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Autore: Heven Elphas    08/09/2010    1 recensioni
Seduto ad un tavolo, con un giornale nella mano sinistra e una tazzina nell’altra, vestito come uno dei peggiori teddy-boy in circolazione negli anni Settanta –cazzo, ma non siamo nel 2010?- e con un portamento da padre di famiglia di quei tempi andati…
Ecco, in quest’assurdo atteggiamento c’è –chi altri potrebbe esserci, d’altronde?- Ryan Ross, il re degli hippie.
Storia scritta a quattro mani con Chemical Lady! Enjoy it!
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brendon Urie , Ryan Ross
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Brendon: Heven Elphas

Brendon: Heven Elphas

Ryan: Chemical Lady

 

Nails for Breakfast

And

Tacks for snack

 

 

 

I CHAPTER

 

Correre la mattina in una giornata del genere è forse stata una vera e propria pazzia. Il cielo sembra sul punto di spararmi addossso litri e litri d’acqua e il vento che mi soffia addosso vuole certamente impedirmi di correre. Se c’è un dio da qualche parte, perchè non vuole che mi tenga in forma smaliante e perfetta? Non è possibile che stia veramente per piovere mentre faccio jogging! Dico, aspetta che torni a casa almeno! No, le gocce devono cadermi addosso imperterrite proprio dopo i primi due chilometri di corsa, così che mi costringono a cercare riparo da qualche parte. Prima di tutto perché non posso assolutamente ammalarmi, no, non posso nemmeno perdere la voce! E poi perché con gli occhiali pieni di acqua colante non vedo assolutamente nulla, rischierei di andare a sbattere contro qualcuno o peggio essere investito.

-Dannatissimo tempo autunnale, ti odio!-

Urlo al cielo con le braccia spalancate ed un vecchio mi lancia un’occhiata sconvolta. Beh, lui che ha un ombrello se ne sbatte di certo se diluvia in questo modo!

La mia salvezza sembra attendermi in un bar che non avevo mai visto prima, ma che quest’oggi sembra volermi attirare proprio al suo interno. Con quest’acquazzone sono infatti costretto ad accelerare il passo per potermici rifugiare.

Entro ormai tutto fradicio e oltretutto sudato, passandomi una mano nei capelli e sfilandomi gli occhiali per asciugarmeli nella felpa dato che non vedo una sega. Camminando verso il centro del bar me li infilo di nuovo e nel farlo noto una figura riconoscibilissima e mi scappa un piccolo verso sconvolto. Seduto ad un tavolo, con un giornale nella mano sinistra e una tazzina  nell’altra, vestito come uno dei peggiori teddy-boy in circolazione negli anni Settanta –cazzo, ma non siamo nel 2010?- e con un portamento da padre di famiglia di quei tempi andati… Ecco, in quest’assurdo atteggiamento c’è –chi altri potrebbe esserci, d’altronde?- Ryan Ross, il re degli hippie. Gli passo accanto per andarmi ad infilare nel tavolo libero all’angolo, ma non riesco a staccargli gli occhi di dosso nemmeno quando lui mi nota e si gira verso di me cambiando l’espressione da saccente-menefreghista a pesce lesso-inquietato. Rischio di morire contro lo spigolo del tavolo, ma alla fine riesco a sedermi e prendo a guardare il porta tovaglioli sul tavolo, estraendone uno per asciugarmi almeno la faccia. Ma mentre lo faccio non riesco a staccare gli occhi dalle spalle di Ross e quell’oscena giacchetta grigia spenta che deve aver di certo vinto ad una pesca di beneficienza. Fuori inizia a tuonare e comincio a farmi l’idea che se un dio c’è dev’essere davvero un gran burlone infame che vuole rivoltarmi il destino contro.

 

 

Stamattina quando mi sono alzato ho capito che l’estate sta davvero finendo. Il cielo azzurro di Los Angeles è coperto da nuvoloni carichi di pioggia e il solo pensiero di portare Gabe in cerca di un nuovo appartamento più verso il mare e meno centrale (come mi ha spiegato lui) mi demotiva e non poco. Sarei volentieri rimasto a letto a poltrire o al massimo sul divano con Hobo, spostandomi di tanto in tanto nello studio alla ricerca dell’ispirazione per terminare quella nuova canzone che ho iniziato l’altro giorno. Rosy viene verso di me con un sorriso smagliante e un caffè nero in mano, appoggiandomelo davanti assieme a un cornetto alla nutella. Alzo lo sguardo dal Los Angeles Daily per ringraziarla poi la guardo allontanarsi facendo ondeggiare i fianchi e la coda bionda di cavallo per farsi notare meglio dal sottoscritto. Che ragazza banale…

In questo periodo però non posso fare molto lo schizzinoso a livello di gusti visto che non ho un appuntamento da un po’ e la solitudine mi fa male…

Sto pensando che si, potrei darglielo un colpetto a quella ragazza visto il modo provocante nel quale si atteggia nei miei confronti quando avverto una sgradevole sensazione alla nuca, sentendomi quindi osservato da qualcuno alle spalle.

Mi volto lentamente sempre bevendo il caffè e per poco rischio di strozzarmici. I miei occhi nocciola si scontrano con quelli neri di Brendon Urie e per un attimo tutto si ferma, i rumori spariscono… e per tre secondi restiamo immobili a fissarci come due coglioni. Lui sta cercando di andarsene senza farsi notare da me (tentativo fallito) verso i tavolini più nascosti. Peccato che mi sia voltato. Mi rigiro con noncuranza come se la  cosa non mi toccasse affatto e sollevando il giornale riprendo a leggere. Peccato che ora non capisca assolutamente nulla di quello che stia leggendo, come se la mia mente si fosse chiusa su se stessa collassando e lasciando solo un grande buco nero. Merda….

