MEMORIES
Vivere
alla
giornata non era il mio forte. Avevo sempre qualcosa da fare, qualcuno
a cui
pensare, un favore da ricambiare. E invece da quando ero tornata a casa
sembrava che tutti
avessero a cuore solo
la mia salute e il mio benessere, rilassati
tesoro, non affaticarti, lascia stare, faccio
io al tuo posto. Odio situazioni del genere. La Soul Society
aveva accolto il mio ritorno a braccia aperte, ma ora cominciavo a
sentire la
mancanza della vita frenetica che avevo sulla Terra. Mi alzai in piedi,
osservando la stanza, dove avevo passato così tanti anni
della mia vita, da
quando Byakuya mi aveva dato l’onore di entrare a far parte
della famiglia
Kuchiki. Ero decisa a riprendermi la mia vita passata, volevo tornare a
svolgere il mio lavoro di Shinigami così come avevo
iniziato. Perché versare
altre lacrime inutili? Perché continuare a pensare al
passato quando il
presente era così fulgido e vivo davanti ai miei occhi?
Nessun timore, nessun
diversivo. Solo io e qualche Hollow. Il divertimento era iniziato.
Aizen
era
stato finalmente sconfitto e la pace era tornata. C’erano
stati morti e feriti
ma avevamo ricostruito ciò che era andato distrutto e pian
piano l’equilibrio
stava tornando. Camminavo per le strade del Rukongai chiedendomi come
fosse
possibile che in un solo anno tutto fosse tornato al suo posto. Era
fantastico
il lavoro svolto da tutti per portare la normalità sulla
Soul Society, così
come a Karakura. Karakura…
Non dovevo
pensarci. Avevo altro da fare.
-Kuchiki!
Kuchiki vieni qui!
Corsi
verso
il mio compagno che mi chiamava. Eravamo stati mandati in ricognizione
alla
ricerca di un Hollow che sembrava avesse terrorizzato il 69esimo
distretto del
Rukongai. Evidentemente aveva trovato qualcosa.
-Eccomi,
cosa c’è?
Rimasi
a
bocca aperta quando giunta al fianco dell’altro Shinigami
vidi ciò che voleva
mostrarmi.
-E
tu mi
chiami qui per un ragazzino?- sbraitai. –Ti sembra il caso?
Davanti
a me
stava un ragazzino dai grandi occhi verdi e i capelli neri, con
un’espressione
cupa.
-Scusami
Kuchiki, ma ho sentito dei rumori e mi sono preoccupato, invece era
solo questo
marmocchio.- si giustificò guardando con aria arrogante il
ragazzino che
ricambiò il tono con uno sguardo gelido.
-Mi
dispiace
avere interrotto la vostra caccia signori Shinigami, ma
l’Hollow che state
cercando non è più qui.
-E
tu come
lo sai marmocchio?
Lo
osservai
con attenzione e gli sorrisi. Mi ricordava qualcuno, ma non sapevo chi.
-Bene,
e ci
sapresti indicare dove è andato?- gli domandai, ignorando il
mio collega.
Si
guardò
intorno con fare sospettoso e poi mi tese la mano.
-Piacere,
il
mio nome è Satoshi.
-Io
sono Kuchiki,
Rukia Kuchiki. Piacere di conoscerti. Adesso saresti così
gentile da dirci dove
possiamo trovare quell’Hollow?
Annuì
solennemente e mormorò: -Seguitemi.
Così
lo
seguimmo attraverso le strade e finalmente giungemmo davanti a una
casa.
-È
qui
dentro. Ha con sé mia sorella.
Rimasi
immobile quando sentii queste parole. Ci aveva condotti lì
senza dirci cosa
stava accadendo, senza rivelare la preoccupazione per la sorella. Era
ammirevole.
-Tranquillo,
riusciremo a portarla fuori di lì.
Il
buio
evoca sempre paura negli animi, oppure ricordi legati al silenzio e
all’assenza
di luce. La stanza era immersa nella penombra, i ricordi si
susseguivano nella
mia mente. Resta concentrata, resta
concentrata.
Sentii
la
presenza dell’Hollow a pochi metri di distanza da me. Estrassi la katana e mi
preparai ad
attaccare.
