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Autore: Luxiwan    11/09/2010    0 recensioni
[Kensei Muguruma/Mashiro Kuna]
L'idea che avrebbe potuto abbandonarmi non aveva mai sfiorato la mia mente. Troppo... Sempre troppo convinto di essere indispensabile. Di esserle indispensabile. E magari lo ero... No, lo sono, mi rimprovero. Altrimenti non sarebbe, adesso, qui... Ridotta ad una macchia di annerito sangue.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sabbia pregna di Sangue Titolo: Sabbia pregna di Sangue.
Autrice: Luxiwan
Fandom: Bleach
Pairing: Kensei Muguruma/Mashiro Kuna
Raiting: Giallo
Avvertenze:  One-shot. AU. What if...?





Sabbia pregna di Sangue.


Mi avvicino con preoccupante lentezza e la vedo...
La osservo attentamente, mentre non capisco bene a cosa il mio cervello, ora come ora, stia pensando.. O, magari, cosa ritiene di pensare.
Un passo o due ancora mi distanziano dal suo corpo immobile, disteso su una sabbia assai tiepida al tatto.
Sebbene io sia consapevole che ella abbia avvertito la mia presenza, mi domando per quale assurdo motivo ancora non si sia rizzata in piedi ad urlarmi contro. Lo ha sempre fatto. Il nostro lo si potrebbe definire quasi un rituale, se avesse sacralità in sé... Ma nulla del nostro rapporto è venerabile, nulla mai lo è stato. Oserei piuttosto dire che ciò è solo il frutto di una lunga quanto incrollabile abitudine.
E come da regola, ad un mio passo ne corrispondevano due dei suoi; ad ogni mio serioso discorso una sua insensata domanda -“Che significa, Kenseiiiii?”-; ad ogni mio intenso sguardo, uno suo, fuggevole come il vento, delicato come un battito d'ali.

"Strano" mi dico. Un pensiero naturale, meccanico.
Tutto ciò che valica la nostra fitta rete di abitudini è quantomeno assurdo.
È come esser prigionieri di una pozzanghera: annegati in quelle acque stagnate e melmose, nessuno dei due azzarda una mossa, che si tratti d'un passo verso la riva, lontana ed irraggiungibile, o che sia un atto d'affetto, di consolazione.
Impantanati, giaciamo immobili come pietre, schiavi dei nostri sguardi, degli interminabili silenzi che costituiscono il significato più denso di ogni nostro discorso.


Ora nessuna distanza ci divide.
Sul suo petto si allarga una chiazza rossa. È in prossimità del seno sinistro, nei pressi del cuore.
Essa è sempre più grande, sempre più scarlatta.


Per un momento, una qualche sorta di riflessione, o meglio, una qualche sensazione mi attraversa, ma è un attimo.
Mi siedo sulla sabbia, il mio corpo che si erge contro il suo, più minuto, assai fragile.
Ancora la macchia si espande. Ancora quel senso di nausea mi addenta la bocca dello stomaco.
Che sia paura, o terrore, non riesco a decifrarlo.
Credo, piuttosto, che sia stupore.
L'idea che avrebbe potuto abbandonarmi non aveva mai sfiorato la mia mente. Troppo... Sempre troppo convinto di essere indispensabile. Di esserle indispensabile.

E magari lo ero... No, lo sono, mi rimprovero.
Altrimenti non sarebbe, adesso, qui... Ridotta ad una macchia di annerito sangue.

Una mano parte, autonoma, a carezzarle il volto; poi scivola.
Le scorre, delicata, sulle labbra violacee, sulle guance leggermente gonfie, discretamente colorite.
Poi sorpassa il collo, sottile e bianco come quello di un cigno.
Diamine, torno a darmi dell'idiota. No, non è proprio da me pensarla, figurarla sotto queste macabre vesti.
Perché si... Immaginare Lei un cigno è macabro... Come lo è figurarsi un diavolo stagliarsi sul trono del paradiso.
È innaturale: paradossalmente ironico, tremendamente tragico, assolutamente sbagliato.

Così è Mashiro Kuna alla mia vista, maledettamente innaturale.
Abbracciata da un angelico candore, abbandona colori cangianti e luminescenti come lo smeraldo dei capelli, o il rosato delle gote.
Indossa una veste di rara eleganza, di raffinata bellezza: attillata ai fianchi e al petto, rende le sue forme morbide, delineate. Partendo dalle spalle, le ricade suoi polsi snelli in brevi file di fronzoli e in qualche centimetro di pizzo deliziosamente tinto di rosa; scopre il seno quanto basta alla vista per scorgere il ricamo delicato del reggiseno indossato, e quanto basta alla mente per palesarsi già in fervente elaborazione del resto. Scende sulla vita con dolcezza, per poi coprirle i ginocchi come un estivo lenzuolo; pone fine al proprio percorso nei pressi delle caviglie scarne e sottili.

Bambola.

È come fissare una bambola di egregia bellezza.
Ma poiché le bambole non vivono, scarto l'idea [l'illusione, Kensei... L'illusione.] che ella sia una bambola teneramente addormentata.

Poi la macchia si espande dal petto, in piccoli rivoli cola sul grembo, sui fianchi, fino ad infrangersi a terra in pregne gocce di vermiglio scarlatto.

[Si fondono con i grani, poi con il suolo. Sporcano il nero, uccidono il bianco con il loro mortale riflesso.

Scintillano di distruzione, abbagliano di rovina... Profumano, infine, di morte.
Eterno riposo.]



So che tra poco finirà, in un mondo o nell'altro.

Avvicino il mio volto a quello gentile della ragazza... Solo adesso mi rendo conto di quante striature sanguigne incrostino, ti incrostino i capelli, una volta lisci, una volta lucenti, una volta color dell'erba.
Ora neri.
Ora scarlatti.
Ora nefasti e mortali ti ricadono dietro le orecchie o, disordinati, sulla fronte.



Ti sono sempre più prossimo; pari davvero morta nonostante il tuo petto si ostini a dare segni di vita.

[Pare troppo lungo il tempo e lo spazio che ci allontana.]

Poi sfioro la tua pelle, odora di casa e di famiglia.
Il sangue. Così, odoro il profumo ferrico e asfissiante del sangue che si riversa, iroso, al di fuori del tuo guscio caduco.  

[No, Kensei... Non farlo. Non lo fare...]

Adagio il volto sul suo grembo e, come sospinto da una volontà invisibile, come attratto da un istinto prorompente, dilaniante, febbrile dò la facoltà a me stesso di abbandonarmi a quell'onirico sogno.
Chiudo gli occhi percependo le forze scemare.

In sussurri lievi e smorzati avverti la sua voce nella tua mente, elevatasi contro la tua anima, a parare le tue gesta.

[Svegliati Kensei...]

Ma è appunto un bisbiglio.. Troppo gracile per essere udito, troppo spento per essere considerato.

   
 
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