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Autore: Love_in_London_night    12/09/2010    14 recensioni
Halloween 2010, Londra. Una ragazza di vostra conoscenza, un pub. E lui: Tom Sturridge.
Una nottata all'insegna di qualcosa di nuovo. Cosa, però, non lo sanno nemmeno loro...
Primo esperimento su TomStu.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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eccomi... scusate se vi rompo ancora... ma la mia mente in questi giorni è prolifica... mi dispiace per voi! ^__^
(lo so... starete pensando: MANNAGGIA A LEI!)
mi scuso, perchè come al solito, al posto di scrivere una OS, ho scritto un capitolo dalla lunghezza epica.
vi avviso: per chi ama Tom in 'Hate every beautiful day', qui lo troverà diverso, spero possa piacervi lo stesso, un abbraccio.




Trick or treat?

31 ottobre 2010, Londra

Halloween. Wow. Cioè, chissenefrega.
E anche se sono a Londra, non me ne importa un beneamato cazzo.
L’unica cosa carina è vedere questa immensa città addobbata a festa, con le luci dei Pub che fuoriescono da zucche con facce improbabili, e festoni che scendono dai soffitti. Il calore soffuso e la leggera allegria che si percepisce guardando dentro, è un tiepido invito per noi anime forestiere che vaghiamo per la città, ormai ghiacciata dalla morsa del freddo.
Sbuffo.
Sono qui per le vacanze che la mia ‘adorata’ cugina Federica non è riuscita a fare quest’estate, e siamo ospitate dalla sua amica Daphne, Londoner DOC, della cui dichiarare che ha la puzza sotto il naso è dire poco. Forse ha un’intera discarica sotto il suo nasino rifatto.
Ok, lo ammetto, non ci siamo mai sopportate, lei ed io. E mi sta ospitando a casa sua solo perché tiene così tanto a mia cugina e alla loro amicizia, che con tutto il suo buon cuore – non molto, sospetto in realtà – ha deciso di tollerare me e la mia sgraditissima presenza in casa sua per qualche giorno.
Beh, almeno mi permette di andare alla ricerca di Tom Sturridge, il migliore amico di Robert Pattinson. Non so perché, ma da un paio di mesi a questa parte ho sviluppato una fissa che rasenta la follia per lui, come l’ho sviluppata anni prima per il suo più caro amico. Quella per il British boy per eccellenza non l’ho smaltita, l’ho solo archiviata per far spazio a quella nuova che riguarda l’english friend. Questo perché so che Tom è a Londra e Rob a girare Breaking Dawn dall’altra parte del mondo. Tutto questo perché, lo posso giurare, dopo la visione del film ‘The boat that rocked’ – noto in Italia come ‘I love radio rock’ – la mia vita non è più stata la stessa. Come si fa a non innamorarsi del giovane Carl? Io non ce l’ho fatta, ho ceduto ancora una volta davanti ad un visino angelico e al fascino britannico.
Cristina, va bene che la carne è debole, ma ora stai esagerando!
Ah, se la mia coscienza sapesse che sto sviluppando un’altra potentissima fissazione per Tom Felton – altro ragazzo inglese dall’aria molto, ma molto, interessante – solo perché ho scoperto il paring Dramione da poco. Beh, questa poverina scapperebbe a gambe levate dalla sottoscritta urlando ‘basta, sei pazza, non riesco a sopportarti! Senza di me e la mia morale ti sentirai meglio!’ o qualcosa del genere.
Scuoto la testa da parte a parte con l’accenno di un sorriso.
- Stai bene o devo chiamare il reparto psichiatrico? – domanda Daphne con tutto il suo buon cuore, sopracitato prima – Tua cugina mi preoccupa sempre di più – e si rivolge a Fefi.
Ecco, ho un motivo in più per odiarla. Non riesce a lasciarmi in pace nemmeno quando sto fantasticando di esserle lontano mille miglia, avvolta dalle braccia di questi pezzi di ragazzi inglesi. La apprezzavo, o meglio sopportavo, solo perché lei e Fefi facevano così comunella da farmi sentire un’emarginata. E la cosa non mi è mai dispiaciuta, dato che non volevo immischiarmi nei loro affari, ne tantomeno con lei.
