, di riempirmi di una forza vitale che non avevo sentito mai dentro di me. Non mollai la stretta, ma chiusi gli occhi incapace di reggere tutta quella luminosità folgorante e mi lasciai andare: nella mia mente vidi me stesso condotto fino allo scafo, lì c'era Sile, esanime, distesa sul fondo, che apriva gli occhi appena sentiva che l'avevo raggiunta e che tendevo le braccia verso di lei per stringerla a me. Eravamo finalmente insieme. Forse era troppo tardi, ma c'ero riuscito. Forse eravamo ormai morti, ma saremmo stati insieme per sempre. Mi abbandonai a quel senso di fatale compiutezza e persi definitivamente i sensi, nella mente il sogno del nostro bambino che, con la sua risata giocosa, ci guidava entrambi verso la superficie del mare.

***

Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - mar. 21 dicembre 1971

Non mi aspettavo che, alla fine del Rito del Solstizio, saremmo andati alla Grotta, ero sicuro che ci saremmo diretti al maniero, che avremmo visto arrivare la sposa su una carrozza volante, trainata da una coppia d’Ippogrifi o di Pegasi bianchi, e che avremmo assistito alla cerimonia nuziale nel Cortile delle Rose. Invece continuavano a non esserci tracce di questa ragazza misteriosa, per la quale ormai morivo di curiosità, anche perché Meissa non mi aveva dato risposte esaurienti, quando a Grimmauld Place ero stato così sciocco da chiederle in cosa, secondo lei, Sile fosse migliore delle mie cugine. Non mi aspettavo che le sarebbe bastato un incontro per cambiare opinione su quell'irlandese: fino a pochi giorni prima ne parlava come di una ladra di fratelli maggiori e ora… sembrava fossero sorelle! Sorrisi tra me, mentre la guardavo da lontano con i suoi genitori e Rigel alla testa della processione, seria e composta, come si conveniva al ruolo cerimoniale che ricopriva quella notte: infondo anche questo mi piaceva di lei, la capacità di cambiare le proprie idee quando si rendeva conto che erano sbagliate. Avanzammo senza difficoltà nella neve, mentre il cielo tendeva ad aprirsi all'orizzonte in una luminosità diffusa: il sentiero non era aspro e pericoloso come quelli che avevamo percorso l'estate precedente con Alshain, anzi scendeva dolcemente e privo d’insidie, tanto che riuscimmo a raggiungere rapidamente la stretta spiaggia. Sperai che Mirzam fosse altrettanto fortunato e non stesse trovando difficoltà, anche se temevo che, durante un Rito del Nord, non si potesse far conto solo sulla Fortuna.
Giunti in riva al mare, guardai verso l'interno della grotta e mi stupii nel vederla ancora buia e vuota, priva di fiori e decorazioni, sembrava quasi che non ci sarebbe stata, a breve, nessuna Cerimonia e al passare dei minuti, con la situazione che, invece di chiarirsi, si faceva più misteriosa e inquietante, arrivai a chiedermi, angosciato, se davvero quel giorno avremmo avuto motivo di far festa. Il sospetto che ci attendessero delle brutte sorprese mi venne quando vidi mio padre impallidire e, seguendo il suo sguardo, notai che entrambi i bracci della bilancia erano come spezzati, piegati verso il basso, a causa della polvere iridescente che aveva iniziato a scorrere veloce, depositandosi e riempiendo anche il piatto sinistro che finora era rimasto vuoto. In piedi, tutti disposti in cerchio attorno all'ara, proprio di fronte all'ingresso della grotta, lasciai scorrere lo sguardo sulle figure dei Maghi del Nord, in cerca di un segno che mi rassicurasse, ma l'inquietudine era dipinta sul volto di ognuno di loro e cresceva al passare dei minuti, prendendo il posto della felicità della notte appena trascorsa: molti iniziarono a rumoreggiare, i più guardavano con ansia verso il mare, chi a est, dove il sole si stava alzando, chi a ovest, come se qualcosa dovesse apparire dai flutti, là dove si preannunciava una nuova tempesta. Ormai ero certo che quella bilancia indicasse la sorte degli sposi, ma non riuscivo a capire che cosa potesse aver trovato Mirzam di tanto terribile nella foresta di Herrengton da non riuscire a domarla con la Magia del Nord, e neppure dove si trovasse Sile, né che cosa cercassero, tutti, in mare. Mio fratello non era meno confuso di me, angosciato a sua volta nel vedere il tempo scorrere e la tranquillità sparire anche dal volto sempre sicuro di Alshain; guardammo entrambi nostro padre, per cercare rassicurazione, ma era annichilito da una profonda tristezza.