Chiudo il giornale mascherando alla meglio il gesto di stizza e poi guardo verso la porta. Quando cazzo arriva Gabe? Perché ci mette sempre tanto? Perché deve sempre abbinare le mutande ai calzini??

Devo stare calmo, mi sto facendo prendere inutilmente dal panico…

Ma lui è qui e con se ha portato troppi ricordi della mia vecchia vita che ora ha scaricato sulle mie spalle dolorosamente…

 

 

Mi trovavo davanti alla porta di una casa con Brent al mio fianco che cercava di farmi stare calmo dopo avermici portato per provare a suonare la chitarra nella sua band. Ma cazzo, io non ero poi tutto questo genio che credeva… Avevo grandissimi problemi a fare una cosa giusta con la chitarra davanti agli altri, mi sarei di certo perso a metà canzone e poi avrei sbagliato. Altro che prendermi nella band mi avrebbero di certo buttato fuori dalla cantina a calci in culo e tanti saluti… Ne ero certo e stavo cercando di defilarmi il più in fretta possibile, quando alla porta apparve in tutto il suo splendore un ragazzo con un largo maglione azzurro e degli occhi nocciola chiarissimi che mi ritrovai puntati addosso scazzati.

-Ross pensi di farci entrare?-

Disse Brent notando che l’aria si era come congelata attorno a noi. In effetti io mi sentivo vagamente separato dal mio corpo mentre fissavo come un cretino questa meraviglia della natura che mi era apparsa davanti. Beh, forse valeva la pena entrare e cercare di impegnarsi in questa faccenda della band. Perlomeno potevo stare a guardare quel Ross che Brent tanto acclamava.

Mi rotrovai così a suonare una canzone dei Blink 182, mentre non riuscivo a staccare gli occhi di dosso a Ryan –aveva detto di chiamarsi così quando avevo allungato la mano verso di lui, ma nemmeno si era degnato di stringermela- continuavo così a distrarmi. Ogni volta che mi concentravo su  un particolare del suo viso che mi attirava, sbagliavo a dare la pennata o a posizionare le dita sulla tastiera della mia chitarra, attirando occhiate omicide da tutti. Quelle del cantante mi fulminavano più di tutte e mi ritrovavo imbarazzatissimo, non capendo nemmeno perché non riuscissi ad azzeccare proprio nulla. Non era normale che mi sbagliassi così tanto, al massimo mi facevo intimidire ma non mi capitava mai di sbagliare tutto. Volevo sprofondare nel pavimento polveroso e sparire dalla vista degli altri… Soprattutto volevo che Ross dimenticasse quello che aveva appena visto così che almeno avrei potuto parlargli senza che mi sputasse in un occhio.

Quando finimmo di provare ero proprio pronto a ricevere una testata e mi ritrassi su me stesso aspettando che arrivasse a secondi, mentre puntavo il mio sguardo in quello di Ross. Lui aveva quest’espressione saccente –già allora doveva tirarsela e pensai anche che ne aveva tutte le ragioni- e mi fissava di certo pronto a dirmi “ciao ciao, Brendon, conoscerti e sentirti suonare è la cosa peggiore che mi sia mai capitata da quando l’ovulo è stato fecondato”.

-Beh che dire Brendon! Hai davvero fatto pena.-

Disse invece, colpendomi in pieno e costringendomi ad immaginare la mia ritirata dal mondo musicale dopo appena una prova. Ero intenzionato a scappare via ma lui iniziò di nuovo a parlare prima che potessi muovere un solo muscolo.

-Vedi di fare megli giovedì sera, chiaro?-

Rimasi congelato mentre una luce si accendeva dietro di lui, illuminandolo come se fosse un angelo caduto dal cielo in un momento di smarrimento. 

-Sono nella band quindi?-

Domandai lasciando che l’entusiasmo e l’eccitazione prendessero possesso del mio viso, che si stortò in un sorriso ed iniziò a sudare freddo. Lui sorrise abbassando lo sguardo verso il pavimento, probabilmente impaurito dalla mia reazione.

-Sì, benvenuto nei Panic! At the Disco.-

 

 

Guardavo con espressione assorta la parete davanti a me mentre Spence si esibiva in un paio di rullate potenti riportandomi alla realtà “Ma quindi… ora Brent lo porta qua?”

Vidi il mio batterista annuire mentre faceva roteare una bacchetta fra le dita senza dare tregua ne al rullante ne al charlie, rendendo la nostra conversazione pressappoco inesistente a causa del casino “Si ha chiesto di fare una prova subito, per vedere se ci sta dentro…”

Annuii poco convinto. Non sapevo chi diavolo fosse questo Brendon Urie ma quando me lo ero trovato davanti con una strana espressione sperduta rimasi un attimo in silenzio.

“Ross pensi di farci entrare?” La voce di Brent mi riportò alla realtà come una pioggia di acqua gelata così li feci entrare prendendo la chitarra mentre quello strano ragazzo prendeva la sua attaccandola al mio vecchio amplificatore.

Non capivo perché mi aveva guardato con quella faccia, era stato davvero strano… forse ero particolarmente brutto con i miei brufoli da povero sedicenne oppure per via dei miei vestiti  messi a caso la mattina… fatto stà che le prove furono un totale disastro. Non prese una nota, nemmeno mezza. Continuava a sbagliare e lanciare esclamazioni sorprese come ‘Oh’ e schiarendosi la voce come se fosse davvero strano per lui sbagliare e si stupisse di ciò. Appena però incontrava il mio sguardo subito arrossiva chiedendo scusa e di ripartire di nuovo con la strofa o il ritornello.

Alla fine Spence fece il giro della batteria avvicinandosi a me e sussurrando all’orecchio “Non essere troppo cattivo” guardando con compassione crescente Brendon che stava mettendo via la chitarra un po’ abbattuto.