Ora neanche questo beneficio riesce a darmi.
- Ci sta portando pure in un pub immenso, pieno di ubriaconi, da cui usciremo sicuramente puzzando di birra! – e continua imperterrita. È illegale in Inghilterra togliersi una scarpa da ginnastica e stampare la suola sulla faccia della gente in modo da farle rientrare il naso nella faccia e farlo uscire dalla nuca? Ora come ora ne sarei davvero capace, almeno andrei in carcere soddisfatta – Non possiamo andare a ballare in un club? –
Fefi ridacchia divertita vedendo il mio sguardo irritato – No Daphne, in quel pub c’è un ragazzo che piace a me e di cui Cris è innamorata, per una sera possiamo farle un piacere. E poi non ti fa male mischiarti al volgo per qualche ora – le dice in tono bonario. Ah, la Fefi, se non ci fosse lei, bisognerebbe inventarla!
Già, il Three Kings. Il pub in cui ho saputo per certo terrà un mini concerto Bobby Long. A rigor di logica Tom non dovrebbe proprio mancare. Tutto questo è stato scoperto da Marina e Cinzia, che non potrò mai ringraziare abbastanza, e giuro che se dovessi vederlo e scattare una foto insieme a lui, faccio shopping anche per loro. A costo di scialacquare il conto corrente.
Al solo pensiero di vederlo sono stupidamente nervosa.
- Eccoci arrivate – annuncia Fefi saltando – Spero proprio che ci siano tutti gli amici di Rob, non vedo l’ora di vederli dal vivo ed immortalarli! –
A me ne basta solo uno. Tutti gli altri potrebbero pure sbarcare su Urano in questo momento, se fosse per me.
D’istinto la abbraccio e la stringo forte. Sapere che ci sono altre pazzoidi oltre a me che inseguono i propri sogni e i propri ‘ idoli’ mi fa sentire meno sola. E meno scema.
Alzo la testa verso il pub: le luci basse lo caratterizzano, c’è gente ma non troppa – alla faccia di Daphne! – e solo il piccolo rialzo che funge come palco sembra essere un po’ più illuminato. Questo perché alcuni ragazzi stanno controllando l’impianto acustico. Dietro la vetrina e dentro al locale spuntano addobbi arancioni e neri dappertutto. Le zucche sono vicino alla porta d’ingresso. Speriamo che l’aria della festa renda i ragazzi più facili alla conversazione.
Entriamo e mi nascondo dietro Federica: ho paura di guardarmi in giro e vedere Tom, ma ho ancora più paura di setacciare il locale e non vederne traccia. Stupida stupida stupida!
Ci dirigiamo al bancone, l’unico punto in cui c’è un po’ di ressa, e ordiniamo da bere. Una volta prese le nostre birre – ad eccezione di Daphne, con una noiosissima Diet Coke – ci dirigiamo al tavolo nelle vicinanze della zona in cui a Fefi sembra di aver scorto Sam Bradley. Appena appoggiamo le nostre reali natiche sugli sgabelli, noto che quello è davvero Sam, che sta scherzando con il vero Marcus, e c’è pure una seduta libera. Luogo in cui prende posto l’autentico, il solo, l’unico Tom Sturridge, appena tornato dal bagno, dove probabilmente avrà svuotato la sua principesca, nonché britannicissima, vescica.
È bello anche dal vivo, anzi di più, ma è leggermente più basso e più magro di come mi ero sempre immaginata. Chiariamo: non ho detto che è basso, ho detto che è più basso di quanto mi aspettassi, ma è pur sempre una presenza di uomo, che fa la sua sporchissima figura. Il suo sorriso è… è… non lo so, non ho parole. Caldo? Solare? Sincero? Allegro? Forse tutto questo messo insieme.
