Don't Say Goodbye
“Ucciderei per riaverti con me.”
“E se non posso riaverti, allora...”
Chiuse
la porta dietro di sé con un calcio ignorando il rumore forte
che probabilmente aveva infastidito tutto il palazzo. Destreggiandosi
tra una scarpa lasciata in giro ed il gomitolo del gatto riuscì
per un qualche miracolo a lui sconosciuto a non far cadere le buste
che aveva tra le braccia ed a raggiungere la cucina, posandole sul
tavolo; sospirando si guardò intorno per assicurarsi che tutto
fosse in ordine, a partire dai piatti lavati fino al pavimento
pulito.
“Tesoro ? Sono tornato!”
Sorrise
sentendo la risposta della donna dall'altra parte della casa intenta
a sistemare la camera da letto, così impegnata da non poterlo
andare nemmeno ad accogliere alla porta. Si dimenticò del
tutto della spesa decidendo di sistemarla più tardi,
dirigendosi verso la loro stanza e sorridendo alla vista della sua
ragazza.
“Neanche mi saluti?” chiese divertito
abbracciandola alla vita e strappandola ai lavori domestici,
chiedendo un bacio che non tardò ad arrivare; si perse nella
morbidezza della sua bocca, nel sapore di fragola causato dal
lucidalabbra che portava sempre, immergendo le dita tra i lunghi
boccoli corvini e giocandoci senza annoiarsi mai. Era il ritratto
della passione, dell'amore, di un uomo perdutamente innamorato della
donna davanti a sé.
“Mi
sei mancato”, sussurrò lei con quella solita voce bassa
e morbida, piacevole, simile ad una coperta di puro velluto, qualcosa
di caldo e di rassicurante. Aveva sempre amato la sua voce, fin dalla
prima volta che l'aveva vista, sei anni prima, quando lei era una
ragazzina di neanche diciotto anni e lui un uomo di ventitre anni.
Le accarezzò il viso con la stessa cura con cui si tiene
tra le mani un pezzo di cristallo raro e prezioso e, soprattutto,
fragile – lei era sempre stata fragile, così delicata ed
innocente. Ammirò per l'ennesima volta gli occhi di quel caldo
colore dorato, simile al sole, crogiolandosi nel suo profumo e nelle
forme morbide del suo corpo giovane.
“Anche tu”,
ammise baciandola un'ennesima volta, sdraiandosi sul letto e
portandola con sé, ignorando le sue proteste da brava ragazza
innocente.
“'Sear...Seah, ehi! Ho appena rifatto il letto,
dai!” esclamò divertita ma senza più scalciare,
preferendo concentrarsi sul calore del corpo dell'uomo e sui suoi
occhi azzurri, simili al cielo d'inverno.
Quando si erano
conosciuti anni prima si erano odiati. Era stato un sentimento
immediato, violento e furioso che mesi e mesi dopo era sfociato in un
primo bacio aggressivo, dato per rabbia e per dispetto – e che
aveva portato poi ad altro, ad un solo rapporto fisico inizialmente,
fino a tramutarsi in qualcosa di più speciale, di più
profondo.
Era diventato amore, quell'amore con la A maiuscola,
quello che ti fa vedere tutto sotto un'altra luce e ti fa sorridere
sempre, nonostante la differenza d'età ed i litigi, le
discussioni, i pianti e le gelosie.
La gelosia era sempre
stato un problema nel loro rapporto, pensò distrattamente
mentre le sfiorava le ciocche scure lasciandole scorrere tra le dita,
sorridendo per un altro bacio. C'erano stati momenti in cui erano
arrivati ad un punto di rottura, all'esasperazione; una volta avevano
chiuso del tutto, per qualche tempo. Solo perchè... perchè
lui li aveva visti.
Aveva visto quel ragazzo toccarle il viso,
toccarle i capelli, avvicinarsi troppo
a lei, che era solo sua.
Aveva
visto lei sorridere ed arrossire indietreggiando, ricordò
stringendosi ancora di più al suo corpo caldo, riposando con
il capo sul suo petto come un gatto che si lascia coccolare dal
padrone.
E quando quell'uomo si era avvicinato troppo... la
tentazione di ucciderlo era stata forte, atroce, una forza impetuosa
che non era riuscito del tutto a reprimere ed era divenuta una lotta,
con la conclusione di un naso rotto e di un paio di manette attorno
ai suoi polsi.
Ricordava le lacrime nei suoi occhi d'oro, lo
sguardo liquido e preoccupato, stanco, di chi era arrivato al limite
di quella storia che non era mai stata sempre rosa e fiori ma dove
non erano mai mancate le spine.
“Eileen”, la
chiamò piano accarezzando il suo nome con le labbra,
pronunciandolo lentamente.
“Mh?”
“Mi ami?”
Alzò il viso per guardarla, per perdersi ancora una
volta in quella bellezza fragile come quella di una farfalla –
una farfalla, come il ciondolo che portava al collo, un suo regalo –
attendendo con ansia una risposta. Glielo chiedeva spesso negli
ultimi tempi. Ed ogni volta, la risposta era la stessa.