    “Che cosa può essere successo a Mirzam? Non c'è proprio modo di aiutarlo?”
    “No, Sirius, non si può… Anche perché nessuno sa che cosa sta accadendo ora nella foresta. L’unica cosa certa è che Mirzam sta impiegando troppo tempo... e che qualsiasi cosa accada, deve cavarsela da solo.”
    “E quella che cos'è?”

Non capivo che cosa volesse dire mio fratello che, preoccupato, indicava qualcosa a terra, guardai meglio e vidi, nascosta tra i ciottoli, una corda mimetizzata nella sabbia, che emergeva a tratti per tutta la lunghezza della spiaggia, per poi immergersi nell'acqua. Feci un balzo, spaventato, quando, sotto i nostri occhi, la corda si tese e si sollevò di qualche centimetro, scorrendo poi rapida, come se una mano invisibile la stesse tirando: una profonda agitazione prese tutti coloro che mi circondavano, scuotendo le persone ammassate sulla spiaggia come foglie mosse dalla folata di un vento impetuoso…

***
   
Mirzam Sherton
Herrengton Hill, Highlands - mar. 21 dicembre 1971

Mi risvegliò una sensazione di bagnato, mista a quella di freddo pungente che mi penetrava le carni e mi spezzava, da dentro, le ossa. Un calore strano, profumato, umido, si depose rapido sulle mie labbra, riscaldandomi l'anima ancor prima che le membra, un tocco lieve mi percorse lento i capelli e il volto, due braccia delicate mi attirarono a sé, verso un corpo che, pur diverso, sapevo di conoscere, che agognavo da tanto, da troppo... Un altro... Bacio?  Sì, non c'erano dubbi, erano baci… Un bacio ancora più potente, più devastante, più ottenebrante, capace di risvegliare il corpo e l'anima, di farli rinascere nel desiderio potente di averla, di diventare un'entità sola con l'altra parte di me stesso, persino lì, in quel momento, contro ogni logica, mentre il mondo si perdeva e tutto era privo di controllo.

    “Sile... ”

Avevo le palpebre ancora appiccicate dalla salsedine ed ero preda dei brividi, eppure mi sentivo bene. Sì, bene. Mi sollevai, con difficoltà, a sedere sulla roccia scivolosa su cui mi ero arenato, aiutato e sostenuto da quell'abbraccio, lo sguardo appannato, le mani sporche di sabbia, il bruciore tipico delle ferite bagnate dall'acqua salata che urlava in vari punti del corpo, la sensazione fastidiosa di sangue raggrumato sulle ginocchia, su un fianco, qualcosa di vischioso e caldo che continuava a sgorgare da una tempia, colando giù, fino al collo, asciugandosi nel freddo e facendo tirare la pelle. Aprii gli occhi lentamente, sperando che di fronte a me non ci fosse un'altra visione, ma la realtà: mi specchiai nel blu che più amavo, nel blu che mi aveva salvato, ancora una volta, la vita.

    “Sile... ”

Le sue dita si posarono sulle mie labbra, la sua bocca tornò di nuovo a baciarmi gli occhi, il naso, le guance, le sue mani mi percorsero per ridarmi calore e vita; la guardai, incredulo, finalmente lì, al mio fianco, abbarbicata come me su quello scoglio che affiorava appena al limitare della spiaggia, i capelli appiccicati sul viso, pallida: tremava di freddo e forse di tensione, la tunica appiccicata addosso, macchiata di sangue e strappata in più punti, un vistoso taglio sul polpaccio destro da cui sgorgava, copiosa, la linfa rubino. Non si curava di niente, fuorché di me, dei miei occhi e delle mie labbra. L'abbracciai, a mia volta feci scorrere le mani sul suo corpo sfinito per scaldarla, accarezzai con le mie le sue labbra ancora livide, riaccendendo un po' per volta i colori del suo volto. Pronunciai piano degli Incantesimi per sanarle le ferite, ma lei distolse rapida la mia attenzione, prese il mio volto tra le sue mani, gli occhi carichi di una sola, vitale domanda.