-Rukia,
ti
stavo aspettando.
Mi
bloccai
nell’ombra. Cosa stava accadendo? Stavo forse sognando? Una
risata mi fece
venire la pelle d’oca.
-T-tu? Cosa ci fai qui?
-Quello
che
fai tu. Do la caccia a un Hollow.
-Perché
hanno chiamato anche te?
-Non
lo so.
Ero qui di passaggio, dovevo parlare con Ukitake e mi ha affidato
questa
piccola missione.
-Basta
io me
ne vado. Cavatela da solo.
Uscii
all’aria aperta, mentre i colpi della lotta scuotevano
l’aria. Perché era
tornato? Stavo cercando di cancellare i ricordi, e adesso arrivava a
sconvolgere l’equilibrio che pian piano mi stavo ricreando.
-Dannato.-
mormorai tra me.
-Dov’è
mia
sorella?- Satoshi mi guardava con gli occhioni verdi sgranati.
-Stai
tranquillo, i miei colleghi stanno sconfiggendo l’Hollow che
si trova lì
dentro. Ben presto usciranno con tua sorella.
Quello
sguardo verde smeraldo e quei capelli neri… A chi
assomigliava quel ragazzo?
Cercai di riflettere, ma non riuscii a ricordare.
-Ehi
Rukia!
Perché sei scappata?
-Vattene,
non voglio vederti. Hai ucciso l’Hollow, no? Hai compiuto la
tua missione. Hai
salvato la ragazza?
-Sì,
è lì
con suo fratello.
Mi
voltai
verso il ragazzino, che adesso abbracciava una giovane ragazza dalla
carnagione
scura e i capelli biondi.
-Grazie
per
avermi salvata.- disse rivolgendosi ai due Shinigami che
l’avevano sottratta
all’Hollow.
-Di
niente
cara. Kuchiki io torno alla brigata. Ci vediamo lì.
-Vai.-
dissi
al mio compagno. –Tra poco arrivo anche io.
Mi
avvicinai
a Satoshi e sua sorella, per controllare che lei stesse bene, voltando
le
spalle al nuovo venuto.
-Stai
bene?
Lei
mi
sorrise, con aria dolce.
-Sì,
sto
bene. Grazie per esserti presa cura di Satoshi.
-Devi
ringraziare lui se siamo arrivati qui così in fretta.
È un bravo ragazzo.-
ammisi sorridendo. Anche la sorella mi ricordava qualcuno. Era una
sensazione
molto strana.
-Bene
se non
ci sono altri problemi io torno nel Seireitei. Ciao ragazzi, se doveste
avere
problemi sono a vostra disposizione.
Cominciai
a
camminare quando una mano prese il mio braccio e mi bloccò.
Estrassi la katana
e la puntai alla gola di chi mi tratteneva.
-Ti
ho
chiesto di lasciarmi in pace… Ichigo.
Mi
guardò
dall’alto in basso e sorrise.
-E
se
decidessi di non lasciarti?
Gli
lanciai
uno sguardo gelido e gli chiesi: -Perché non dovresti
lasciarmi?
-Perché
non
voglio.
Sgranai
gli
occhi. Mi perseguitava perché… ne aveva voglia? A
quel punto non ce la feci più
e scoppiai.
-Senti
Ichigo. Dopo tutto quello che è successo vieni qui ad
avanzar pretese, a dirmi
che non mi lascerai in pace… perché non ne hai
voglia? Ma vuoi farmi davvero
incazzare?
Lo
vidi
aprir bocca per ribattere ma gli puntai la spada alla gola ed esclamai:
-Non
una sola parola.
A
quel punto
gli tirai un calcio al ginocchio e mi allontanai verso il Seireitei.