Sbarro gli occhi, la bocca forma una O ai limiti dell’indecente, e mi arpiono al braccio di Fefi. Vorrei fare qualcosa, ma non riesco a fare altro. Lo guardo con quell’espressione da triglia, e l’unico pensiero che riesco a formulare è che se staccassi le unghie dal braccio di mia cugina mi alzerei di colpo, gli prenderei il viso tra le mani, e lo bacerei. Qui e ora. Per la seconda volta in venti minuti rischio l’arresto per atti impropri in terra straniera.
Marchi male Cristina, marchi male!
Coscienza… perdonami, chiudi gli occhi, e – soprattutto – sta’ zitta.
Sentendosi osservato Tom si gira nella mia direzione. Quando nota la mia faccia da primate non del tutto evoluta alza un sopracciglio in modo sarcastico, sorride e dà una gomitata a Sam, richiamando così anche la sua attenzione sulla mia espressione ebete. In risposta sgrano ancora di più gli occhi e loro ora ridono apertamente.
Mi sono innamorata. Ho davanti gli amici del divino Robert Pattinson, quelli che ho appena scoperto essere veri – quindi deve essere vero pure lui – e del Dio sceso in terra non me ne frega una mazza in questo momento, perché non ho occhi che per Tom. Nuovo Dio posto al centro di un nuovo culto. Il mio culto personale. Fondatrice, adepta e vittima sacrificale. Voglio ricoprire ogni ruolo per lui. Quando si dice ‘immolarsi per la causa’!
Le luci si abbassano, il concerto inizia, ma io Bobby Long non so nemmeno che faccia abbia, perché non mi giro verso il palco. Metto nelle mani di Fefi la macchina fotografica e le dico – Tieni, scatta tu le foto a Bobby, io ho di meglio da fare – e mi rigiro verso Tom. Anche se avessi seguito il concerto, la macchina l’avrei lasciata a lei, perché Federica è ‘la donna figura di merda’ del secolo, e non si fa problemi a scattare foto. A perfetti sconosciuti. Col flash. In quel momento e in quel luogo così intimo. Non gliene frega proprio una mazza. Santa donna!
Ok, lo ammetto: Bobby è veramente bravo, e la sua musica mi ha catturato. Dopo dieci minuti, a malincuore, mi giro verso il palco. Ogni tre minuti – tempo massimo in cui riesco a sopportare di non aver davanti il suo splendido viso – mi giro verso Tom, e lui puntualmente mi scopre.
- Un piccolo break – annuncia, ed io ne approfitto per uscire a prendere un po’ d’aria, e a fumare una sigaretta in solitaria.
Dopo qualche tiro la porta si apre facendo riversare sul marciapiede altre persone che hanno tutto l’intento di rovinarsi i polmoni come me, e tra quelle facce sconosciute scorgo l’unico volto famigliare, e le mie guance si imporporano.
Lo guardo di sottecchi e lo vedo mettersi di fianco a me, mi ricambia con uno sguardo canzonatorio e mi chiede – Hai da accendere? –
No guarda, l’ho accesa con la pietra filosofale di Harry Potter. L’ho trovata proprio lì, dietro l’angolo, l’ho usata  e poi l’ho scagliata contro una finestra. Ma secondo lui?
- Si, certo, tieni – rispondo arresa mentre gli allungo l’accendino.
- Grazie – e nello sfilarmi il piccolo aggeggio dalle mani, le sfiora. Reggo al duro colpo, almeno esteriormente – perché dentro il cuore scoppia – e non levo la mano, finché l’accendino non scivola nelle sue.
Me lo ripassa – Di niente – rispondo imitando il suo gesto di prima. Non ne è stupito, però,  e sembra quasi deliziato di quel contatto.
La sigaretta ormai è finita, è tempo di ritornare al mio posto. Gli sorrido da scema, come se avessi una paresi o fossi in procinto di avere un colpo apoplettico, e lo saluto appena mentre gli passo davanti. Lo faccio così spedita che il suo ‘ciao’ in risposta viene portato dalla frescura che mi accompagna le spalle fino alla porta. Insieme ai suoi occhi di ghiaccio.
