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Autore: Annette85    12/09/2010    4 recensioni
Sirius Black guardò le scarpe nere, perfettamente lucidate per l’occasione, comparire e scomparire sotto la sedia sulla quale era seduto. Aveva iniziato a dondolare le gambe per la noia, poi si era accorto di quanto fosse divertente, soprattutto quando qualcuno degli invitati gli passava troppo vicino e si beccava un calcio ad altezza polpaccio.[...]
Storia classificatasi terza a pari merito e vincitrice del premio caratterizzazione al contest "A Griffin for a Snake" indetto da vogue nel forum di EFP
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Nota: Storia classificatasi terza a pari merito e vincitrice del Premio caratterizzazione al contest A Griffin for a Snake... Make your choice! indetto da vogue sul forum di EFP.
Prima di tutto ringrazio vogue per aver indetto questo contest e per il giudizio che mi ha dato, mi ha fatto veramente piacere classificarmi terza, perché al di là di tutto è un ottimo risultato; in secondo luogo ringrazio fin da ora quanti vorranno commentare la storia per dirmi se è piaciuta o meno.
La storia è ambientata idealmente durante la Vigilia di Natale del 1969 e come ho già detto in un'altra storia che ha per protagonisti Sirius e Andromeda, penso che avessero solo sei anni di differenza, quindi sia l'uno che l'altra sono ancora dei Black a tutti gli effetti, non sono stati rinnegati o altro.
Spero che la storia sia di vostro gradimento^^

Buona lettura^^


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Cousins' Tale

Sirius Black guardò le scarpe nere, perfettamente lucidate per l’occasione, comparire e scomparire sotto la sedia sulla quale era seduto. Aveva iniziato a dondolare le gambe per la noia, poi si era accorto di quanto fosse divertente, soprattutto quando qualcuno degli invitati gli passava troppo vicino e si beccava un calcio ad altezza polpaccio.

Odiava le cene organizzate dai suoi genitori. Odiava avere la casa piena di gente che inneggiava al sangue puro e discuteva sulle nuove leggi del Ministero della Magia. Odiava vedere i parenti e le cugine più grandi, che inevitabilmente si mettevano in mostra per dei possibili pretendenti.

Tutte tranne una.

Andromeda Black non si lasciava certo andare a certe cose, anzi, sembrava molto più oculata e intelligente di Bellatrix e Narcissa; discuteva amabilmente anche col mago più odioso che avesse mai varcato la soglia del numero 12 di Grimmauld Place. Ogni volta che si voltava a guardare in direzione di Sirius, gli lanciava un sorriso incoraggiante, con la tacita promessa che, appena si fosse sganciata dall’ennesima discussione, sarebbe andata a sedersi accanto a lui.

Sbuffò, forse per la decima volta in quell’ora, e si alzò diretto il più lontano possibile da quella bolgia in cui i suoi cercavano di mettersi in mostra, più di quanto già non facessero normalmente.

Mentre saliva ai piani superiori ringraziò Merlino che nessuno l’avesse notato, soprattutto sua madre: non si sarebbe certo fatta problemi a urlargli contro davanti a tutti gli invitati. Entrò nella prima stanza buia e silenziosa che trovò, non interessandosi a chi appartenesse, e si chiuse la porta alle spalle.

“Finalmente un po’ di pace”, pensò sospirando mentre avanzava lentamente nel buio. Solo un piccolo spiraglio di luce passava sotto la porta, ma dopo pochi centimetri veniva inglobato dall’oscurità più totale.

Sirius cercò a tentoni il muro o qualsiasi cosa a cui appoggiarsi o su cui sedersi per stare più comodo. Si scoprì a sentire sotto le proprie dita le cose più particolari che potessero trovarsi in quella casa e che, strano a dirsi, lui non aveva mai notato: gli sembrò di accarezzare della pelle di serpente, liscia e squamosa, subito dopo la copertina in pelle di qualche libro, per poi arrivare a della lana calda e soffice. In quella esplorazione trovò anche uno spazio vuoto, simile a una nicchia e così vi si sedette, contemplando il silenzio che regnava in quel luogo. Era incredibile constatare che solo qualche piano più giù era in corso una cena a dir poco chiassosa.

A un tratto la porta si aprì lentamente, lo spiraglio di luce si allungò fino a prendere le dimensioni della soglia stessa e Sirius vide un’alta figura ergersi al centro di essa. Preso da quella che chiunque avrebbe chiamato paura, ma che lui definiva “voglia di non farsi trovare”, si appiattì contro il muro e sperò che chiunque volesse entrare in quel momento cambiasse idea.

«Lo so che sei qui», la voce calma e rassicurante di Andromeda ruppe la pace della stanza e tagliò la tensione che Sirius aveva provato mentre si nascondeva.

«Se sapevi che ero qui, perché non hai bussato, invece di fare quell’entrata trionfale?» chiese piccato il ragazzino, uscendo dal proprio nascondiglio.

Andromeda ghignò, come solo una Black sapeva fare, prima di entrare e accendere qualche candela con la bacchetta per fare luce.

«Non sarebbe stato divertente», disse poi, accomodandosi a terra, vicino a dove si trovava Sirius. «Si può sapere perché sei venuto qui? Pensavo odiassi questa stanza».