Ricordavo
perfettamente il momento in cui avevo deciso di tornare nella Soul
Society. Ed
era stata tutta colpa di Ichigo. Il grande amore che diceva di avere
per me si
era evaporato in pochissimi istanti quando aveva fatto la sua comparsa
a
Karakura Neliel. All’inizio non sapevo come comportarmi, ma
poi avevo deciso di
lasciarlo e andarmene. Era inutile prolungare la mia sofferenza,
restare lì a
osservare il ragazzo che amavo mentre rideva e scherzava con
un’altra. Erano
stati dei mesi felici quelli passati sulla Terra a combattere gli
Hollow con
lui, ma quando ero tornata a casa sembrava che invece di una ferita ai
miei
sentimenti avessi subito una ferita fisica, ed ero stata messa a riposo
per più
di un mese. Ciò mi faceva imbestialire, ma ormai era tutto
passato. Erano solo
ricordi, nulla di più, solo immagini nella mia memoria.
Ricordi e null’altro,
ricordi che potevano essere cancellati, dimenticati, accantonati in un
angolo
della mia mente e lasciati lì a marcire. Sì, era
quello che avrei fatto.
Bruciato i bei momenti con Ichigo, dato fuoco a tutte le parole dolci e
inutili
che mi aveva rivolto.
Sono Rukia Kuchiki, posso affrontare questo
e altro. Stringere i denti e andare avanti… Posso farcela!
Mi
trovavo
al cospetto del capitano Ukitake per il resoconto della missione e non
sapevo
che dire. Avevo già ammesso di non aver partecipato alla
lotta ma, quando mi
chiese il motivo, non seppi dar risposta. Era difficile spiegare certe
situazioni e questa erano una di quelle. Abbassai lo sguardo e mormorai:
-C’erano
già
due Shinigami competenti, ho pensato di restare fuori a proteggere il
ragazzino.
Ukitake
mi
guardò negli occhi e sorrise, il suo solito sorriso gentile.
-Se
è così
allora è tutto a posto!- esclamò con allegria.
–Bene Rukia, vorrei affidarti
un’altra missione.
Sgranai
gli
occhi e domandai: -Di che si tratta?
-Nulla
di
particolare. Dovresti tornare per un breve periodo a Karakura. Abbiamo
rilevato
un aumento della concentrazione di anime plus che si trasformano in
Hollow e
vorremmo indagare riguardo il motivo. Ti accompagnerà nella
missione il tenente
Abarai.
Annuii
impercettibilmente, salutai il capitano e mi avviai verso la mia
residenza.
Sembrava che non potessi avere pace, eh? Dovevo per forza trovarmi
faccia a
faccia con Ichigo. Dannazione!
Ma
avrei
svolto la mia missione senza obiettare. Faceva parte dei miei compiti e
non
avrei di certo protestato. Ero uno Shinigami e avrei svolto il mio
dovere. Da
un lato la presenza di Renji mi avrebbe facilitato l’onere di
passare altro
tempo della mia vita al fianco di Ichigo, ma dall’altro non
sapevo se sarei
comunque riuscita a sopravvivere. Il
solo pensiero di rivedere quella testa calda mi faceva salire il
nervosismo
alle stelle e mi veniva da chiedermi perché il capitano
avesse scelto proprio
me. Sapeva
benissimo cosa era accaduto,
lo sapevano tutti. Ma il dovere è dovere signori, e
così cominciai a prepararmi
per il mio ritorno a Karakura.
-Kuchiki-san!
Un’allegra
Inoue mi salutava sventolando la mano e sorridendo con la sua solita
espressione. Si avvicinò saltellando e mi disse:
-Sei
tornata
Kuchiki-san! Non mi divertivo ad andare al karaoke senza di te.
Le
feci un sorrisetto
di circostanza e le domandai:
-A
proposito
Inoue. È possibile che io venga a stare da te? Di tornare da
Ichigo non ci
penso proprio, ci andrà Renji da lui.
-Sì,
non c’è
problema. Ti ospito volentieri.
Ci
avviammo
in silenzio verso l’abitazione della ragazza. Nessuna delle
due proferì parola
per evitare argomenti spinosi, così quando Inoue mi fece una
domanda sobbalzai
e le chiesi di ripetere.
-Sei
sicura
di non voler perdonare Ichigo?
Mi
voltai di
scatto, per fulminarla con lo sguardo. Le parole che seguirono mi
uscirono
dalla bocca come un sussurro ringhiato.
-Non
ci
penso minimamente. Deve
semplicemente
starmi alla larga.