    “L'hai visto anche tu, Mirzam?”

Annuii, sorridendo, e ripresi a baciarla, ma lei interruppe, ansiosa, anche quel bacio.

    “Sì, l'ho visto, mi ha mostrato lui la strada per trovarti. Era nostro figlio, Sile! Avrà i tuoi occhi... È stato nostro figlio a salvarci... entrambi... Non io, lui. È stato lui. È stato il nostro unico vero desiderio a mantenerci in vita. Il nostro amore. È stato il nostro amore a salvarci, proprio come hai sempre detto tu!”

La strinsi a me, ancora, e stavolta lei si lasciò andare tra le mie braccia, baciai di nuovo quelle labbra, da cui niente e nessuno mi avrebbe separato più. L'amavo, ci amavamo e finalmente eravamo insieme. Herrengton ci aveva fatto ricordare con quella disavventura tutto il male che avevamo vissuto negli anni, tutte le difficoltà, gli errori, le incomprensioni e alla fine ci aveva mostrato che il nostro amore ci avrebbe sempre sostenuto, per affrontare e superare qualsiasi cosa, insieme.

    “Nulla ci dividerà più, Sile, saremo una vita sola, fino alla fine del tempo.”

Sile mi guardò e sorrise, poi appoggiò il capo sul mio petto, era esausta, e lo ero anch’io, avrei voluto dedicarmi a lei, venerarla e amarla, ma dovevamo ancora tornare dagli altri, non restava più molto tempo: Fear era stato categorico, era vitale che raggiungessimo la spiaggia prima del completo sorgere del sole, altrimenti saremmo stati perduti per sempre. Alzai gli occhi al cielo, sempre stringendo Sile a me, ormai il buio si era ovunque ritirato, il cielo era color tortora, rischiarato dai raggi rosati del sole nascente che stava per emergere dall'orizzonte. Mi alzai con qualche difficoltà, guardai in alto, verso lo sperone di roccia: il sentiero era crollato a valle, avevo rischiato di morire veramente, travolto da un’immensa frana.
   
    “Quanto tempo pensi che ci resti, Mirzam?”

Mi strinsi nelle spalle, pensieroso: difficilmente avremmo potuto seguire alla lettera le istruzioni di Fear.

    “Dobbiamo arrivare alla Grotta entro il pieno sorgere del sole, Sile, ma non abbiamo più tempo per seguire le indicazioni: il mare si sta ingrossando di nuovo e tu sei ferita, è rischioso tuffarsi, e credo... anche inutile: se fosse stata la scelta giusta, “Lui” non ci avrebbe ricondotto in superficie.”
    “Credi davvero che ce la faremo? ”
    “Ce la faremo, Sile, arriveremo in tempo, sono deciso a darti tutto ciò che ti ho promesso e nemmeno il Sole m’impedirà di farlo!”
    “Mi hai già dato tutto ciò che voglio, Mirzam, te l'ho detto tanti anni fa, voglio solo te, tutto il resto per me non conta: io voglio solo vivere insieme con te, fosse anche solo per un istante...”
    “Lo voglio anch’io, Sile, ma sarà per sempre, un “per sempre” molto più lungo di un istante! In un modo o nell'altro tu entrerai con me in quella Grotta!”

La baciai di nuovo. L'unica cosa che contava era vivere per sempre accanto a lei, un vero “per sempre”, fatto di lunghi anni, di lunghi giorni e di lunghe notti. Quando avevo deciso di affrontare quella sfida e avevo scoperto che in gioco ci sarebbe stata la vita di entrambi, non solo la mia, avevo promesso che non mi sarei arreso mai, che avrei lottato fino all’ultimo istante. E ora, seppur poco, avevo ancora del tempo da giocarmi. Mi ridestai da quel piacevole torpore, mi guardai attorno, salii su un deposito di calcare che emergeva a pelo d'acqua e, spaziando con lo sguardo tra i flutti, cercai dei riferimenti per orientarmi: riconobbi un paio di scogli e capii di essere a meno di un kilometro dalla Grotta di Salazar, il percorso era un po' difficoltoso e il tempo scarso, ma potevamo farcela.

    “Mi bastano un pizzico di fortuna e la forza dei tuoi baci, Sile, e ti porterò a casa...”