Mentre il concerto riprende ed imperversa bevo la birra in pochi sorsi, e la sento farmi effetto subito, dato che non sono abituata al suo gusto e al suo grado alcoolico.
Il locale si illumina mentre Bobby ringrazia i presenti. Il mio nuovo coraggio – un po’ alcoolico, lo ammetto – mi fa alzare e mi ritrovo davanti a Daphne. Ho in mente qualcosa.
- Tu – le dico piantandole l’indice tra gli occhi a due centimetri dalla pelle – Piccola spocchiosa snob, vedi di sorridere tra poco, o ti farò passare il più brutto quarto d’ora della tua vita. Quello che ti si marchierà a fuoco nella memoria – dallo sguardo che mi restituisce mi sembra di averle reso chiaro il concetto, e la trovo disposta a collaborare, seppur con riluttanza.
Dal tavolo prendo la macchina fotografica, e con la miglior espressione beffarda che mi riesce, mi presento al loro tavolo.
Tom ha quasi un ghigno soddisfatto, di chi sa già come andrà a finire.
- Ciao! – dico nel mio inglese più fluido possibile.
- Ciao – rispondono cortesi e allegri in coro. L’atmosfera festaiola e ridanciana collabora con me, per fortuna.
- Uno di voi può fare una foto a me e alle mie amiche? – domando nel tono più innocuo possibile, ma con un sorriso che tradisce la soddisfazione davanti alle loro reazioni, specialmente di quella di Tom.
- Cosa scusa? –
Ripeto la frase, chiedendo perdono per il mio pessimo inglese, e che è dovuto al fatto che sono italiana. Il lupo cattivo si finge l’agnello indifeso.
- No, avevamo capito benissimo. Solo che ci aspettavamo un altro genere di richiesta, ecco – ammette infine Tom.
- Lo so – sorrido lasciando la macchinetta nelle sue mani affusolate e pallide, tornando poi da Fefi e Daphne. Le circondo con le braccia e sussurro loro – Sorridete –
Come burattini a cui tiro i fili le due ragazze si prestano al gioco, regalando all’obiettivo la loro espressione più smagliante. Sam riporta la macchina fotografica e si intrattiene a chiacchierare un po’ con noi.
Ci sono rimasta male. Sam è simpaticissimo, ma non era certo lui il ragazzo che mi aspettavo si presentasse al tavolo. Soprattutto perché Sam mi ricorda il maialino di Babe, non so perché.
Ok, non demordo. È Halloween? E Halloween sia.
Ora lo spazio vuoto davanti al palco è pieno di gente che salta e tenta di ballare. Tom sta passando in mezzo alla bolgia con un’altra birra. Quando si trova ormai al limitare della pista, sicuro di essere ormai ‘fuori pericolo’ mi piazzo davanti a lui – Dolcetto o scherzetto? –
L’aria maliziosa che ho assunto non è volontaria, lo giuro!
Poggia le labbra alla bottiglia e beve un sorso del liquido, il tutto guardandomi mentre soppesa la risposta – Scherzetto – e sorride apertamente.
Mi allungo sulle punte, piano gli poso un bacio sul naso, e  - click - scatto la foto. Dopo aver visto il flash guardo il risultato, e lo trovo carino, divertente e soddisfacente. Ridacchio davanti alla sua faccia sorpresa mentre compio il gesto.
Gli sorrido per ringraziarlo, e torno dalla Fefi e da una Daphne sconvolta dal mio gesto. Mi guarda allibita, si gira verso Federica e dice – Penso di aver sempre sottovalutato tua cugina – si gira verso di me – Cavolo, sei forte! –
- Grazie Daphne! – e forse per altri due giorni riusciremo a sopportarci.
