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Le
sue labbra sfiorarono le mie solo
per un istante.
E
fu come se mille farfalle volassero
libere nella mia pancia.
Summer.
Seduti
sul divano, fissavano la televisione senza
particolare interesse mentre la voce squillante della presentatrice del
programma delle quattro, ripeteva in continuazione il nome
dell’ennesimo
vincitore della somma in gettoni d’oro che sembrava non
finire mai.
Era un
po’ la storia della loro vita:
un continuo rimanere nello stesso punto, facendo un passo avanti e
cinque
indietro fino a che non si ritrovavano a toccare il muro.
Limonata
sul tavolino di mogano scuro, maglietta a
maniche corte e pantaloncini, i libri aperti
sulle loro gambe e nessuna intenzione di studiare.
Il
termostato segnava i 38 gradi, la stanza sembrava andare
a fuoco e non riuscivano a poggiare i piedi nudi sul pavimento senza
rischiare
d’ustionarsi.
Era
cominciata così anche quell’ennesima mattina a
villa
Aburame.
Sua
madre, puntualmente ogni vacanza, lo costringeva a
passare l’estate con lei ad Okinawa, dove venivano ospitati
da una sua amica d’infanzia,ed
impedendogli di muoversi da casa senza il figlio di essa.
Kiba si
annoiava.
Dannatamente.
Il
ragazzo in questione, Shino Aburame, era silenzioso, con
una passione malsana per gli insetti e i modi di fare di un asociale
con la A
maiuscola.
Per lui,
sempre abituato a non rimanere fermo per un singolo
istante, parlare in continuazione ed esprimere la propria
vitalità in qualsiasi
modo, conosciuto e non, rimanere seduto sul divano di quella grande
villa a
fissare programmi tv privi di senso, cercando di imparare le nozioni di
matematica, non era una cosa accettabile.
La
vedeva, al di fuori della finestra, la distesa di acqua
chiara che si perdeva a vista d’occhio, baciata dai caldi
raggi del sole.
Il mare.
Cosa a
lui sconosciuta durante le vacanze.
Shino
soffriva il sole, la sua pelle troppo chiara si
arrossava immediatamente, portando delle pesanti ustioni che gli
impedivano di
mettere piede fuori di casa.
Una volta
o due era riuscito a sgattaiolare al di fuori
della villa, per andare a fare una nuotata ma, puntualmente, Tsume
Inuzuka lo
riportava dentro per le orecchie, si scusava con la signora Aburame e
lo
ributtava nella camera dove il “povero” Shino stava
seduto a studiare i suoi
insetti.
E se non
erano gli insetti, era la tv.
E se non
era la tv, era un libro.
Se solo
la compagnia fosse stata tra le migliori,
certamente, avrebbe trovato quei lunghi quindici giorni meno noiosi.
- E con
questo è tutto! A domani gente! –
Ascoltò
il castano scimmiottare la voce della conduttrice
prima di spegnere con un gesto secco il televisore.
Le cinque
e quarantacinque minuti, tra meno di un quarto
d’ora sua madre e quella dell’altro sarebbero
uscite. Questo significava un po’
di respiro per entrambi i ragazzi che non sarebbero stati costretti a
passare
altro tempo assieme.
Il
nervosismo dell’Inuzuka era così palpabile che
quasi lo
infastidiva.
Non
sopportava le persone iperattive come lui ma capiva
anche che, rimanere durante l’estate in una
località di mare e non poter uscire
di casa, non doveva essere una cosa tanto piacevole …
soprattutto per chi il
mare non lo vedeva mai.
- Inuzuka
–
La sua
voce fu poco più di un sussurro che bastò,
però, a
far voltare gli occhi dorati verso di lui.
- Che
c’è? –
Sospirò
al tono semitagliente dell’altro.
Era da
quando avevano cinque anni che passavano quei
quindici giorni estivi a stretto contatto, non c’era mai
stato nulla di
piacevole nella loro convivenza, caratteri troppo differenti.
- Quando
quelle due escono… ti va di andare al mare? –
Lo vide
sgranare gli occhi impercettibilmente, poi la testa
del castano si mosse in un breve gesto d’assenso, che gli
strappò un mezzo
sorriso.
Il
movimento che avvenne dopo fu troppo veloce per entrambi,
perché potessero ritirarsi:
in uno dei suoi soliti slanci d’impeto, l’Inuzuka
si gettò su di lui, forse per
abbracciarlo o forse solo per un lieve e sbagliato sbilanciamento, che
portò le
loro labbra ad incontrarsi.
Rimasero
così, sul divano, per qualche istante con le labbra
a contatto, prima che il castano si ritirasse come scottato, rosso in
viso.
Aveva
sentito qualcosa di simile ad una stretta all’altezza
dello stomaco, così veloce che non aveva avuto modo di
identificarla.
Kiba si
alzò con un movimento veloce, uscendo dalla sala e
lui rimase lì, a fissare il punto dove l’altro era
sparito, chiedendosi cosa
fosse stata quella strana sensazione.
- Niente
mare, Aburame. Né oggi, né mai! –
Gli
sentì urlare dall’altra stanza prima che la porta
si
chiudesse.