Il ragazzino per la prima volta da quando era entrato si guardò intorno, non capendo molto bene cosa intendesse la cugina: la stanza dove sua madre era solita ritirarsi per stare tranquilla gli apparve in tutta la sua grandezza. Aveva pochi e pessimi ricordi riguardo quel luogo, come quella volta in cui lui e Regulus avevano avuto la brillante idea di riempire i cassetti della scrivania con rospi morti, bava di Drago e sangue di Girilacco. Non appena Walburga aveva trovato le dolci sorprese dei propri bambini, si trasformò in una Banshee arrabbiata e non ci fu posto in tutta la casa in cui i due fratelli riuscirono a nascondersi. Sirius si passò inconsciamente una mano sulla parte di sedere che era stata ricoperta da bolle gialle e verdi per più di una settimana, a seguito della punizione di sua madre.

«È stato il primo posto che ho trovato», rispose Sirius. «Ed è stato l’unico da cui non provenivano rumori strani».

Andromeda rise a quell’affermazione, dovendo dare ragione al cugino, perché quando era passata nel corridoio aveva sentito le stesse cose e, stranamente, dalla sala dove c’erano gli ospiti mancavano proprio Bellatrix e un giovane mago che non le aveva staccato gli occhi di dosso da quando era arrivato.

«Quando torni a Hogwarts, mi posso nascondere nel tuo baule?» chiese il ragazzino speranzoso, interrompendo il flusso di pensieri della cugina.

«Sirius, mi piacerebbe molto, ma non penso che sia una buona idea», rispose Andromeda dispiaciuta.

«Starò buono buono», tentò ancora lui. «Non uscirò mai dal tuo baule, non andrò in giro e non combinerò guai».

«Non ho dubbi che lo farai, ma non ti piacerebbe vedere Hogwarts senza nasconderti?» chiese Andromeda cercando di fermare quell’ondata di promesse a cui inevitabilmente avrebbe dovuto dire di no. «Non ti piacerebbe essere prima smistato in una delle Case e andare in giro per il castello indisturbato?»

Sirius parve pensarci su qualche istante, in fondo rimanere nel baule di sua cugina tutto il tempo sarebbe sarebbe stato come restare rinchiuso a Grimmauld Place per l’eternità. «E va bene», sospirò sconfitto. «Aspetterò».

«Mi è venuta un’idea», disse Andromeda alzandosi in piedi; prese una delle sedie vicino alla scrivania e la spostò al centro della stanza. «Ti ho mai raccontato come avviene lo Smistamento a Hogwarts?»

Sirius la guardò non capendo cosa c’entrasse la sedia con la domanda. «No, ma Bellatrix mi ha raccontato delle storie su qualche bambino rapito da strane creature provenienti dalla Foresta Proibita e di altre prove di coraggio».

«Bella si sbaglia, non è affatto così», lo rassicurò Andromeda. «A meno che quello non sia stato il suo smistamento», scherzò ancora la ragazza. «Ma non ne sarei così sicura, visto che hanno adottato un metodo, più sicuro e indolore, molto tempo fa».

«E di cosa si tratta?» chiese avido di sapere la verità.

«Prima devi promettermi che non lo racconterai a nessuno, infatti neanche tu lo dovresti sapere», asserì Andromeda seria, mentre gli porgeva una mano per aiutarlo ad alzarsi.

«Che Kreacher possa morire se lo racconto a qualcuno», disse Sirius a mo’ di giuramento.

«Molto bene», sorrise la ragazza. «Vedere Hogwarts per la prima volta è qualcosa di veramente affascinante e magico. Soprattutto se hai undici anni. Quando arrivi dal Lago Nero, respiri un’aria nuova, che non trovi in nessun altro luogo. Neanche a Diagon Alley. La Sala Grande è maestosa: ci sono i tavoli delle quattro Case che recano i colori di ognuna, il soffitto è un cielo trapunto di stelle e le candele fluttuano a mezz’aria, dando l’impressione di essere in un sogno».

Mentre Andromeda raccontava, Sirius non si era accorto che sua cugina l’aveva fatto sedere sulla sedia che aveva preparato poco prima.

«Solo per l’occasione dello Smistamento», continuò la ragazza. «Davanti al tavolo degli insegnanti, c’è uno sgabello con uno strano cappello poggiato sopra: il Cappello Parlante, cioè colui che smista ogni ragazzo nella casa che più gli si addice». Andromeda prese il proprio copricapo a punta e lo mise in testa a Sirius, esattamente come la professoressa McGranitt aveva fatto molte volte con i nuovi studenti di Hogwarts.

«È pronto in tavola», intervenne una vocetta petulante. «Mamma ha detto che se non arrivi subito ti fa mangiare nell’armadio di Kreacher». Regulus fece capolino dalla porta interrompendo così il racconto.

«E tu dille che...», iniziò a dire Sirius minaccioso, ma venne bloccato dalla cugina.

«Grazie, arriviamo subito», rispose affabile Andromeda, non dando l’impressione di essere infastidita per l’interruzione.

Regulus si girò e uscì dalla stanza impettito, orgoglioso di aver eseguito il compito affidatogli da sua madre.

«Non vedo l’ora di essere a Hogwarts», disse Sirius stringendo i pugni. «Così non lo avrò più fra i piedi».

«Ma eravate così complici, cos’è successo?» chiese Andromeda che ancora non si spiegava quell’atteggiamento da parte del cugino.

«Ha iniziato a fare la spia alla mamma», rispose solo il ragazzino, uscendo dalla stanza. «Ah, grazie per avermi raccontato dello Smistamento», disse dopo essere ritornato alla porta.

«Figurati», disse la giovane praticamente all’aria, perché Sirius era già sparito. Rimise a posto la sedia e spense le candele, prima di ritornare a quella che gli altri Black chiamavano “normalità”.

   
 
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