Il rumore di qualcosa posato sul tavolo distoglie la nostra attenzione. Una bottiglia di birra. Non la nostra. Seguiamo la mano che la regge e vediamo Tom, Sam e Marcus davanti al nostro tavolo – Possiamo sederci? –

La serata è trascorsa tranquilla. I ragazzi sono simpaticissimi, e appena Bobby ci ha raggiunto gli abbiamo fatto i più sentiti complimenti. Siamo pure riusciti a fare una foto di gruppo. Temo che dovrò dar fondo al mio conto in banca a favore di Cinzia e Marina. Tom si è lasciato parecchio andare, e ha lasciato cadere tutta sera battute a doppio senso, sostenendo più volte che ormai sono cotta di lui.
C’è stato solo un argomento che non abbiamo affrontato, e non ce n’è importato nulla: Rob.
- Ragazzi, scusate, ma stiamo chiudendo – il proprietario del locale ci riporta con i piedi per terra.
Fuori dal locale a malincuore ci salutiamo. Daphne non è pronta per accogliere ed invitare a casa sua i ragazzi comuni, non ancora. Forse, col tempo.
La tristezza inizia a farsi spazio in quella felicità effimera che mi ero costruita questa sera.
Tom mi prende per un braccio prima che io possa raggiungere le altre – Posso… - si interrompe, incerto.
- Si? – dico sorpresa di quel gesto.
- Posso accompagnarti a casa? – e si ficca le mani in tasca, dondolandosi piano sui talloni.
Speranza.
La sua, riversata tutta nel desiderio di sentirsi rispondere di si.
La mia, confluita nel desiderio di non vedere finire la serata con lui subito.
Guardo Fefi, che mi incoraggia con gli occhi, e a quanto pare anche Daphne sembra appoggiarla, o appoggiare me – Ti lascio le chiavi sotto lo zerbino, così puoi tornare all’ora che ti pare –
La guardo con gli occhi sgranati, tacita gratitudine dentro ad essi. Mi giro verso Tom – Si, mi farebbe piacere – e finalmente si concede un sospiro di sollievo. Saluta le mie amiche, io faccio lo stesso con i suoi, e mi domanda dove deve portarmi.
- Bayswater, vicino a Notting Hill – dico appena mi siedo al posto del passeggero, anche se per me è quello del guidatore.
- Mi piace, quella zona – dice appena.
- Anche a me –
Il tragitto trascorre tranquillo, e purtroppo si rivela anche troppo corto. Tom, vicino a casa di Daphne, spegne il motore, e sospira. In quel gesto vedo la tristezza che sento dentro anche io, quella voglia reciproca di non lasciarsi andare. Forse perché non ne siamo ancora pronti.
- Cosa ne dici di fare due passi? – domando prima che la mia coscienza, a braccetto con la mia morale, possa mettere un filtro a quel pensiero.
Sorride – Speravo che me lo chiedessi –
Usciamo dall’abitacolo decisamente più leggeri e si volta verso di me – Dove vuoi andare? – guardandosi in giro un poco sconfortato, rendendosi conto che non c’è assolutamente nulla, oltre alla notte, attorno a noi. Quella notte che all’improvviso non è scura, ma solo detentrice di dolci segreti, o almeno così sembra.
- Ti va di andare a vedere Portobello Road? Sono curiosa di vederla sgombra dai banchetti e dalle persone. Voglio viverla in modo diverso – dico affidandomi a lui, nella speranza che non mi scambi subito per pazza.
Il suo sorriso conferma solo la sua buona fede – Mi sembra un’ottima idea. Sei strana, e mi piace –
Piano ci incamminiamo verso la famosa via, ricominciando a parlare senza sosta. La vita, i viaggi, gli amici, le aspirazioni, la famiglia, il soggiorno a Londra e il lavoro si mischiano in un turbinio di parole che non ci danno tregua, intervallati spesso dalle nostre risate.