Rianimato dalla speranza, la baciai di nuovo, con passione, poi, mentre Sile mi guardava stupita, strappai un ampio triangolo di stoffa dalla base della sua tunica, con cui le velai il capo, quindi la presi in braccio e iniziai a percorrere a passo sostenuto la spiaggia, diretto verso est. Nulla mi sembrava impossibile, ora che Sile, finalmente, era con me, stretta tra le mie braccia. Nulla, nemmeno la Morte, ci avrebbe più diviso.
 
***

Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - mar. 21 dicembre 1971

    “E quella che cos'è? A che cosa serve?”

Non capivo che cosa volesse dire mio fratello che, preoccupato, indicava qualcosa a terra, guardai meglio e vidi, nascosta tra i ciottoli, una corda mimetizzata nella sabbia, che emergeva a tratti per tutta la lunghezza della spiaggia, per poi immergersi nell'acqua. Feci un balzo, spaventato, quando, sotto i nostri occhi, la corda si tese e si sollevò di qualche centimetro, scorrendo poi rapida, come se una mano invisibile la stesse tirando: una profonda agitazione prese tutti coloro che mi circondavano, scuotendo le persone ammassate sulla spiaggia come foglie mosse dalla folata di un vento impetuoso.

    “Il segno!”
    “Salazar, no! I bracci sono ancora piegati!”
    “La corda si è tesa! La barca ha iniziato a emergere!”

Alshain e Deidra, le labbra livide, erano di un pallore cadaverico, osservavano con occhi vuoti, terrorizzati, la corda che si tendeva e scattava di nuovo, avvicinando il misterioso oggetto immerso di almeno altri venti centimetri; Meissa strinse forte la mano di Rigel, reprimevano a stento entrambi le lacrime, io mi sentii chiudere lo stomaco dal dolore per tutti loro. Sapevo quanto Meissa amasse Mirzam, sarebbe stato terribile per lei se... No, non potevo e non dovevo nemmeno pensarci! Mentre la corda scattava per la terza volta, però, e la spiaggia ormai sembrava impietrita dall'orrore, mi sembrò di scorgere una leggera vibrazione nella bilancia e un barlume di speranza si accese nella mia testa, seppur poco convinto di quanto avevo visto. Stavo per dire qualcosa, quando una nuova frenesia colse diversi Maghi, che avevano avuto la mia stessa percezione: dissero di aver visto i bracci muoversi, che quindi finalmente Mirzam aveva trovato Sile e ora erano sulla strada della salvezza, tutti gli altri fissarono la bilancia, dapprima dubbiosi, poi, lentamente, al salire impercettibile dei bracci e al diminuire del flusso della polvere iridescente sui piatti, la spiaggia fu percorsa dai brusii e dai canti.

    “Devono sbrigarsi, il Sole è emerso dalle acque quasi per metà!”
    “Sono nella barca, svelti, tiriamo la corda, aiutiamoli a emergere più in fretta!”

La corda vibrò, di nuovo, scorrendo più del solito, come se fosse stata trascinata con più forza e questo convinse tutti, anche i Maghi più vecchi, ad affollarsi intorno ad essa e tirare; al contrario, mio padre non sembrava entusiasta e, dubbioso, si fece largo fino a raggiungere Alshain.

    “È un errore... Non far tirare loro quella corda...”

Alshain lo ascoltava assorto e guardava lo specchio d'acqua antistante alla grotta, indicata da mio padre: il rosa acceso del cielo si rifletteva sul mare, e lì, in mezzo all'oceano che di colpo era tornato placido, vidi emergere, poco per volta, un sinistro triangolo scuro.

    “Quella barca deve raggiungere la riva prima che il Sole sorga del tutto, Orion!”
    “Quella barca ha iniziato a muoversi prima che i bracci si rialzassero! Tuo figlio è salvo e sta raggiungendo la spiaggia, sì, ma non steso lì dentro come tutti pensano! Dovresti lasciare che la barca si tiri in secca da sola, o addirittura respingerla, in attesa... ”
    “In attesa di cosa, Orion? Non possiamo respingerla, non possiamo opporci in alcun modo alla volontà di Herrengton!”
    “E si può forzare la volontà di Herrengton facilitando l’attracco di quella barca?”