Lo so, avrei dovuto cacciarlo a pedate per quella performance davvero scadente ma appena i nostri sguardi si calamitarono fra loro non ebbi il coraggio di infierire su di lui come era mia abitudine. Mi guardava con quell’espressione da cane bastonato e io non riuscii ad essere cattivo così sospirai mentre Brent e Spence aspettavano di vedere cosa avrei fatto.

“Beh che dire Brendon? Hai fatto davvero pena” dissi con tono duro mentre quello abbassava gli occhi verso il pavimento “Vedi di fare meglio giovedì sera, chiaro?”

Brendon tornò a guardarmi sorpreso mentre Spence si strozzava con la birra che aveva provato a bere ma che gli era andata di traverso a causa mia e della mia uscita buonista “Sono nella band quindi?” chiese meravigliato sorridendo in modo un po’ inquietante.

Io ricambiai il sorriso abbassando gli occhi sulle scarpe poi dissi “Si, benvenuto nei Panic! at the Disco”

 

 

Non puo’ seriamente non cagarmi affatto e fare finta che io non esista… No, Ross, tu non puoi continuare così. Insomma, voltati verso il mio bel faccino e vedrai che questa volta il coraggio di insultarti lo trovo. Sì, questa volta ce la faccio a dirti quel che penso di te, stupido bastardo troppo bello per essere veramente umano. No, perché umano non lo sei… Qualcuno di umano mi avrebbe già sorriso e salutato. Tu sei una dannata ameba piena di sé e con più orgoglio che cervello…

Lo osservo mentre guarda di nuovo l’ora dall’orologio appeso sopra il bancone, prima di afferrare il cellulare e cercare un numero in rubrica. Che stia aspettando una donna e gliel’abbia data buca? Ah, ti starebbe bene, Ross. Sissì, davvero, ti meriti una quantità infinita di due di picche fin quando ne avrai un mazzo peno in mano.

-Pronto Gabe.-

Mi congelo quando sento con chi sta parlando, anche se mi compiaccio che non sia una donna quella che aspetta. Sì, una donna nella vita di Ryan sarebbe meglio se non ci fosse proprio… Non mi renderebbe affatto felice.

-Non so se sono a casa, man… Ti chiamo appena ho sentito John, so che gli serviva una consulenza importante per non so cosa…-

Dice, prima di passarsi una mano nei capelli in modo scazzato mentre ascolta il cantante dall’altra parte dell’apparecchio.

-Ma figurati lo sai che per un amico faccio questo ed altro.-

Ah! Questa è proprio bella, Ross. Tu per gli amici al massimo faresti la fatica di torglierti  un guanto e lanciarglielo ai piedi nel caso ti chiedessero una mano.

-Ci vediamo oggi al massimo domani allora?-

Lo sento dire a denti stretti mentre continuo ad origliare questa sua conversazione al telefono.

-Me too, ciao Gabe.-

Mormora alla fine in tono carino e fasullo, prima di alzarsi e lasciare i soldi sul tavolo.

-Ciao io vado.-

Faccio per alzarmi credendo che lo dica a me ed invece noto che è rivolto alla cameriera. Saluta quella stupida troietta ignorante e non mi guarda nemmeno? Ross, mi cadi sempre più in basso… Ma uno con indosso quei vestiti d’altronde dovrebbe comunque sotterrarsi.

-Okay Ryan a domani.-

Cinguetta lei facendole un occhiolino che mi fa mandare di traverso il caffè che tentavo di bere per non urlare “sei un figlio di puttana” a quel rincoglionito infame.

Quando Ross sparisce dalla porta del bar dopo aver sbattuto come un deficiente impedito contro una sedia, rimango a fissare la cameriera. Velocemente metto in bocca il resto del mio croissant e masticandolo malamente. Lo butto giù con il caffè e cerco di non morire soffocato mentre mi alzo e corro al bancone per pagare. Devo sembrare un disperato, dato che la ragazza mi fissa allarmata mentre tiro fuori tremando gli spiccioli per pagare la colazione.

-Bello il posto, io qui è la prima volta che ci metto piede e… Il… Il ragazzo di prima viene qui spesso? -

Domando agitato dandole i soldi e lei sorride e sospira, battendo lo scontrino con enfasi.

-Oh sì, fa colazione da noi tutti i giorni… è un cantante famoso, sai?-

Mi dice, afferrando la moneta e dandomi il resto con un sorriso sognante sulle labbra. Io faccio un ghigno tirato mentre questa sembra sempre più propensa a scappare per paura che le chieda l’elemosina. Da quando quel gruppo di hippie sarebbe famoso? Dico io… Ora fermo il primo idiota che trovo per strada e gli domando di cantarmi una loro canzone per vedere se seriamente sono diventati all’ultima moda questa mattina.

Esco dal bar e decido che prendere qualche goccia d’acqua non dovrebbe portarmi alla morte, così mi ci avventuro sotto e riprendo a correre.

Ryan Ross, quel dannatissimo teddy-boy…

Doveva rovinarmi la giornata ovviamente, figuriamoci se lui prima o poi non doveva apparire. Brutto stronzo… Oddio, brutto mica tanto. Ma stronzo sì, più di chiunque altro abbia mai conosciuto. Devo togliermelo dalla testa e far finta di non averlo incontrato. Eviterò di bazzicare questa zona prima di ritrovarmelo tra i piedi o su un pullmino a fiori pronto ad investirmi mentre corro. Sì, anche se è difficile dimenticare qualcosa di così bello e perfetto devo farcela. …Dio, Ross, ti fai sempre più splendido ogni volta che ti vedo?

-Cazzo, Bden! Togliti dalla testa quel cazzone!-

Urlai di nuovo al cielo, anche se questa volta nessuno era accanto a me per potermi guardare di traverso.