Arriviamo ad un angolo che mi ricordo bene, un incrocio carino, che mi è rimasto nella memoria per chissà quale motivo. Mi fermo sull’angolo del marciapiede, a godermi il freddo ormai pungente sulla faccia, e lungo il corpo. Quasi tutto il corpo, tranne che per la mano sinistra in cui c’è una sensazione di calore ovattato, perché è intrecciata morbidamente alla sua. Quando sono scivolate insieme in quella posizione, cercandosi spontaneamente, non abbiamo avuto modo di ritrarle, perché si chiamavano. Mi sembra che siano così da sempre: pronte ad accogliersi l’una nell’altra. Non mani di uno sconosciuto, ma di un’anima vicina alla mia da sempre, finalmente incrociata per caso una sera, a cui è bastato riconoscersi per ritrovarsi subito dopo.
Inspiro l’aria fumosa di Londra mista al suo profumo con gli occhi chiusi, quasi a volerla intrappolare senza darle possibilità di fuggire da me.
Click.
Tom, che molto prima mi ha chiesto la macchina fotografica mi ha scattato una foto – Eri ancora più bella – si giustifica appena, piazzandosi davanti a me, armato solo del suo sorriso disarmante, come se solo quello non bastasse a convincere una città a buttarsi nel mare per lui, senza un apparente motivo.
Bella. Mai nessuno mi aveva fatto sentire così, o semplicemente non me ne sono mai accorta, perché non mi importava.
- Grazie – gli rispondo, sapendo quanto possa essere riduttivo. Intanto stringo la presa tra le sue dita. Sorride soddisfatto.
Fermi, ad un angolo di quell’incrocio, non capiamo se siamo al centro del mondo o se invece ci troviamo nell’anfratto più lontano da esso. Ma la sensazione comune è che sappiamo di essere nel posto più giusto che ci possa essere, perché l’uno ha trovato l’altra, e non ci sarebbe posto migliore dove rifugiarsi, ora.
- Dolcetto o scherzetto? – chiede dal nulla.
Mi guardo in giro, accertandomi che tutti i locali attorno a noi siano chiusi , volendo rispondere dolcetto e invece mi scopro a dire – Scherzetto – volendo vedere come riesce a districarsi da quella situazione.
Veloce si abbassa e posa le sue labbra sulle mie.
Click.
Un’altra foto, in cui è immortalato questo bacio a fior di labbra – Ecco, ti ho ripagato con la stessa moneta – se sapesse quanto è falso, come reagirebbe?
Apre la mia borsa ed infila la macchina fotografica dentro essa, poi la richiude.
Una domanda mi sorge spontanea – E se avessi risposto dolcetto? – il battito del cuore e il mio rossore tradiscono l’emozione che nella voce invece non ha lasciato segno.
Sorride tenero e stringe le sue dita attorno alle mie, l’altra mano vola delicata sulla mia guancia e si posa con più decisione sulla mie labbra, trovandole schiuse.
La sua lingua si inoltra piano nell’intimità della mia bocca. Lo lascio fare come se gli appartenesse da tempo. Piano rispondo al contatto, imparando a conoscere la sua con movimenti lenti e tenaci, approfondendo quell’unione sempre più. La mano libera scivola istintivamente sul fianco, avvicinando maggiormente i nostri corpi.
Ecco, il dolcetto più atteso, più buono e più desiderato da ogni ragazza. Quello a cui non so resistere. Perché il suo sapore è meglio, cento, mille volte meglio di quanto avessi mai immaginato. Perché le sue labbra sono più morbide di come me le ero sognata, e al posto di averle scoperte per la prima volta, mi sembra di averle ritrovate dopo un’infinità di tempo perso.
Il bacio finisce, perché entrambi abbiamo bisogno di ossigenare il cervello, e non i polmoni.
Tom appoggia la fronte contro la mia, il suo respiro ancora sul mio viso.
- Piacere di averti ritrovata, per la prima volta – sussurra. Le parole che nella mia mente vorticavano fino a poco fa, hanno preso vita da lui, conscio di quello stesso pensiero.
Gli butto le braccia al collo, inspirando il suo odore.
E la notte ci inghiotte e ci culla portando con sé dolci segreti di un passato mai esistito, ma comunque scritto e riportato in vita da quell’istantanea di un bacio in cui due anime si sono ritrovate di nuovo, per la prima volta.

   
 
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