Alshain e Rigel, che si era avvicinato per ascoltare, lo guardarono dubbiosi ma non dissero nulla. Il sole era ormai emerso di oltre la metà quando sul mare apparve, completa, la forma dell'imbarcazione che puntava decisa verso la costa: i più anziani ripresero a cantare le loro nenie, dei bambini lanciarono urla di festa, alcuni giovani dissero parole che non compresi, ma dalle risatine di molti, capii che dovevano essere delle volgarità in gaelico. Un paio di ragazzi si tuffarono per raggiungere la barca, dietro di me, intanto un Mago spiegava a suo figlio, serio e impettito, che gli sposi riuscivano a restare sott'acqua grazie a un Incantesimo chiamato “Testabolla”, io osservavo in silenzio, inquieto: non sapevo perché, ma sentivo che aveva ragione mio padre, quella barca non doveva toccare la riva, ma era difficile convincere qualcuno, se prima non si riusciva a persuadere Alshain. I dubbi su chi avesse ragione furono spazzati via, quando il primo giovane raggiunse la barca e, raggelando la spiaggia, urlò che sull'imbarcazione non c'era nessuno. Un silenzio di tomba s’impossessò di ogni cosa.

    “Alshain, te lo ripeto, tuo figlio ha preso un'altra strada! Non è ancora finita! Il Sole non è ancora del tutto emerso... Mirzam è solo in ritardo...  ”
    “No, è inutile, Orion, è tutto finito! Per raggiungere la spiaggia entro il pieno sorgere del Sole, l'unico mezzo era quella barca... e quella barca è vuota! È vuota, lo capisci? Mio figlio e Sile... non ci sono più, Orion... Non ci sono più! È questa... è questa la volontà di Herrengton!”

Deidra, rimasta indietro, accanto all'ara, si coprì il volto con il velo, e dai tremiti del suo corpo capii che si era abbandonata alla disperazione; Rigel, al suo fianco, abbracciò Meissa, entrambi distrutti, Alshain in riva al mare, muto e pietrificato, osservava il profilo della barca che doveva portargli la gioia e invece si era rivelata foriera di morte. Nessuno tirava più la corda e questa continuava a scattare a intervalli regolari, da sola. Ormai stava per raggiungere la riva. Io non capivo: il sole non era ancora sorto completamente e i bracci erano tornati quasi in equilibrio, Mirzam e Sile perciò erano salvi, da qualche parte, allora perché tutti erano così disperati? Non potevano aver trovato un'altra via per raggiungere la grotta? Poi avvenne tutto molto velocemente: Rigel, seguendo l'istinto e le parole di mio padre, a sorpresa, ruppe gli indugi, si tolse rapido il mantello e si passò la bacchetta sugli abiti, poi superato un gruppo di anziani che stavano immobili sulla riva, si avventò sulla corda, cercando di bloccarne il movimento con il suo peso, invano, allora entrò in acqua per spingere indietro l'imbarcazione, opponendosi alla corrente; Fear cercò di impedirgli di interferire, ma Rigel si divincolò dalla presa, lo insultò chiamandolo “malefico vecchio” e gli intimò di togliergli le mani da dosso. Intanto nostro padre, con il volto deformato da un ghigno che non conoscevo, puntò un dito verso gli scogli.

    “Eccoli! Stanno arrivando per un'altra strada, Alshain! Mi credi adesso? Aiutiamo Rigel, svelto, non restiamo a guardare! Manca pochissimo, ma possono ancora farcela!”

Mi voltai nella direzione indicata e vidi, alle spalle del cerchio dei Maghi, in un silenzio irreale, una figura che camminava in acqua, zoppicando vistosamente, ormai allo stremo delle forze, in braccio una donna coperta da quelli che sembravano cenci. Papà si unì a Rigel per respingere la barca, cercando di evitare che si arenasse, sotto gli occhi esterrefatti dei più, Alshain, in stato ancora catatonico, alla fine si avvicinò e tutti e tre sommarono le proprie forze per prendere tempo: a quel punto, quasi tutti gli adulti e i giovani si affiancarono e cercarono di aiutarli, opponendosi con forza alla corrente e alla corda, e bloccando, infine, la barca metà in acqua e metà sulla terraferma, per il tempo che servì a Mirzam a raggiungerci. Due ragazzi balzarono sull'imbarcazione e aiutarono i due fidanzati a salirci a loro volta, a quel punto tutti smisero di respingere la barca, che si arenò quando ormai solo una piccolissima porzione di sole era ancora immersa nell'oceano.