 

 

Brendon Urie è un coglione.

Sarà il grande cantante che tutti acclamano come un vero talento naturale, un musicista versatile sapendo suonare una caterba di strumenti musicali, sarà anche un bel ragazzo amato dalle undicenni ma cazzo, è un coglione che si fa beccare subito.

Mi sta guardando fisso da quando si è seduto nel tavolino infondo alla stanza, senza quasi battere gli occhi e perdere il contatto, a parte quando ha ordinato la sua colazione.

Do un morso scocciato al cornetto. Ovviamente non mi serve voltarmi per guardarlo, lo vedo bene nel riflesso dello specchio che ho di fronte. Ok, anche io sono un coglione, ma un coglione davvero discreto, non mi abbasserei mai a farmi cogliere sull’atto di osservarlo con così tanto interesse. Per me lui ora è al pari di uno sconosciuto e a me, degli sconosciuti, non mi importa un cazzo.

Lo guardo e per un attimo mi sembra davvero che no, quello non può essere lo stesso ragazzo che ho amato con tutto me stesso… è solo un viso come tanti altri ormai, con una stempiatura incipiente e gli occhiali da vista unti, se poi non contiamo i vestiti bagnati e l’espressione stravolta come se avesse camminato per giorni e giorni nel deserto.

Mi pulisco la bocca nel tovagliolo e nel contempo rifletto se voltarmi e lanciarlo a Brendon assieme al tavolo, costringendolo così a smettere di guardarmi in modo così dannatamente irritante. Lo picchierei, giuro, ma sono una persona contenuta io. Avvolte.

Sono così perso nei miei progetti di lancio-del-tavolo che sento a mala pena la mia suoneria spargere note nell’aria e mi affretto a rispondere ma perdo la chiamata. Un classico.

Ricompongo il numero che ormai non devo nemmeno più cercare in rubrica tante volte l’ho composto e aspetto ce il mio amico risponda “Pronto Gabe?”

-Ciao Ryro! Scusami ma ho avuto un contrattempo e adesso non posso davvero raggiungerti!! Facciamo che passo a prenderti nel primo pomeriggio a casa?-

“Non so se ci sono a casa, man… ti chiamo appena ho sentito John, so che gli serviva una consulenza importante per non so cosa…”

-Non preoccuparti! Mi dispiace davvero di averti fatto alzare da letto…. Ma la tua consulenza mi serve per scegliere la casa giusta!-

Anche a me dispiace di essermi alzato, Gabe “Ma figurati lo sai che per un amico faccio questo ed altro” deformo la faccia senza credere a una sola parola di quello che ho detto. La verità è che a letto oggi si stava davvero bene, piove pure ora “ci vediamo oggi o al massimo domani allora?”

-Perfetto Ryro! I love U!!-

“Me too, ciao Gabe” chiudo la chiamata alzando gli occhi al cielo e pensando che si, il mio migliore amico è davvero un idiota. Che posso fare quindi? Torno a letto! Così quel malefico stronzetto di Brendon Urie non potrà più guardarmi. Lascio cadere sul tavolo cinque dollari poi sorrido a Rosy che sta pulendo un tavolo poco distante da me “Ciao io vado!”

“Ok Ryan a domani” mi dice lei raggiante facendomi l’occhiolino, che io ricambio urtando anche una sedia e facendo la figura del marpione rincoglionito. Ma mantengo sempre un certo charme mentre mi dirigo alla porta con il giornale sotto al braccio senza più guardare Brendon.

Addio maledetto, grazie per aver fatto piovere sul mio cuore oggi.

 

Fermai le dita che correvano sulle corde mentre Brendon mi guardava ridacchiando “Sono così buffo?” chiesi abbassando lo sguardo un po’ imbarazzato sulla coperta del letto del mio amico.

Lui scosse il capo “No è che fai una strana espressione mentre suoni, sai? Mi fai sorridere…”

Io tornai a occuparmi della stesura della melodia per la nostra prima canzone, per evitare di arrossire ancora di più. Non ero abituato ad avere una persona così dannatamente scrupolosa nell’osservarmi e la cosa mi allarmava un po’.

Non era normale Brendon, nonostante avesse davvero talento come musicista, soprattutto nel suonare il pianoforte…. Ma quel giorno ebbi l’ulteriore conferma che si, era perfetto per la nostra band.

“Questo legato non mi piace” disse facendomi notare un passaggio sul pentagramma prima di scarabocchiare qualcosa di simile ma di un paio di ottave più alta. Lo guardai scandalizzato.

“Non riuscirò mai a prendere delle note così alte” dissi mentre provavo il pezzo con la chitarra. Suonava molto meglio, dovevo ammetterlo, ma era davvero impossibile per me cantare quella strofa.

Brendon sorrise “Ma dai che ce la fai! Ci riesco anche io che nel canto sono del tutto negato!” mi disse sbracciandosi e facendomi alzare un sopracciglio.

“Allora fammi sentire…” dissi con un tono di sfida iniziando a suonare. Brendon allora chiuse gli occhi senza lasciare che il sorriso lo abbandonasse e poi prese un respiro profondo iniziando a cantare.

Rischiai il collasso.

La sua voce era la cosa più bella che io avessi mai sentito. Calda e profonda sembrava avvolgermi interamente tanto da togliermi per un attimo il respiro. Mi fermai incapace di compiere un pensiero decente se non ‘cazzo ho beccato un coglione che si crede stonato ma ha la voce da tenore…’

“Lo so che faccio pena ma tu potevi almeno finire la canzone, cazzo!” mi disse scocciato Brendon lasciandomi ancora di più senza parole.

Era davvero convinto di fare pena… pazzo.