Inoue
mi
osservò per un secondo con espressione seria, poi
tornò alla sua solita
allegria e lasciò perdere il discorso. Aveva capito che non
era aria.
Arrivammo
finalmente a casa sua. Lasciai le mie cose nella stanza degli ospiti e
tornai
in salotto dalla ragazza. La trovai raggomitolata sul divano, con la
fronte
poggiata sulle ginocchia. Mi avvicinai e le carezzai i capelli,
sedendomi al
suo fianco.
-Cosa
c’è
Inoue?
Il
suo
sguardo si sollevò appena da mostrarmi le lacrime che le
colmavano gli occhi.
La guardai senza sapere che fare, mentre il silenzio si propagava nella
stanza
e diventava sempre più pesante. Alla fine parlò,
con voce roca:
-Vedi,
tu
sei così forte, così…- le si
spezzò la voce. Chiuse gli occhi e si asciugò le
lacrime con la mano.
-Sei
in
grado di dimenticare Ichigo così facilmente. Io invece sono
debole. Non riesco
a passare sopra ai miei sentimenti. So di non avere speranze, so che
lui è
ancora innamorato di te, ma… In cuor mio continuo ancora a
sperare che cambi
idea. Sono una stupida.
Un
sorriso
tremolante le curvò le labbra. In quel momento non seppi
cosa fare, mi alzai
per prendere un fazzoletto e porgerglielo.
-Tu
non sei
debole.- le dissi carezzandole un braccio. –Tu hai il
carattere che vorrei
avere io. Sei sempre così allegra, gentile e disponibile con
tutti. Io invece
spesso so essere solo scorbutica. Vedrai che un giorno riuscirai a
dimenticare
Ichigo. Prenditi il tuo tempo. Ti renderai conto che
quell’idiota non ti
merita.
Il
suo
sorriso si allargò, e mi abbracciò. Fui colta
alla sprovvista e non seppi che
fare ma, dopo un attimo di titubanza, ricambiai
quell’abbraccio. A quel punto Inoue
mormorò:
-Già
è
proprio un idiota.
-Oh,
sì che
lo è! Hai presente quella sua faccia da scemo! Sempre con
quelle sopracciglia
aggrottate…
Mimai
quell’espressione ed entrambe scoppiammo a ridere. La serata
passò tranquilla,
tra risate ed aneddoti su Ichigo, racconti dell’orrore e
chiacchiere… come due
vere amiche.
La
mattina
seguente mi alzai di buon’ora. Mi toccava la ronda mattutina
per la città.
Lasciai il mio gigai nel letto e uscii dalla finestra della camera
degli
ospiti. Mi ritrovai sul tetto, all’alba, ad osservare la
città. Un ricordo mi
colpi con intensità disarmante.
Seduti su un cornicione guardavamo l’alba
abbracciati. Il sole stava spuntando dietro le ultime case della
città, il
cielo si tingeva di rosa, le nuvole cominciavano ad assumere quel
colore
rossiccio che conferisce loro il sole nei primi momenti. Uno stormo di
rondini
volavano alte, in vortici idilliaci, e la città era spenta,
buia, silenziosa.
-Vorrei restare fermo in questo momento per
sempre.
Cacciai
via
quell’immagine. Se voleva rimanere in quel momento,
perché poi aveva rovinato
tutto? Scossi la testa con rabbia. Dovevo lasciarlo perdere, non mi
faceva bene
continuare a ricordare. I momenti insieme ormai erano passati, era una
nuova
fase della mia vita. Una fase senza di lui. Respirai l’aria
frizzante del
mattino e partii, correndo di edificio in edificio, di strada in
strada,
lasciando che l’aria mi inghiottisse e mi solleticasse la
pelle. Era una
sensazione meravigliosa. Riuscivo a non pensare a nulla, mentre correvo
a tutta
velocità tra i palazzi e osservavo gli umani che si alzavano
per andare al
lavoro, oppure a scuola. Nessuno di loro notò la mia
presenza ed io fui tentata
di fermarmi e mettermi a urlare in mezzo a una piazza. Risi di me
stessa. Avevo
un lavoro da svolgere, non ero lì per divertirmi, di certo.
Passai qualche ora
a correre di qua e di là senza trovare traccia di Hollow.