    “Svelto Jarvis!”

Alshain fece passare un giovane, che non capivo da dove fosse giunto, ero certo di non averlo visto con noi durante la notte, nella radura: era bruno, ben piantato, vestito riccamente con i colori slytherin. L’uomo si avvicinò alla barca, si tolse il mantello dagli inserti d'argento che indossava e lo depose a terra, assistette Mirzam mentre scendeva e insieme aiutarono Sile a fare lo stesso, avendo cura che la donna posasse il piede sul tessuto e non sfiorasse, in alcun modo, la sabbia. Alshain si staccò di nuovo dal semicerchio dei Maghi, che si era formato tutto intorno all'ara, con la chiara e assurda intenzione di impedire ai tre giovani di avanzare oltre: li obbligò a fermarsi e, con voce imperiosa, ripeté in gaelico per tre volte la stessa domanda e, per tre volte, Sile fu costretta, la voce tremante di freddo e emozione, a dare la stessa risposta, in gaelico.

    “Chi sei, donna, che ardiresti imprimere le tue orme impure su questa Terra Sacra?”
    “La sposa del figlio di Herrengton…”

Papà ci tradusse le formule rituali, poi ci spiegò che, dopo essersi presentata come la futura sposa di Mirzam alla Confraternita, Sile doveva provare a spostare il piede destro dal mantello alla sabbia, così che Alshain, sguainata la spada di Hifrig dal ricco fodero, glielo impedisse: vedemmo, infatti, il nostro padrino appoggiare la punta affilata dell’arma sulla mano destra della ragazza, la stessa che fino a quel momento era rimasta stretta nella destra di Mirzam.

    “Solo alla Spada e alle Rune spetta stabilire se la vostra unione è gradita a questa Terra!”

Mirzam e Sile piegarono il capo in segno di sottomissione, lo sposo prese, nella sua, la destra della sposa, chiudendo così il freddo metallo tra le loro carni; i due giovani si guardarono negli occhi per un breve istante, scambiandosi attraverso il velo di Sile uno sguardo di profonda intesa con cui accettavano di affrontare insieme non solo quella prova decisiva, ma tutte quelle che avrebbe riservato loro il destino per il resto della loro vita. Ed io alla fine repressi a stento un urlo di orrore, quando Alshain liberò da quella stretta la spada con un colpo secco per poi levare in alto l'acciaio macchiato di sangue, su cui andò a riflettersi il sole, emerso dal mare completamente proprio in quel preciso istante. Fear si affrettò accanto a Sile e Mirzam, lo vidi raccogliere furtivo un po' del loro sangue mischiato in un’ampolla di cristallo, poi versò sulle loro mani ancora unite tutta l'acqua della Sorgente che era rimasta nel corno d'argento. Alshain rovesciò la spada e rimase immobile, con gli occhi fissi sulla punta sospesa a mezzo metro da terra, nel silenzio generale, finché l'ultima goccia di sangue non cadde nella sabbia o si asciugò sul metallo; infine, deposta l’arma sull'altare, prese, tra le sue, le mani dei due giovani e le aprì, le fissò, poi le alzò in alto perché tutti vedessero: le Rune avevano cicatrizzato le ferite su entrambe le mani, ed erano due serie di Rune identiche su due ferite identiche.

    “Per il Cuore. Per il Sangue. Da questo momento siete una sola anima e un solo destino.  Herrengton ha benedetto la vostra unione...”

Tutti applaudirono e alcuni, di nuovo, iniziarono a cantare in gaelico, mio padre, in faccia uno sguardo radioso, si allontanò per essere tra i primi ad abbracciare gli sposi, e lo sentii bisbigliare qualcosa che suonava come “… con almeno tre figli...” Mi affrettai dietro di lui per chiedere che cosa volesse dire, ma Regulus ed io rimanemmo indietro, ostacolati dalla folla, e in quel momento, mentre eravamo da soli, fui raggiunto da una voce alle mie spalle.