“Ecco… Brend…” ci pensai per bene. Volevo davvero passare da cantante a semplice chitarrista? Ero sempre stato un fottuto egocentrico e in un certo senso lo sono ancora, e ovviamente non ero certo di voler lasciare il microfono a Urie, ma quella voce era qualcosa di davvero superiore.

“Cosa?” mi chiese un po’ triste buttando in fuori il labbro inferiore e facendomi così sorridere intenerito. Sembrava sempre un cucciolo bisognoso di aiuto, Brendon.

“Penso di non aver mai sentito una voce meravigliosa come la tua, davvero” gli dissi facendo scontrare i nostri sguardi.

Lui rimase in silenzio, incredulo, poi sbuffò e disse “Odio quando mi prendi in giro Ross” disse lanciando la chitarra classica sull’altro letto ed alzandosi. Io mi affrettai al alzarmi spostando la mia prendendolo poi per un braccio.

“Non sto scherzando! Dico sul serio!”

“Si certo come no….”

“Prendi il mio posto” Glielo dissi di impulso senza rifletterci più e senza sapere se davvero era la cosa giusta da fare per me. Per la band lo era di sicuro.

E mi stupii di me stesso, del fatto che non ero stato egoista almeno una volta nella vita. Strano eh? Brendon è arrivato sconvolgendomi del tutto… e quella è stata la prima vera dimostrazione di quel cambiamento che stava avvenendo in me.

Lui mi guardava senza capire, così ripetei “Prendi il mio posto, diventa il cantante dei P!ATD”

Lui allargò gli occhi “Non so se sono in grado Ryro”

Ignorai quel buffo e al tempo stesso dolce soprannome che mi aveva appioppato appena arrivato nella band e mi rimisi a sedere riprendendo la chitarra sulla gambe e passandogli il testo “Io penso che tu sia perfetto invece… adesso chiudi gli occhi e canta…”

“Ma Ryro…”

“Non voglio obbiezioni” dissi sorridendogli e per la prima volta non spostai lo sguardo dal suo.

Lui si illuminò poi disse “Però non so come fare a leggere con gli occhi chiusi”

Io rimasi un attimo in silenzio prima di ridere “e allora tienili aperti! Adesso proviamo questa canzone però!”

Brendon annuì mentre io prendevo a suonare convinto introducendo la correzione di Brendon dove  lui mi aveva spiegato.

Venne perfetta.

“Per oggi dire che può bastare” gli dissi alzandomi in piedi mentre lui mi guardava scontento.

“Vuoi già andare a casa?” mi  chiese guardandosi attorno, come se cercasse un pretesto valido per trattenermi.

Io scossi il capo “No, ma devo. Se no chi lo sente mio padre? Devo sbrigarmi o perderò l’ultimo autobus!”

“Ti porto io!” mi disse lui prontamente mentre io alzavo un sopracciglio e lo seguivo fino in garage. Aveva quindici anni ergo non poteva avere la patente “volerai nel cielo sul mio bolide” disse spostando una coperta e rivelandomi una vecchia vespa scassata di un color giallo limone piuttosto carico.

Io la guardai scettico “Con quella al massimo voleremo per terra…”

Lui mi ficcò in testa un casco prima di spingere la vespa fuori mentre io mi assicuravo la chitarra sulla schiena “Io sono un guidatore espertissimo” mi disse mettendo in moto e allacciandomi il casco “Adesso salta su!” mi disse per incoraggiarmi.

Io sospirai saltando su e allacciando le braccia al suo stomaco mentre lui tratteneva il respiro prima di partire a bomba verso il tramonto.

Mi vergognavo di mostrargli dove vivevo dopo aver visto una casa così bella come la sua e soprattutto mi vergognavo del fatto che potesse vedere come era ridotta la mia famiglia in cui c’era tutto tranne il calore e l’amore che regnava fra le mura di casa Urie.

Davanti alla purezza di Brendon io mi sentivo sporco…

 

Le braccia di Ryan strette attorno alla mia pancia mentre guidavo quella vecchia vespa gialla limone sembravano stritolarmi pure lo stomaco. Non sapevo ancora cosa provavo di preciso, ma sentivo che dentro di me qualcosa si stava muovendo e mi portava a fare pensieri strani. Per esempio mi immaginai che le sue mani scivolassero più in giù a slacciarmi la cerniera dei pantaloni, mentre lui appoggiava  il casco alla mia schiena e si schiacciava  interamente contro di me. Ovviamente non accadde nulla di tutto ciò, ma io sbandai lo stesso rischiando di stirare un bambino che andava in bicicletta sul ciglio della strada. Sentii Ross avvinghiarsi a me spaventato e ciò mi procurò non pochi problemi nel continuare a guidare dritto. Stare in moto con lui appicciacato come un koala era davvero un’impresa…

Arrivammo ad un incrocio e lui mi disse di girare a destra, prima di strattonarmi la felpa per farmi fermare. Appoggiai i piedi all’asfalto e lui scese immediatamente togliendosi il casco che gli avevo prestato.

-Bene, dov’è che abiti?-

Domandai guardandomi intorno, non vedendo altro che un vialetto che portava ad una vecchia catapecchia diroccata. Lui guardò la baracca alle sue spalle e poi si rigirò verso il sottoscritto con un sorriso vago e triste. Non credevo ai miei occhi e probabilmente la sorpresa mi si lesse in faccia, dato che ho sempre faticato a nascondere ciò che penso.

-..molto… rustica.-

Mi ritrovai a sussurrare mentre entrambi sembravamo inghiottiti da uno strano imbarazzo. Lui alzò le spalle e si sistemò la custodia della chitarra sulla spalla, prima di incrociare il mio sguardo.