Stanca, mi sedetti su
una panchina in un parco, osservando i bambini che giocavano nella
sabbia e si
lanciavano giù dagli scivoli. Risi quando uno di loro cadde,
sbucciandosi un
ginocchio, e fece finta di nulla, continuando a correre con i suoi
amici. Era
rilassante restare lì ferma, senza fare nulla, godendomi il
caldo sole che
splendeva alto nel cielo privo di nuvole. Era quasi mezzogiorno e la
mia ronda
era terminata, così andai da Renji per fare rapporto. Lo
trovai in camera di
Ichigo, a sfogliare quella che sembrava una rivista erotica. Quando mi
vide
comparire la lanciò dietro il letto e con un sorriso
imbarazzato domandò:
-Ehm…
Tutto
bene Rukia? Nessun Hollow in giro?
Trattenni
a
stento una risata e risposi:
-Nessuno,
Renji. Visto che hai da fare me ne vado, così puoi tornare a
occuparti dei tuoi
affari.
Risi
appena
e me la svignai saltando fuori dalla finestra. Sul vialetto di casa
Kurosaki
però incontrai la mia nemesi.
-Rukia.
Che
piacere vederti qui. Sei venuta a fare rapporto a Renji?
-Sì.-
sibilai, e me ne andai in tutta fretta. Perché dovevo
incontrarlo? Non poteva
sparire per un po’, finché la mia rabbia non fosse
sbollita? Tornai a casa di
Inoue, calciando sassi sulla via e prendendomela con il mondo, invece
che con
il mio orgoglio ferito.
Il
giorno
dopo venimmo richiamati a far rapporto riguardo la situazione di
Karakura. Ci
trovammo davanti al capitano Ukitake proiettato su una parete.
-Il
tenente
Abarai mi ha detto che non avete trovato nulla di anormale, giusto
Kuchiki?
-È
esatto,
capitano.
-Bene.
Invece noi qui abbiamo capito il motivo per cui
cè stato quell’aumento di
Hollow. Qui nella Soul Society sono rinati gli Arrancar, anzi dovrei
dire gli
Espada, che abbiamo sconfitto in battaglia.
Un
flash mi
colpì. Un ragazzino dagli occhi
verdi, la
pelle pallida e i capelli corvini, una giovane con la pelle scura e i
capelli
biondi. Ecco dove li avevo già visti! Erano
Ulquiorra e Halibel! Scossi la
testa e tornai alle parole del capitano.
-…E
ciò a
causato interferenze con l’Hueco Mundo e la nascita di
Hollow. Ma ora il
problema è risolto, potete benissimo ritornare nel Seiretei.
Grazie per il
vostro lavoro.
La
parete si
spense ed io guardai Renji.
-Hai
sentito? Vai a prendere i bagagli, si torna a casa.
Camminai
tranquilla, sperando di non fare incontri sgradevoli. Arrivata da Inoue
le
spiegai la situazione in fretta e furia, dicendo che la sarei
sicuramente
tornata a trovare. Magari dopo la morte
di Ichigo. La salutai con un abbraccio affettuoso e tornai da
Renji che mi
aspettava, pronto alla partenza. All’ultimo minuto si
ricordò di aver lasciato
“qualcosa” nella camera di Ichigo. Scossi la testa.
Che idiota.
-Rukia,
state già andando via?
Ma
aveva la
capacità di comparire nei momenti meno opportuni quel
ragazzo? Fissai le sue
scarpe. Non volevo alzare lo sguardo ad incontrare il suo viso.
-Sì,
ce ne
stiamo andando. Perché, te ne frega qualcosa?
-Certo
che
mi interessa.
Mi
sollevò
la testa, prendendomi il mento con un dito. Lo osservai negli occhi con
uno
sguardo furibondo e gli tirai un pugno sul naso.
-Ti
ho già
detto di non toccarmi, cretino!
Rimase
qualche secondo accovacciato per terra a lamentarsi, dicendo che gli
avevo
deviato il setto nasale. Risi. Non mi interessava, poteva anche morire,
per me.
-La
tua
gelosia è stata esagerata Rukia.
Queste
parole mi colpirono come uno schiaffo in pieno viso. Cosa?!