    “Tuo padre ha contato almeno tre gocce di sangue denso cadere dalla punta della spada: la tradizione vuole che a ognuna di quelle gocce corrisponda un figlio... E poiché c'era una striatura lunga sul retro della spada, almeno uno dei tre sarà una femmina... Sarà proprio un’unione propizia...”

Voltandomi verso quella voce, incrociai due profondi occhi color dell'acciaio e subito mi si rizzarono i peli della schiena: era la prima volta che vedevo Fear così da vicino e non ebbi difficoltà a sentirne la potenza e la pericolosità, oltre al compiacimento per il disagio che provavo a causa sua. Ero convinto che, solo guardandomi, avesse scoperto che l'avevo sognato prima ancora di sapere della sua esistenza e che il suo nome mi turbava anche senza conoscerne i veri motivi. Ammutolito, afferrai per un braccio mio fratello e cercai di allontanarci per raggiungere papà: m’imposi di reprimere quella strana inquietudine, volevo e dovevo solo soddisfare le mie curiosità, prima tra tutte quella di vedere da vicino questa misteriosa sposa, di cui finora capivo soltanto che doveva essere pazza o amare molto Mirzam, se aveva accettato di correre tanti pericoli per sposarlo. Entrambi erano ritornati tra noi in condizioni pietose e mi sollevò sapere che mia madre non aveva assistito alla scena, non era difficile immaginare con quale disprezzo avrebbe commentato le tradizioni del Nord! Raggiunto papà, ci trovammo davanti, a ricevere i complimenti, solo Alshain e un uomo gigantesco, Donovan Kelly, il padre della sposa: aveva un aspetto burbero e minaccioso, ma anche nel suo caso, la felicità che traspariva dai suoi occhi sembrava sincera. Mirzam, al contrario, si era allontanato dalla ressa e, dopo aver abbracciato e salutato sua madre e i suoi fratelli, aveva di nuovo stretto Sile a sé, l'aveva presa in braccio e le aveva sollevato appena quella specie di velo improvvisato, così che nessun altro ne vedesse facilmente il volto: ora la stava letteralmente soffocando con un lungo bacio appassionato. Molti ragazzi, vedendoli, iniziarono a fischiare, Sile rise e Mirzam, rosso in faccia, la rimise a terra: aveva un sorriso radioso che non gli avevo visto nemmeno il giorno della firma definitiva con il Puddlemere, era sempre stato il più timido e riservato tra gli Sherton, ma quel giorno, pur stravolto dalla fatica e dalla tensione, non aveva alcuna remora a mostrare quanto fosse realmente e profondamente felice. 

    “C'è ancora un'ultima cosa da fare, poi potrete andare a prepararvi per la festa “ufficiale”... ”

Warrington li prese per mano e li condusse fino all'ingresso della grotta, dove già li attendeva Alshain; notai che Sile ora poteva camminare sulla sabbia senza problemi e capii che le Rune che avevano appena preso servivano a renderla una Sherton a tutti gli effetti, prima ancora che, burocraticamente, la Confraternita e il Ministero li dichiarassero marito e moglie. Giunta sulla soglia, Sile si tolse il velo ed io riuscii a scorgere finalmente il suo viso delicato, l'aria gentile e simpatica data dalle lentiggini, e il corvino dei suoi capelli, sebbene un po' arruffati: era più minuta delle mie cugine, ed era carina, certo, ma non bella quanto Meda, forse perché Meda era la mia cugina adorata e, per me, sarebbe sempre stata più bella di qualsiasi altra ragazza.

    “Herrengton ha riconosciuto in te una Sherton, Sile. Perché nessuno possa mai dubitarne, dimostralo ora, a tutta la Confraternita, nel suo Tempio più sacro... ”