-Beh, allora adesso che so dove abiti posso venire a trovarti così ci facciamo quattro chiacchiere!-

Ridacchiai mentre lui sembrava spaventato all’idea… Ma non ne sapevo ancora il motivo preciso. Non che ci volle molto a capirlo… Sarò anche uno stupido, ma anche la mia deficienza ha dei limiti.

Ryan stava per rispondermi, ma un uomo apparì sulla veranda malandata e pericolante, così che il ragazzo si limitò ad alzare una mano per salutarmi.

-Grazie del passaggio… Ci vediamo presto.-

Disse, prima di andare verso la porta ed essere afferrato malamente e violentemente da quello che –sì, per forza- doveva essere suo padre. Io rimasi lì come un idiota a guardarlo, non sentendo bene cosa l’uomo ringhiasse mentre strattonava il figlio. Ero come immobilizzato, anche se dentro di me avrei voluto fermare un simile scempio e rapire Ryan per portarlo al sicuro con me.

Lui alzò per un’ultima volta lo sguardo verso di me per farmi intendere di non preoccuparmi e venne spinto in casa con brutalità. Suo padre non mi degnò di un’occhiata e si limitò a sbattere la porta, prima che calasse il silenzio.

Rimasi cinque minuti a fissare quella casa, prima di infilarmi il casco e scappare a casa. Il profumo dei capelli e del collo di Ross mi arrivava al naso inebriandomi, ma ai pensieri maliziosi si erano sostituite delle preoccupazioni che non avevo mai provato prima.

E allora immaginai di abbracciare Ryan e tenerlo stretto al petto, proteggendolo da qualcosa di terribile che ancora non sapevo cos’era. E sì, fu in quel momento che mi accorsi che forse quello che provavo era più di una cotta o di un colpo di fulmine… Non sbandai, ma accelerai verso casa, sperando che la velocità mi spedisse dritto in un futuro brillante con Ryro al mio fianco.

Ma non possedevo una vespa in grado di viaggiare nel tempo, così mi ritrovai a parcheggiare nel mio garage solo come un cane e con il profumo dolce e incancellabile di Ryan addosso. Volevo annusare di nuovo quel buon odore, ma stavolta direttamente dalla sua pelle… Probabilmente stavo impazzendo.

 

 

 

 

 

Gli scoiattoli cinguettano e i ruscelli scorrono mentre il sole splende. Dovrei mettere questa frase in una canzone. Però forse potrei sembrare un po’ troppo hippie e non voglio affatto diventare come Ryan Ross.

-Ma perché diavolo sto pensando ancora a Ryan?!-

Esclamo puntando il dito con appoggiata la lente a contatto contro il mio riflesso, prima di infilarmela faticosamente nell’occhio destro. Dallo specchio ora mi guarda un bellissimo ragazzo pettinato perfettamente e con un sorriso splendente, che poi ammicca in modo affascinante.

-Quella brutta checca isterica di Ryan Ross non potrà staccarti gli occhi di dosso e addirittura stenderà il suo gilet a terra per farti passare… Farai sicuramente colpo, Brendon.-

Dico, sbottonandomi i primi bottoni della camicia bianca stirata in modo impeccabile. Mi passo una mano nei capelli senza staccare gli occhi dal mio riflesso.

-Dici a me? Ah sì, sono bellissimo? Anche tu sei bellissimo, Brendon…-

Il ragazzo nel riflesso mi manda un bacio alzando le sopracciglia e poi inizio a saltellare felice.

-Sì Bden, Ross cadrà ai tuoi piedi come un girasole davanti al sole!-

-Brend… Stai seriamente parlando da solo?-

Una voce alle mi spalle mi distrae e mi volto di scatto per correre verso la porta del bagno per chiuderla a chiave.

-Vai via Shane! Via!-

Urlo, prima di rigettarmi sull’armadietto per mettere il mio profumo migliore.

-Ryan Ross mi invidierai a morte!-

Mi metto a ridere appoggiandomi le mani ai fianchi… Sono pronto per la riconquista.

Quando arrivo al bar mi sfilo gli occhiali da sole e sorrido alla meglio, ma guardandomi attorno non vedo quel maledetto teddy-boy e subito un macigno di depressione mi cade sulle spalle. Decido comunque di accomodarmi al tavolo che occupava ieri ed aspettarlo dopo aver ordinato un caffè… Sicuramente quando mi vedrà striscerà da me accorgendosi di quanto sono splendido.

Dopo un quarto d’ora e due brioches finalmente dalla porta appare un figlio dei fiori che attira su di sé un bel po’ di sguardi. Io ammicco in modo che di certo lo farà sciogliere ma lui si limita a rimanere lì come un baccalà, prima di avviarsi al bancone e sedersi. Non posso fare a meno di fissare il suo sedere, dato che lo sporge in modo invitante verso di me. Però… Non me lo ricordavo così bello e…

-…mi fai un caffè corretto con la sambuca? Oggi ho già visto certe facce… Ho bisogno di qualcosa di forte per riprendermi.-

Le sue parole mi distraggono dalla bella visuale e m’irrigidisco, strappando violentemente un morso alla mia terza brioches pensando che sia la sua testa. Come osa insultarmi in questo modo? Mi sono addirittura truccato per apparire ancora più bello e lui mi dice che sono brutto? Dovrebbe guardarsi meglio la mattina quando si infila quelle fasce in testa… Così si accorgerà di quei suoi occhi piccoli da merluzzo.

Mentre penso a tutti i difetti di Ross –faticando a trovargliene più di due- la porta si spalanca e vengo flashato dal sorriso a mille miliardi di denti della persona che è appena entrata.

-BrendBerry!Eccoti!-

Pete Wentz urla saltellando come una bertuccia verso di me e prendendo posto al mio fianco, prima di afferrarmi la spalla con forza e scuotermi.