Ammirò
la sua bocca piegarsi in un sorriso dolce come un miraco, i suoi
occhi brillare di un sentimento troppo profondo e troppo forte,
qualcosa di simile all'ossessione.
“Ti
amo, Searis. Ti amerò per sempre.”
E lui sorrise
ancora, come ogni volta, strattonandola verso di sé per
strapparle un bacio, per divorare la sua bocca e respirare il suo
profumo – per vivere di lei, solo di lei, com'era sempre
stato.
Rimasero su quel letto per ore, abbracciati come due
amanti anziani ed al tempo stesso come due adolescenti fuggiti da
casa; risero a bassa voce ignorando le lancette dell'orologio che
andavano avanti, ignorando il sole che calava. Quando chiusero gli
occhi Searis appoggiò il capo sul cuore di Eileen, sentendolo
battere ad un ritmo regolare e rassicurante, un braccio attorno alla
sua vita sottile.
Avrebbe voluto morire così, un
giorno.
Fu il campanello a svegliarlo bruscamente,
riportandolo alla realtà; sollevandosi si assicurò che
Eileen dormisse ancora, sorridendole e baciandole la fronte, prima di
alzarsi per andare a rispondere.
“Sì?”
chiese tranquillo, rimanendo sorpreso quando davanti si ritrovò
tre uomini della polizia in divisa.
“Searis Morgan?”
chiese il primo, mostrando il distintivo. Annuì perplesso,
senza capire, chiedendosi se ci fosse qualcosa che non andava.
“Sono
io. C'è qualche problema, agente ?”
Gli uomini si
guardarono in viso, prima di tirare fuori una foto e mostrare una
ragazza di ventidue anni, dai capelli scuri ed ondulati e gli occhi
d'oro.
“Ha visto questa ragazza recentemente?”
Che
domanda stupida. Certo che l'aveva vista, dormiva con lui!
“Certo.
Sta dormendo, ora. Perchè la cercate?”
Eileen non
poteva essersi cacciata nei guai; era una brava ragazza, talmente
rispettosa della legge che non passava mai neanche col rosso.
I
poliziotti sembrarono persino imbarazzati, tanto che neanche notò
le loro mani scivolare alle pistole.
“Signor Morgan...
Eileen è scomparsa da una settimana, ormai. I genitori temono
le sia accaduto qualcosa e ci hanno dato il suo indirizzo”,
spiegò con pazienza uno di loro, cercando di sbirciare
all'interno della casa.
Non potè fare a meno di scoppiare
a ridere, suscitando la sorpresa altrui.
“Sanno benissimo
che vive con me, non le è accaduto nulla. Vi ripeto, sta
dormendo”, assicurò con un sorriso, allontando le
ciocche lunghe e scure dal viso pallido.
I poliziotti si
guardarono e sospirarono di nuovo, prima di avanzare di un passo.
“Le
dispiace se entriamo?”
Non era davvero una domanda, quanto
più un ordine e ci misero poco ad entrare. Uno di loro storse
il naso al sentire uno strano odore provenire dalla cucina, calciando
via con un piede un gomitolo ormai impolverato.
“Dov'è
Eileen?”
Sbuffando continuò a ripetere che dormiva,
che non voleva la disturbassero, ma li condusse nella camera da
letto, cercando di non infastidire la sua ragazza.
“E' qui,
ma fate piano, o si sveglia...”, avvertì sperando che
non accadesse nulla, preoccupato come un padre per la figlia.
I
poliziotti aprirono piano la porta ed inizialmente non videro nulla
se non la ragazza sdraiata sul letto. Poi uno di loro chiuse gli
occhi, mormorando qualcosa di simile ad una preghiera.
“Signor
Morgan, lei è in arresto”, sentenziò il capitano,
estraendo le manette per imprigionarlo. Searis sgranò gli
occhi azzurri senza capire, indietreggiando.
“Cosa ? Ma
che state dicendo ? Sta bene, non vedete ? Sta dormendo!”
esclamò esasperato, senza sapere come farglielo capire. Certo
che erano ottusi, eh.
Il più giovane, forse impietosito, si
avvicinò a lui, mentre un altro chiamava il coroner al
telefono.
“Signor Morgan...Searis. Eileen è
morta.”
Scoppiò
a ridere senza riuscire a fare altrimenti, gettando il capo indietro.
Se le inventavano tutte, eh...
“Ma che state dicendo ? Sta
perfettamente, avanti. Se è uno scherzo non è
divertente”, sibilò infastidito, avvicinandosi alla
donna che per puro miracolo dormiva ancora. Si sedette di fianco a
lei accarezzandole i capelli, sorridendo.
“Searis.
Eileen è morta da una settimana. Guardala”, suggerì
uno di loro, sempre il più giovane, senza allontanarsi, le
manette ancora pronte.
E lui, tanto per accontentarli, la
guardò.