Udite le parole di suo padre, Mirzam le prese nuovamente la destra nella sua e, salmodiando a voce bassa qualcosa che non riuscivo a comprendere, aiutandosi con lievi movimenti delle dita, iniziarono a indicare vari punti all'interno della grotta: per un po' non accadde nulla, poi, via via, timidamente, si accesero alcune candele. Mirzam le lasciò la mano e si ritrasse, Sile continuò da sola e, poco per volta, la grotta s’illuminò del fuoco di svariate fiaccole e bracieri, si dispiegarono gli stendardi, apparvero arredi e fiori: alla fine, tutta la grotta, rispondendo alla Magia e alle Rune della nuova componente della famiglia, si presentò allestita per la festa, ancora più meravigliosa di come l'avevo immaginata con la mia fantasia. Entrati anche noi nella Grotta di Salazar, la coppia offrì a tutti focacce e bevande rituali, per salutare il Nuovo Sole e la nuova unione, ma gli sposi non si trattennero molto, perché erano sfiniti dalle traversie e avevano bisogno di riposo e di cure, prima di affrontare, per tutto il resto della lunga giornata, il banchetto, i balli e il gran numero d’invitati che di lì a poco si sarebbero aggiunti ai Maghi del Nord. Deidra e Meissa presero in consegna Sile e, utilizzando una candela che fungeva da Passaporta, sparirono dirette al maniero, analogamente Mirzam scomparve, accompagnato da Warrington e Fear; noi restammo invece a lungo nella grotta, rilassati e contenti, molti parlavano del Rito appena celebrato, spiegando ai ragazzini della mia età nuovi dettagli e alcune vecchie storie, altri di politica. Nostro padre salutava tutti e s’intrattenne con alcuni, ma guardava continuamente Alshain che, a sua volta, pur preso dalle chiacchiere con i numerosi ospiti e dai discorsi importanti, non ci staccava gli occhi di dosso. Alla fine, Sherton fece svanire gli arredi, spense i fuochi e insieme a Rigel, da cui non si era separato un attimo, ci invitò a seguirlo di nuovo lungo il sentiero che riportava al Cortile delle Rose: ero pieno di domande, come anche mio fratello, ma non mi andava ancora di parlare, volevo ricordare ogni singolo attimo e fissarlo nella memoria, affascinato da quella gente, da quella terra, dalle loro tradizioni, che ora sapevo essere anche esagerate e persino un po' crudeli. Solo quando vidi spiccare tra le cime degli alberi una torre di pietra, isolata e antica, tornai in me e chiesi a nostro padre che cosa fosse e per quale motivo non l’avevamo vista durante l’estate.

    “Probabilmente le fronde rigogliose degli alberi la nascondevano alla vista, quest’estate, ma è stata sempre lì. In quella torre gli Sherton si preparano ai Riti: nei sotterranei, c'è una stanza in cui confluisce da un fiume sotterraneo l'acqua che nasce dalla Sorgente. Ed è lì che nell’antichità, coloro che pretendevano la mano di una Sherton, dovevano dimostrare di esserne all'altezza...”
    “In che modo?”

Non ottenemmo risposta, nostro padre ci rivolse uno sguardo strano, poi ci diede le spalle e chiuse lì il discorso, io continuai a fissare quella costruzione antica e misteriosa, chiedendomi quali segreti nascondesse, finché non scomparve definitivamente tra la vegetazione. A metà strada, quando raggiungemmo la radura su cui c’eravamo materializzati la notte precedente, mi voltai e mi fermai per ammirare l'oceano che si dispiegava placido sotto di noi, baciato da un sole timido che finalmente si elevava sul mondo senza più incutere timore: papà mi lanciò un’occhiataccia severa, sapevo di non dovermi attardare con le mie fantasticherie e, una volta tanto, ero d’accordo, perché la realtà era molto meglio di un sogno, nelle Terre del Nord. M’immersi rapido nella foresta, dietro di lui, al fianco di mio fratello, diretti nuovamente alle tende, dove avremmo ripreso i nostri abiti e ci saremmo preparati per la festa al maniero, pronto a vivere il resto di quella che, lo sapevo già, sarebbe stata un’altra emozionante giornata.



*continua*



NdA:
Ciao a tutti, ringrazio al solito per le preferenze, le recensioni, le mail ecc ecc. Spiego al volo un paio di note che ho messo nel chap: 1)Sono quattro Rune dell'alfabeto runico anglosassone: Nyd la cui forma ricorda una croce semi ruotata e il significato è "necessità", Os (che significa "dio") deriva da Ansuz, Lagu ( che significa "lago") e Wyn ("gioia") da Wunjo. Sono legate alla triade celtica maschile, composta dalle divinità Lugh, Dagda e Ogma a cui si associa anche il Triskell. 2)La storia della Diaspora dei Daur sarà affontata nello spin off sui Fondatori.
L'immagine è un dono della meravigliosa AryYuna, potete trovare i suoi lavori su DeviantArt e nella sua pagina artista su FB.
Valeria


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