-Ma come siamo in tiro stamattina! Rientri da una nottata o hai appuntamento con qualche bella ragazza? Hai una ragazza, BrendBerry? Perché l’altra sera mi stavi giusto dicendo che magari sarebbe anche l’ora di trovarne una e dimenticare Ross.-

Gli tiro una gomitata e lui si lamenta rumorosamente, prima di voltarsi verso il bancone e vedere lui e urlareMa quello è Ryan Ross!”.

Questo sentendosi chiamare si volta con tutta la stizza di questo mondo dipinta sul viso, alzando una mano in malo modo per salutare Pete. Io cerco di attirare la sua attenzione con uno sguardo abbastanza sensuale, ma lui subito torna a guardare il bancone. Mi mordo le labbra per evitare di gridare e Pete si mette a sventolare le braccia come un pazzo, tirandomi pure una gomitata.

-Unisciti a noi dai!-

Grida a Ross, mentre io mi piego su me stesso per il dolore alla costola rialzando lo sguardo proprio mentre l’hippie si siede al nostro tavolo con la tazza in mano. Pete inizia uno sproloquio spaventoso e riempie Ryan di domande riguardo alla sua band di figli dei fiori, intanto che io allargo le braccia sulla sedia, cercando di farlo voltare verso di me e tutto il mio splendore. Ross però evita per tutto il tempo di far scappare lo sguardo verso di me, trattenendosi perfino quando mi appoggio il porta tovaglioli in testa. Pete si gira e mi guarda interdetto, così gli sorrido ed alzo il sopracciglio in modo eloquente… Anche se non credo che abbia capito quel che volevo dirgli.

All’improvviso Ross si alza e si rivolge solamente a Pete come se io nemmeno eistessi.

-Io devo scappare. Stammi bene bello, ci vediamo alla prossima.-

Dice inforcando gli occhiali da sole stra-hippie e Wentz gli stringe la mano sorridendo.

-Magari puoi venire qualche volta da me e Patrick.-

-Magari ci sentiamo.-

La risposta del più giovane sembra più un convenevole che una cosa sentita e sincera e il fatto che si dilegui alla velocità della luce conferma il fatto che non voglia avere a che fare con nessuno dei due.

-Ah! Hai visto? Non mi ha mai guardato!-

Lagnandomi mi alzo di scatto e Pete mi guarda allarmato.

-Davvero? Beh, non avrai fatto abbastanza per attirare la sua attenzione…-

Gli lancio uno sguardo sconvolto e oltraggiato, dato che non si rende conto che lui parlando a vanvera mi ha rubato tutta la scena! È stato inutile mettermi in tiro se poi questo folle in tuta arriva e si mette di mezzo. Non che odi Pete, ma potrebbe evitare di apparire ovunque e soprattutto nei momenti meno propizi. Ho perso la mia occasione di riconquistare il cuore di Ross!

-Ti offro io, eh?-

Mi dice avvicinandosi alla cameriera e facendole un occhiolino. Lei arrossisce e come un’oca le chiede l’autografo perché “dio, sei veramente Pete Wentz?”.

-Vuoi anche il mio?-

Chiedo appoggiando il gomito al bancone e sghignazzando in direzione di questa Rosy. Lei mi osserva un attimo allibita e ritrae la tazzina che Pete ha autografato con un indelebile fucsia.

-Sei famoso pure tu? Chi sei?-

Spalanco la bocca sconvolto e m’infilo gli occhiali da sole dandole la schiena.

-Non è nessuno… Un tizio.-

Le dice Wentz mentre le da i soldi, prima di seguirmi verso l’esterno e puntare le chiavi verso il suo SUV. Poi nota il fanale distrutto e corre appresso al veicolo sbracciando come un matto.

-No!!! L’ho appena fatta aggiustare e mi è arrivata a casa ieri! Pensa che qualcuno me l’ha sfrisata proprio l’altro giorno… Ed ora me l’ammaccano pure!-

Si guarda in giro come se ci fossero tracce lasciate dal colpevole, mentre io mi passo una mano fra i capelli con nonchalance mormorando un “che stronzi”… Di certo non gli dirò che sono stato io a rigargliela uscendo da casa sua.

Lo guardo allontanarsi dopo avermi salutato e poi mi avvio pestando qualcosa in terra nel parcheggio. Abbassando lo sguardo noto che è la fascia che indossava Ryan e la raccolgo per intascarmela chiedendomi se l’odore dei suoi capelli sia ancora lo stesso…

 

 

Oggi c’è il sole, il che è un bene. Mi alzo con una marcia in più rispetto a ieri e mi infilo nella cabina armadio in cerca di qualcosa da indossare per uscire alla volta del solito bar.

Mi infilo una camicia marrone e fiorellini beige e un paio di pantaloni neri prima di afferrare al volo un gilet del medesimo colore delle decorazioni delle camicia e chiudo il tutto sentendomi realizzato nel aver trovato al volo l’abbigliamento di solito ci metto molto di più.

C’è qualcosa che però mi stona, come se mi fossi dimenticato di qualcuno o di un evento in particolare… poi lentamente il viso stravolto di Brendon si materializza nei miei pensieri e si, per un attimo escono i nuvoloni neri di ieri e mi torna la voglia di rimettermi a dormire.

Mi lascio cadere sul letto ormai vestito con la fascia che volevo mettermi in testa fra le mani. La guardo con desiderio come se fosse un potenziale cappio. Perché tutte le volte che lo rivedo o sento parlare di lui mi riduco in questo stato amebico?

Mi faccio forza prendendo gli stivali da terra e infilandoli con violenza prima di legarmi la fascia in testa, poi afferro l’Iphone e il portafogli uscendo con violenza da casa sotto lo sguardo sconvolto di Hobo prima di cambiare idea e decidere di denudarmi di nuovo e lanciarmi a capofitto fra cuscini e lenzuola.