Morta, dicevano. Come poteva essere morta se fino
a poco prima gli sorrideva e rideva con lui ? Se il suo cuore prima
batte... batteva... ?
Sbattè le palpebre perplesso,
senza capire perchè improvvisamente il cuore di Eileen fosse
fermo. Stava male ? Forse era solo debole, stava dormendo in fondo,
era normale...
La guardò di nuovo, senza stancarsi mai,
cercando di svegliarla.
“'Leen? Ehi, svegliati... i tuoi
amici ci hanno fatto un brutto scherzo. Svegliati, tesoro”,
insistette sorridendo, scuotendola piano per non farle male.
Ma
gli occhi di Eileen rimasero sigillati ed il suo cuore spento.
C'è
un momento in cui tutto crolla. In cui le speranze vengono meno, in
cui non importa più se si è vivi o morti, se il mondo
sta finendo o se qualcuno ti sta minacciando con una pistola.
Ed
è il momento in cui ogni illusione scompare e torni alla
realtà.
Il momento in cui il tuo sogno diventa un incubo ad
occhi aperti.
Guardando
la camera vide il letto in disordine, i cassetti aperti; dalla cucina
proveniva un odore di sporco e di piatti non lavati, di cibo lasciato
lì a marcire perchè a nessuno interessava davvero
mangiarlo. Il gomitolo del gatto che avevano una volta era per terra,
impolverato e non usato da molto.
E sul letto... sul letto...
Eileen giaceva immobile, bella come era sempre stata; ma il
suo calore era scomparso, la pelle non più morbida ma gelida,
dura come il marmo, le labbra bluastre ed insensibili. Le stesse
labbra che prima aveva baciato ora erano ferme e chiuse. Gli stessi
occhi d'oro che aveva ammirato, di cui si era innamorato, erano
nascosti dalle palpebre serrate, il petto statico.
I boccoli
corvini non erano più lucidi e morbidi ma spenti ed opachi,
una mano posata sul ventre e l'altra vicino alla sua, così
fredda da farlo rabbrividire.
Al collo c'era ancora il
ciondolo con la farfalla, ma anche quello sembrava morto.
Morto
come lei. Morta, con quel...
Gli sfuggì un grido
quando notò la macchia rossa sul suo abito, esattamente dove
si trovava il cuore. Sangue ormai secco che nascondeva una ferita al
di sotto dell'abito, uno squarcio causato da un pugnale che le aveva
trafitto il petto da parte a parte, simile ad un fiore scarlatto che
sboccia.
“Leen.. Leen ? Eileen... svegliati, dai.
Tesoro...”, continuava a chiamarla a bassa voce, cercando di
svegliarla, cercando di ignorare le lacrime che pungevano gli occhi e
rigettando indietro i suoi ricordi che ora, sfuggiti dalla scatola
dentro al quale erano stati chiusi, tornavano prepotenti alla
memoria.
La gelosia era sempre stato un problema nel loro
rapporto, lo aveva detto.
Per questo quando aveva visto quell'uomo
avvicinarsi non aveva notato Eileen arrossire di irritazione e
sorridere freddamente, allontandosi per evitarlo; aveva visto solo
ciò che la sua mente gli suggeriva – la sua mente, che
ora avrebbe voluto distruggere.
L'aveva picchiato e l'aveva fatto
sanguinare, ma era stata lei a piangere, a dirgli che era finita, che
non ce la faceva più con quella continua gelosia. Che lui era
troppo, troppo geloso e non si fidava, perchè lei non
l'avrebbe mai tradito.
Non era geloso. Era solo...
innamorato.
Ed era per quell'amore che quando lei gli aveva dato
le spalle l'aveva abbracciata pugnalandola al cuore, sorridendole e
sussurrando che l'amava. Che sarebbero rimasti insieme per
sempre.
Che avrebbe ucciso per riaverla con sé.
E
l'aveva fatto.
“Signor Morgan, deve venire con noi. E'
in arresto per omicidio volontario.”
Non li sentì
neanche. Continuava a mormorare il suo nome, a ripeterlo
all'infinito, ignorandoli ed estraendo dal cassetto qualcosa.
“Eileen...Eileen...”
Continuava a ripeterlo come
una nenia, una ninna nanna cantata ad un bambino per farlo
addormentare.
Si
sdraiò di fianco a lei, abbracciandola in una posizione
gemella a quella di poche ore prima, mentre gli agenti cercavano di
fermarlo. Ma non si può fermare un uomo innamorato.
“Eileen... mi ami?”
Il rumore dello sparo
risuonò per tutto il palazzo.
“E
se non posso riaverti, allora...
… allora verrò con
te.”
Author's
Note: Non scrivevo qualcosa di drammatico – noir da tempo. Oggi
ho avuto un raptus improvviso e non mi sentivo così bene da
mesi, credo. I due personaggi, a cui sono stati cambiati i nomi,
appartengono a me e ad una mia amica e vengono utilizzati in un gioco
di ruolo.
Il titolo è di una canzone degli Skillet, Don't
Say Goodbye.
Spero vi sia piaciuta.
Jemei.