Gelosa?! Io?! Lo fissai, con quell’espressione
sicura di sé
che ormai imperversava sul suo volto. Mi venne voglia di sputargli
addosso.
-Cosa
hai
detto di me? Sono stata… cosa?!
-Gelosa.
Ripeté
quelle parole con tono freddo e pacato. La rabbia cominciò a
impadronirsi di
me. Gli puntai l’indice contro il petto, cominciando a
spintonarlo.
-Tu,
essere
infimo! Mi dai della gelosa?! Tu che scherzi e ridi con
un’altra mentre lasci
la tua ragazza in un angolo?
Cercò
di
rispondere ma lo zittii.
-Non
dire
nulla! Come puoi accusarmi di essere gelosa, tu?! Ah, quanto mi fai
incazzare.
Gli
tirai un
calcio dritto nel plesso solare, facendolo piegare in due una seconda
volta.
Rimase immobile per qualche momento poi alzò lo sguardo su
di me e con voce
strozzata mormorò:
-Non
cambi
mai, eh?
Immaginavo
che in quel momento i miei occhi mandassero scintille.
Lo presi per il colletto della felpa e gli
urlai contro:
-Crepa,
idiota!
Mi
allontanai con passi sicuri verso la strada. Non mi interessava nulla,
dovevo
fuggire. Una mano posata sul mio braccio mi bloccò. Mi
voltai per tirargli un
altro calcio ma stavolta lo schivò.
-Ti
prego
Rukia. Ti chiedo scusa, ascoltami qualche minuto. Renji
perderà ancora un po’
di tempo. Gli ho nascosto bene quelle riviste.
Rise
e
continuò:
-Davvero,
mi
dispiace di averti ferita. Non avrei mai voluto farlo. Lo sai che non
avrei
voluto.
No, non lo so, sarebbe dovuta essere la
mia risposta, invece stesi zitta e ascoltai ciò che aveva da
dirmi.
-Ti
chiedo
solo di perdonarmi e riprovarci. Vuoi?
Lo
guardai
dritto in quegli occhi color nocciola che avevo amato così
tanto. Avevo davvero
dimenticato tutto, cancellato i nostri momenti insieme?
L’avevo fatto davvero?
La risposta era una sola: no. Non avevo dimenticato nulla, non un
singolo
istante. Guardai quell’idiota. Non potevo dimenticarlo e fare
finta di niente,
non ci sarei mai riuscita. Scossi la testa e sorrisi.
-Come
faccio
a risponderti?
-Non
lo so,
ad esempio… così.-
esclamò
avvicinandosi e chinandosi verso il mio viso. Lasciai che le sue labbra
toccassero le mie, assaporai quel momento. L’avevo atteso da
tanto e finalmente
era arrivato, di nuovo. Quando i nostri volti si separarono gli tirai
uno
schiaffo. Lo lasciò basito e con la bocca spalancata.
Risi
di
quell’espressione stupida ed esclamai:
-Ho
chiesto
come potrei fare io a risponderti,
non come avresti voluto fare tu.
Si
massaggiò
la guancia con sguardo interrogativo, aspettando una risposta.
-Ammetti
dunque di essere stato un’idiota?
Annuì
meccanicamente, sorridendo.
-Ammetti
di
essere stato scortese, cattivo e alquanto irrispettoso nei miei
confronti?
Ancora
una
volta, annuì.
-Ammetti
che
Kon è più figo di te?
-S…
Ehi,
questo no!
Risi,
una
risata che mi diede energia. Lasciai che mi abbracciasse e che mi
carezzasse i
capelli con delicatezza. Alzai lo sguardo per fissarlo nei suoi occhi.
Mi era
mancato, dovevo ammetterlo.
-Avvicinati,
devo dirti una cosa.
Avvicinò
il
suo viso al mio. Lo presi tra le mani e lo baciai, assaporando
nuovamente
quelle labbra che così tanto mi erano mancate. Chiusi gli
occhi, appoggiandomi
a lui e respirando il suo odore.
-Okay,
ti
perdono. Però basta riviste porno.
Ridemmo
insieme, finalmente di nuovo uniti. Per creare nuovi ricordi da non
dimenticare.