Tanto non lo rivedrò più.

Che senso ha pensare a lui e preoccuparmi di una persona così egoista e convinta di essere il messia di un Dio brutto e scimmiesco chiamato Pete Wentz?

Bah… un caffè mi tirerà su di morale così mi infilo nel mio Wagon a fiorellini e parto come il peggio hippie sulla faccia della terra. La realtà però è ben diversa… ieri sono rimasto a piedi con il mio SUV e ora sono costretto ad utilizzare il bus degli Young Vein per potermi muovere dalla mia casetta Santa Monica fino in città. Questa sfiga che ho me l’ha sicuramente tirata Brendon Urie.

Parcheggio storto ma non mi importa, ho davvero bisogno di caffeina o morirò.

Quando entro però vorrei mettermi ad urlare come un pazzo psicopatico mentre le manie omicide iniziano a farsi largo tra i miei pensieri. Praticamente ruggisco attirando l’attenzione di un paio di ragazzi ma vedere Brendon Urie seduto al mio tavolo, quello che occupo tutte le mattine, mi fa incazzare perché una sensazione negativa che si realizza non rende mai felici. Lui mi sorride affabile ammiccando leggermente con le sopracciglia e noto che non solo ha messo le lenti e l’odore forte della sua colonia costosa ma stomachevole arriva fino a me, ma che si è anche truccato e vestito bene come se dovesse andare a fare un aperitivo con gli altri sfigati fighetti che frequenta. Ma cosa mi posso aspettare da un rozzo ignorante che non conosce nemmeno il significato della parola ‘basito’ se non queste uscite idiote?

Lo guardo con sufficienza e mi dirigo al bancone con un sorriso solo per Rosy “Ciao Ryan come stai?” mi chiese appoggiandosi ai gomiti per mostrarmi meglio i grandi occhi da cerbiatta.

“Bene grazie... anche tu stai bene, a quanto vedo” dico buttando un occhio alla scollatura e facendola ridacchiare come un’oca “ mi fai un caffè corretto con la sambuca? Oggi ho già visto certe facce… ho bisogno di qualcosa di forte per riprendermi” dico a voce alta per farmi sentire da Urie, sedendomi in modo tattico per mostrare la parte più bella di me: il sedere.

Lei annuisce prima di guardarmi dispiaciuta “Temo solo che dovrai aspettare un po’…. Mi si è rotta una macchina del caffè e quindi devo fare tutto con la moka… occorrerà un po’ di tempo” altra sfiga tirata dal James Bond seduto dietro di me.

“Non preoccuparti non ho fretta” mento accasciandomi sullo sgabello con il male alla schiena per la posizione scomoda che avevo assunto per mostrarmi in tutto il mio splendore. Mentre sto ancora parlando con Rosy le porte si aprono di scatto e sull’entrata appare la figura sfolgorante di Pete Wentz vestito con una tuta da ginnastica con la quale ha sicuramente dormito a giudicare dalle pieghe, ma appena vede  Brendon sorride sfilandosi gli occhiali da sole e si incammina verso di lui urlando come un pazzo “BrendBerry! Eccoti!”

Mi rifiuto di ascoltarli mentre parlano (Pete non parla, urla) e torno a concentrarmi su Rosy trovando la cosa assai difficile perché, nonostante le critiche dette in precedenza, Brendon è davvero un gran figo oggi. Solo oggi? Mmm…

“Ma quello è Ryan Ross!” l’urlo di Pete mi sconvolge e spaventa assieme. Mi volto lentamente con un sorriso tirato e vero come una moneta da tre dollari alzando una manina in segno di saluto e sperando che la cosa finisca qua e che mi lascino tornare alla mia vita.

Ma con Pete Wentz non finisce mai così.

“Unisciti a noi dai!” mi dice battendo una mano accanto a lui mentre Rosy mi appoggia la tazzina davanti e io non posso far altro che prenderla e sedermi al tavolo rassegnato. Non posso dirgli di no, potrebbe mettersi ad urlare. Voglio evitare litigate feroci alle otto del mattino.

Mi fa domande strane sulla band mentre io trangugio rapidamente il caffè ustionandomi l’esofago in tutta la sua lunghezza, nel tentativo disperato di fuggire rapidamente. Faccio facce strane che ovviamente Pete non nota mentre soffro silenziosamente impegnandomi per non guardare mai verso Brendon, quasi come se per me lui non esistesse.

“Io devo scappare” dico lasciando i soliti cinque dollari a Rosy con un sorriso falsissimo mentre infilo i miei occhiali da sole e stringo la mano a Pete “Stammi bene bello, ci vediamo alla prossima”

“Magari puoi venire qualche volta da me e da Patrick” dice Pete come al solito straesaltato.

No, coglione, non voglio venire in quel canile pulcioso che chiami casa e guardare te e il tuo ragazzo che vi battibecchiate come una vecchia coppia composta da due imbecilli, ma abbozzo un altro sorriso uscito dal nulla e dico “Magari ci sentiamo”

Magari no.

Saluto e scappo di corsa verso il mio furgone mettendo in moto e urtando involontariamente una macchina dietro di me. Merda, la macchina di Pete.

Ovviamente non mi fermo e scappo sgommando visto che non ci sono testimoni.

Mi chiuderò in casa  e butterò la chiave nel cesso.

Dopo oggi voglio una vita da eremita solitario.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ciao a tutti!!!!

Ecco la nostra storia sui Panic!

Per Miky è anche la prima!!!

 

Avvisiamo che sarà di soli tre capitoli!!! ^^

Speriamo di ricevere commenti e grazie in anticipo a chi commenterà! <3

 

 

XOXO

Miky&Jess

 

 

 

 

 

 

   
 
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